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INTRODUZIONE
La Questione meridionale è il complesso problema dell’arretratezza
economica, politica e sociale delle regioni italiane del Sud. Le origini
di tale arretratezza trovano radici nelle condizioni fisico-geologiche e
in vicende storiche che risalgono addirittura alla dominazione spagno-
la.
La consapevolezza del grave divario esistente tra Nord e Sud si ha, pe-
rò, solo dopo l’unificazione.
L’attuale definizione, frutto dei numerosi studi meridionalistici del
passato che avevano come obiettivo fondamentale la ricerca delle cau-
se dell’arretratezza del Sud, risulta essere anacronistica per la nostra
indagine. Il nostro fine non è certo quello di negare la realtà descritta
dagli studiosi precedenti (che per molti aspetti è rimasta immutata se
non addirittura peggiorata), ma costituisce il punto di partenza
dell’osservazione stessa della realtà fornendo nuovi strumenti e po-
nendo problemi che, la tradizione di studi del Mezzogiorno, non ha
9
preso in considerazione. Per comprendere meglio e, quindi, ”distin-
guere” la nostra ricerca dalle precedenti risulta doveroso riportare bre-
vemente le posizioni di alcuni dei più importanti studiosi meridiona-
li:
-Pasquale Villari
1
: fu il primo a far conoscere all’intero paese il deso-
lante quadro socio - economico del Mezzogiorno;
-Rosario Villari
2
: ritenne che il problema centrale fosse la rinunzia ad
utilizzare, nel processo di ammodernamento del paese, le potenziali ri-
sorse umane, economiche, politiche ed intellettuali del Mezzogiorno;
-Giustino Fortunato
3
: sostenne che l’arretratezza del Mezzogiorno de-
rivasse da fattori climatici (l’aridità del clima e incostanza delle pre-
cipitazioni) piuttosto che sociali (lassismo dei contadini). In un primo
momento fu sostenitore della necessità di un intervento statale(riforma
del sistema tributario e del regime doganale), successivamente si o-
rientò verso un’ iniziativa tipicamente liberale;
- F. S. Nitti
4
: esaminò la questione meridionale inserendola nel più
ampio contesto dell'intero Stato italiano, riponendo nell'industrializ-
1
Pasquale Villari, Prime Lettere Meridionali, Napoli, 1861.
2
Rosario Villari, Il Sud nella storia d’Italia, Bari, 1974.
3
Giustino Fortunato, Il Mezzogiorno e lo stato italiano, Bari, 1911.
4
Francesco Saverio Nitti, Nord e Sud, ,Rionero in Vulture, 1900 ( Ed. Calice 1993)
10
zazione del Sud, con Napoli centro motorio, le speranze di trasformare
radicalmente il Meridione depresso;
- Gaetano Salvemini
5
: Individuò nel latifondismo la causa del ristagno
economico e politico e ritenne necessario stabilire un collegamento
tra operai settentrionali e contadini meridionali. Reputò inoltre indi-
spensabile estendere il suffragio elettorale alle masse meridionali, le
quali solo in tal modo si sarebbero svincolate dalle imposizioni della
classe dominante;
- Guido Dorso
6
: Ravvisò nel Meridione un potenziale rivoluzionario
che avrebbe finito con il condizionare, in senso positivo, l'intero Pae-
se;
- Benedetto Croce
7
: considerò la cultura meridionale inserita nell'area
culturale europea e segnalò la parte sostenuta dagli intellettuali nella
grande tradizione culturale del Meridione, un'élite già pronta per as-
sumere la guida del Paese;
- Luigi Sturzo: fu sostenitore di un di un'organizzazione politica dei
cattolici e propugnatore di un programma di riforme che conducesse
alle autonomie regionali e che portasse a soluzione il problema delle
5
Gaetano Salvemini, Scritti sulla questione meridionale, Torino, 1955.
6
Guido Dorso, La rivoluzione Meridionale, Torino, 1925 (Ed. Einaudi 1945).
7
Benedetto Croce, Storia del Regno di Napoli, Bari, 1925 (Ed. Laterza 1967).
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aree sottosviluppate. Nucleo del suo pensiero era la riforma agraria
basata sulla piccola proprietà contadina in opposizione alle tesi “stata-
li” dei socialisti e dei liberali;
- Antonio Gramsci
8
: autore d'un saggio incompiuto, Alcuni temi della
questione meridionale (1926), ora in La questione meridionale. Gram-
sci, dopo aver individuato nella cattiva amministrazione dei governi
succedutisi dal Risorgimento le cause tangibili dell'arretratezza meri-
dionale, ha denunciato il blocco storico conservatore riaffermando la
necessità strategica dell'alleanza fra operai e contadini, in quanto solo
dal proletariato rivoluzionario sarebbe potuta venire la sconfitta del
blocco agrario.
Si può comprendere come le analisi precedenti siano fortemente vin-
colate ad un contesto storico,ad una fiducia nel progresso che oggi
possiamo mettere in discussione valutando l’attendibilità delle tesi sul-
le quali si basano e, qualora si rendesse necessario, provare a sostituir-
le.
8
Antonio Gramsci, La questione Meridionale, Roma, 1974.
12
CAPITOLO I
COMPLESSITÀ NELLA SOCIETÀ DEL MONDO: CONDIZIO-
NI PER LA SUA DESCRIZIONE
9
I
È necessario, prima di tutto, porre le condizioni della descrizione della
complessità nella società del mondo.
Nietzsche
10
definì il Mondo come una imprecazione cristiana, un con-
fine al quale indirizzare ogni necessaria ignoranza dell’uomo.
È plausibile che il mondo abbia a che fare con il non-sapere degli uo-
mini, che costituisca un concetto di confine, che segna confini ma ci si
chiede a cosa serva una idea di mondo.
Accanto all’antimetafisica di Nietzsche si trovano metafisiche negati-
ve e positive, aspettative, angosce, certezze esasperate, tradizioni esca-
tologiche e apocalittiche inquietudini. L’osservazione del mondo è
condotta dal continuo fluttuare di un non-sapere che si rinnova per
9
Titolo originale: Bedingungen der Beschreibung von Komplexitat in der Weltgesllschaft, in: So-
ziale Reflexivitat und qualitative Methodik. Zum Selbstverstandnis der Kriminologie in der Spat-
moderne, a cura di Karl-ludwing e Claudio Besozzi, Bern-Wien 2003, pp.15-27. ( tr. it., R. De Gior-
gi, Temi di filosofia del diritto ,Lecce 2006, pp.13-24).
10
Friedrich W. Nietzsche, Così parlò Zarathustra,1885 (Fabbri editori 1988).
13
l’inclusione e l’esclusione di incoraggianti acquisizioni di una tradi-
zione millenaria. Nietzsche riformulò l’idea di un mondo vero e di un
mondo falso; l’idea di un mondo ordinato, obbediente alle leggi della
natura o al volere divino e l’idea di un mondo disordinato, scompagi-
nato dagli uomini che lo abitano. In effetti questo mondo è abitato e in
esso ci sono uomini, case, strade. Tuttavia è presente ancora l’idea di
un mondo totalizzante, di un mondo della immediatezza, dell’intima
fusione, di un mondo della vita e di un mondo artificiale, di un perico-
loso mondo privo di anima o colonizzato.
Kant
11
nel 1784 aveva parlato della società dei cittadini del mondo in
cui i cittadini abitavano il mondo non direttamente perché
quest’ultimo era diviso in territori che erano territori degli stati e in
questi territori vivevano i cittadini che erano cittadini degli stati. Così
l’ordine del mondo era l’ordine degli stati e quindi la coesistenza delle
nazioni. Quello che accadeva al loro interno era questione interna che
non aveva alcuna rilevanza per il mondo.
11
Nella "Berlinische Monatsschrift" escono l'Idea di una storia universale dal punto di vista co-
smopolitico e la Risposta alla domanda: che cos'e' l'Illuminismo? Kant professa una fede nel pro-
gresso basata non sui dati dell'esperienza, ma sul fatto che cercare il progresso e' un dovere, e
una fede nella liberta' di pensiero, che non contrasta con l'obbedienza alle direttive dell'autorita'.
14
Marx
12
riteneva che l’uomo fosse il mondo dell’uomo, stato, società
ma questa idea avrebbe potuto unire coloro che erano esclusi dalla so-
cietà dei cittadini del mondo proprio in virtù della loro esclusione.
Il mondo è stato interpretato in modi differenti ma quello che ora pre-
me è la sua trasformazione.
Johann Caspar Bluntschli
13
sosteneva che il diritto naturale
dell’uomo che la ragione ha dato ai popoli per il libero sviluppo delle
nazioni permetterà di arrivare ad un futuro diritto del mondo con leg-
gi del mondo e giudici del mondo. I popoli realizzeranno un com-
mercio nel mondo e potranno vivere una pace nel mondo. Lo stesso
giurista, nella seconda metà dell’ottocento, era sicuro del fatto che
“anche ad una umanità che progredisce riuscirà di garantire ai suoi
membri, ai popoli, una esistenza sicura e di raccoglierli in una grande
comunità del mondo” il diritto di questa comunità del mondo sarà il
diritto dei cittadini del mondo.
Il Lexicon di Krug del 1834 chiarisce eventuali dubbi sul significato
o sui contenuti concreti del diritto dei cittadini del mondo in cui si
legge “diritto dei cittadini del mondo(ius cosmopoliticum ) è la facoltà
12
K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, Einaudi, Torino 1980.
13
Johann Caspar Bluntschli, o Johann Kaspar Bluntschli (Zurigo, 7 Marzo 1808-
Karlsruhe, 21 Ottobre 1881 ) . Giurista svizzero che fece carriera politica in Germania.
15
che ogni uomo ha di viaggiare per tutta la terra (che qui si chiama ap-
punto mondo) e di rappresentarsi agli altri uomini nelle relazioni della
vita in un qualche rapporto (di tipo scientifico, artistico, commerciale
etc.); e per questo tale diritto si chiama anche diritto generale
dell’ospite o diritto della generale ospitalità (ius hospitalitatis univer-
salis)”.
L’ordine della ragione e l’ordine del mondo: il progetto della ragione
e il progetto del mondo. I singoli sono esclusi e devono necessaria-
mente vivere la loro individualità attraverso l’esperienza della diffe-
renza di individuo e società e, cioè, attraverso l’esperienza della pro-
pria differenza. La personalità del singolo è individuale quanto più
questa differenza risulta netta. L’esperienza dell’individualità degli
individui è esperienza della propria singolarità, della chiusura nella in-
teriorità inesprimibile e quindi incomunicabile. La ragione tiene in-
sieme queste connessioni e cioè il popolo, la nazione, lo stato, la co-
munità del popolo e che di volta in volta realizzano o l’illuminismo o
lo spirito assoluto o persino l’eticità di un dover essere normalizzato,
queste totalità che si descrivono sempre più nel linguaggio delle orga-
nizzazioni, si oppongono alle individualità che erano state scoperte so-
16
lo di recente e le sovrastano, le schiacciano, le minacciano. Queste in-
dividualità celebreranno come libertà la propria estraneità rispetto a
quelle minacciose totalità.
Gli organismi avrebbero dovuto includere al loro interno tutti gli indi-
vidui trattandoli come singoli perché l’inclusione poteva essere solo
individuale; da ciò si deduce una nuova l’individualità chiusa,poi im-
penetrabile, poi sublimata, poi estetizzante, poi decadente.
Le individualità non abitano il mondo e,per farsi valere come tali, de-
vono essere altro, separate, qualcosa di deviante. Sul mondo vive
l’uomo, il mondo è popolato da generi, non da singole individualità. È
popolato da popoli, da stati, da nazioni ma ci sono anche le strade, le
case, i mari. Il mondo li contiene tutti, è diviso in regioni che delimi-
tano i territori e costituiscono gli ovili artificiali all’interno dei quali i
popoli sono stati costretti, frantumati, separati dopo qualche guerra. La
storia del mondo è storia proprio di questo mondo.
17
II
Nell’ottocento si ritiene che l’umanità possa raggiungere livelli alti
del suo sviluppo verso una comunità del mondo passando da un perio-
do del mondo ad un periodo del mondo. L’interesse per la pace e la fi-
ducia nel diritto vengono motivati proprio da questa idea del dover es-
sere, facendo scaturire la certezza che lo stato avrebbe realizzato il be-
ne comune. Le riunificazioni nazionali, le ricostruzioni nazionali,le re-
staurazioni nazionali alla fine dell’ottocento si realizzano proprio per
raggiungere quel fine. Le regioni, gli stati, le nazioni, il bene comune
e la pacifica coesistenza: sono questi gli spazi, reali e metafisici allo
stesso tempo, all’interno dei quali si realizza l’antica idea illuministica
di genere che adesso si chiama umanità perché si lascia governare dal-
la ragione.
Se l’idea di umanità metteva in risalto l’uguaglianza immanente al ge-
nere, l’idea di ragione presupponeva il consenso nella rappresentazio-
ne della necessità di organizzare, dividere, distribuire, riunificare
l’umanità attraverso le identità storiche che avevano tenuto insieme
determinate quantità o parti del genere umano. Le nazioni,attraverso
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gli stati e con il ricorso al diritto, la politica e l’uso politico della forza,
trovano la loro giustificazione razionale e insieme la razionale giusti-
ficazione del controllo del consenso sia all’interno che all’esterno. Ma
proprio questi presupposti razionali della coesistenza nella comunità
del mondo rendono impossibile la stessa coesistenza. La comunità del
mondo costituisce una naturale obiettività per tutti coloro che la abita-
no e, come tutte le naturali obiettività, essa viene costruita e ricostruita
in modo differente da ciascuno degli elementi che la costituiscono.
Ogni nazione e ogni stato sono giustificati nella loro immanente ne-
cessità ed hanno bisogno di affermare la propria irriducibile individua-
lità. Tutto si basa sulla sicurezza.
La ragione del pensiero illuminista assicurava che si sarebbero co-
struite razionalmente condizioni giuste per l’umanità e che i singoli, la
cui uguaglianza si condensava nel genere e la cui omologazione si su-
blimava nella ragione, non potevano opporsi alla realizzazione del be-
ne comune.
La realizzazione di quelle premesse è evidente già all’inizio del secolo
quando, come scrive Hegel, sul teatro del mondo della ragione e della
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umanità comincia la rappresentazione della tragedia nell’eticità, che
l’assoluto recita con se stesso.
Questa tragedia continua ancora: la sicurezza si è manifestata come
guerra, sia essa fredda o calda, ma sempre guerre mondiali.
Successivamente i singoli , la cui singolarità ormai viene travolta e
sterminata nelle apocalittiche quantità, hanno cominciato a correre per
il mondo sperimentando la costituzione paradossale del diritto, la
struttura paradossale della sovranità, la paradossale distinzione delle
forme dell’uguaglianza; Paradossale è il diritto perché la distinzione
tra diritto e illecito comincia da se stessa; paradossale è la struttura
della sovranità perché il popolo è sovrano perché è privo di potere;
paradossale è l’uguaglianza perché essa è l’altra parte di una distin-
zione di cui l’altra parte è la disuguaglianza. Quanto più i singoli sono
uguali in quanto cittadini, tanto più i cittadini sono disuguali in quanto
singoli.
L’evidenza di questi paradossi impedisce alle strutture che su di essi
sono costruite di operare senza presupposti. I presupposti, infatti, ven-
gono presto cercati e determinati. Resta fondamentale la determina-
zione statuale delle regioni, la loro specificazione nazionale,
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l’integrazione politico-amministrativa dei singoli attraverso le presta-
zioni della organizzazione statuale della politica e si liberano gli spazi
di quelle prestazioni sociali che già dall’origine della società moderna
avevano avuto un atteggiamento cognitivo, perché la loro repulsione
alla normatività e al dover essere sembra essere costitutiva. In altri
termini si afferma una semantica dell’autoregolazione che oggi viene
chiamata libertà, dichiarando esaurite le filosofie della storia e conclu-
sa l’esperienza del dover essere. L’uomo della comunità del mondo è
un uomo libero. Il modello dell’autoregolazione è disegnato dal mer-
cato che,al di là della metafisica, è soltanto una organizzazione
dell’economia. Come il mercato organizza la libertà della comunità
del mondo in uno spazio che si estende a tutta la terra, così la politica,
per la sua universale competenza sui temi della comunicazione, orga-
nizza la democrazia. In questo modo il mondo ha un nuovo ordine. Si
è cominciato ad usare il termine globalizzazione nel momento in cui
l’espansione e la velocità raggiunta dai media della diffusione hanno
reso ormai possibile l’esperienza della simultaneità dell’accadere in
tutte le regioni della terra permettendo,allo stesso tempo, di spiegare
l’accadere attraverso la semplificatrice costruzione di catene causali.