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INTRODUZIONE
Lo scopo di questa tesi è quello di indagare il concetto di scandalo e la sua
evoluzione, con un particolare riguardo agli scandali politico-sessuali.
Gli scandali rappresentano oggi un campo di ricerca relativamente poco
esplorato, che permette di confrontarsi con numerosi fattori: si tratta di
situazioni particolarmente ritualizzate che seguono un andamento preciso,
volto alla sostanziale depurazione della società dall’elemento scandaloso.
Fra tutte, la caratteristica che emerge maggiormente dall’analisi degli
scandali moderni è l’indissolubilità del rapporto tra media e politica, verità
che è andata consolidandosi sempre più con l’avvento dei new media. I
vorticosi cambiamenti degli ultimi anni in campo mediatico e le nuove
tecnologie, hanno infatti contribuito a trasformare gli scandali in eventi
comuni della politica contemporanea. Quello che negli anni 60 e 70 era
appannaggio del giornalismo investigativo, nella terza età della
comunicazione politica è andato normalizzandosi, entrando nella routine
giornalistica. Questo è accaduto anche perché vi è stata anche una
mutazione del modo di fare politica. La linea che separa la sfera privata
degli attori politici dal palcoscenico della sfera pubblica è andata sempre
più assottigliandosi, a volte per scelta dello stesso politico, altre per il
naturale evolversi dei contesti in cui opera. Lo scandalo è diventato quindi
un rischio per chiunque, identificando metaforicamente la fragilità del
potere politico e la forza di quello dei media nel dare al dibattito pubblico
la forma che preferisce. Il legame tra media e politica si concretizza in
modo biunivoco, da un lato con la spettacolarizzazione della politica e
dall’altro con la politicizzazione dello spettacolo.
All’interno di questo frame, questa tesi approfondisce lo scandalo di tipo
sessuale, la fattispecie che libera più pettegolezzi e scatena più curiosità tra
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quelle proposte dalla letteratura. Il sesso fa parte della vita di ognuno di
noi e l’accesso ad informazioni riservate come quelle riguardanti le
abitudini sessuali di un politico o di un personaggio in vista funge da
formidabile propellente per l’esplosione dello scandalo: i professionisti dei
media conoscono l’effetto di queste issues sull’audience e sanno adattarle
ad ogni diverso canale comunicativo, sfruttandole nel modo che più
ritengono congeniale per fare ascolti e vendere più copie.
Nel primo capitolo ho affrontato la definizione di scandalo secondo alcuni
degli studiosi più importanti, concentrandomi principalmente sulla
commistione di pubblico e privato che caratterizza l’attuale scena politica,
soprattutto in Italia. Al tempo stesso, ho cercato di spiegare le varie fasi di
uno scandalo, con le diverse conseguenze a cui possono condurre i
comportamenti dei protagonisti e le possibili diverse reazioni sociali, anche
con riferimento al problema della privacy.
Nel secondo capitolo si problematizza maggiormente il rapporto tra media
e politica, tenendo l’elemento sessuale come filo conduttore; per
approfondire al meglio il caso italiano, ho affrontato un breve excursus
storico (dal Fascismo ai giorni nostri) per descrivere l’evoluzione del nostro
paese nei media e nella politica in merito alla issue sessuale.
Nel terzo capitolo vi è una descrizione dei case studies, il Berlusconi Gate e
il Marrazzo Gate, accompagnato dai dati rilevati attraverso una ricerca
trasversale, svolta tra tv e carta stampata. Questi hanno permesso anche
alcune riflessioni sullo scandalo oggi e sui cambiamenti che ha maturato
nel corso del tempo.
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1 – LO SCANDALO, UN SEGRETO SVELATO
Gli scandali rappresentano una fattispecie incredibilmente importante nel
panorama mediale di ogni società, e spesso sono in grado di influenzarne
evoluzioni, smottamenti, cambiamenti di tendenza, proprio come
profetizzato dall'etimologia della parola stessa: si fa risalire alla radice indo-
germanica skand-, che intende l’idea di un cambiamento improvviso. Il
greco σκανδαλον e l’ebraico kāšal riconducono invece entrambi alla
trappola per i nemici, all’inciampo, all’ostacolo (Cepernich, 2007).
Sono stati molti gli studiosi che hanno cercato di definire in modo corretto
questa trappola, cercando di spiegare cosa accade alle società e alle
persone che vi cadono: fondamentalmente, lo scandalo si concretizza
attraverso il distacco dalla consuetudine, ovvero un comportamento
diffuso ed approvato dalla comunità. Il consueto ha un valore così alto
nelle società da portare molte di esse ad integrare la legge o a normare
istituti non ancora soggetti alla legge proprio attraverso la consuetudine,
ovvero una diurnitas, cioè una prassi, un comportamento costante ed
uniforme tenuto dai consociati con la convinzione (opinio iuris) che tale
comportamento sia doveroso o da considerarsi obbligatorio (Conforti,
2006). Un comportamento deviante percepito come una vera e propria
minaccia si evidenzia se vi è un consenso sociale diffuso a proposito di ciò
che è giusto, conforme; le istituzioni intervengono nel momento in cui è
necessario esercitare il controllo sociale, attuando processi di
interpretazione simbolica e di labelling che rafforzano la concezione di
sacro e definiscono ciò che è impuro e profano (Alexander, 1988). In
questo contesto bisogna comunque tenere conto dell’elemento soggettivo.
Il mantenimento di un comportamento deviante o di una violazione della
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morale sono oggetto di scandalo a seconda di chi ne è protagonista: se la
prostituzione, per esempio, non fa notizia nei bassifondi di una grande
città, il fatto che il sindaco frequenti delle prostitute certamente non solo
fa notizia, ma genera scandalo.
Secondo lo studioso inglese Thompson, gli scandali sono contraddistinti da
un insieme di regole costanti: «1) la loro occorrenza o esistenza comporta
la trasgressione di certi valori, norme o codici morali; 2) la loro occorrenza
o esistenza implica un elemento di segretezza o di occultamento, ma sono
conosciuti o creduti esistere fortemente da altre persone rispetto a quelle
direttamente coinvolte; 3) alcuni non partecipanti disapprovano le azioni o
gli eventi e possono essere offesi dalla trasgressione; 4) alcuni non
partecipanti esprimono la loro disapprovazione pubblicamente
denunciando le azioni o gli eventi; 5) la divulgazione e la condanna delle
azioni o degli eventi possono danneggiare la reputazione degli individui
responsabili di essi» (Thompson, 2000, pagg. 13-14).
Non vi può essere scandalo se non c’è anzitutto uno svelamento, ovvero la
rivelazione al pubblico del fatto che prima era segreto
1
, nascosto, seguito
1
Georg Simmel ha considerato segretezza e menzogna da due prospettive differenti. La
prima è quella individuale nelle relazioni personali, la seconda quella sociale all’interno dei
gruppi. Nel primo caso mentire è considerato un’attività fondamentale nella vita degli
esseri umani. La cononoscenza dell’altro non è mai acquisita del tutto, deriva da una
continuo scambio in cui si rivelano e si nascondono parti di sé. La bugia «fa sì che il
bugiardo nasconda all’altro la vera rappresentazione in suo possesso.» La persona non
solo si fa un’idea sbagliata dell’interlocutore, ma «viene mantenuta in errore dalla persona
che mente» (Simmel, 1992). Simmel riconosce un’importanza vitale alla menzogna e alla
segretezza nei rapporti nei gruppi, poiché permettono di costruirli: la negatività portata da
questi due fattori dipende dalla portata del contesto in cui si verificano. Più il sistema è
complesso, più la menzogna e la segretezza fanno la differenza: in una società allargata,
con una stratificazione variegata, la conoscenza di un segreto o il semplice saper mentire
possono costituire un enorme vantaggio, poiché rappresentano l’appartenenza ad un’élite
che rimane coesa e si considera sostanzialmente distaccata dalle norme esterne,
basandosi su rituali condivisi, sulla protezione vicendevole e sulla confidenza tra i membri,
legati da un curioso “voto del silenzio”.
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dalla reazione sociale. Sherman, criminologo la cui ricerca verte
principalmente sulla corruzione e gli scandali che travolgono i corpi di
polizia, insieme ai modi per prevenirli e risolverli, individua sei step per nel
processo scandalistico. Il primo è quello della denuncia, seguita dalla
pubblicizzazione del fatto, che viene quindi reso di dominio pubblico. Il
terzo è la difesa dei soggetti coinvolti: se ha successo, lo scandalo viene
riassorbito e i protagonisti riabilitati. Se questo non accade, è la volta della
drammatizzazione, in cui si cerca di mobilitare l’opinione pubblica contro
gli accusati. In questo caso, il riassorbimento si verifica dopo la resa dei
conti con il processo e la condanna dei colpevoli (Cepernich, 2007). Una
seconda interpretazione di questa è stata data da altri studiosi, tra cui Lowi
e Thompson, che rispetto all’analisi di Sherman introducono la figura delle
agenzie di controllo e di drammatizzazione.
Un’altra interpretazione fondamentale è quella di Lazarsfeld e Merton. I
due si basano sulle osservazioni che Malinowski
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ha raccolto presso gli
abitanti delle Isole Trobriand, in Melanesia per spiegare la spinta al
conformismo causata dai media. «Molte norme sociali si rivelano scomode
Chi mantiene un segreto si considera partecipe di un mondo che altri non vedono, nel
quale è presente una tensione che si dissolve quando viene rivelato, sebbene molti segreti
non abbiano la funzione di nascondere un oggetto o un’informazione quanto quella di
sottolineare e dare visibilità a quello che apparentemente si vorrebbe celare. (La Cecla,
2006; Simmel, 1992). Secondo Simmel il meccanismo che si innesca con gli scandali è
molto simile: il desiderio di conoscere questioni private di un personaggio famoso è
alimentato dalla curiosità morbosa e dal senso d’inferiorità che molti provano nei
confronti di chi ha fama e popolarità. Le rivelazioni sono spesso alimentate dallo stesso
personaggio per ragioni pubblicitarie, ed è come se si “svelasse il mistero” di un soggetto
di rango più elevato, che dispone di fascino e carisma.
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Bronislaw Malinowski (1884 – 1942), antropologo polacco, visse a lungo in Inghilterra. E’
considerato uno dei massimi esponenti della ricerca etnografica del secolo scorso ed il
pionere dell’osservazione partecipata. Il risultato della ricerca alle Trobriand è raccontata
in Le isole Trobriand (1915) e in Argonauti del Pacifico occidentale. Riti magici e vita
quotidiana nella società primitiva (1922).
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per gli individui nella società. Esse si oppongono alla gradificazione di
desideri ed impulsi. Poiché possono trovare le norme gravose, c’è una certa
misura di tolleranza nell’applicarle, sia a se stessi che agli altri. Da qui
l’emergenza del comportamento deviante e la tolleranza privata di queste
devianze. Ma questo può continuare così finché non vi è una situazione in
cui si debba prendere una posizione pubblica pro o contro le norme. La
pubblicità, il riconoscimento forzato dai membri del gruppo che queste
devianze si sono verificate, richiede che ogni individuo prenda una
posizione. Alternativamente, deve schierarsi nei ranghi dei non conformisti
e proclamare così il suo ripudio per le norme del gruppo, asserendo che
anch’egli è fuori dalla struttura oppure, senza badare alle sue predilezioni
private, deve mettersi in riga e supportare le norme. La pubblicità sana il
gap tra “attitudini private” e “moralità pubblica”, ed esercita pressione per
una moralità singola invece che duplice prevenendo la continua fuga dal
problema. Richiede da quel momento in poi una riaffermazione pubblica e
un’applicazione della norma sociale (sebbene sporadica). In una società di
massa, questa funzione di esposizione pubblica è istituzionalizzata nei
mezzi di comunicazione di massa» (Lazarsfeld & Merton, 1948).
Si distingue quindi quello che è “privatamente tollerabile”, ovvero un
comportamento contrario alla norma che si ritiene di poter praticare o
sopportare lontano da occhi indiscreti (es.: un politico che fa uso di
stupefacenti ed basa la sua campagna elettorale sulla lotta allo spaccio e
alla tossicodipendenza), da ciò che è è “pubblicamente ammissibile”, cioè
quello che si è disposti a rivelare della propria condotta sapendo che si
andrò incontro al giudizio del gruppo (es.: il politico che rivela al suo
elettorato di fare uso di cocaina sa che molto probabilmente questo
causerà una perdita di voti).
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Una conseguenza a questo scollamento tra pubblico e privato è descritta
da Elisabeth Noelle-Neumann nella sua teoria della spirale del silenzio.
Secondo questa concezione, chi dissente dalla maggioranza tende ad
evitare di esporre in pubblico la sua opinione, e l’effetto aggregato di
questi “silenzi minoritari” fa sì che si finisca per considerare soltanto il
punto di vista della maggioranza. Questa ipotesi prevede che le persone
siano sostanzialmente isolate e identifichino le opinioni della maggioranza
con quelle più rappresentate dai media. Tanto più queste opinioni vengono
taciute, tanto meno saranno illustrate. Nasce così il clima d’opinione,
ovvero un frame dominante, che porta ad interfacciarsi con la realtà alla
maniera della maggioranza, quindi apparentemente in modo univoco. Non
sempre però la maggioranza vince: può venirsi a creare un clima d’opinione
duale, con un doppio livello di percezione. Il primo è quello dato dai media,
quello “ufficiale”, maggioritario; il secondo è quello personale, nato da
esperienze di prima mano e condiviso soltanto con la cerchia più prossima.
Rapportando gli studi di Lazarsfeld e Merton alla tesi di Noelle-Neumann,
vediamo come il clima d’opinione relativo ad uno scandalo possa essere
quindi duplice: la spinta alla conformità verso l’opinione della maggioranza
si contrappone all’accomodamento o addirittura alla partecipazione al
comportamento deviante in privato
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.
3
Lo scandalo derivante dall’inchiesta Grandi Eventi, nata a Firenze nel 2009 ed oggi di
competenza della Procura di Perugia, aiuta a comprendere meglio la fattispecie della
spirale del silenzio. Il cordoglio unanimer degli italiani per le vittime del terremoto di
Abruzzo di contrappone al cinismo e al comportamento deviante privato (è noto il dialogo
tra imprenditori corrotti che nonostante i “poveracci” avessero perso gli affetti e la casa
tra loro affermano “Io stamattina ridevo alle tre e mezza dentro al letto”). Sono coinvolti,
a vario titolo, l’ex Sottosegretario con delega alla Protezione Civile, Guido Bertolaso, il
Dipartimento per lo Sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio,
l’ex Ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola e molti imprenditori. Tra questi,
Angelo Balducci, Diego Anemone, Fabio De Santis, Francesco Maria De Vito Piscicelli
(protagonista, con il cognato Pierfrancesco Gagliardi, dell’intercettazione telefonica sul
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1.1 – RETROSCENA E RIBALTA
Un’altra definizione del concetto di scandalo si ricava dall’opera di Erwing
Goffman e delle interpretazioni che ne sono state date. L’impianto della
sua teoria sociologica di Erwing Goffman si basa fortemente sul concetto di
labelling, e sebbene il sociologo canadese non faccia alcun riferimento
diretto al concetto di scandalo, la violazione dell’etichetta ne rappresenta
una fattispecie molto rilevante e ci riconduce, grazie alle riflessioni di
Meyrowitz, alla dicotomia tra privatamente tollerabile e pubblicamente
ammissibile. Rivoluzionando la teoria classica della devianza, Goffman
spiega che questa non nasce da un fenomeno statico ed oggettivo, ma da
un processo di etichettamento in cui il frame breaking disorienta gli attori.
La rottura del quadro di riferimento secondo il quale si determinava la
natura di un comportamento (strano, corretto, curioso, sbagliato, etc.)
conduce ad una sorta di scompenso nel corpo sociale in cui si verifica
terremoto che disgustò l’opinione pubblica). Bertolaso e “la cricca”, così definita visti i
rapporti di amicizia, scambi di favori ed appalti facili che la Procura ha ipotizzato,
avrebbero creato un sistema di concussione e corruzione sfruttando a volte le conoscenze
giuste, altre i poteri straordinari di deroga alle normali gare di cui dispone la Protezione
Civile in casi d’emergenza. Nata intorno alla costruzione della nuova Scuola Marescialli a
Firenze, l’indagine si è diramata in fretta verso la Maddalena (per le costruzioni per il G8
svoltosi poi all’Aquila), i Mondiali di Nuoto a Roma, il terremoto in Abruzzo. Una nota di
colore è aggiunta a questo caso da Claudio Scajola, la cui abitazione nei pressi del Colosseo
fu in parte pagata con fondi elargiti in nero da Anemone. In occasione dell’annuncio delle
sue dimissioni, nel maggio 2010, l’Onorevole si rese protagonista di una delle conferenze
stampa più comiche della storia, dalla conclusione quantomeno curiosa. «Un ministro non
può sospettare di abitare una casa pagata in parte da altri. Se dovessi acclarare che la mia
abitazione, nella quale vivo a Roma, fosse stata pagata da altri senza saperne io il motivo,
il tornaconto e l’interesse i miei legali eserciteranno le azioni necessarie per
l’annullamento del contratto di compravendita. Non potrei, come ministro della
repubblica, abitare in un’abitazione in parte pagata da altri». Una casa pagata da altri a
sua insaputa, insomma; una dichiarazione che lasciò allibiti i giornalisti presenti. (Il video
della conferenza stampa di Scajola è disponibile sul sito
http://www.corriere.it/cronache/11_agosto_29/SCAJOLA-inchiesta_d7f4ea00-d243-11e0-
a205-8c1e98b416f7.shtml)
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(Goffman, 2006); lo scandalo coagula i gruppi sociali contro il “nemico” che
sovverte l’ordine, degrandando, escludendo l’elemento che l’ha causato,
stigmatizzandolo, quasi rimuovendolo dalla comunità e, se possibile, anche
dalla memoria. Questo accade anche per coloro il cui nome è associato a
quello di chi assume i comportamenti devianti, complice, simpatizzante o
addirittura alla vittima stessa.
Anche Simmel ha sottolineato come la creazione del nemico sia importante
per consolidare il senso di appartenenza ad un gruppo (Simmel, 1989); in
questa prospettiva è ugualmente interessante il punto di vista di Zygmunt
Bauman, che nell’esaminare la posizione dello straniero nella società,
conferma per definire l’identità serve che questa si relazioni con l’alterità.
L’”altro” può essere lo straniero, quindi l’“alieno”, una minaccia esterna,
oppure il nemico, controllato e definito dal gruppo stesso, al quale si
contrappone simmetricamente
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(Bauman, 1992). Meyrowitz ha attinto alle
4
Un perfetta commistione di queste diverse teorie è la storia del massacro del Circeo, che
purtroppo non è limitato alle terribili violenze subìte da Donatella Colasanti e Rosaria
Lopez tra il 29 e il 30 settembre del 1975, ma si protrae sino ad oggi con sviluppi
inimmaginabili per chi allora visse, sebbene solo attraverso i media, l’orrore delle due
povere ragazze. Rapite e sottoposte a brutalità inenarrabili, delle due solo la Colasanti
sopravvisse e poté denunciare i propri aguzzini, Andrea Ghira, Angelo Izzo e Gianni Guido,
tutti esponenti della Roma bene e di ideali neofascisti. Ghira non fu mai catturato grazie
agli innumerevoli appoggi che la sua famiglia gli garantì: arruolatosi nella Legión Española,
sarebbe morto nel 1994, anche se molti non sono affatto convinti di ciò a causa di
avvistamenti, a Roma, di un uomo che gli somiglierebbe incredibilmente. Guido oggi è
libero, è evaso più volte di prigione ed ha scontato solo 22 anni di pena. Ha sempre
ammesso le proprie responsabilità, come Izzo. Quest’ultimo è certamente la figura più
inquietante tra le tre. Riciclato il suo personaggio come collaboratore di giustizia in più
processi, nel novembre 2004 beneficiò del regime di semilibertà. Appena un mese dopo,
uccise Maria Carmela Linciano e Valentina Maiorano, moglie e figlia di un boss della Sacra
Corona Unita che aveva conosciuto nel penitenziario di Campobasso. Incurante di tutto
questo, una giornalista, Donatella Papi, si dice convinta dell’innocenza di Izzo al punto tale
da sposarlo, chiedendo che entrambi i casi siano riaperti. Malgrado il divorzio, la donna
continua a stare accanto ad Izzo durante i processi e a sostenerlo economicamente.
L’efferatezza delle azioni dei tre suscitò negli anni Settanta un tale scandalizzarsi
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dell’opinione pubblica da indurre anche due grandi intellettuali, Italo Calvino e Pier Paolo
Pasolini, ad intervenire in prima persona sull’argomento. Lo scambio tra i due vecchi
amici, spesso contrapposti (l’articolo di Calvino, Delitto in Europa, fu pubblicato dal
Corriere della Sera dell’8 ottobre 1975, la risposta di Pasolini, Lettera Luterana a Italo
Calvino, da Il Mondo, il 30 ottobre successivo) rivela, almeno da parte di Calvino, un
profondo riconoscersi in un gruppo ed una stigmatizzazione degli “strati cancerosi della
società”: i neofascisti, la borghesia consumista. Secondo Pasolini, che riteneva che il male
fosse connaturato alla società, Calvino cerca forzatamente un nemico, “si ostina a
disegnare una società di mostri che convive con quella normale, contigua ma separata
dalla sua parte sana” (Scarpa, 1999).
Calvino è certamente più vicino a quello che era il sentimento dell’opinione pubblica in un
momento piuttosto difficile del nostro Paese. La contrapposizione sanguinosa tra le fazioni
politiche estremiste aveva inevitabilmente fratturato il Paese in due parti, che vedevano il
nemico l’una nell’altra e si combattevano, letteralmente, sul campo. Nonostante si
dichiarassero convintamente neofascisti, Ghira, Izzo e Guido non erano ben visti negli
ambienti ufficiali della destra romana. Erano dei cani sciolti, soggetti incontrollabili, tanto
che Teodoro Buontempo, allora leader del Fronte della Gioventù, negò loro l’opportunità
di frequentare le sezioni giovanili missine. (Roncone, 2005) Non si tratta quindi di uno
scandalo derivante dalla cattiva interpretazione di un ruolo pubblico; quella dei tre,
nonostante le loro dichiarazioni politiche e le numerose rivendicazioni, è l’impresa di un
nucleo isolato, che da frutto ad uno scandalo legato alla condotta personale dei tre.
Uno scandalo provocato dai singoli, che però ha comportato un active involvement (Gli
ordinary troubles sono errori comuni, quotidiani, in cui ognuno di noi può incorrere. Gli
active involvements invece comportano l’intervento di forze politiche e sociali, poiché
implicano violazioni più gravi dell’etichetta; Goffman, 1986) da parte della società civile,
soprattutto del movimento femminista, che si costituì parte civile nel processo al fianco di
Daniela Colasanti e della famiglia Lopez. Il gruppo si fa carico del problema del singolo,
socializzando il problema e la ricerca della soluzione.
Con il passare del tempo, nonostante l’attenzione verso le vittime sia via via scemata, i
carnefici hanno avuto modo di far parlare di sé molte altre volte, soprattutto Angelo Izzo,
convolato a nozze con la giornalista Donatella Papi. Le modalità con cui è stato reso noto il
matrimonio trovano anch’esse collocazione nella teoria goffmaniana: Donatella Papi
sgretola il frame che vorrebbe la solidarietà verso le vittime e rende un tutt’uno il suo
privato, il suo matrimonio, e la sua immagine pubblica di giornalista, con una provocazione
in diretta televisiva. A L’Italia sul 2, contenitore pomeridiano di Rai 2, durante una puntata
intitolata “Innamorarsi di un criminale”, la Papi lesse un comunicato stampa in cui non
solo annunciò ai telespettatori le sue imminenti nozze, ma si disse sicura dell’innocenza di
Izzo e della necessità di riaprire i processi per il massacro del Circeo e quello di Ferrazzano.
La sorella di Rosaria Lopez, Daniela, telefonò in diretta, al colmo dell’indignazione. Le altre
ospiti, l’attrice Lella Costa e la criminologa Roberta Bruzzone, lasciarono lo studio
disgustate. Milo Infante e Lorena Bianchetti, i conduttori del programma, erano così
imbarazzati da non riuscire quasi a proseguire, Rai2 si dissociò completamente dalle