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Capitolo Primo
L’asset allocation
1. L’asset allocation strategica e tattica
L‟asset allocation rappresenta la procedura con cui ripartire il capitale tra varie
classi di investimento.
Il processo può essere suddiviso in due fasi: la prima attiene alla definizione degli
obiettivi e delle caratteristiche dell‟investitore (capitale a scadenza, cedole,
avversione al rischio), la seconda alla fase di composizione del portafoglio. Sul
piano teorico possiamo distinguere due tipi di asset allocation: la prima, quella
strategica o passiva ha come obiettivo primario la replica dell‟indice
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di riferimento;
la seconda, definita tattica o attiva, si propone di “battere” il benchmark nella
combinazione rischio-rendimento. Nella realtà operativa, tuttavia, esistono e sono
riscontrabili varie combinazioni delle medesime.
L‟asset allocation passiva accetta l‟ipotesi di mercato efficiente (non esistono titoli
o classi di titoli che siano sistematicamente sopravvalutati o sottovalutati rispetto al
mercato o all‟indice di riferimento), anche se non in modo perfetto, punta sulla
diversificazione e ignora il market timing. Si basa su scelte d‟investimento di medio-
lungo periodo rispondenti alle esigenze dell‟investitore. La regola è scegliere i titoli
in modo da ottenere la combinazione rischio-rendimento desiderata evitando il
tentativo di battere il mercato. Nella sua forma pura e semplice la strategia passiva di
gestione determina l‟acquisto di tutti i titoli azionari del benchmark con pesi
corrispondenti alla loro capitalizzazione percentuale di mercato. Il portafoglio così
costruito viene mantenuto per periodi medio-lunghi, senza che si proceda ad alcuna
attività di revisione. Infatti, poiché le informazioni sono liberamente disponibili a
tutti e le aspettative sono omogenee, è impossibile anticipare il futuro: ogni tentativo
accrescerebbe il rischio e i costi di gestione senza generare una extraperformance.
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Indice e benchmark sono utilizzati come sinonimi.
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In particolare, pur non condividendo l‟interpretazione rigida dell‟efficienza di
mercato e supponendo l‟esistenza di temporanee divergenze dei prezzi correnti dai
loro valori intrinseci, chi segue questo approccio stima che i costi di informazione e
di transazione necessari per impostare una strategia di tipo attivo annullino
l‟eventuale extra-profitto. E‟ necessario però rilevare come i movimenti del prezzo
dei singoli titoli determinino modifiche nella capitalizzazione percentuale degli stessi
e, di conseguenza, nei loro pesi all‟interno del benchmark, quindi se si volesse
procedere alla riallocazione delle risorse all‟interno del portafoglio, ad ogni minima
variazione dei pesi l‟impatto sui costi di transazione sarebbe rilevante. Va aggiunto
che alla replicabilità non perfetta dell‟indice contribuisce anche il fatto che questo
possa essere oltremodo ampio. Il gestore, dunque, si concentra essenzialmente sulla
diversificazione. Queste osservazioni non solo spiegano tecnicamente perché questo
tipo di strategia allocativa produca una performance non esattamente in linea con
quella dell‟indice di riferimento (il portafoglio che ne risulta ha un beta leggermente
diverso da 1), ma evidenziano come nella realtà operativa sia quantomeno difficile
imbattersi in una strategia di asset allocation passiva pura. La stratified sampling è
un esempio di strategia passiva, per così dire, “non pura”: il portafoglio viene
formato attraverso una selezione delle azioni del benchmark che, avendo un peso
ponderato maggiore, meglio ne replicano l‟andamento. Si considera così un numero
di titoli nettamente più basso rispetto alla full replication dell‟indice, con la
conseguenza di ottenere una minore incidenza dei costi di transazione sul valore del
portafoglio.
L‟asset allocation tattica consiste nella detenzione di un portafoglio con una
diversa composizione rispetto a quella caratterizzante la gestione passiva. Questa
diversità risulta essere legata alle stime che si hanno circa la futura evoluzione dei
prezzi nonché dell‟intero stato futuro dell‟economia. Tale strategia, prevedendo la
possibilità di sfruttare a proprio vantaggio le previsioni a breve termine,
coerentemente con l‟assegnazione dei pesi secondo le indicazioni fornite da tecniche
come quelle dell‟analisi tecnica e/o fondamentale, ha il fine di cogliere le occasioni
che il mercato offre in termini di timing e di selettività, dei titoli o delle classi di titoli
da sovra o sottopesare rispetto al benchmark, nella composizione del portafoglio, con
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l‟obiettivo di “aggiungere valore” realizzando una performance superiore a quella del
benchmark stesso. Questo tipo di strategia è propria di chi rifiuta l‟ipotesi di
efficienza del mercato: è possibile individuare sentieri entro cui si muovono i prezzi e
sfruttarne l‟andamento. Qualora il mercato risultasse inefficiente sarebbe l‟abilità del
gestore a determinare un risk adjusted return sopra le media. Risulta essere
consequenziale all‟assunzione di posizioni di investimento così determinate,
l‟accettazione di un rischio maggiore: maggior rendimento in finanza equivale a
maggior rischio.
2. Il benchmark
Più volte nella trattazione si è fatto riferimento al termine benchmark. Nello
specifico esso può assumere tre differenti significati, a seconda che si faccia
riferimento al profilo giuridico o tecnico-gestionale dell‟asset allocation. In merito al
primo aspetto, la Delibera Consob N.11522 del 1998, all‟Art.42, stabilisce che “Ai
fini della definizione delle caratteristiche della gestione, l‟intermediario deve indicare
all‟investitore un parametro oggettivo di riferimento coerente con i rischi ad essa
connessi al quale commisurare i risultati della gestione”. Per ciò che concerne il
secondo, il benchmark è per il gestore un portafoglio di riferimento (costruito con
indici di mercato)
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da replicare o da cui discostarsi nelle decisioni di politica
gestionale e per il cliente-investitore l‟indicatore del profilo rischio-rendimento che
caratterizza la gestione nonché il parametro di valutazione ex-post della performance.
Per assolvere alla sua funzione deve essere:
chiaro: i nomi e i pesi dei titoli devono essere identificabili;
replicabile: deve poter essere “copiato” dal gestore;
misurabile: deve essere possibile comporlo e calcolarne le statistiche necessarie
con semplicità e rapidità;
adeguato: cioè consistente allo stile del gestore;
tempestivo: cioè specificato prima dell‟inizio del periodo di valutazione.
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La spiegazione analitica del benchmark e degli indici esula dalla specificità di questa trattazione.
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Individuato il benchmark, la gestione che ad esso fa riferimento si definisce
strategica o tattica in base alla correlazione tra il suo rendimento e quello del
portafoglio: le gestioni di tipo passivo lo replicano cercando di minimizzare il
tracking error
3
così che il rendimento del portafoglio sia il più possibile vicino a
quello del benchmark, mentre quelle attive cercano di “batterlo”.
3. L’asset allocation strategica
3.1 Strategia Buy & Hold
Questa strategia replica il benchmark e non richiede alcuna attività di trading: è
passiva e statica, il portafoglio una volta creato non viene movimentato. Riferendosi
al caso più semplice, cioè alla sua attuazione attraverso il ricorso ad un titolo risk free
e ad un asset rischioso si possono enuclearne le seguenti caratteristiche:
il valore del portafoglio è funzione lineare e aumenta in percentuale costante del
benchmark;
il valore del portafoglio non cade sotto il valore iniziale dell‟investimento nel
titolo risk free;
il valore massimo è illimitato;
se il mercato è “toro”, la quota in azioni aumenta automaticamente e con essa la
performance, se il mercato è “orso” il peso delle azioni diminuisce e con esso il
rendimento del portafoglio.
Il portafoglio (figura 1) è composto da azioni per il 60% e dal titolo risk free per il
40%; il suo valore si determina :
V.P.= x
1
Rf + x
2
Indice
con
x
1
e x
2
pesi percentuali degli assets in portafoglio e x
1
+ x
2
= 1
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Si intende la differenza tra il rendimento del portafoglio e quello del benchmark:
1
2
n
R R
TE
n
i p
, con (n-1) ampiezza del campione.
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e supposto essere il valore dell‟Indice pari a 110 e del titolo risk free pari a 100:
V.P. = (0.4) 100 + (0.6) 110
V.P. = 106
3.2 Strategia Constant mix
Si tratta di un modello di asset allocation passiva diverso da quello puro, in quanto
richiede il ribilanciamento periodico del portafoglio affinché la combinazione degli
assets finanziari scelta in partenza sia mantenuta costante al variare del valore
dell‟indice. Impone dei ribilanciamenti in controtendenza rispetto alla dinamica del
mercato di riferimento: se il mercato è “orso” si procede all‟acquisto di azioni e alla
vendita di obbligazioni, se il mercato è “toro” l‟attività di compravendita da mettere
in atto è opposta.
Il valore della componente azionaria si ottiene:
A = m(P
t
-F) = mC
P
t
= valore del portafoglio al tempo t;
F = valore minimo del portafoglio che si desidera garantire a scadenza o floor;
Figura 1: BUY & HOLD
Fonte: Guida all‟asset allocation. Caparrelli-Camerini (2004)
40
106
0
100
VALORE
PORTAF.
VALORE INDICE
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C = cuscino;
m = moltiplicatore.
La strategia definisce l‟allocazione del patrimonio in un‟attività rischiosa come
proporzione m di un parametro definito cuscino C. I guadagni potenziali sono
illimitati, la perdita complessiva è rappresentata dall‟intero patrimonio. Se il trend del
mercato è crescente il peso della componente azionaria cresce rispetto al totale, per
cui si opera in modo da ridurne il sovrappeso vendendone una parte. Questa strategia
crea valore, ovvero batte la Buy and hold in presenza di volatilità senza trend: il
ribilanciamento segue criteri di investimento anticiclici che permettono di sfruttare
vantaggiosamente le inversioni di tendenza del mercato. Sfrutta la tendenza mean
reverting
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dei corsi azionari.
In questo modello
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F è assunto pari a 0:
A = mP
t
La tabella seguente illustra il funzionamento della strategia che investe il 60% del
portafoglio in azioni e il rimanente 40% in un deposito risk free infruttifero. Il trend
seguito dal mercato azionario è crescente e quindi la strategia ribilancia il portafoglio
in modo da ridurre il soprappeso delle azioni:
Indice azioni Quota azioni Quota
Risk-free
% azioni % risk-free Quota
azioni
corretta
Quota
risk-free
corretta
Valore
portafoglio
100 60 40 60 40 100
110 66 40 62,26 37,74 63,60 42,40 106
120 69,38 42,40 62,07 37,93 67,07 44,71 111,78
130 72,66 44,71 61,91 38,09 70,42 46,95 117,37
140 75,84 46,95 61,76 38,24 73,67 49,12 122,79
150 78,93 49,12 61,65 38,35 76,83 51,22 128,05
In conseguenza dell‟aumento del valore dell‟indice da 140 a 150 e del valore del
portafoglio da 122,79 a 128,05, il totale delle azioni passa da 73,67 a 78,93 (+5,26) e
la percentuale sul totale dal 60% al 61,65%. La revisione riduce la componente
4
Normalizzazione dei valori di una variabile verso i propri valori medi di lungo periodo.
5
F.Caparrelli, E. Camerini, Guida all’asset allocation, Edibank, Roma, 2004.
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azionario a 76,83 (-2,10) e aumenta quella risk free a 49,12 (+2,10). La quota
azionaria da correggere è pari a:
(Quota azioni4 + Δvalore del portafoglio5) = 73,67+(128,05-122,79) = 78,93
la quota azionaria e quella risk free corrette sono rispettivamente:
0,6(128,05)=76,83
0,4(128,05)=51,22.
3.3 Constant proportion portfolio insurance
La strategia ha origine da un lavoro di Black e Jones [1987] e si presenta nella
stessa veste formale della precedente con l‟unica eccezione che, essendo qui il
parametro F assunto maggiore di 1, assicura un capitale minimo alla scadenza:
A = m(P
t
-F) = mC
m >1 esprime l‟attitudine al rischio dell‟investitore.
Il cuscino, cioè la differenza tra il valore del portafoglio, P
t
, e il patrimonio minimo
fissato dall‟investitore, F, ha qui valore positivo, essendo il floor assunto maggiore di
0. Ciò rende possibile garantire un capitale minimo a scadenza e preservare la
possibilità di realizzare guadagni potenzialmente illimitati.
L‟indicazione operativa fornita da questo modello, rispetto al precedente, è
diametralmente opposta: in situazioni di mercato “toro” il peso della componente
azionaria viene aumentato.
Supposti F=70, m=2, P=100, si ottiene:
A=2(100-70)=60
quindi la componente risk free è (100-60)=40;
in una situazione di mercato “toro” il peso dell‟investimento rischioso aumenta e la
revisione richiede l‟acquisto di azioni:
se l‟indice passa a 110,
A=0,6(110)=66, P=(66+40)=106,
dopo la revisione del portafoglio A=2(106-70)=72, Risk free=(106-72)=34.
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Questa strategia si rivela essere migliore rispetto alle due precedenti in situazioni di
mercato con trend sia crescente sia decrescente, poiché, data la ciclicità dei criteri di
investimento, sfrutta vantaggiosamente il trend positivo nel primo caso, riduce
progressivamente la componente azionaria in portafoglio nel secondo. Al crescere del
valore di m peggiora la capacità della strategia di proteggere dalle perdite in mercati
“orso” ma migliora quella di ottenere guadagni nelle fasi “toro”. Il valore del
portafoglio potrebbe scendere al di sotto del floor nel caso in cui nell‟intervallo di
tempo tra due ribilanciamenti consecutivi il mercato subisca una variazione negativa
superiore a 1/m:
F=85, 1/m=1/5, se l‟indice azionario (IA) passa da 100 a 75 :
ΔIA% = (75-100)/100 = |-0,25|
ΔIA% > 0,25 P
t
=81,25
PERIODO INDICE RISK-FREE AZIONI VALORE
PORTAFOGLIO
0 100 25 75 100
1 75 25 56,25 81,25
3.4 Da Markovitz al CAPM
Alla base del CAPM (Capital Asset Pricing Model) vi è la Moderna Teoria di
Portafoglio (MPT), che ha lo scopo di individuare le combinazioni di titoli che danno
origine a portafogli efficienti. Sono efficienti quei portafogli che massimizzano il
rendimento atteso, dato il valore della deviazione standard o che, viceversa,
minimizzano il valore di quest‟ultima, dato il rendimento atteso. La MPT assume
che:
gli investitori massimizzano l‟utilità attesa
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(funzione del rendimento e della
deviazione standard);
gli investitori sono avversi al rischio;
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Per una trattazione esaustiva dell‟argomento si veda K. Garbade , Teoria dei mercati finanziari, Il Mulino,
Bologna, 1989.