4
CAPITOLO I - CUMA : STORIA DEGLI STUDI E
CONTESTO STORICO-ARCHEOLOGICO
I.1 – CUMA : QUADRO GEO-AMBIENTALE ANTICO E MODERNO
Il sito di Cuma, posto ai confini nord-occidentali dei Campi Flegrei, si
estende su una vasta area pianeggiante protetta da una barriera di
paludi e da una corona di alture che si snodano tra la cresta del Monte
Grillo (che separava la citt dal lago d’Averno e uno sperone
trachitico di origine vulcanica.
Il Monte di Cuma, alto circa 80 m sul livello del mare
1
, costituiva un
punto strategico, in quanto dominava la pianura campana, era visibile
dall’acropoli di Pythekoussai (odierna Ischia) e controllava le via
d’accesso al golfo di Napoli dal N
2
. Con le sue pareti scoscese e
circondata dal mare su tre lati, accessibile solamente da S/S-E, era una
rocca quasi inespugnabile, facilmente difendibile anche senza
fortificazioni: è facile capire come essa rappresentasse un luogo
idoneo per un insediamento. Questo territorio aveva, inoltre, il
vantaggio di essere sufficientemente distante dalle principali
manifestazioni vulcano-tettoniche dei Campi Flegrei.
Nell’antichit il mare dal lato O era assai più vicino allo sperone
trachitico, a N di esso si stendeva una zona paludosa (che la separava
e difendeva dal resto del territorio) e sul lato E era presente una piana
1
Al momento dell’arrivo dei Greci l’aspetto del litorale cumano era assai diverso da quello
attuale: la collina dell’acropoli, infatti, oggi arretrata rispetto alla linea di costa, doveva allora
formare un largo promontorio lambito da ogni parte dal mare.
2
Al riguardo illuminante la testimonianza di Tito Livio (Liv. VII, 22, 5.), il quale racconta che i
coloni greci di Pitecusa, quando osarono finalmente porre piede sul continente, si stabilirono
sull’altura di Cuma.
5
(che offriva possibilità di coltivare la terra ed allevare animali).
Un’insenatura naturale a S-S/O della collina dell’acropoli dovette
sicuramente funzionare da porto; un ulteriore approdo doveva essere
alle pendici settentrionale del Monte di Cuma, oggi non più
riconoscibile a causa delle trasformazioni del litorale. Il paesaggio
cumano è articolato in una fascia costiera bassa e sabbiosa, in un’altra
parallela più interna e pianeggiante e, infine, in una collinare; questa
continuità è interrotta soltanto dal Monte di Cuma.
L’analisi geomorfologica del territorio ed i sondaggi effettuati
evidenziano variazioni della linea di costa attuale rispetto a quella
antica, variazioni dovute all’apporto di detriti terrosi sversati nel Mar
Tirreno dai fiumi Volturno e Clanis lungo la costa dell’Ager
Campanus, a N di Cuma. Spinti verso S dalle correnti marine, questi
materiali, sedimentando, hanno provocato nel corso dei secoli il
graduale insabbiamento del sistema di cordoni litoranei,
verosimilmente costituito in antico da una serie più o meno
ininterrotta di dune sabbiose, formanti sbarramenti di tipo lagunare.
Tali modifiche hanno interessato anche la concavità a S-S/O del
Monte di Cuma, originariamente occupata dal mare.
Un altro aspetto non più evidenziabile, ma che ha caratterizzato fin
dall’antichit questi luoghi, era costituito dagli effetti
dell’impaludamento dell’area pianeggiante. l fenomeno, perdurato nel
tempo ed eliminato in quest’area solo a partire dal XVII sec. d.C. con
vaste opere di drenaggio ed irreggimentazione delle acque, fu risolto,
per l’area immediatamente a N di Cuma, con opere di bonifica,
iniziate nello stesso periodo ma concluse solo nel 1922, col
prosciugamento dell’ex lago di Licola.
6
I.2 STORIA DEGLI STUDI E DELLA RICERCA
ARCHEOLOGICA A CUMA
Le prime ricerche nell’area di Cuma, distrutta agli inizi del sec.,
si ebbero a partire del XVII secolo. Le scoperte
3
, in seguito alle prime
opere di bonifica e alla ripresa della coltivazione nella zona, di una
gran quantità di statue e iscrizioni e dei colombari e ipogei della
necropoli romana incentivarono l’attivit di scavi clandestini, favorita
anche dall’assenza di leggi di tutela.
Fin dal XVIII secolo la fama di cui il territorio dei Campi Flegrei
godeva tra gli antiquari napoletani e i viaggiatori stranieri del Grand
Tour per le antiche memorie storiche e letterarie aveva spinto il
neonato regno borbonico a valorizzare le antiche vestigia flegree. Le
scoperte erano alimentate, da un lato, dai marmi e dalle iscrizioni
continuamente provenienti dalle centinaia di ville, tombe e colombari
puteolani, cumani e misenati; dall’altro, dai vasi greci, di cui le
necropoli cumane erano state generose fin dal Settecento, quando essi
erano divenuti di moda in tutta Europa.
n tutta la Campania, l’interesse per gli scavi archeologici fu
incrementato dall’ascesa al trono di Carlo di orbone; tuttavia, a
Cuma, diversamente da Ercolano (1738), Pompei (1748) e Stabia
1749 , non furono mai intrapresi “scavi di Stato”, ma solo interventi
irregolari
4
. Al 1758 risale il ritrovamento del colossale torso
marmoreo di Giove, che ci si affrettò ad indicare come proveniente da
un “tempio del Gigante”, identificato in seguito come una delle 3
3
Scavi furono intrapresi già nel 1606 dal viceré di Napoli, don Alfonso Pimentel, in seguito a
casuali rinvenimenti ad opera di contadini di alcune statue, che si erano affrettati a riseppellire: si
recuperarono, difatti, 13 statue e 2 tondi marmorei. Poco chiara risulta dalle relazioni
contemporanee sia la localizzazione precisa del ritrovamento che il contesto monumentale che
tali statue ornavano, come incerta resta anche la sorte di questi primi rinvenimenti. Su tali
questioni si veda A. Ferri, Apparato delle statue nuovamente trovate nella distrutta Cuma e
descrizione del tempio, ove dette statue erano collocate, Napoli 1606; G. C. Capaccio, Il
forestiero, Dialoghi di Giulio Cesare Capacci, Accademico otioso, Napoli 1643, pp. 13-16, 936-
965.
4
Tra questi ricordiamo quello del 1755 nell’area delle necropoli, col ritrovamento di colombari
e camere sepolcrali romane. Al proposito si veda M. Ruggiero, Degli scavi di antichità nelle
provincie di terraferma dell’antico Regno di Napoli dal 1743 al 1876, Napoli 1888, passim.
7
statue del Capitolium di Cuma
5
. Rispetto all’occasionale intervento
dello Stato, l’interesse della nobilt napoletana per Cuma si
concretizzò, inoltre, nella spoliazione degli edifici antichi, come, per
esempio, delle mura
6
. Continuano, intanto, a stamparsi volumi sulle
antichità di Pozzuoli e dintorni ad uso di forestieri
7
.
È del 1809 la scoperta degli stucchi di una camera sepolcrale romana
rappresentanti scena d’oltretomba
8
; questo ritrovamento segna l’inizio
di una serie di iniziative private, tese non tanto ai marmi quanto
soprattutto alla ricerca di oggetti di particolare pregio artistico quali
solo i corredi funerari possono dare. Si accavallano, infatti, gli scavi
del duca di Blacas
9
; di L. Correale
10
; del marchese Santangelo
11
,
ministro di Ferdinando II, e dell’arch. onucci, direttore degli scavi di
Pozzuoli
12
; di lord Vernon
13
. Nel frattempo veniva stampato il libro
di De Jorio
14
, che presentava per la prima volta una pianta degli
edifici superstiti di Cuma e la pianta del territorio
15
. Sempre al De
5
Vedi riferimento bibliografico n. 4.
6
Il Carletti riferisce che le mura dell’acropoli, provviste ancora nel 1787 di buona parte delle
loro torri quadrate, furono smantellate ed in buona parte distrutte verso la fine del secolo, per
trarne blocchi da costruzione per un edificio nei dintorni.
7
Sono libri nei quali le notizie tratte dalle fonti letterarie antiche costituiscono sempre i punti
principali di partenza; ad esse si accompagnano brevi descrizioni dei ruderi emergenti in situ. In
tutti gli autori della seconda met dell’800 resta sempre di primaria importanza la descrizione dei
cunicoli e delle gallerie sotterranee; tra la fine del V e l’inizio del sec., tuttavia, mutò la
prospettiva e tali opere cominciarono a diventare più descrittive e documentarie. Ciò lo si evince
dalle descrizione delle ville, come quelle di Cicerone e di Servilio Vatia, e dalla menzione di
ruderi di tombe che ora vanno intensificandosi (ad es. in N. Carletti, Storia della regione
abbruciata in Campania felice, Napoli 1787, pp. 243-305); cominciano anche a stamparsi atlanti
di vedute dei principali monumenti (P.A. Paoli, Antiquitatum Puteolis, Cumis, Bais existentium
reliquiae, Napoli 1768, passim; F. Morghen, Gabinetto di tutte le più interessanti vedute degli
antichi monumenti esistenti in Pozzuolo, Cuma e Baia espresso in n. XXXXV tavole ed
elegantemente incise, Napoli 1803).
8
A. De Jorio, Scheletri cumani dilucidati, Napoli 1810.
9
H.W. Schulz, Scavi di Cuma, in “ ull. nst.”, V, 1842, pp. 6-10.
10
Vedi n. 10.
11
Idem.
12
I due rinvengono un mausoleo romano a base quadrata e cupola circolare presso il Fusaro, dal
lato volto verso Baia.
13
F.M. Avellino, Scavi recenti nella necropoli di Cuma, in Pozzuoli e presso Baia: unguentario
con iscrizione arcaica greca, in “ ull. Nap.”, , 1843-1844, pp. 20-24. Alle esplorazioni di Lord
Vernon si deve anche la conoscenza del famoso aryballos con l’iscrizione di Tatale, oggi al
British Museum.
14
A. De Jorio, Guida di Pozzuoli e contorni, Napoli 1822, pp. 106-129.
15
Queste piante furono poi fedelmente riproposte dal Beloch (1890) e dal Gabrici (1913), in
quanto vi erano inseriti monumenti ormai scomparsi ai loro tempi.
8
Jorio si deve la scoperta di un’epigrafe romana con menzione di
Apollo cumano e di parte di un fregio con cetra nella terrazza inferiore
dell’acropoli, indizi che spostarono la localizzazione del famoso
tempio di Apollo in questa zona e non più sulla terrazza superiore. A
lui si deve anche la prima localizzazione dell’area del foro di et
sannita e romana nella zona piana della città. Incomincia a conoscersi
anche l’area dell’anfiteatro
16
.
Vere e proprie campagne di scavo regolari furono intraprese dal
principe Leopoldo di Borbone, conte di Siracusa e fratello del re
Ferdinando II, a partire dalla fine del 1852, interrotte nella primavera
del 1854 e riprese nell’autunno del 1855 fino al 1857
17
. La scoperta,
presso il margine N del fondo S. Palumbo, del c.d. Mausoleo delle
teste cerate
18
destò molta impressione e interesse. Poi, le indagini si
rivolsero alla parte S del fondo Correale, ad O di via Vecchia Licola a
Palombara, nell’angolo S-E di loc. Parco Cimitero, dove rinvenne
tombe preelleniche
19
. Gli scavi del conte di Siracusa ebbero
immediata risonanza, favorita dalle pubblicazioni dei risultati ad opera
degli archeologi Fiorelli, divenuto direttore del Museo di Napoli nel
1863, e Minervini
20
. Il gruppo degli oggetti da loro studiati
costituirono la «Collezione Cumana», entrata a fare parte del Museo
Archeologico di Napoli nel 1861 come dono del principe Eugenio di
Savoia-Carignano
21
.
16
Al riguardo si veda R. Paolini, Memorie sui monumenti di antichità e di belle arti ch’esistono
in Miseno, in Bacoli, in Baja, in Cuma, in Pozzuoli, in Napoli, in Capua antica, in Ercolano, in
Pompei ed in Pesto,Napoli 1812.
17
In merito si veda Bull. Arch. Nap. 1852-1853, fasc. 14, p. 105; G. Fiorelli, Monumenti antichi
posseduti da S.A.R. il Conte di Siracusa, Napoli 1853, I fasc., pp. 3 e 8.
18
Al riguardo cfr. G. Fiorelli, Monumenti antichi posseduti da S.A. R. il Conte di Siracusa,
Napoli 1853, I fasc.
19
Gli scavi del conte di Siracusa si svolsero in buona parte proprio in questo fondo, dove già i
proprietari avevano fatto ripetuti ritrovamenti andati purtroppo dispersi. Cfr. FIORELLI 1855,
p. 52; FIORELLI 1856, pp. V-VIII.
20
In tali pubblicazioni mancano purtroppo relazioni precise e, inoltre, gli oggetti recuperati dal
conte di Siracusa sono privi di ogni indicazione su contesto, posizione topografica ed
associazione. Di qualche aiuto per la localizzazione di queste prime campagne di scavo sono le
notizie orali che Stevens e poi Gabrici poterono raccogliere dalla famiglia Lubrano, famiglia che
per più di una generazioni fornì i capoperai per gli scavi di Cuma.
21
Questa raccolta conta, malgrado un clamoroso furto avvenuto nel novembre 1873, quasi 2000
pezzi.
9
L’insediamento archeologico di Cuma è stato vittima dalla fine
dell’800 di esplorazioni intense e caotiche, eseguite, senza alcuna
preoccupazione scientifica, per alimentare il collezionismo e il
mercato antiquario.
Tra il 1878 e il 1893 (con una sosta tra il 1884
e il 1886), poi di nuovo nel 1896, furono effettuati ulteriori scavi nella
necropoli, dati in concessione ad un privato, il colonnello E. Stevens
22
.
Quasi contemporaneamente agli scavi dello Stevens, nei fondi De
Costanzo e Correale l’asportazione, da parte della società per la
bonifica del lago di Licola, di buona parte di terreno occorrente a
colmare il Lago porta all’indisturbata distruzione di molte tombe
23
.
Tra queste ultime si distacca per interesse una tomba “a schiena”,
fortunatamente recuperata nel 1892, che presenta delle scene figurate
tra cui campeggia la figura di una donna seduta, riccamente vestita,
assistita da un’ancella
24
.
Nell’autunno del 1893, lo Stevens «scoprì le tracce del sepolcreto
indigeno»
25
. Purtroppo, egli non pubblicò che in minima parte il
risultato dei suoi scavi
26
, anche se la fama delle sue scoperte si
dovette diffondere ampiamente
27
. Poco dopo fu colpito da una grave
forma di malattia mentale, che segnò l’inizio della travagliata storia
della sua Collezione
28
.
22
Al riguardo si veda GABRICI 1913, coll. 15 e 28, 799-838, 792-794 e 797-800; VALENZA
MELE 1981 e 1989; Notizie degli Scavi ad opera di Sogliano, Fulvio, Ruggiero. Cfr. anche G.
Fiorelli, Scavi Stevens, in “Nsc” 1878, pp. 184-191; 348-358; G. Fiorelli, Cuma, necropoli greca,
in “Nsc” 1879, pp. 335- 348; G. Fiorelli, Cuma, necropoli greca, in “Nsc” 1880, pp. 85-96.
23
In merito si veda G. Pellegrini, Tombe greche arcaiche e tomba greco-sannitica a tholos della
necropoli di Cuma, in “MonAntLincei” 13, 1903, col. 209, nota 1; GABRICI 1913, coll. 841-
844.
24
L. Caselli, in “NSc” 1891, p. 235; A. Sogliano, Di un dipinto murale rinvenuto in una tomba
cumana, in “MonAntLincei” , 1890, pp. 953-956. Cfr. da ultima A. Pontrandolfo, La pittura
funeraria, in “Magna Grecia” 4, 1990, pp. 380 e 384, fig. 544.
25
Cfr. GABRICI 1913, col. 23; PATRONI 1896.
26
E. Stevens, Scavi Stevens, in “NSA”, 1878, pp. 184-191, 348-358; 1879, pp. 335-345; G.
Fiorelli, Cuma. Necropoli greca, in “NSA”, 1880, pp. 85-97, 147 sgg.; FIORELLI 1883.
27
Sappiamo, infatti, che nel 1896 più voci si alzarono per manifestare il desiderio che più ampie
esplorazioni si facessero a Cuma e soprattutto che gli scavi venissero fatti dagli organi
governativi. Lo stesso ministro Gianturco si interessò alla questione, così quando Stevens chiese
nel 1869 la licenza per scavare ancora nel fondo Correale nella parte più vicina alla città, il
ministro concesse la licenza a patto che la metà dei ritrovamenti venisse data allo Stato e che gli
scavi fossero seguiti da un suo rappresentante.
10
La fama di questi rinvenimenti fu causa, però, tra la fine dell’800 e gli
inizi del ‘900, di numerosi scavi clandestini nella necropoli
29
, che
contribuirono a distruggere e/o a disperdere numerosissimi reperti,
solo pochi dei quali recuperati
30
. Nello 1902 G. Maglione
31
nel fondo
Artiaco
32
si imbatte in una tomba a tholos costruita con blocchi
parallelepipedi (tomba 104)
33
; il Museo, che aveva la direzione dello
scavo, inviò sul posto Pellegrini
34
.
Un’altra licenza di scavo
35
fu rilasciata nel 1903 all’avv. . Osta
36
, il
quale condusse l’indagine con la stessa attenzione dello Stevens a una
28
I corredi, che con cura egli aveva tenuti distinti e separati, furono dal fratello spostati da una
stanza all’altra, dando inizio a quella dispersione dei contesti tanto deprecata in seguito dagli
studiosi. Solo 3 anni dopo l’ultimo saggio di Stevens, nel 1899, cominciarono le trattative per
l’acquisto dell’intera collezione ad opera dell’allora direttore del Museo, G. De Petra. Tali
trattative ebbero lunga durata e si conclusero solo nel 1902, con l’immissione della collezione
nel Museo di Napoli, grazie all’opera di P. Orsi, nominato dal commissario del Museo.
materiali furono semplicemente distribuiti in base a criteri tipologici, senza criteri topografici;
fortuna volle che insieme ai reperti fossero portati al Museo anche i taccuini di scavo,
permettendo di non perdere del tutto la preziosa documentazione.
29
Una breve saggio di scavo fu fatto in tutt’altra zona, sull’acropoli, per conto dell’allora
principe ereditario nel 1897; lo scavo fu condotto in parte in maniera del tutto clandestina, in
parte con una regolare licenza, concessagli dal Commissario P. Orsi, ed era ispezionato da Rizzo.
Qui ritrovò alcune tombe di età sannita e alcune del preellenico. Tale indagine restituì materiale
preellenico e romano.
30
Agli inizi del ‘900 un certo Menegazzi scavò nel fondo Correale, per conto dell’antiquario
palermitano Virzì, trovando tombe già aperte in antico.
31
G. Maglione aveva già scavato nel 1901 nel fondo Correale; nel 1902 continuò sempre lì (in
una zona sconvolta forse dagli scavi del De Jorio)
e si allargò anche nel fondo De Fraia (secondo
la tradizione orale raccolta da Gabrici, Lubrano avrebbe parlato di tombe greche di tutte le
epoche).
32
Questo fondo non era stato indagato da Stevens. Per gli scavi qui condotti da Maglione cfr. G.
Pellegrini, Cuma – Scavi nella necropoli, in “NSc” 1902, p. 556 ; G. Pellegrini, Tombe greche
arcaiche e tomba greco-sannitica a tholos della necropoli di Cuma, in “MonAntLincei” 13,
1903, coll. 201-210; GABRICI 1913, coll. 27-28 e 841-844.
33
La tomba 104 è una tomba di età greca ad incinerazione, con un ricco corredo di oggetti
metallici, accompagnati da un solo oggetto in argilla un’anfora SOS . bbe la fortuna di una
immediata pubblicazione da parte del Pellegrini
(G. Pellegrini, Tombe greche arcaiche e tomba
greco-sannitica a tholos della necropoli di Cuma, in “MonAL”, , 1903, pp. 205-294), in cui
c’è anche la prima pianta edita di un settore della necropoli di Cuma, nonché l’unica
documentazione grafica relativa agli scavi nel settore meridionale del fondo Artiaco. La tomba a
tholos fu rinvenuta insieme ad altre 3 sepolture coeve ad inumazione con ricco
corredoorientalizzante e fornisce preziose notizie sul rituale funerario delle classi dominanti di
Cuma nei primi anni di vita della colonia.
34
Cfr. G. Pellegrini, Tombe greche arcaiche e tomba greco-sannitica a tholos della necropoli di
Cuma, in “MonAntLincei” 13, 1903, col. 209, nota 1; GA R C 1913, coll. 841-844.
35
La licenza prevedeva il patto che un quarto del materiale ritrovato dovesse andare al Museo di
Napoli.
36
Osta scavò prima , nel fondo Correale, in loc. Mazzone, dove rinvenne alcune tombe a tegole
e “a schiena”.
11
corretta documentazione. Il ritrovamento principale scaturì da uno
scavo nel fondo Orilia, nella zona ad dell’acropoli all’interno della
cinta muraria, dove compare un sepolcreto preellenico con tombe ad
inumazione. Data la difficoltà per lo Stato di acquisire i reperti, Orsi
potè solo acquistare collezioni di provenienza cumana che si
trovavano presso il canonico De Criscio di Pozzuoli e presso P.
Lubrano; di dubbia provenienza, forse non solo cumana, furono gli
acquisti della collezione Corradi di Resina ed Item di Pompei.
Nel 1910 per la prima volta viene intrapresa l’iniziativa di scavi
regolari da parte dalle autorità competenti e non dai privati: Gabrici
può, infatti, attuare una breve campagna
37
nella terrazza inferiore
dell’acropoli. Poco dopo questo scavo, però, Gabrici subì attacchi
personali e vessazioni che lo costrinsero ad allontanarsi da Napoli. Le
casse con i reperti rinvenuti sull’acropoli furono aperte e il materiale
disperso, così che questo primo importante saggio restò in pratica
inedito
38
. Gli scavi furono ripresi da Spinazzola, che ampliò l’area
indagata da Gabrici; manca purtroppo di questi saggi una
pubblicazione adeguata.
Dopo l’interruzione forzata delle attivit archeologiche nel periodo
della I Guerra Mondiale, scavi regolari e programmati ricominciarono
con l’affidamento della direzione del Museo ad A. Maiuri nel 1924.
L’archeologo conduce, quindi, nel 1925 e poi dal 1927 al 1930 i lavori
di esplorazione di quella che fino a quel momento era stata
considerata la Grotta della Sibilla, cioè la grande crypta che si apre
alle pendici dell’acropoli, tagliando tutto il Monte da ad O. Nel
frattempo, nel 1927-28 saggi di scavo furono eseguiti dallo stesso
archeologo sulla terrazza superiore del “tempio di Giove”,
individuando l’area del tempio e le sue fasi edilizie. Sempre nel 1927
37
Dal 2 maggio all’11 giugno, lì dove De Jorio aveva trovato la dedica ad Apollo. Di questi
scavi una breve notizia è nell’appendice dell’ancora fondamentale volume che due anni dopo lo
stesso Gabrici dedicò a Cuma.
38
Solo un frammento di oinochoe tardo-geometrica fu in seguito rintracciato e pubblicato da
Buchner (Figülich bemalte spätgeometrische Vasen aus Pithekussai und Kyme, in “MDA ” R ,
LX-LXI, 1953-1954, pp. 37-55).
12
fu istituito il Parco Archeologico di Cuma, limitato per il momento
all’area dell’acropoli. Nel 1929 lo stesso Maiuri propose di istituire un
Antiquarium a Cuma, ma fu solo nel 1953 che potè allestirlo con
numerosi materiali raccolti dal territorio flegreo, i quali poi
confluirono nel 1970 nel Museo Nazionale di Napoli. Nel 1932 Maiuri
rintraccia e conduce lo scavo, il consolidamento e il restauro di quello
che viene ormai quasi concordemente identificato come il vero antro
della Sibilla
39
, un cunicolo, perfettamente tagliato nel banco tufaceo a
sezione trapezoidale.
L’attenzione dello studioso si volse, poi, alla città bassa nella piana:
gli scavi iniziarono nel 1938, definendo meglio l’area del Foro della
città ellenistica e romana e portando alla luce i resti degli edifici
principali ad essa connessi. Saggi di scavo minori hanno portato,
sull’acropoli, al rinvenimento di tratti conservati della cortina greca e
all’indagine dello strato preellenico apparso sotto il podio del Tempio
di Apollo, mentre, nell’area della citt bassa, all’esplorazione del
quartiere romano e sannitico.
La II Guerra Mondiale
40
causò l’interruzione delle attivit di scavo.
Le indagini archeologiche, ad opera dello stesso Maiuri, ripresero
negli anni 1951-53 nella stessa zona del Foro. Fu nel frattempo
ampliato il Parco Archeologico, estendendolo verso la città bassa. Nel
1958 viene realizzato uno scavo nella c.d. grotta della Sibilla
41
. Nel
frattempo alcune indagini erano state eseguite nella parte bassa di
Cuma, a E del colle
42
.
Da ricordare, inoltre, l’utilizzazione, a partire dal 1958, di foto aeree
per il rilevamento degli impianti portuali dell’Averno e del Lucrino
39
Contra M. Napoli, La documentazione archeologica in Campania, in “ACT”, V, 1964,
Napoli 1965, pp. 105-120.
40
Durante tale periodo la Marina Militare taliana occupò, a scopo strategico, la “Grotta di
Cocceio”, che subì gravi danni nel settembre 1943 per lo scoppio degli ordigni bellici ivi
depositati, provocato dai Tedeschi in fuga. Anche l’acropoli subì delle modifiche, per
l’installazione di alcune batterie antiaeree, costruite dai militari italiani sulla sommit e sul fronte
occidentale del Monte di Cuma.
41
Si veda Atti di Taranto 1964, pp. 105-106.
42
Cfr. Atti di Taranto 1964, pp. 106-108.
13
costruiti da Agrippa nel 37 a.C
43
. Nel 1959 Muller-Karpe pubblica
uno studio
44
fondato sui materiali cumani analizzati nel 1913 da E.
Gabrici; tale studio costituisce il caposaldo per la cronologia dell’ t
del Ferro italiana
45
.
Negli anni ’60 vi fu un’autentica esplosione di scoperte, esplorazioni
ed esegesi sulla città e sul territorio di Cuma. Importanti rinvenimenti
si registrano nel settore meridionale del fondo Artiaco, a S della
tholos, tra il 1961 ed il 1962, durante i lavori del Consorzio di bonifica
del Basso Volturno per la realizzazione di «Opere relative
all’utilizzazione delle acque cloacali di Napoli»
46
. Nel 1965 una breve
comunicazione da parte del De Franciscis, allora soprintendente,
ricorda interessanti lavori eseguiti intorno alla c.d. tomba della
Sibilla
47
.
Per gran parte degli anni ’70 e ’80 la limitatezza dei fondi non ha
consentito alla Soprintendenza che limitate seppur preziose opere di
ricerca, nell’ambito degli scavi di emergenza connessi a nuovi
interventi edilizi. Al 1971-72 risale l’esplorazione, da parte di N.
Valenza Mele, di un tempio con portico che si apre alle spalle del
portico S del Foro. Agli stessi anni risale un ulteriore intervento nella
necropoli, che si situa ad O della via Vecchia Licola, nel fondo
Correale, a N e a S della strada vicinale da Cuma a Licola
48
.
Nel 1975 la Soprintendenza mette a punto un progetto di vincolo su
tutta l’area della citt di Cuma e avvia una campagna di rilievo e
43
In proposito si veda G. Schmiedt, Atlante aerofotografico delle sedi umane in Italia. II. Le
sedi scomparse, Firenze 1970, tav. LVIII.
44
H. Müller Karpe, Beiträgezur Chronologie der Urnenfelderzeitnördlich und südlich der
Alpen, Berlino 1959.
45
Si veda in merito CERCHIAI 1995, p. 13.
46
Archivio Sopr., cart. C 26, fasc. 27. La documentazione conservata in archivio consiste nella
corrispondenza tra il Consorzio e il Soprintendente e tra il Soprintendente e Johannowsky che
diresse i lavori di intervento in qualità di ispettore archeologo di Cuma. È conservata inoltre
parte della documentazione grafica relativa al progetto del Consorzio, da cui non si ricavano dati
utili per una più precisa ubicazione dei rinvenimenti menzionati nella corrispondenza stessa.
Si veda anche A. Gallina, Cuma, in “ AA Suppl. ”, 1970, pp. 273-274;
47
Cfr. Atti di Taranto 1965, p. 174.
48
Si veda Archivio Sopr., cart. C 18, fasc. 11: i rinvenimenti sono ubicati su una pianta catastale
(scala 1:2.000).
14
restauro di tutti i monumenti
49
, al fine della realizzazione di un parco
archeologico che comprenda tutta l’area della citt antica e della
necropoli e di una ripresa della ricerca sul terreno. Nel frattempo,
nella persona di G. Tocco, interviene in scavi di recupero in occasione
di lavori pubblici e privati. Ciò avviene, ad esempio, nell’ambito di
lavori di sistemazione delle fognature lungo la via Vecchia Licola, i
quali vengono a tagliare abitato e necropoli
50
. Il secondo intervento di
recupero per il 1975 è stato effettuato nella zona della necropoli e
precisamente nella zona situata immediatamente a N della città, sulla
destra della via Vecchia Licola, nota come fondo Artiaco; il saggio ha
fornito dati considerevoli per il periodo sannitico.
Nel 1976 viene avviato un programma di restauri sistematici
51
.
L’anno seguente viene realizzata una ricognizione sistematica dei resti
esistenti, per l’approntamento di un sistematico rilievo dell’intera zona
archeologica
52
. Alcuni scavi di emergenza furono effettuati, tra il
1978 e il 1982, nell’area del depuratore di Licola, a N di Cuma
53
. Nel
1983 sono stati effettuati esclusivamente interventi di restauro e di
consolidamento su alcuni dei più importanti monumenti o complessi
monumentali
54
. Ulteriori interventi di scavo sono stati realizzati negli
anni successivi (1983-85), con la scoperta di un settore inesplorato
della necropoli sannitica, in loc. Convento. Nel 1988-90 si colloca
l’attivit svolta nei Campi Flegrei dal Consorzio Pinacos “Progetto
u bea” , con particolare attenzione rivolta all’area di Cuma.
Una decisa accelerazione della ricerca e degli investimenti si è avuta
solo negli anni ’90. Dapprima si è trattato di semplice, ancorché
49
Al riguardo Atti di Taranto 1977, pp. 327-328.
50
Cfr. W. Johannowsky, cit. in Atti di Taranto 1975, pag. 98 e in “ AA”, s.v. Cuma.
51
Nel 1976 viene ultimato il restauro del tempio di Giove; l’anno seguente si d inizio a quello
del tempio di Apollo, sulla terrazza inferiore dell’acropoli. Cfr. Atti di Taranto 1978, pp. 274-
275.
52
Per Cuma a quel tempo non è stata prodotta ancora una fededegna e sufficientemente
dettagliata planimetria d’insieme e, a parte l’area demaniale dell’acropoli, su tutta l’estensione
della citt bassa, ancora per gran parte in propriet privata, non esiste un’adeguata protezione di
vincoli né un programma di acquisizione dei suoli.
53
Si veda in merito Atti di Taranto 1980, pp. 260-262.
54
Tali interventi hanno interessato la roccia tufacea in cui è scavato il c.d. Antro della Sibilla e
la parete destra della c.d. Crypta Romana. Cfr. Atti di Taranto 1983, p. 482.
15
cospicuo potenziamento dell’attivit di tutela in relazione a nuovi
grandi progetti di opere pubbliche, ponendo il vincolo archeologico ex
novo dell’area gi vincolata dell’antica città di Cuma e del suo
territorio a N e a S di essa
55
. Sono stati, inoltre, realizzati lavori di
consolidamento e di restauro e piccole opere di scavo
56
. Nel 1992 un
intervento per il controllo del tracciato di un
metanodotto ha permesso
di individuare nell’area del porto un complesso costituito da una
piattaforma
57
.
n seguito, gli investimenti sull’archeologia flegrea hanno assunto
carattere più strutturale: così, nel 1993, nel castello di Baia è stato
aperto il nuovo Museo Archeologico dei Campi Flegrei. Nello stesso
anno importanti rinvenimenti, effettuati da P. Caputo, hanno
riguardato la zona a S del Capitolium nell’area della citt bassa nelle
proprietà Zecchina e Carandente)
58
. L’edificio, trovato l’anno
precedente nell’area del porto antico, si è rivelato un santuario di culto
egiziano, in funzione dell’area del bacino portuale
59
.
A partire, poi, dal 1994 è stato attuato dalla Soprintendenza
Archeologica per le Province di Napoli e Caserta il progetto “Kyme”
(fino al 1996), finanziato con fondi della regione Campania. Tale
progetto ha previsto la collaborazione tra la Soprintendenza,
l’Universit degli Studi di Napoli “Federico ” nelle persone di C.
Gasparri e G. Greco , l’ stituto Universitario Orientale con la
direzione di . d’Agostino e E. Greco) ed il Centre Jean Bérard di
Napoli (con a capo M. Bats e M. Pasqualini). Le ricerche sono state
indirizzate a completare la conoscenza dell’area del Foro Federico
e della topografia e dell’urbanistica Orientale , nonché ad affrontare i
temi della localizzazione dei porti della città greca e romana e
55
In merito si veda Atti di Taranto 1991.
56
Idem.
57
La piattaforma, di età augustea e usata almeno fino al VI sec. d.C., è sita nel supposto canale
d’imbocco del bacino portuale e probabilmente legata alla presenza di esso. Per alcune notizie si
veda Atti di Taranto 1992.
58
Al riguardo si veda Atti di Taranto 1993.
59
Idem.
16
dell’evoluzione della linea di costa Centre Jean érard
60
.
Nelle campagne 1994-1995, l’équipe dell’ .U.O., ha recuperato gli
assi stradali antichi noti e li ha ricollocati in un sistema topografico di
riferimento
61
. La ricerca sulle mura, invece, si è concentrata sul lato
settentrionale, ad O della porta dalla quale doveva uscire al via
Domitiana: è stato rimesso i luce un impianto che ha subito numerosi
rifacimenti
62
.
L’esplorazione dell’area del Foro
63
, affidata all’équipe dell’Universit
“Federico ”, ha affrontato sostanzialmente nelle campagna 1994-
1995 il problema della conoscenza del grande tempio dominante la
piazza e del c.d. Tempio con Portico
64
, prospiciente il lato
meridionale del Foro
65
.
L’équipe francese del Centre Jean érard, nelle campagne 1994-1997,
attraverso una serie di studi geofisici e di saggi archeologici, integrati
con le ricerche topografiche e l’interpretazione delle fotografie aeree,
ha circoscritto la possibilità di localizzare installazioni portuali a due
zone: a N e a S del Monte di Cuma . Le ricerche si sono dapprima
concentrate nell’insenatura situata a S del Monte di Cuma
66
.
Nel 1995, N. Valenza Mele
presenta, ad opera di suoi collaboratori
suoi collaboratori, un importante contributo sull’edificio sacro di
Fondo Valentino
67
.
60
n merito al progetto “Kyme” per gli anni 1994-1995 si veda Atti di Taranto 1995, p. 587.
61
Notizie al riguardo in Atti di Taranto 1995, p. 587.
62
Per notizie al riguardo si veda Atti di Taranto 1995, pp. 587-589.
63
Si ricordano gli studi di A. Maiuri, A. de Franciscis, I. Sgobbo, fino agli ultimi scavi condotti
da M.E. Bertoldi col rinvenimento del tempio con abside.
64
Si veda al proposito Atti di Taranto 1995, pp. 588-588; GASPARRI-ADAMO-GRECO 1996,
pp. 44-50.
65
Qui G. Tocco aveva già rinvenuto delle preesistenze in un saggio degli anni ’70.
66
Si veda BATS 1998; M. Bats-C. Morhange-M. Pasqualini-P. Poupet, Cuma. Il Progetto
Kyme . Gli scavi del Centre Jean Bérard. I lavori di ricerca del porto di Cuma, in Nova antiqua
phlegraea, 2000, pp. 101-102; M. Pasqualini, Cumes: cadre géographique et historique, avant-
propos à l’étude des ports (Note), in “Méditerranée” 1.2, 2000, pp. 69-70; L. Vecchi et alii, La
mobilité des milieux littoraux de Cumes, Champs Phlégréens, Campanie, Italie du Sud, in
“Médirranée” 1.2., 2000, pp. 71-82; MORHANGE et alii 2002. In merito si veda anche Atti di
Taranto 1995, pp. 589-590; 1997.
67
LA ROCCA, RESCIGNO, SORICELLI 1995. Al riguardo si veda anche N. Valenza Mele,
17
Nel 1996, per quanto riguarda la ricerca sulle mura settentrionali
svolta da “L’Orientale”, si è ampliato il saggio ad O della porta dalla
quale la via Domitiana usciva dalla città dirigendosi verso Liternum
68
.
In un altro saggio nel fondo Ortolani, a N della via Vecchia Licola, è
stato, invece, inaspettatamente rinvenuto un muro di cinta più antico
di quello della fase di fine VI sec. a.C.
69
. noltre l’ .U.O. ha mirato
all’incremento dei dati già acquisiti nelle campagne di scavo 1994-
1995 in merito all’impianto urbano e alla occupazione della parte della
città situata sulle pendici del Monte Grillo
70
.
Nella campagna 1996-1997, le ricerche archeologiche nel Foro hanno
interessato: la piazza centrale nella sua zona occidentale, antistante il
Capitolium, con inclusione dei portici perimetrali N e S; l’edificio
absidato prospiciente il lato meridionale del Foro, la c.d. Aula Sillana;
la Masseria del Gigante situata sull’estremit orientale dell’area
forense
71
.
Nel 1997, le ultime attivit del “Progetto Kyme” hanno visto
concludersi il restauro della famosa tomba a tholos
72
. Nel 1998-1999
la ricerca archeologica ha avuto una battuta d’arresto
73
.
A partire dal 2000, al progetto “Kyme” ne è seguito un altro omonimo
“ Kyme II”, fino al 2002), finanziato dal C.I.P.E., che ha avuto tali
obiettivi: conoscere la topografia della città bassa (Federico II),
chiarire i problemi del perimetro e delle fasi cronologiche della cinta
muraria (Orientale), affrontare i temi della localizzazione dei porti
della citt greca e romana e dell’evoluzione della linea di costa
(Centre Jean Bérard).
Hera ed Apollo nelle colonie euboiche d’Occidente, in “M FRA”, 89, 1977, pp. 493-524; N.
Valenza Mele, Hera, Apollo e la mantica sibillina, in “R A”, 1991-1992, pp. 5-71.
68
In merito si veda Atti di Taranto 1997.
69
Idem.
70
Vedi nota 68.
71
GASPARRI-ADAMO-GRECO 1996, pp. 50-58; GASPARRI 1997 A; GASPARRI 1997 B;
GASPARRI 1998.
72
Atti di Taranto 1998.
73
Atti di Taranto 1999, p. 634.
18
Nel 2001 sono riprese anche le indagini de “L’Orientale” nel tratto
settentrionale delle mura, ai lati della porta “mediana”: ne è risultata
confermata la successione delle fasi già individuata; tale situazione
viene ora integrata dalla scoperta di una fase più antica ad E della
porta
74
. Un urgente intervento di restauro nell’unico tratto ben
conservato delle mura meridionali, situato a N della Croce di Cuma,
ha accertato anche qui l’esistenza di un muro
75
. Nell’ambito dello
studio sull’urbanistica di Cuma, è nata l’esigenza di collegare le mura
settentrionali con il Foro ed il centro monumentale della città, nonché
di acquisire dati sell’assetto dell’area intermedia
76
.
Gli scavi condotti sempre nel 2001
77
dall’Universit degli Studi
“Federico ” hanno consentito di esplorare la parte S-E del Foro, dove
l’indagine ha riscontrato confronti molto stretti tra il tempio nella
Masseria del Gigante ed il c.d. “tempio con portico”; Si è, invece,
conclusa l’indagine stratigrafica nel “tempio con portico”
78
.
Le ricerche del Centre Jean Bérard (sotto la direzione di J. P. Brun e
P. Munzi), solo in un primo momento (novembre e dicembre 2000),
hanno continuato a interessare la zona a S dell’acropoli, al fine di
implementare i dati concernenti la topografia dell’area
79
. Poi, nel
dicembre 2001 l’équipe ha spostato l’attenzione sul lato N-E del
Monte di Cuma, al di fuori del circuito murario, con lo scopo di
chiarire l’andamento della laguna di Licola, il suo sviluppo diacronico
e l’eventuale presenza in quest’area di strutture portuali ad essa
connesse
80
.
74
Atti di Taranto 2001, p. 657.
75
Atti di Taranto 2001, pp. 657-658.
76
Atti di Taranto 2001, pp. 658-660.
77
Si veda in proposito Atti di Taranto 2001, p. 660-661; GASPARRI 2007.
78
GRECO 2007.
79
BRUN ET ALII 2000.
80
Si veda Atti di Taranto 2001, pp. 661-663; MEFRA 2001.
81
Dal 02/04 al 27/07/2001 e dal 02/04 al 28/06/2002. Al riguardo MEFRA 2001-2002;
MORHANGE ET ALII 2002.