INTRODUZIONE
Anticamente, lo sviluppo del diritto marittimo trova le sue proprie radici nei bisogni
legati al trasporto delle merci.
1
Le prime regole di diritto marittimo sono nate lungo le
coste del bacino mediterraneo. La storia ha dimostrato come il diritto applicabile al
trasporto marittimo di merci, fin dall’antichità, sia stato innanzitutto di carattere
spontaneo, prima di essere stato voluto dagli Stati e di conseguenza tradotto in
convenzioni internazionali.
Dalla rivoluzione industriale e fino agli anni Settanta del Novecento, il Mediterraneo ha
perso il suo ruolo centrale nelle direttrici di traffico a favore dei centri portuali-
commerciali dei Paesi Nord-Europei (Inghilterra, Olanda, Belgio e Germania), dove
l’industrializzazione ha avuto uno sviluppo maggiore ed il centro di gravitazione del
commercio mondiale si sposta verso l'Atlantico. Successivamente, si è assistito ad un
progressivo nuovo rafforzamento del commercio nell’area mediterranea. Da un lato, la
continua crescita economica dei Paesi dell’area cosiddetta “Mena” (Middle East and
North Africa) ha determinato un incremento significativo degli scambi via mare sulle
direttrici commerciali da/per l’Europa; dall’altro, l’aumento dimensionale delle navi ha
reso la rotta trans-mediterranea la rotta privilegiata per i traffici con l’Estremo Oriente,
in quanto, a differenza del Canale di Panama
2
, il Canale di Suez presenta caratteristiche
strutturali compatibili con il transito delle grandi navi portacontainer. Inoltre il
Mediterraneo costituisce uno snodo di assoluta centralità per il transhipment
3
perché
esso è il punto di scambio tra le rotte “latitudinali” Asia-Europa-America e le rotte
“longitudinali” Nord-Sud.
1
1
Già presso Fenici, Greci e Romani il commercio marittimo aveva un’importanza capitale. In particolare,
sul piano giuridico, l’apporto dei Romani al diritto in generale - e civile in particolare - è stato
considerevole: celebre è il Digesto di Giustiniano (VI sec. d.C.), di cui alcuni istituti si sono tramandati
fino ad oggi. Ad esempio, per quanto concerne appunto il diritto marittimo, l’istituto del “receptarum”
costituisce la prima regolamentazione della responsabilità del vettore marittimo, più rigorosa rispetto a
quella degli altri vettori.
2
Si veda la didascalia alla Figura 1.
3
I porti di transhipment (trasbordo) sono quei porti cosiddetto hub, dove si incrociano molte linee di
navigazione con origini e destinazioni diverse, scali di destinazione delle grandi navi portacontainer, dai
quali il traffico defluisce verso altri porti con navi più piccole (dette feeder). “Hub” si dice di un nodo
logistico che è al centro di una rete cosiddetta “hub and spoke”, cioè una rete i cui nodi sono collegati
solo con lo hub, senza connessioni fra loro.
La globalizzazione dell’economia e la liberalizzazione del mercato hanno determinato
una generale crescita degli scambi commerciali a livello mondiale e in particolare il
Mediterraneo è diventato il cuore dei traffici Est-Ovest e Nord-Sud. Esso, con più di 80
porti di rilevanza internazionale e 2.000 collegamenti marittimi, è diventato un
passaggio “obbligato” per quasi il 19% del totale mondiale di traffico merci - circa 1,4
miliardi di tonnellate di merci all’anno -, delle quali oltre un terzo viene scaricata o
caricata in Italia, influenzando consistentemente il traffico portuale del nostro Paese.
E’ chiaro che la materia assume, pertanto, una non irrilevante importanza per lo “stivale
d’Europa”, posto al centro di tale bacino, con una estremità che guarda al centro Europa
e il “tacco” proteso al sud-est e quindi con funzione di crocevia fra tre continenti.
Grazie alla forte espansione del commercio internazionale e al posizionamento
geografico favorevole, L’Italia è tornata quindi ad essere oggi il raccordo delle più
importanti direttrici di connessione mondiale di merci e passeggeri, data la prevalenza
che hanno le vie del mare rispetto alle vie di terra nel collegamento tra le ricche regioni
nordeuropee e le aree mediterranee del Nord Africa e del Medio Oriente. L’evoluzione
nella struttura del trasporto marittimo internazionale ha ulteriormente aumentato
l’importanza del bacino Mediterraneo. Tra il 1997 e il 2003 il movimento di merci, ed
in particolare di containers, presso i porti italiani ha visto una crescita maggiore rispetto
a quella degli altri porti europei. Secondo i dati Istat, nel 2007 il movimento di merci da
e per l’estero presso gli scali italiani ha quasi raggiunto i 300 milioni di tonnellate,
contro i neanche 100 milioni di tonnellate movimentate su gomma e 18 milioni su
rotaia. Il contributo del sistema marittimo ai trasporti internazionali italiani, dunque,
risulta nettamente superiore a quello del sistema stradale e del sistema ferroviario, sia
dal punto di vista delle importazioni (82%) che da quello delle esportazioni (72%). Il
segmento industriale marittimo solo in Italia genera un giro d’affari superiore ai 10
miliardi di euro. Negli anni più recenti, tuttavia, la crisi economica internazionale che si
è avuta a partire dal 2008 ha avuto pesanti ripercussioni sullo shipping e lo sviluppo
degli scali italiani ha subito un rallentamento, diversamente da quello degli altri scali
mediterranei e nordeuropei.
Anche se ai fini del presente lavoro non interessa, da un punto di vista più ristretto,
limitato meramente al livello nazionale, non si deve dimenticare la rilevanza del
2
trasporto marittimo in presenza delle componenti insulari del nostro Paese. Il cosiddetto
cabotaggio (ossia la navigazione che avviene tra porti nazionali) costituisce un
collegamento molto importante in Italia che, se fosse incentivato in modo adeguato,
potrebbe costituire una valida alternativa alle strutture stradali e ferroviarie italiane,
sempre più onerose e caotiche.
Il trasporto internazionale di merci via mare è un’attività internazionale per sua stessa
natura. E’ in questo contesto globale che risulta fondamentale soffermarsi sul “come”
questo sistema debba essere regolato, ossia quali modelli normativi risultino più
opportuni ed efficaci nel raggiungimento di un diritto dei trasporti marittimi uniforme,
settore nel quale, più che in qualsiasi altro, fin dall’inizio di questo secolo si è sentita
questa esigenza. In questa direzione si è operato in modo molto incisivo attraverso
l’elaborazione di numerosi strumenti che hanno portato sì a molte certezze, ma anche ad
una miriade di disposizioni tale da rendere talvolta difficile la ricerca della soluzione del
caso concreto. Il fine perseguito con la predisposizione di convenzioni internazionali è
certamente la regolamentazione il più possibile unitaria sul piano internazionale di un
fatto o di un rapporto altrimenti soggetti ad una disciplina frammentaria o
contraddittoria o comunque ritenuta inadeguata o insufficiente. Accanto e prima ancora
di questi strumenti hanno concorso nel tentativo di creare una sorta di uniformità gli
standard contracts e le clausole-tipo elaborate da organismi specializzati od
organizzazioni degli ambienti professionali.
Nel corso di questo lavoro prenderemo in considerazione proprio questi strumenti, di
natura internazionale e privata, e la loro reciproca interazione. Esamineremo la
situazione attuale nei rapporti tra le convenzioni esistenti, alla luce delle nuove esigenze
ed innovazioni tecniche, della domanda di certezza ma anche di flessibilità e autonomia
che proviene dagli operatori interessati.
3
Figura 1. Le tre principali rotte cosiddette “pendulum”, ossia rotte che prevedono un’andata e un ritorno
sullo stesso percorso. Fonte: OOCL (Orient Overseas Container Line Limited), 2006. Con lo sviluppo del
trasporto containerizzato si è assistito anche ad una continua crescita della dimensione media delle navi;
dal momento che navi destinate a questo tipo di trasporto sono di capacità particolarmente elevata e non
possono attraversare il canale di Panama (che collega l’Oceano Atlantico con il Pacifico), il traffico
intercontinentale, esponenzialmente accresciuto grazie all’espansione del flusso di esportazioni
dall’Estremo Oriente verso l’Europa e il Nord America, si è progressivamente riallocato sulle cosiddette
rotte pendulum, che seguono il percorso Suez-Gibilterra.
4
CAPITOLO I
DIRITTO DELLA NA VIGAZIONE ED INTERNAZIONALITA’
1. Caratteristiche della disciplina; l’articolo 1 del Codice della Navigazione – 2. La
caratteristica fondamentale del trasporto marittimo: l’internazionalità – 3. La
sovranità statale e il ruolo delle organizzazioni internazionali e delle organizzazioni
non governative competenti nel settore dei trasporti – 4. Il ruolo dell’International
Maritime Organization (IMO) – 5. Il Comité Maritime International – 6. Principali
convenzioni internazionali disciplinanti la navigazione marittima – 7. La
navigazione spaziale
1. Caratteristiche della disciplina; l’articolo 1 del Codice della Navigazione
Parlando di diritto della navigazione
4
ci si riferisce a quella branca dell’ordinamento
giuridico dello Stato che disciplina il fenomeno della navigazione marittima, per acque
interne (laghi, fiumi, canali navigabili) e per aria
5
. Esso regolamenta il complesso dei
rapporti che si riferiscono alla navigazione, e che si pongono come categoria unitaria e
si differenziano dagli altri rapporti della vita economica e sociale. Ciò che distingue tali
rapporti è il fatto tecnico della navigazione, che è l’elemento fattuale in funzione del
quale si richiede che il diritto marittimo ed aereo sia caratterizzato da propri principi,
diversi da quelli che governano il diritto civile, commerciale ed amministrativo. La
dottrina più autorevole
6
sostiene che il fatto tecnico della navigazione!
7
debba essere
inteso nel senso di trasporto, nella sua duplice accezione di trasporto in senso stretto,
ovvero commerciale, che concreta il trasferimento di persone o merci da un luogo ad un
altro, e di trasporto in senso lato, o tecnico, comprendente anche ogni altro movimento
per acqua o per aria di un mezzo galleggiante o volante tecnicamente idoneo a svolgere
5
4
Per precisione, premettiamo che non rientra nell’ambito della disciplina de qua la navigazione militare.
5
Sul punto si veda SCIALOJA, Corso di diritto della navigazione, Roma, 1943, pag. 51 e ss.
6
Sul punto si veda CARBONE, La disciplina giuridica del traffico marittimo internazionale, Bologna,
1982.
7
Per approfondimenti si vedano: PESCATORE, Oggetto e limiti del diritto della navigazione, in Scritti
per A. Scialoja, I, Bologna, 1952, pag. 191; DOMINEDO’, Principi del diritto della navigazione, I,
Padova, 1957; SPASIANO, Oggetto, limiti ed integrazione del diritto della navigazione, in Riv dir. nav.,
1961, I, pag. 43 e ss.; GRIGOLI, Sistema di diritto della navigazione, Bari, 1979.
qualsiasi attività (pesca, diporto, esperimenti scientifici, ecc.). Secondo altra autorevole
impostazione dottrinale
8
, oggetto di questo particolare ramo dell’ordinamento giuridico
dello Stato sarebbero tutti i rapporti sociali che vengono posti in essere nell’esercizio
dell’attività organizzata (anche illecita), ovvero che risultano connessi a tale attività in
linea economica o tecnica.
A livello nazionale, la disciplina della navigazione si trova contenuta in un codice
apposito: il Codice della Navigazione, approvato con R.D. 30 marzo 1942, n. 327. Da
esso discendono i tre caratteri principali di questa particolare branca del diritto:
unitarietà, specialità ed autonomia
9
.
Per quanto concerne l’unitarietà, il Codice della Navigazione riunisce in un unico corpo
normativo la disciplina della navigazione marittima e di quella aerea, considerate come
un unico fenomeno economico-sociale. Non si tratta di una unitarietà meramente
formale, data dalla mancanza di una fusione organica di due parti a sè stanti, ma anche
sostanziale, in quanto per la maggior parte la disciplina relativa alla navigazione aerea è
stata modellata sugli istituti di quella marittima.
Dal punto di vista dell’autonomia, il Codice costituisce un vero e proprio corpo
normativo separato rispetto al codice civile. La sua autonomia legislativa è andata
affermandosi nel momento in cui il diritto commerciale l’ha perduta: come è noto,
quest’ultimo è stato trasfuso all’interno del Codice civile e del successivo Codice a
tutela del consumatore
10
.
La specialità rispetto alla disciplina normativa generale si rinviene innanzitutto in
quanto il diritto della navigazione risulta un complesso organico di norme coordinate,
che operano o introducendo istituti tipici del diritto della navigazione estranei al diritto
comune (come ad esempio la contribuzione alle avarie comuni), o integrando il diritto
comune nella parte in cui esso non dispone, o ancora modificandolo (ad esempio la
disciplina della locazione di nave si distacca nettamente dalla locazione di diritto
6
8
GAETA, Le fonti del diritto della navigazione, Milano, 1965.
9
Per approfondimenti sulla specialità e l’autonomia del diritto della navigazione si veda: CARBONE, La
disciplina del traffico marittimo internazionale, 1982, pag. 17 e ss.; ID., L’internazionalità e la specialità
delle fonti nel diritto della navigazione nel terzo millennio, in Riv. dir. int. priv. proc., 2005, pag. 889.
10
Approvato con D. Lgs, 6 settembre 2005, n. 206.
generale), ovvero infine disciplinando degli aspetti in maniera antitetica rispetto ai
principi comuni (il che avviene ad esempio con la previsione della limitazione del
debito dell’armatore, che contrasta con l’art. 2740 cod. civ.). In secondo luogo, la
specialità va intesa anche nel senso di gerarchia delle fonti, così come indicate dall’art.
1 cod. nav.: questo stabilisce che, in materia di navigazione, si applicano il codice della
navigazione, le leggi, i regolamenti, le norme corporative
11
e gli usi ad essa relativi e,
ove queste fonti non siano suscettibili di applicabilità né diretta né analogica si applica
il diritto civile. Questo non vale, però, con riguardo alle fonti di rango costituzionale e
comunitario, che hanno un posizione gerarchica superiore allo stesso art. 1. Se tutto ciò
era vero in passato, tuttavia, ad oggi il nostro Codice della Navigazione ha perso quella
centralità che lo poneva al primo posto nella sistematica delle fonti del diritto della
navigazione. La stessa Corte Costituzionale
12
ha osservato che il diritto della
navigazione è caratterizzato “dall’accentuazione del ruolo di talune fonti che l’art. 1
cod. nav. colloca in posizione subordinata”, per cui non lo si può ritenere un sistema
completamente autonomo rispetto al diritto comune, quanto piuttosto come un sistema
che va necessariamente integrato con quest’ultimo.
Inoltre, il traffico marittimo più di qualunque altro settore dell’economia è ispirato a
principi maturati in ambito internazionale, ed i rapporti si svolgono nell’ambito di
operatività di diversi ordinamenti statali, per cui è chiaro come risultino sempre
maggiori l’esigenza di uniformità internazionale e, di conseguenza, la prevalenza di
norme di diritto internazionale uniforme sulla corrispondente disciplina interna, specie
in un’epoca, come quella attuale, caratterizzata da un inarrestabile processo di
globalizzazione.
2. La caratteristica fondamentale del trasporto marittimo: l’internazionalità
7
11
In seguito all’abolizione dell’ordinamento corporativo le norme corporative sono state sostituite dai
contratti collettivi previsti dall’art. 39 Cost. Tuttavia, non avendo l’art. 39 Cost. ancora ricevuto
attuazione, tali contratti non hanno efficacia erga omnes, ma solo nei confronti degli appartenenti alla
categoria, a meno che la legislazione in materia di lavoro espressamente vi rinvii.
12
Corte Cost., 2 marzo 1987 n. 63, in Dir. Mar., 1987, pag. 285. Nel caso di specie la normativa che si
ritiene prevalere è quella data da un contratto collettivo relativo ai rapporti di arruolamento. La Corte
afferma che per alcuni aspetti “la normativa del contratto di arruolamento, posta dal codice della
navigazione, viene sempre più largamente limitata dalla produzione dell'autonomia collettiva” e che
“l'autonomia collettiva si é venuta a collocare come fonte primaria, mentre altre fonti, alle quali era stata
attribuita dall'art. 1 posizione prioritaria, hanno assunto ruolo subordinato”.
L’internazionalità è la caratteristica più importante e peculiare del diritto marittimo, in
quanto “è a livello internazionale che si sono situati nel passato, e si situano soprattutto
nel nostro secolo, l’ambito normativo e la dimensione politica in cui impostare e
risolvere i problemi relativi al traffico marittimo”!
13
. Effettivamente, in tutti i rapporti
attinenti alla navigazione, si rinvengono elementi di estraneità con una frequenza di
gran lunga maggiore rispetto ad un qualunque altro settore della vita sociale. Il traffico
internazionale per mare è, tra i fenomeni economici, uno di quelli che, tradizionalmente,
presenta i maggiori e più spiccati profili di internazionalità; non solo perchè i trasporti
possono essere effettuati tra porti situati in due Stati diversi (cd. internazionalità
oggettiva), ma anche perchè l’internazionalità di un trasporto può derivare da una
pluralità di altri elementi: dalla diversa cittadinanza dei soggetti coinvolti (armatore,
noleggiatore, proprietario delle merci trasportate, membri dell’equipaggio) (cd.
internazionalità soggettiva), dal fatto che il trasporto – benché in sè e per sè “nazionale”
– è connesso ad una vendita internazionale, oppure infine dagli effetti indiretti che, per
esempio in caso di inquinamento, possono derivare in diversi Stati che altrimenti
sarebbero del tutto estranei al trasporto stesso. Risulta quindi indispensabile evitare che
quei rapporti vengano disciplinati in maniera diversa nei vari Stati, a seconda della
legge applicabile in base alle norme di diritto internazionale privato. È chiaro, quindi, il
perché gli Stati si siano preoccupati, sin dalla prima metà del secolo scorso, di dar vita
ad un corpus di norme che rispondesse alle esigenze di uniformità e di internazionalità,
soprattutto in quei settori in cui appare maggiore l’inadeguatezza di un insieme non
coordinato di discipline nazionali (come, ad esempio, per prevenire e fronteggiare
l’inquinamento).
Questi obiettivi di armonizzazione sono stati e vengono continuamente realizzati
principalmente attraverso la predisposizione di convenzioni internazionali di diritto
uniforme; non mancano, inoltre, regole adottabili su base volontaria che hanno
contribuito in maniera decisiva a raggiungere quel grado di uniformità imprescindibile
nei rapporti che qui interessano. Il carattere di internazionalità implica dunque in primis
la collaborazione tra Stati, nelle forme e con le modalità che vedremo nei paragrafi
successivi.
8
13
CARBONE, Contratto di trasporto marittimo di cose, Milano, 2010.
3. La sovranità statale e il ruolo delle organizzazioni internazionali e delle
organizzazioni non governative competenti nel settore dei trasporti
In questo paragrafo verrà proposto un quadro riepilogativo in tema di sovranità statale e
di cooperazione con le organizzazioni internazionali operanti nel settore dei trasporti,
tra le quali vi sono organizzazioni internazionali settoriali (in particolare, IMO-OMI
14
ed ICAO
15
), organizzazioni a vocazione generale (quali l’OMC-WTO
16
, l’OCSE-
OECD
17
) ed organizzazioni non governative (CMI
18
, IATA
19
).
Parlando di “sovranità”, ci si riferisce all’insieme dei poteri che ogni Stato si arroga,
esercitandoli sulla comunità stanziata nel proprio territorio, e che sono sottratti
all’influenza di altri Stati o di organizzazioni sovranazionali. In linea di principio, il
potere di regolamentare un determinato aspetto della vita economica, sia questo limitato
all’interno dei confini del territorio nazionale oppure caratterizzato – come sempre più
frequentemente accade – da profili di internazionalità, sussiste in via esclusiva in capo
al legislatore nazionale.
Dal punto di vista del diritto italiano la possibilità di una limitazione della sovranità
statale è stata in linea di principio ammessa dall’art. 11 Cost., secondo il quale
“[l]’Italia ... consente, in condizione di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di
sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni;
promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Tale
principio costituisce il fondamento normativo principale dell’adesione del nostro Paese
ad organizzazioni internazionali alle quali può essere delegato, in misura e con modalità
variabili caso per caso, il potere di adottare decisioni in particolari materie.
La forte espansione degli scambi su scala planetaria ha accentuato considerevolmente
l’interdipendenza economica degli Stati, rendendo inevitabile una sempre più stretta ed
istituzionalizzata cooperazione tra essi. Così, nell’ambito del settore dei trasporti, come
9
14
International Maritime Organization – Organizzazione Marittima Internazionale
15
International Civil Aviation Organization
16
Organizzazione Mondiale del Commercio – World Trade Organization
17
Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico – Organization for Economic Co-
operation and Development
18
Comité Maritime International!
19
International Air Transport Association
in tutti gli altri settori del commercio internazionale, si è proceduto nel corso degli anni
al trasferimento di competenze ad enti sovranazionali, proprio in attuazione dell’art. 11
Cost., in considerazione del fatto che, almeno con riferimento a trasporti dotati di profili
di internazionalità, sono preferibili discipline concertate tra Stati (anche per il tramite di
organismi internazionali), in vista di obiettivi comuni non efficacemente raggiungibili
singolarmente.
Per quanto attiene al settore dei trasporti, in passato i singoli “modi” di trasporto
(marittimo, aereo, stradale, ferroviario) erano considerati e disciplinati in maniera
autonoma gli uni dagli altri; per ciascuno di essi può individuarsi almeno
un’organizzazione internazionale avente una certa competenza. Tuttavia, non si tratta di
una competenza “generale”, bensì settoriale, in quanto da un lato non è individuabile
un’organizzazione internazionale con competenza generale in materia di trasporti, senza
specifiche distinzioni; dall’altro, il più delle volte essa risulta espressamente limitata a
solo alcuni aspetti dello specifico modo di trasporto, per i quali si ravvisa la necessità di
una regolamentazione di origine internazionale. Il fatto che tale tipo di normativa sia
proposta, discussa, ed elaborata a livello internazionale non significa, ovviamente, che
manchi una partecipazione di soggetti rappresentativi degli interessi dei singoli Stati. Si
pone però il problema di verificare quali siano le materie attualmente coperte da tali
normative internazionali, e quindi sottratte alla competenza dei singoli Stati, ed i
meccanismi attraverso cui vengono adottate ed applicate.
Il numero delle organizzazioni internazionali a carattere intergovernativo specializzate
nella materia dei trasporti è piuttosto elevato. Come anticipato, per quasi tutti i
principali modi di trasporto (marittimo, aereo e ferroviario
20
), e ad eccezione del
trasporto su strada, esiste almeno un’organizzazione internazionale “di riferimento”.
Non è questa la sede per dilungarsi relativamente a natura e funzionamento della
fittissima rete di organizzazioni internazionali esistenti, invero numerosissime, per cui
ci limitiamo qui a ricordare la classificazione proposta in dottrina tra organizzazioni
dotate di attribuzioni di tipo normativo e di tipo operativo
21
.
10
20
L e p r i n c i p a l i o r g a n i z z a z i o n i i n t e r g o v e r n a t i v e s o n o , r i s p e t t i v a m e n t e l ’ International Maritime
Organization (IMO), l’International Civil Aviation Organization (ICAO) e l’Organisation pour les
transports internationaux ferroviaires (OTIF).
21
CONFORTI, Diritto internazionale, VII ed., 2006, pag. 132 e 137.
Parlando di funzione normativa, ci si riferisce all’attività di emanazione di
raccomandazioni e di predisposizione di progetti e testi di convenzioni che i singoli
Stati saranno liberi di recepire tramite ratifica all’interno del proprio ordinamento,
nonché, talvolta, nell’emanazione di decisioni che divengono vincolanti, a meno che gli
Stati manifestino entro un certo periodo di tempo la loro volontà contraria. Le funzioni
di tipo operativo, invece, consistono nel compimento di attività di natura tecnica oppure
meramente burocratica (deliberazioni ed esecuzione di programmi di assistenza tecnica,
di aiuti, di prestiti, ecc.) che gli Stati membri delegano ad un soggetto internazionale in
quanto l’azione di quest’ultimo, operante su scala internazionale, risulterebbe più
efficace, autorevole, o semplicemente efficiente dal punto di vista economico.
Accanto alle organizzazioni internazionali intergovernative (tra le quali l’IMO, di cui
tratteremo nel prossimo paragrafo, riveste un’importanza fondamentale nel settore
marittimo), esistono numerose organizzazioni internazionali di natura non governativa
(ONG), ma privata, volte a raggruppare una pluralità di associazioni nazionali
omogenee, e aventi il ruolo di elaborare modelli contrattuali, individuare best practices,
emanare regole di business ethics e codificare in forma privata gli usi del commercio
internazionale. In effetti, non sorprende che, sotto il profilo dell’uniformazione del
diritto del commercio internazionale, spesso le organizzazioni intergovernative
svolgono un semplice ruolo di ricezione di norme elaborate altrove, ossia proprio nel
contesto di una ONG. Nel settore marittimo, esse hanno una notevole rilevanza sul
piano internazionale, e la loro azione si è sviluppata maggiormente in campi quali la
salvaguardia dei diritti umani e la protezione dell’ambiente. Specialmente in tema di
trasporti la presenza delle ONG è assai risalente nel tempo - ed addirittura precedente la
costituzione di organizzazioni governative - ed ha contribuito significativamente allo
sviluppo di regole relative ai trasporti internazionali che spesso sono state oggetto di
codificazione in trattati o hanno comunque contribuito a formare quel sistema di regole
spontanee e consuetudinarie noto come “lex mercatoria”. Tra le principali nel campo
marittimo possiamo brevemente ricordare:
a) i l Comité Maritime International (CMI), sul quale ci soffermeremo
successivamente;
11
b) i l Baltic and International Maritime Council (BIMCO): nata nel 1905 a
Copenaghen, è l’associazione più importante costituita da armatori, manager, agenti ed
altri operatori del settore, i cui interessi rappresentano circa il 65% del tonnellaggio
mondiale; la sua attività principale, svolta attraverso il Documentary Committee
consiste nella predisposizione di documenti, clausole e formulari, utilizzati per circa i
tre quarti dei traffici marittimi mondiali; ha qualità di osservatore presso l’ONU,
avendo carica consultiva presso l’IMO;
c) l’International Radio Maritime Committee (CIRM), per il settore delle
radiocomunicazioni marittime;
d) l’International Union of Marine Insurance (IUMI), unisce le associazioni nazionali
degli assicuratori marittimi;
e) l’International Federation of Shipmasters' Associations (IFSMA), cura gli interessi
dei comandanti e degli ufficiali di bordo nei confronti degli armatori;
f) l’International Maritime Pilots Association (IMPA), cura gli interessi dei piloti
portuali nei confronti degli armatori;
g) l’International Shipping Federation (ISF), cura gli interessi degli armatori nel
campo del lavoro marittimo;
h) l’International Chamber of Shipping (ICS), cura gli interessi degli armatori al di
fuori delle competenze dell’ISF;
i) l’International Transport Workers' Federation ( I T F ) , è u n ’ o r g a n i z z a z i o n e
internazionale sindacale dei lavoratori marittimi;
j) l’International Association of Independent Tanker Owners (INTERTANKO) redige
i formulari di contratti di utilizzazione di navi cisterna.
4. Il ruolo dell’International Maritime Organization (IMO)
12
Nell’ambito degli Istituti Specializzati
22
che fanno capo alle Nazioni Unite, il principale
soggetto di riferimento per ciò che concerne la cooperazione tra Stati in materia di
traffici marittimi è l’Organizzazione Marittima Internazionale (meglio nota come
International Maritime Organization - IMO), con sede a Londra, istituita in virtù di
apposita convenzione conclusa a Ginevra nel 1948 (con il nome originario di
International Maritime Consultative Organization – IMCO)
23
. L’IMCO iniziò la propria
attività nel 1958, a seguito dell’entrata in vigore della convenzione istitutiva, per poi
assumere la sua denominazione attuale il 22 maggio 1982. La sua struttura non
differisce da quella della maggior parte delle organizzazioni internazionali appartenenti
alle Nazioni Unite:
l’Assemblea, organo supremo dell’Organizzazione, cui partecipa la totalità degli Stati
membri, si riunisce in sessione ordinaria ogni due anni, definisce il programma di
lavoro e le disposizioni finanziare ed approva il bilancio;
il Consiglio, attualmente composto da 40 Paesi eletti dall’Assemblea per due anni, ha
funzioni esecutive, di coordinamento e di supervisione;
il Segretariato, con funzioni direttive e di rappresentanza;
cinque comitati: Marine Safety Committee, Marine Environment Protection Committee,
Legal Committee, Technical Co-operation Committee e Facilitation Committee, con
competenze di natura tecnica nelle rispettive materie.
Obiettivi dell’Organizzazione, come definiti nell’art. 1 della convenzione istitutiva,
sono: a) l’istituzione di un sistema di collaborazione tra i governi nel campo della
13
22
Gli Istituti Specializzati sono organizzazioni internazionali autonome il cui collegamento con le
Nazioni Unite sorge da un accordo stipulato tra le due organizzazioni, in forza del quale all’Istituto
Specializzato vengono applicate le norme della Carta delle Nazioni Unite, di modo che esso venga
sottoposto al potere di coordinamento e controllo dell’ONU. Senza addentrarci nel dettaglio, Istituti
Specializzati delle Nazioni Unite sono: FAO (Food and Agricultural Organization), ILO (International
Labour Organization), UNESCO (United Nations Educational Scientific and Cultural Organization),
ICAO (International Civil Aviation Organization), WHO (Wo r l d H e a l t h O rg a n i z a t i o n), IMO
(International Maritime Organization), ITU (International Communication Union), WMO (World
Meteorological Organization), UPU (Universal Postal Union), IMF (International Monetary Fund),
IBRD (International Bank for Reconstruction and Development), IFC (International Finance
Corporation), IDA (International Development Association), IFAD (International Fund for Agricultural
Development), WIPO (World Intellectual Property Organization), UNIDO (United Nations Industrial
Development Organization), IAEA (International Atomic Energy Agency), WTO (Wo r l d Tr a d e
Organization).
23
L’IMO conta attualmente 169 Paesi membri e 3 membri associati. L’Italia ne è parte dal 1957.