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conteneva un’ illustrazione e in due di esse vi si poteva
leggere una relativa parte testuale scritta dal maestro stesso.
Da questo periodo in poi molte saranno le produzioni di
“vignette” che prenderanno sempre più piede nella cultura
Andando a ritroso nel tempo ritroviamo il primo utilizzo
della parola manga alla fine del XVIII secolo nel paese
del Sol Levante, un luogo dove arte, spiritualismo e vita
quotidiana vanno di pari passo e dove la pratica del disegno
ha una rilevanza artistica ben differente rispetto a quella
che in occidente viene collocata come arte al solo scopo
di compiacere lo spettatore, essa infatti adempie anche ad
uno scopo culturale. Se si volesse tradurre letteralmente
la parola manga, scomponendone i caratteri kanji dei
quali è composta, si otterrebbe il significato di “immagini
strarvaganti” o “immagini libere”, ed è proprio di questo che
si trattava. I primi manga vennero pubblicati da artisti come
Santō Kyōden e Aikawa Minwa, entrambi del 1798, ma fu il
più celebre artista Katsushika Hokusai nel 1814 che diede
il nome manga alla serie di disegni e bozze che ritraevano
scene di vita quotidiana, flora e fauna e molte volte anche
scene sopranaturali connotate da brevi didascalie o dialoghi.
Erano i suoi noti Hokusai Manga. Qualche anno prima
però, nel 1788, l’artista Kitagawa Utamaro con la sua famosa
opera, l’Utamakura, contribuì a incrementare l’ascesa del
cosiddetto manga. Si trattava infatti di una pubblicazione
a 12 stampe in un unico volume, dove ogni doppia pagina
1. 1 La storia delle pagine
Nella valva del mollusco
il becco si è incastrato
il beccaccino non può alzarsi in volo
nel tramonto autunnale.
“Il canto del guanciale”
Kitagawa Utamaro
{ }
16
nipponica, e non solo. Verranno create e illustrate storie
per ogni genere di pubblico differenziandone i caratteri a
seconda dei temi trattati al loro interno.
Basti pensare ai manga a sfondo erotico del periodo Edo,
alcuni dei quali venivano destinati all’educazione delle
cortigiane e delle fanciulle che andavano in spose, come
prontuario per l’addestramento ai piaceri della vita sessuale,
oppure introdotti all’interno dei bauli dei guerrieri non
solo per il loro potere di preservare dalla distruzione
e di condurre alla vittoria ma anche come elemento di
compagnia durante i lunghi giorni di trincea.
Ovviamente più si scorre la linea temporale più nuove
tipologie di manga vengono messe in produzione.
Oggi il Giappone vanta la maggior quantità di titoli
editoriali, per quanto riguarda il settore manga, esportati
con enorme successo anche all’estero. Come abbiamo visto
il termine manga assume nei primi anni della sua nascita, la
connotazione di un’insieme di disegni e stampe con annessi
dialoghi e didascalie, ma c’è molto di più, soprattutto se
concentriamo la nostra attenzione sugli ultimi venti anni di
produzione ed esportazione di questo prodotto.
Con l’utilizzo di questo termine sia gli esperti di settore che
i conoscitori in modo blando del genere
17
ne riconoscono la provenienza nipponica o quantomeno
orientale, esso è diventato quindi, una sorta di marchio di
fabbrica e di affidabilità per chi è appassionato da tutto ciò
che proviene dal Sol Levante. Vi è difatti una forte differenza
rispetto al fumetto occidentale, non solo per le sostanziali
diseguaglianze tecniche e artistiche ma anche per quanto
riguarda la produzione e la strutturazione delle pagine.
In Giappone infatti si ha un metodo differente di lettura,
da destra a sinistra e le pagine vengono rilegate alla destra
del lettore. Anche il verso di lettura dei baloon ovviamente
risulta differente, anch’esso segue la legge della lettura da
destra a sinistra e dall’alto verso il basso. C’è da fare inoltre
un ulteriore focus sui materiali e i supporti utilizzati per la
realizzazione del fumetto, rispetto all’alta qualità a cui si è
abituati quando si leggono i fumetti occidentali, Marvel e
produttori europei per intenderci, in Giappone vengono
utilizzati strumenti appositi per questo genere di opere. Si
hanno dei fogli riquadrati in ciano in quanto colore non
visibile durante le operazioni di scannerizzazione bianco e
nero, pennini con varie modulazioni, righelli appositamente
preparati per le linee cinetiche
1
, retini
2
ed attrezzi per
applicarli. Usualmente la tavola manga non è né a colori né
in scala di grigi, ma prettamente in bianco e
1. Per linea cinetica si intende un tratto disegnato che ha lo scopo di sottolineare
un movimento. Esso viene utilizzato nei manga così come nei fumetti occidentali
per dare una maggiore dinamicità a tutto il disegno.
2. Sono degli speciali fogli adesivi, creati appositamente per applicare le
ombreggiature in stampe in bianco e nero.
nero, fatta eccezione per alcuni casi, scelta dettata in base
all’utilizzo che il volume manga avrà in fase di stampa e che
approfondiremo nel capitolo seguente. Per quanto riguarda
la realizzazione di ombre, anche mantenendo il bianco
e nero, la loro esecuzione raramente viene eseguita con
neri pieni e più facilmente da alcuni retini grattabili e dai
colori delle eventuali pagine di edizioni speciali e di riviste;
vengono tendenzialmente realizzate anche a china oppure a
pantone (i più famosi ed usati sono i copic).
T utt’altro discorso deve essere fatto per la produzione
occidentale dove non solo i tempi di consegna sono più
larghi e permettono ai fumettisti di potersi soffermare sulla
scelta di vari materiali e tecniche differenti ma anche la
loro messa in produzione e poi in stampa ha una tipologia
completamente diversa rispetto al fumetto orientale.
Ma andiamo per gradi. Nel capitolo seguente cercheremo di
spiegare come i processi di stampa e soprattutto i supporti
sui quali i manga vengono realizzati abbiano un impatto
molto forte sul mercato tanto da renderne necessaria una
segmentazione e una relativa strutturazione maggiormente
definita.
Bisognerebbe sempre avere qualcosa di
sensazionale da leggere in treno.
Oscar Wilde
{ }
19
Una volta poste le basi della sua nascita e del relativo
sviluppo storico del manga vorremmo volgere lo sguardo
ad un altro importante fattore che aiuterà il lettore a
comprendere meglio il mondo editoriale giapponese.
Dobbiamo innanzittutto mettere in evidenza che il mercato
del manga in Giappone copre oltre un terzo dell’intero
mercato editoriale e vive un’avanzata integrazione fra
universo produttivo e consumo.
Il fumetto in Giappone viene inserito all’interno di riviste
antologiche e volumetti monografici con tirature d’ampiezza
inimmaginabili per il mercato occidentale, fatta eccezione
per alcune opere di larghissima diffusione in territorio
francofono. I manga possono arrivare a vendere alcuni
milioni di copie la settiamana in Giappone contro le poche
centinaia o anche solo decine di migliaia di copie mensili
dei Comic Book (albi di 24 o 32 pagine) dei supereroi made
in USA e delle produzioni popolari italiane (circa 100 pag)
3
.
È proprio il metodo di produzione del manga a favorirne
3. A livello europeo sono pochissimi i fumetti locali che vendono poche centinaia
di migliaia di copie, potremmo citare opere di origine francese come Asterix o
Titeuf, editati però in albi cartonati e con una periodicità molto meno assidua
rispetto a quella settimanale delle riviste giapponesi. Solo nel 2003 in Giappone il
mercato del manga copriva il 37,8% dell’editoria nazionale, per un ammontare di
vendite pari a circa 5 miliardi di dollari [Yui 2006]. Oggi i manga costituiscono in
asia oltre il 40% del venduto a mezzo stampa di origine nipponica.
la penetrazione nel mercato editoriale in modo così
preponderante. La regolare pubblicazione delle serie
a puntate all’interno di queste riviste contenitore e la
gestione della popolarità attraverso i dokusha kado
4
obbliga
i mangaka a considerare l’immaginario dei loro lettori e a
soddisfarne il più possibile le esigenze. È interessante notare
che una volta editati i primi capitoli sulle riviste di settore
e vagliatone l’indice di gradimento da parte dei lettori, ogni
manga in seguito ha una propria pubblicazione in volumetti
a se stanti che prendono il nome di tankobon.
Gli stupefacenti progressi commerciali sviluppati dal
mercato del manga vanno ricercati dall’inizio degli anni
sessanta fino ad arrivare ad un boom economico tra gli anni
ottanta e novanta.
È proprio in questo decennio che molte riviste di fumetti
sono arrivate a vendere dalle 5 alle 6 milioni di copie la
settimana [Schodt 1996, Gravett 2004].
Ovviamente ogni paragone con il sistema di vendite
occidentale non è ammesso se pensiamo che due dei più
4. Questionari cartolina inseriti nei settimanali che permettono ai lettori di
classificare le serie in ordine di gradimento per poi rispedirli all’editore.
1. 2 P ubblicare in Giappone
21
singolari casi editoriali nella storia del fumetto americano si
sono verificate nel 1990 con la collana di Spider-man, oltre
un milione di copie vendute. In base alle ultime classifiche
aggiornate al 2010 i due fumetti più venduti made in USA
sono stati editi dalle due major del fumetto, la DC Comics e
la Marvel. Con 175.107 copie vendute di “Avengers numero
1” di Brian Michael Bendis e “X Men numero 1”
5
, con
144.679 copie vendute. Per quanto riguarda il genere manga
invece troviamo in ordine successivo i volumetti numero
47, 48 e 49 della serie “Naruto” che occupano i rispettivi
posti nelle prime tre posizioni. Numeri che non dicono
molto rispetto alle 3.133.093 di copie vendute in Giappone
del vol 61 di “One Piece” e delle 1.178.643 copie del vol.
54 di “Naruto”
6
. Cifre che ogni casa editrice occidentale
5. Fonte Comic Book Resources.
6. Dati Oricon dei manga più venduti in Giappone nel corso della prima metà
dell’anno fiscale 2011 (22 novembre 2010 - 22 maggio 2011).
sognerebbe di raggiungere anche solo una volta nella
propria storia. Ma allora perchè in Giappone tutto questo
è possibile e in occidente ancora no?. Molto del lavoro si
deve al metodo di produzione del manga e all’abilità delle
strategie di segmentazione dei mercati.
In base all’immaginario, in particolare adolescenziale che ha
un successo universale, al timing della sua penetrazione, agli
scenari, ai temi e ai personaggi, i manga rispondo a quella
domanda a cui la nostra cultura occidentale non prestava
ascolto e che successivamente ne ha fatto un successo anche
presso i nostri mercati. Sostanzialmente in Giappone il
manga è si un prodotto industriale a buon mercato ma allo
stesso tempo un bene di consumo di alta qualità.
22
Le due più grandi case editrici giapponesi, la Shueisha e
la Kodansha, hanno un successo ragguardevole sui mercati
mondiali al pari quasi della Toyota e della Sony.
Si tratta di un prodotto di piacere che soddisfa al meglio i
sei bisogni psicologici fondamentali, vale a dire la volontà
di potenza, il bisogno di realizzazione, di sicurezza, di
eccitazione, d’evasione ed infine quello di distinzione, la cui
combinazione è alla base dell’alchimia del piacere.
Questa capacità del manga di soddisfare tali bisogni è
dovuta tanto alle particolarità della cultura giapponese
che alla straordinaria libertà di cui esso, a differenza di DB
e del Comics, si è giovato alla fine della seconda guerra
mondiale
7
.
7. M.Pellitteri, Il drago e la saetta. Modelli, strategie e identità dell’immaginario
giapponese, edizioni T unué , 2009.