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1.1. 2010-2020: IL DECENNIO DELL’EMERGENZA
EDUCATIVA
“L’educazione è l’innalzarsi della coscienza oltre se stessa,
nella ricerca sempre meravigliata di noi stessi”
(D. Demetrio)
La Conferenza Episcopale Italiana, con la pubblicazione degli
orientamenti pastorali 2010-2020 dal titolo: “Educare alla vita buona
del Vangelo”; ha indetto il “decennio dell’emergenza educativa”.
I Vescovi riconoscono nell’educazione una sfida culturale ma anche
una dimensione costitutiva della missione della Chiesa, con l’obiettivo
di caratterizzare la vita di ogni uomo con tutto ciò che è bello, buono e
vero. Le linee di fondo contenute nel documento sono state offerte alle
parrocchie, associazioni e movimenti ma anche alle scuole e alle altre
istituzioni che si occupano di educazione.
Il titolo degli Orientamenti mette al centro la figura di Gesù Maestro
che, attraverso l’opera della Chiesa, continua a educare ad una
umanità nuova e piena. Annunciare Cristo vuol dire portare a pienezza
l’umanità, seminando cultura e civiltà
1
.
Nel corso dei secoli, Dio ha educato il suo popolo attraverso i
profeti, le Scritture e intrecciando la sua divinità con la nostra umanità.
Un richiamo che può fare da guida è lo scritto di Isaia: “Voi sarete
allattati e portati in braccio, e sulle ginocchia sarete accarezzati.
Come una madre consola un figlio, cosi io vi consolerò” (Is 66,12-13).
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Cfr. C.E.I., Educare alla vita buona del Vangelo, Paoline, Milano 2010.
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La guida di Dio si fa pienamente visibile in Gesù di Nazareth.
Egli è colui che ci educa con la sua stessa vita: il Vangelo della
moltiplicazione dei pesci e dei pani (Mc 6 34.39-41) ci mostra Gesù
Maestro che, come un pastore, raccoglie le sue pecore e se ne prende
cura mediante l’insegnamento, mosso dal sentimento della
compassione. Lo sguardo che Gesù rivolge ai presenti; accorsi nella
speranza di ricevere qualcosa di decisivo; è uno sguardo partecipe
perché non scorge una folla anonima ma persone che egli stesso
conosce, persone che soffrono per la mancanza di una guida sicura e
autorevole. Nello stesso brano, Marco ci racconta che Gesù dice ai
discepoli: “Voi stessi date da mangiare”. Un richiamo perfetto al fine
ultimo dell’educazione: rendere l’uomo autonomo nella sua identità di
persona che si forma rapportandosi agli altri.
Nel corso della storia, Gesù è stato definito il pedagogo,
maestro e redentore dell’umanità (Clemente Alessandrino) e la Chiesa
come la scuola dove Gesù insegna. Le parole di S. Agostino
affermano la visione di una Chiesa che educa in quanto madre:
“Oh Chiesa Cattolica, oh madre dei cristiani nel senso più vero… tu
educhi e ammaestri tutti: i fanciulli con tenerezza infantile, i giovani
con forza, i vecchi con serenità, ciascuno secondo l’età, secondo le sue
capacità non solo corporee ma anche psichiche. Chi debba essere
educato, ammonito o condannato, tu lo insegni a tutti con solerzia,
mostrando che non si deve dare tutto a tutti, ma a tutti amore e a
nessuno ingiustizia”.
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2
Cfr. S. AGOSTINO, I costumi della Chiesa Cattolica e i costumi dei Manichei,
vol. XIII/I, Città Nuova Editrice, Roma 1997.
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Durante il Concilio Vaticano II si è parlato dell’attenzione particolare
della Chiesa verso l’educazione. Nella Dichiarazione Gravissimum
educationis, infatti, si afferma come la Chiesa ha il dovere di
occuparsi dell’intera vita dell’uomo, compresa quella terrena,
attraverso il progresso e lo sviluppo dell’educazione. Sempre durante
il Vaticano II è stato affermato il concetto di “persona umana integrale”
in cui si distinguono i valori dell’intelligenza, della volontà, della
coscienza e della fraternità
3
. La Chiesa è quindi responsabile
dell’educazione al gusto dell’autentica bellezza della vita, sia
nell’orizzonte della fede, sia come prospettiva pedagogica e culturale,
aperta a qualsiasi religione e cultura. Chi educa mira alla persona
concreta, se ne fa carico con amore e premura costante perché
sboccino, nelle libertà, tutte le sue potenzialità, intelligenze, volontà e
capacità di amare, al fine di acquisire il coraggio di decisioni
definitive.
Oggi, nella coscienza condivisa, nei genitori che frequentano
parrocchie e associazioni, negli insegnati e negli educatori, sembra
essersi smarrita l’idea stessa di educazione; sembra essere in crisi
l’esperienza dell’educare alla vita e così di conseguenza l’interesse
personale all’educazione. L’attuale crisi ha a che fare non solo con le
singole difficoltà che si presentano a chi si occupa di educazione,
ma con l’idea che abbiamo dell’uomo e del suo futuro. È necessario
quindi ristabilire una visione antropologica dell’azione educativa che
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Cfr. Gaudium et spes, n.61.
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abbia il suo fondamento in una concezione concreta della persona e
dell’esperienza umana.
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Secondo il S. Padre Benedetto XVI, che ha accolto con grande
responsabilità il tema dell’emergenza educativa proposto dalla C.E.I.;
alle origini della crisi dell’educazione c’è una crisi di fiducia nella vita
fatta di simboli, cultura, tradizioni e spiritualità che non vengono più
trasmessi da una generazione all’altra. La vita diventa così relativa, si
dubita del valore che essa rappresenta e prevalgono di conseguenza
insoddisfazione e vuoto esistenziale, lo sradicamento dei legami e
degli affetti più cari, la fragilità delle persone, la precarietà delle
relazioni e la sfiducia in se stessi.
Tutto ciò incide in particolare sulla condizione giovanile,
caratterizzata da un disagio culturale e quindi esistenziale.
Oggi i giovani respirano a pieni polmoni quest’aria di sofferenza e
insensatezza cui sembra essere giunta la società civile. Il vivere è
sofferente perché privo di senso. “Senso” vuol dire significato,
direzione, saper attribuire nomi alle proprie esperienze e azioni,
riconoscersi parte di un mondo più grande ed esserne protagonisti in
un contesto di relazioni e conflitti. Il venir meno del “senso” porta i
ragazzi ad un confronto acritico, passivo e senza mediazioni prima
con se stessi e poi con gli altri. Non ha più senso quello che il ragazzo
pensa di se stesso, quello che il ragazzo vuole esprimere o vuole
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Cfr. COMITATO PER IL PROGETTO CULTURALE, La sfida educativa.
Rapporto - proposta sull’educazione, Laterza, Bari 2009.
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essere. Assistiamo in questi tempi alla formazione delle cosiddette
“comitive”, dove il ragazzo diventa la fotocopia degli amici del
gruppo, annulla se stesso e li imita, non c’è più confronto, non c’è più
diversità... Senza l’aiuto di un senso critico; il ragazzo sperimenta
inoltre la difficoltà nel rapportarsi alla complessità del mondo,
rinunciando cosi a vivere in prima persona la propria vita e
rifugiandosi in mondi alternativi o in realtà opache e mute; che
possono andare dalle nuove forme di dipendenza da social network a
quelle “tradizionali” dell’alcolismo.
In questo tipo di cultura; intelligenza e affettività sono divise,
ed è ricorrente la separazione tra razionalità e vissuto emotivo.
La razionalità è concepita come un freddo potere analitico e
organizzatore, mentre l’affettività è intesa come relazione calda con
gli altri e con il mondo, ma al di fuori dell’orizzonte razionale, senza
regole e vista come sfogo. Tutto ciò che piace e si può ottenere
diventa buono. L’intelligenza è quindi oggettività esteriore e gestione
della vita, arida e senza senso; mentre il vissuto emotivo, fuori da ogni
razionalità, si riduce alla spontaneità e alla libertà incontrollata.
Una vera relazione educativa richiede la reciproca unione tra sfera
razionale e mondo affettivo, mente, cuore e spirito. L’educatore è
chiamato ad orientare il ragazzo verso il senso globale di se stesso,
consentendolo di mettersi in cammino verso la propria maturità
unendo razionalità e affettività
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.
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Cfr PERLA, L., Educazione e sentimenti: interpretazioni e modulazioni,
La scuola, Brescia 2002.
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Alla base vi è quindi una relazione accogliente tra educando ed
educatore che contribuisce alla crescita nella vita affettiva e in quella
intellettuale.
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Un’altra causa della crisi educativa; oltre l’assenza di senso;
può essere trovata nella crisi dei valori. Oggi, infatti, i valori sono
molto fragili perché sprovvisti di significato storico, quindi astratti o
incapaci di muovere l’esistenza e promuovere nuove esperienze.
I valori hanno senso per l’esperienza che se ne può fare, sia essa di
contestazione, di impegno o di partecipazione. Il patrimonio di valori
si trasmette da una generazione all’altra attraverso la comunicazione e
la relazione. Infatti, un bambino impara a vivere dal genitore, l’amico
nella compagnia dell’amico. Ristabilire l’importanza, per l’essere
umano, di diventare se stesso attraverso rapporti che lo formino alla
vita culturale, morale e spirituale, acquisendo valori concreti e
imparando a farne un’esperienza sensata in un mondo dove si
riconosca come protagonista; potrà essere una delle prossime sfide del
decennio.
I Vescovi rintracciano nel nesso educazione-generazione
un'altra questione alla base del problema educativo contemporaneo:
il rapporto educativo prende in consegna la vita umana per accoglierla
e farla crescere in una continua logica di novità. L’educazione ha
quindi a che fare con la nascita dell’uomo. Si nasce bisognosi di
accoglienza e di affidamento, si cresce grazie alla cura e al sostegno.
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Cfr. COMITATO PER IL PROGETTO CULTURALE, La sfida educativa.
Rapporto - proposta sull’educazione, Laterza, Bari 2009 pp. 7-8.
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Il nascere è quindi direzionato ad un fine. Ma, si domandano i Vescovi,
oggi il mettere al mondo un figlio non coincide drammaticamente con
un gesto di abbandono, di rinuncia alla relazione educativa?
Bisogna affermare con forza che il bambino impara a vivere
guardando i genitori; il legame che s’instaura all’interno della famiglia
sin dalla nascita ha un influsso decisivo per la sua vita futura.
L’educazione oggi ha così bisogno di relazioni semplici e buone, di
stima e di fiducia nell’uomo, di speranza nelle doti di ciascuno.
Le relazioni educative autentiche nascono quando ci accorgiamo che
l’esistenza è “cosa buona” che non va abbandonata, ma accolta e
incoraggiata.
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Il punto più intimo della crisi educativa contemporanea si
raggiunge quando ci si domanda chi bisogna educare. Per educare
attraverso una relazione autentica c’è bisogno di qualcuno che abbia
tramite gli altri l’accesso a se stesso. La tradizione umanistica ci
rimanda a tal proposito il detto: “Diventa ciò che sei”, che significa
che ciò che già sono non si conclude ma si rapporta a una misura più
grande che mi porta alla verità di me stesso. Oggi, nella cultura
postmoderna, il detto potrebbe diventare: “Sii ciò che sei” ovvero non
posso essere altro di ciò che sono, sono in base alle esperienze che
faccio, ai sentimenti che vivo, alle persone che incontro. L’educazione
vede di conseguenza ridursi notevolmente il suo campo d’azione.
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Cfr. COMITATO PER IL PROGETTO CULTURALE, La sfida educativa.
Rapporto - proposta sull’educazione, Laterza, Bari 2009 pag. 14.
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Si metterà in atto un’educazione settoriale (alla legalità, all’ambiente,
alla cittadinanza), sicuramente importante ma frammentata, non utile
al raggiungimento dello scopo principale che è l’educazione integrale
della persona.
Il cuore del processo educativo è, infatti, una sintesi in via di
costituzione che mette al centro la persona intesa come un tutto perché
considerato capace di totalità e capace di abbracciare tutta la realtà
attribuendole un senso. Un abbraccio non analitico o per segmenti, ma
sintetico e per scenari complessivi che tocchi anche le questioni più
alte.
La Chiesa promuove, attraverso l’educazione, un’autentica vita
spirituale, formando il cristiano secondo i sentimenti di Cristo,
aprendolo alla conoscenza e all’amore del Padre attraverso i
Sacramenti e la Parola.
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Nel documento sono elencate le altre dimensioni dell’azione educativa
della Chiesa:
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- la dimensione missionaria: l’annuncio e la testimonianza a tutti gli
uomini dell’amore di Dio e dell’amore fraterno;
- la dimensione ecumenica e dialogica: l’unione e l’incontro tra le
diverse confessioni, l’educazione al dialogo con i credenti di altre
religioni e con ogni uomo;
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Cfr. COMITATO PER IL PROGETTO CULTURALE, La sfida educativa.
Rapporto - proposta sull’educazione, Laterza, Bari 2009 pp. 14-24.
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Cfr. C.E.I., Educare alla vita buona del Vangelo, Paoline, Milano 2010 pp.41-42.
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- la dimensione caritativa e sociale: l’educazione alla responsabilità
verso il povero e il bisognoso, nell’impegno verso un mondo più equo,
la difesa dei diritti e della pace, la custodia della salvaguardia del
creato. Un’attenzione particolare, secondo i Vescovi italiani, va
riservata ai minori, nati in Italia, figli di stranieri; al fine di far
crescere personalità solide sulla base della propria identità storica,
culturale e religiosa in una società dove l’accoglienza verso lo
straniero sta venendo meno. La comunità cristiana educa a riconoscere
in ogni straniero una persona dotata di dignità inviolabile, di una
propria spiritualità e umanità fatta di sogni, speranze e progetti.
- la dimensione escatologica: l’educazione verso la pienezza della vita
eterna che non vuol dire allontanarsi dall’impegno nelle realtà terrene,
ma evitare di cadere nell’idolatria di se stessi, delle cose e del mondo.