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CAPITOLO 2
GLI ANIMALI COINVOLTI NEI PROGRAMMI ASSISTITI
Spesso si parla di “uso dell’animale”, o di “animale come strumento
terapeutico”, oppure si considera l’animale come un guaritore, capace di
emanare influssi positivi o di raccogliere su di sØ le energie negative che
hanno portato alla malattia di una determinata persona. Invece la
beneficialità della Pet Therapy deriva dalla relazione che si va a creare tra la
persona e l’animale; quest’ultimo, pertanto, è un soggetto coinvolto e
partecipe, che proprio per la sua diversità è in grado di dare al paziente un
contributo per il suo cambiamento
8
.
L’evento relazionale deve essere autentico e dare benefici, sia per il
fruitore, sia per l’animale. Autentico, però, non significa casuale, perchØ
aspettare che tutto avvenga secondo casualità non garantirebbe un incontro
tra uomo e animale. Viene giustificata, quindi, la presenza del coordinatore
dell’intervento e del coadiutore, i quali guidano il fruitore verso un’interazione
graduale con l’animale; ma ciò non risulta essere ancora sufficiente, in
quanto devono essere scelti animali in grado di interagire con l’uomo e di
porsi all’interno di una vera e propria situazione relazionale.
Di seguito vengono elencate le caratteristiche da ricercare
9
negli animali
che vengono coinvolti in programmi di AAA/TAA/EAA.
In primo luogo, l’animale deve accettare la vicinanza e il contatto con
l’uomo; la seconda caratteristica da prendere in considerazione è l’aver
superato in modo adeguato un’importantissima fase di sviluppo, ossia la fase
di socializzazione
10
; in particolare, per la Pet Therapy è fondamentale lo
sviluppo della socializzazione secondaria, ossia la capacità di avere con gli
eterospecifici degli stili interattivi adeguati: nelle interazioni con l’uomo, ad
esempio, significa giocare insieme o lasciarsi accarezzare e coccolare. Per
8
R. Marchesini, L.Corona, Attività e Terapie Assistite dagli animali, Apeiron, Bologna, 2007
9
Queste caratteristiche si riferiscono particolarmente agli animali mammiferi che vengono coinvolti
in programmi di Pet Therapy.
10
Nel cucciolo di cane, la fase di socializzazione va dalla 3^ alla 12^ settimana di vita; nel caso di
mancata socializzazione entro quest’arco di tempo, si vanno a manifestare incapacità relazionali,
fobie sociali, fino allo sviluppo dell’aggressività.
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raggiungere la fase di socializzazione secondaria, l’animale, però, deve
prima aver sviluppato la socializzazione primaria, ovvero la capacità di
attuare dei comportamenti adeguati con i propri simili, la quale deriva da un
buon legame di attaccamento con la madre in quanto quest’ultimo costituisce
un primo modello di relazione.
Prima di procedere all’inserimento di un animale in un determinato
programma terapeutico, inoltre, è necessario accertarsi che questo possegga
determinate caratteristiche: l’affidabilità, ossia la capacità di comportarsi allo
stesso modo in situazioni simili tra loro, che è correlata con la prevedibilità
del comportamento; la controllabilità, infatti l’animale deve poter essere
gestito e guidato dal suo conduttore, dal terapista o dalle persone che si
prendono cura di lui. ¨ fondamentale che l’animale ispiri sicurezza, ossia
deve far sentire a proprio agio a dare fiducia al paziente, il quale, non deve
aver paura o sentirsi minacciato o infastidito.
Gli animali della Pet Therapy, inoltre devono essere socievoli, docili (da
ricordare che la docilità deriva dallo sviluppo filogenetico, ma anche dal
lavoro educativo) e capaci di entrare in relazione con l’uomo evitando
comportamenti scorretti o eventualmente pericolosi, come mettere le zampe
addosso o mordere.
Infine, l’animale non deve presentare instabilità emotiva, deve sapersi
adattare a situazioni differenti tra loro, anche se caratterizzate da un certo
livello di problematicità, come rumori improvvisi, movimenti bruschi o
barcollanti del paziente.
Viene escluso il coinvolgimento di cuccioli o animali in età evolutiva, dato
che il loro sviluppo emotivo e caratteriale non è ancora completato.
¨ anche importante ricordare che gli animali (in particolare i cani) che
non possiedono tutte queste caratteristiche, ma che hanno in sØ buone
potenzialità per raggiungerle, possono essere sottoposti ad un processo di
educazione/addestramento
1112
, tenendo presente che questi programmi
11
Marchesini R., Pedagogia cinofila , Alberto Perdisa Editore, Bologna, 2007
12
Educare differisce da addestrare, in quanto l’obiettivo dell’educazione è far compiere dei
comportamenti già presenti nel repertorio dell’animale (cane), come sedersi o mettersi a terra,
mentre
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esaltano le doti naturali degli animali e non hanno l’obiettivo di modificarle.
Perciò non si adatta o addestra il pet ad una determinata situazione, ma si
sceglie l’animale piø idoneo per una specifica utenza, per uno specifico
ambiente, per uno specifico genere di stimoli.
La scelta dell’animale da inserire nei vari programmi non è quindi affatto
semplice e deve essere valutata attentamente. Da ricordare, inoltre, che gli
animali che fanno parte dei vari progetti possono essere “visitatori”, quindi
portati in visita presso le varie strutture dai loro conduttori, o “residenti”,
quando vivono direttamente nelle strutture stesse
13
.
Qui di seguito vengono indicate le principali categorie di animali che
vengono coinvolti in Attività, Terapia ed Educazione Assistita con Animali.
2.1 I CANI
Sono gli animali da compagnia piø fedeli in assoluto e, senza dubbio, gli
animali piø presenti negli interventi assistiti, in ambiti diversi e con pazienti
diversi per età e problematica, in quanto sono facilmente educabili, dotati di
una spiccata intelligenza, molto socievoli e si fanno accarezzare anche da
persone estranee. Inoltre, i cani in particolare (ma in generale, tutti gli
animali) non riconoscono la disabilità e non mostrano nessuna variazione di
comportamento, anche in situazioni con problematiche gravi; tra l’altro,
qualche aspetto particolare di un paziente, ad esempio perdita di saliva od un
determinato odore, che generalmente aumenta la distanza nel rapporto tra gli
uomini, costituisce un elemento normale nel mondo comunicativo dei cani, i
quali pertanto ne sono attirati: viene aumentata in questo modo, l’autostima
del paziente.
Non esistono razze piø adatte di altre per interventi di Attività,
Educazione o Terapia Assistita con Animali, anche perchØ si tende a
scegliere un determinato cane per le proprie caratteristiche individuali,
con l’addestramento si ottengono sempre dei comportamenti, ma che l’animale spontaneamente
non compierebbe (ad esempio, premere un bottone al posto del paziente)
13
Atti del Convegno “Il cane in aiuto all’uomo, alla scoperta della Pet therapy” , Teatro San
Patrignano, 17-18 aprile 1999
27
indipendentemente dalla razza; infatti hanno avuto successo anche attività di
Pet Therapy con coinvolgimento dei meticci. Però, i cani che posseggono
maggiormente le caratteristiche precedentemente indicate risultano essere i
Labrador, i Golden Retriever e anche i Beagle
14
.
I Labrador sono cani adatti per svariati impieghi nel sociale e sono i piø
scelti per gli interventi assistiti, soprattutto grazie alla loro indole gentile,
buona, docile e non aggressiva; ma essi sono anche molto socievoli e curiosi
e si adattano facilmente alle piø diverse situazioni.
I Golden Retriever, come i Labrador, sono dotati di una grande
versatilità, che ne ha permesso col tempo l’impiego in campi molto diversi tra
loro. Oltre alla versatilità, questi cani posseggono una spiccata capacità di
apprendimento, sono molto disponibili e pazienti, dimostrano un grande
attaccamento all’uomo e sono dotati di un temperamento dolce ed
amorevole, per nulla aggressivo.
I Beagle sono molto docili ed affettuosi e, in particolare, amano molto
giocare con i bambini, trovandosi perfettamente a loro agio.
¨ sconsigliato, invece, il coinvolgimento dei cani abbandonati: anche se,
dal punto di vista sociale, essi sarebbero sottratti da una vita di strada o in un
canile, il vissuto di questi cani rimane sconosciuto, in piø il trauma
dell’abbandono potrebbe scatenare in loro un certo livello di aggressività;
perciò, purtroppo, il loro comportamento non sarebbe completamente
prevedibile.
2.2 I GATTI
Agile, dalle dimensioni armoniose, indipendente, ma anche morbido e
affettuoso: assieme al cane, il gatto è l’animale domestico che spesso e
volentieri entra a far parte della nostra vita quotidiana e che abbastanza
frequentemente viene scelto come co-terapeuta; per coinvolgere
quest’animale in interventi assistiti, si pone maggiormente attenzione alle
caratteristiche individuali, che risultano essere piø importanti dell’appartenere
ad una determinata razza, per effettuare un buon intervento terapeutico.
14
Scheggi C. (a cura di), Pet Therapy i soggetti, le terapie, le esperienze cliniche , Editoriale Olimpia,
Firenze, 2006
28
Innanzitutto, i gatti vengono scelti soprattutto nei casi in cui animali e
pazienti sono residenti in ospedale o case di cura, in quanto essi non sempre
sono disponibili ad essere coinvolti in terapie in un ambiente aperto e, per di
piø, difficilmente accettano di essere spostati dal loro luogo abituale
15
.
Il gatto, come il cane, inoltre, possiede una ricca mimica facciale, in
grado di suscitare curiosità ed emozioni nei pazienti. Per non parlare delle
fusa, il modo particolarissimo che il gatto usa per interagire, che ha
sicuramente un effetto calmante e rilassante. Inoltre, il pelo morbido, la
disponibilità ad essere accarezzato, la tendenza al gioco rendono il gatto un
animale particolarmente adatto per terapie con persone depresse, inibite e
che non gradiscono l’instaurarsi di un’intensa interazione con l’eterospecifico;
infatti il gatto tiene compagnia anche solamente accoccolandosi di fianco,
rimanendo in braccio in silenzio, a differenza di un cane, molto piø presente
ed esuberante. Grazie alle sue dimensioni fisiche, inoltre, il gatto viene
facilmente tenuto in grembo, sul collo e perciò è molto indicato anche per
persone allettate o con deficit motori, che difficilmente potrebbero interagire
con altri animali come i cani.
2.3 I CAVALLI
Il cavallo è da sempre ammirato per la sua bellezza, la sua forza, il suo
andamento nobile; esso è anche un animale dotato di una grande sensibilità
tattile, dolorifica, visiva e uditiva, e di una ricca mimica facciale, caratterizzata
da uno sguardo profondo e riflessivo e dai tipici movimenti di orecchie e
labbra: tutto ciò favorisce l’interazione o la relazione con l’uomo.
¨ sempre stato noto che l’equitazione, a livello sportivo o ricreativo, fosse
una pratica che giova in modo importante al benessere psicofisico dell’uomo,
ma dalla seconda metà del ‘900 si è sviluppata un’altra concezione del
cavallo, ossia quella di co-terapeuta.
Non esiste un cavallo che riassuma in sØ tutte le caratteristiche piø utili
per essere coinvolto in un progetto terapeutico, anche perchØ, almeno in
Italia, i cavalli nei settori di riabilitazione sono spesso donati alla fine della
loro carriera sportiva; tuttavia si possono individuare delle caratteristiche
15
Marchesini R., A Lezione dal Mondo Animale , Apeiron edizioni, Bologna, 2001
29
“desiderabili”. Dal punto di vista morfologico, il cavallo non dovrebbe
presentare anomalie nella conformazione fisica, perchØ queste potrebbero
provocare danni a livello della spina dorsale del paziente; inoltre, l’animale
dovrebbe avere una forma compatta, con un’altezza di circa 150 cm al
garrese e avere un’andatura armonica e cadenzata. Risulta altrettanto
fondamentale prendere in considerazione l’aspetto caratteriale di questo
animale: si consiglia infatti di scegliere cavalli buoni, mansueti e in grado,
dopo un buon periodo di educazione ed addestramento, di tollerare la
vicinanza di piø persone, di sopportare stimoli rumorosi e di riuscire a stare
fermo per lunghi periodi di tempo, per essere accarezzato o per far salire in
groppa pazienti instabili e con scarsa coordinazione.
La riabilitazione equestre comprende diversi settori, i quali sono stati
definiti nel 1991, in occasione del XXVI Simposio Internazionale di Zootecnia,
tenutosi in Italia:
• Il settore medico, che sfrutta le stimolazioni motorie e sensitive, indotte
dal movimento del cavallo, come terapia. Esso comprende
l’ippoterapia, che è il trattamento dedicato ai pazienti piø gravi, che a
volte non sono in grado di rimanere autonomamente in sella: risulta
particolarmente utile per i pazienti affetti da PCI, in quanto il
movimento ondulatorio e armonico del cavallo inibisce gli spasmi
involontari, stimola le reazioni di equilibrio, migliora il reclutamento
muscolare, soprattutto a livello di testa e tronco. Non va dimenticato,
inoltre, che l’andare a cavallo permette a questi pazienti di compiere
delle esperienze caratterizzate da una spazialità differente dalla quale
essi sono ormai abituati, ossia quella data, per esempio, dallo stare
sempre sulla carrozzina manuale. A differenza dell’ippoterapia,
l’equitazione terapeutica, invece, prevede un coinvolgimento piø attivo
del paziente, che rimane in sella da solo, effettuando anche esercizi di
rilassamento o potenziamento muscolare: si ottengono così benefici
importanti, come il miglioramento dell’elasticità articolare, diminuzione
dell’ipertono, miglioramento della funzionalità cardiocircolatoria, ma
soprattutto maggiore consapevolezza del proprio corpo e dei suoi
confini. Essa è indicata anche per pazienti con ritardo psicomotorio,
30
deformità spinali o della colonna vertebrale, atrofia muscolare,
alterazioni cardiocircolatorie, ma si rivolge anche a persone con turbe
emozionali e comportamentali o con ritardo mentale, in quanto il
particolare rapporto che si instaura tra paziente e cavallo si basa su un
linguaggio prettamente motorio, ma è caratterizzato anche da
sensazioni piacevoli e rassicuranti, coinvolgenti dal punto di vista
emotivo.
• Il settore riabilitativo, nel quale l’andare a cavallo viene inteso come
fonte di stimoli e, soprattutto come attività educativa e dal particolare
significato relazionale. In questi casi, la relazione con il cavallo si
arricchisce e si particolareggia, perchØ il paziente non solo effettua
degli esercizi motori, ma impara a dirigere il cavallo e ad
assecondarlo: egli si sente maggiormente responsabile e piø
consapevole di poter controllare una determinata situazione e di poter
interagire con un altro essere vivente, molto piø grande di lui e dotato
di una volontà propria. Tutto ciò rafforza l’autostima e, per questo
motivo, questo tipo di trattamento risulta molto utile per persone
depresse e affette da patologie psicosomatiche, ma anche per
persone con disturbi del linguaggio e dell’apprendimento, in quanto
l’esecuzione di esercizi e il montare a cavallo stimola l’uso della
memoria e la motivazione a parlare con l’animale, con gli operatori e
altri pazienti, se l’attività è di gruppo. Inoltre, gli stimoli sensoriali,
soprattutto tattili e olfattivi, provocati dal cavallo motivano
maggiormente i bambini autistici ad instaurare delle relazioni.
• Il settore sportivo, nel quale lo sport equestre diventa un contesto e
un’occasione di inserimento sociale
¨ indubbio quindi che una relazione, caratterizzata da un rapporto di
rispetto e fiducia tra paziente e animale, produce effetti positivi dal punto di
vista fisico, ma anche psicologico ed emozionale, in quanto favorisce una
maggiore integrazione delle componenti fisiche, psichiche, cognitive, affettive
ed emotive. Inoltre, questi settori non vanno pensati necessariamente come
separati tra loro, infatti spesso una terapia segue l’altra.
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Ci sono comunque delle controindicazioni alla cavalcata in alcune
condizioni, quali: la presenza, nei pazienti, di ritardo mentale profondo, di
gradi di scoliosi importanti o in progressione, di gravi patologie spinali, di
sclerosi multipla, di cardiopatie e malattie reumatiche in fase acuta.
2.4 GLI ASINI
Ovviamente, è facile da sfatare il luogo comune che descrive l’asino
come stupido e testardo: infatti questi quadrupedi sono dotati di grande
intelligenza e memoria, per di piø sono obbedienti, curiosi, pazienti, docili,
fedeli e accettano volentieri (anzi, lo ricercano) il contatto con le persone.
Essi ben si prestano a programmi di onoterapia, un metodo che ha l’obiettivo
principale di sviluppare delle interazioni tra utente, asino e operatore, poichØ
non permette all’utente di rimanere in un atteggiamento passivo ed isolato.
Grazie alle caratteristiche fisiche dell’asino, come l’altezza ridotta, il pelo
morbido, e quelle caratteriali descritte precedentemente, si possono ottenere
buoni risultati con persone (adulti o bambini) con problemi sia neuromotori,
sia di socializzazione e relazione.
In particolare, i programmi di onoterapia prevedono le seguenti attività:
conoscenza dell’asino tramite il contatto fisico, svolgimento di esercizi come
il condurre l’animale, lo sviluppo della funzione della mano come organo di
senso, ma anche come strumento di comunicazione.
2.5 CONIGLI, CAVIE
La presenza di questi piccoli animali è aumentata in modo considerevole
tra le mura domestiche, perchØ la loro alimentazione e cura non risulta
particolarmente complessa, inoltre gli esemplari piø socievoli possono essere
abituati a vivere fuori dalle loro gabbiette, condividendo lo stesso ambiente
con le persone; essi, quindi, dopo un periodo di educazione apposita
(costituita da numerosi contatti con l’uomo), possono anche essere coinvolti
in programmi di Pet Therapy: grazie alle loro dimensioni, ben si prestano a
fungere da animali residenti all’interno di carceri, case di riposo, comunità di
recupero. Ma anche i bambini sono molto attratti da questi animaletti,
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soprattutto dal loro musetto simpatico e dalla possibilità di prenderli in
braccio e accarezzarli.
Il coniglio infatti, in particolare, viene spesso considerato un animale
fragile e pauroso, trascurando invece il suo potenziale relazionale: il coniglio,
se vive in un ambiente tranquillo e, allo stesso tempo, stimolante, può
divenire un ottimo animale sociale. La dimensione del gioco è un contesto
divertente e piacevole per facilitare le interazioni con questo piccolo animale,
per insegnargli cose utili attraverso una fase di educazione, ma soprattutto
per divertirsi assieme.
Il coinvolgimento di questi piccoli animali, invece, è sconsigliato in terapie
rivolte a persone con importanti patologie neuromotorie, le quali potrebbero
involontariamente fare male a questi piccoli animali.
2.6 GLI UCCELLINI
La scelta di questi animali in progetti di interventi assistiti con animali è
giustificabile da piø fattori: i principali sono la loro dimensione ridotta, il basso
rischio di trasmettere malattie all’uomo e il tipo di rapporto che si può
instaurare, non di eccessiva dipendenza, ma di attenta osservazione e
rispetto della loro maggiore fragilità rispetto ad altre tipologie di animali.
Non esistono specie piø adatte a determinate patologie; ciononostante,
gli uccellini piø frequentemente presenti sono canarini, inseparabili,
pappagallini e cocorite: questi animali, con il loro canto gioioso e il loro
piumaggio colorato, rallegrano notevolmente ambienti come carceri e case di
riposo. Essi, inoltre possono essere molto utili in progetti che prevedono
piccoli allevamenti a scopo terapeutico-educativo: assistere alla cova e alle
schiusa delle uova è un’esperienza dall’alto valore formativo, soprattutto per i
bambini, che così imparano a rispettare le diverse forme di vita.
Molto terapeutica risulta essere anche l’osservazione di questi esemplari
nel proprio ambiente, in quanto essa prevede l’uscita all’aperto degli utenti.
2.7 GLI ANIMALI DELLA FATTORIA
Anche galline, caprette, mucche, pecore possono essere coinvolti in
programmi di AAA/EAA/TAA. Infatti, soprattutto in Francia e nel Nord Europa,
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sono state realizzate delle fattorie pedagogiche, dove i pazienti, bambini o
adulti, osservano da vicino gli animali, possono imparare a mungere le
mucche e assistere alla nascita di vitelli, agnelli o pulcini, ma anche coltivare
degli ortaggi e provare a riconoscere gli alberi da frutto piø comuni.
Queste attività in mezzo alla natura sono educative e terapeutiche,
perchØ non solo ristabiliscono un contatto (spesso dimenticato o reso
scontato) con la natura, ma anche insegnano a fare qualcosa di concreto,
incentivando l’aumento dell’autostima: gli utenti si assumono delle
responsabilità portando a termine piccoli compiti, imparano l’importanza della
cooperazione e dell’aiuto reciproco e fanno esperienze di cura dell’animale
basate sulla dolcezza e gentilezza.
2.8 PESCI E TARTARUGHE MARINE
Molte persone considerano inutile l’inserimento di simili animali tra le
mura domestiche o in progetti di Interventi Assistiti, a causa dell’impossibilità
di un contatto diretto; tuttavia, essi sono esemplari molto affascinanti che non
solo colorano ambienti altrimenti cupi e asettici (il tipico esempio è lo studio
dentistico), ma anche hanno un dimostrato effetto antidepressivo e
ansiolitico, anche se da loro non ci si può aspettare compagnia od un
rapporto affettivo.
Questi animali sono indicati quindi per detenuti e anziani, anche perchØ
non esigono cure particolari; inoltre, in Francia, in numerose scuole sono
stati installati numerosi acquari che sono divenuti un importante stimolo
tranquillizzante per bambini nervosi e iperattivi e un valido strumento di
socializzazione tra i bambini incaricati a nutrire i pesci.
2.9 I DELFINI
Il delfino è un animale molto socievole e solidale, sia con esemplari della
propria specie, infatti se un compagno è ferito lo sostengono e lo aiutano a
respirare, sia con l’uomo, come testimoniano numerosi salvataggi di persone
in procinto di annegare.
E l’uomo rimane da sempre affascinato dai delfini, per i loro
comportamenti giocosi, per il loro aspetto, che appare sempre sorridente, per
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la loro capacità di interazione e la spiccata intelligenza. Al riguardo,
numerose ricerche (Washam e D’Amato, 1973) hanno messo in luce la
presenza, nei delfini, di schemi di apprendimento e di capacità cognitive piø
simili all’uomo rispetto alle altre specie animali; in piø, essi elaborano
sequenze comportamentali senza richiedere un rinforzo primario, in quanto
già l’interazione con gli umani, istruttori o bambini, costituisce per loro una
ricompensa: essi, perciò, non vengono addestrati e la loro intelligenza
permette comunque di elaborare risposte adeguate, anche in situazioni non
comuni.
Secondo i sostenitori della terapia con i delfini, ovvero la delfinoterapia,
questi animali sono efficaci nello stimolare le funzioni cognitive di persone
con ritardo mentale (ad esempio, la delfinoterapia risulta essere
particolarmente indicata per i bambini affetti da sindrome di Down) e
l’attenzione in bambini e adulti con disturbi dell’apprendimento.
Non solo: grazie alla loro capacità di interpretare i dati nuovi, i delfini
sembrano comprendere gli stati d’animo di chi hanno di fronte; in questo
modo aumenta nei pazienti la fiducia in se stessi e ciò è estremamente utile
per le persone depresse o con turbe della sfera affettiva.
I delfini riescono a rompere il “muro di isolamento” dei bambini autistici: il
contatto con questi animali di grandi dimensioni, provoca un impatto emotivo
intenso ed insolito, suscitando così sorpresa e curiosità e, grazie al loro
carattere giocoso riescono anche a far superare, almeno in parte, la paura
del contatto fisico.
Per entrare in contatto con i delfini, inoltre, è inevitabile entrare in
contatto con l’ambiente acqua. In acqua i benefici che si ottengono sono sia
fisici sia psichici: da un lato, la diminuzione della forza di gravità e della forza
peso rendono i movimenti piø fluidi, meno stressanti (quindi meno rischiosi)
per la muscolatura e le articolazioni e meno dolorosi; per di piø l’acqua
oppone una resistenza al movimento circa 12 volte superiore rispetto a
quella dell’aria, perciò porta il paziente a soffermarsi e a “sentire”
maggiormente il movimento che compie, che quindi viene elaborato piø
facilmente. D’altro canto, l’ambiente acquatico dà al bambino una sensazione
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di avvolgimento che ricorda le sensazioni che caratterizzavano la vita
intrauterina.
Perciò, la terapia con i delfini in acqua risulta essere benefica anche per
persone con difficoltà di coordinazione, con lesioni cerebrali e spinali.
Dobbiamo ricordare, però, che, trattandosi di interventi assistiti con
animali, gli elementi principali di successo della delfinoterapia sono l’incontro
e le interazioni con questi animali; l’ambiente acqua, perciò, è semplicemente
il setting per l’animale, il fruitore e gli operatori presenti.