Ho deciso di affrontare l’argomento dell’adozione internazionale, spinta da un
forte interesse verso tale materia, la quale ora sta espandendosi e che a volte è travisata
dagli aspiranti genitori adottivi. Quest’ultimi, infatti, la ritengono un surrogato della
genitorialità biologica.
Mi hanno principalmente incuriosito i racconti di una coppia, che conosco, la
quale l’anno scorso è riuscita ad adottare due fratellini di origine brasiliana. Il percorso
è stato lungo ed a volte anche faticoso, caratterizzato da sentimenti contrastanti
intervallati da momenti di gioia: comunque il risultato ottenuto ha cancellato ogni
difficoltà. La perseveranza, la costanza, l’equilibrio e la serenità con cui gli aspiranti
genitori hanno affrontato l’intero percorso, mi ha sorpreso, a tal punto da far nascere in
me l’intenzione di approfondire l’argomento.
Non è semplice accogliere con sé un bambino che non si conosce e, anche più,
un figlio che viene da “lontano”, che non sa la nostra lingua e non conosce il nostro stile
di vita.
Affrontare l’adozione non significa pensare di poter dare finalmente una
risposta alla voglia profonda di divenire madri o padri, altrimenti tutto rimane
impossibile da ottenere. Allo stesso tempo non deve neanche essere vista come il
desiderio di compiere un atto di solidarietà verso qualcuno. Decidere di avere un figlio
straniero è qualcosa di più profondo: è aprire la propria vita all’accoglienza di un
minore generato da altri, con una storia, che ha bisogno di continuare con i suoi nuovi
genitori. Attraverso questo particolare percorso di accoglienza si può realizzare in pieno
l’adozione.
Il mio lavoro è partito con la storia e la normativa dell’adozione nazionale per
arrivare, poi, ad approfondire i profili dell’adozione internazionale, ripercorrendo le
tappe che hanno portato all’attuale istituto. Affrontando anche alcuni casi di
giurisprudenza, mi sono accorta che molto spesso non basta applicare la legge così
com’è, ma essa deve essere calata e plasmata sulla realtà concreta, sulle persone, nel
periodo storico e nel contesto sociale in cui il giudice si trova ad operare. Il lungo
percorso adottivo è caratterizzato da documenti, colloqui, viaggi e incomprensioni che a
volte mettono in crisi gli entusiasmi delle coppie: con un pizzico di incoscienza e con
IV
una forte speranza però, alla fine, esse potranno raggiungere il loro obiettivo, adottare
un figlio al quale dare tutto l’amore di cui ha bisogno.
La tesi affronta anche l’adozione da parte dei single, un tema che rappresenta,
dalla ratifica in Italia della Convenzione de l’Aja del 29 maggio 1993, un’importante
possibilità per coloro che non si sono sposati o che sono rimasti soli, di donare affetto e
accoglienza a coloro che sono abbandonati e che cercano qualcuno su cui contare. A
volte è semplice, altre volte rimane impossibile, perché la nostra legislazione ha
previsto dei casi specifici per procedere ad “un’adozione in casi particolari”, infatti, ho
analizzato alcuni casi riguardanti l’adozione da parte di persone sole desiderose di
adottare minori stranieri.
Un altro argomento su cui ricade l’attenzione di tutti riguarda il segreto sulle
origini dell’adottato, una materia largamente affrontata dalla dottrina e dalla
giurisprudenza, le quali sono concordi sul fatto di far conoscere al minore la sua
condizione di figlio adottato e la sua storia familiare, mentre per quanto riguarda
l’identità dei genitori biologici sorgono ostacoli e perplessità.
Il punto fondamentale, sul quale deve incentrarsi tutto l’ iter dell’adozione
internazionale, è la tutela dell’interesse del minore, principio importante e
fondamentale. Ogni bambino deve avere il diritto di essere amato e di crescere nella
propria famiglia e nell’ambiente territoriale dove è nato; quando ciò risulta impossibile,
perché nessuno è disposto ad adottare, allora si dovrà procedere ad un’adozione
internazionale, andando alla ricerca di quella famiglia disposta ad accogliere con sé un
figlio non suo e diverso per cultura, etnia, tradizioni e lingua.
A tutti i bambini soli che hanno bisogno di affetto e di una famiglia che li sappia
amare, regalando loro una seconda possibilità di vita. V
C APITOLO I
STORIA DELL’ISTITUTO DELL’ADOZIONE IN ITALIA
S OMMARIO : – 1. Origini dell’istituto: dal diritto preromano all’epoca moderna. – 2. L’adozione in Italia: dal Codice del
1865 alla legge 5 giugno 1967 n. 431. – 3. La Convenzione di Strasburgo del 24 aprile 1967 e le modifiche
introdotte dalla legge 19 maggio 1975 n. 151. – 4. La legge 4 maggio 1983 n. 184: l’adozione legittimante e
l’adozione internazionale. – 5. La Convenzione de l’Aja del 29 maggio 1993 e la legge di ratifica del 31
dicembre 1998 n. 476. – 6. Profili della legge 28 marzo 2001 n.149.
1. O RIGINI DELL ’ ISTITUTO : DAL DIRITTO PREROMANO ALL ’ EPOCA MODERNA . Prima di approfondire il tema dell’adozione internazionale mi soffermerò sulla storia
dell’istituto dell’adozione in generale partendo dalle origini, analizzando le varie implicazioni
sociali che hanno contribuito al susseguirsi delle varie riforme legislative.
Oggi l’adozione viene definita come quell’istituto giuridico per cui i minori
dichiarati in stato di adottabilità diventano figli legittimi di chi li adotta, con la relativa
cessazione dei loro rapporti giuridici con la famiglia di origine 1
. Fin dall’antichità era,
però, noto il concetto di adozione anche se consisteva semplicemente nell’accoglienza
di una persona da parte di un’altra, come se fosse un figlio, indipendentemente
dall’aspetto giuridico dell’istituto.
Il più antico riferimento riguardo a questo concetto risale ai secoli XVIII e XVII
a.C. nella civiltà babilonese e precisamente nel Codice di Hammurabi, dove l’adozione,
definita «marutu», consisteva nell’assunzione della paternità legale da parte di un
soggetto nei confronti di un altro con il conseguente acquisto del diritto di successione.
Nelle fonti ebraiche l’istituto dell’adozione era una pratica molto diffusa la quale
poteva essere rintracciata nei casi in cui la moglie legittima, ma sterile, assumeva una
concubina per far in modo che partorisse un figlio legittimo al coniuge. Nella Bibbia,
1
Cattaneo, voce Adozione, Digesto discipline privatistiche, sez. civ., 1987, pag. 95 e ss. Il termine
adozione viene utilizzato per indicare quegli istituti con caratteristiche molto varie, l’elemento comune,
che permette di darne una definizione unitaria, consiste in un atto che fa sorgere un vincolo giuridico di
filiazione tra delle persone che non sono unite da una corrispondente relazione biologica.
Si chiama “adozione” l’atto che attribuisce all’adottato la qualità giuridica di figlio, mentre all’adottante
la qualità di genitore. L’adozione può essere intrapresa o da una coppia di coniugi o da un single che
decide da solo di allevare ed educare un minore abbandonato dalla sua famiglia d’origine. Alcune
legislazioni ammettono che un figlio venga adottato dal proprio genitore naturale, si tratta di un uso
anomalo dell’istituto, si tratta di un espediente per far in modo che ad un figlio naturale possa essere
attribuita una condizione più favorevole di quella che gli spetterebbe, come figlio nato fuori del
matrimonio.
2
inoltre, la figura di Mosè, il bambino trovato dalla figlia del faraone nelle acque del
Nilo, dove la madre lo aveva deposto per sottrarlo alle persecuzioni contro gli ebrei, che
avvenivano in Egitto, è vista già come forma di adozione, per non parlare di quello
soprannaturale riguardante il rapporto Dio-Uomo ovvero Dio-Gesù.
Nel diritto greco, l’istituto dell’adozione è inserito nella legge di «Gortina» 2
,
questa dava la possibilità agli adottanti di considerare come loro figlio un bambino, non
facente parte del loro nucleo familiare, anche se questi avevano già dei figli legittimi. Si
trattava di una forma particolare di adozione, un atto eccezionale a fini successori in
previsione che, all’interno della famiglia, alla morte del maschio titolare di diritti su
cose, beni o riti, rimanessero solo donne. L’adottato alla morte del titolare entrava nei
diritti successori della famiglia, ma, nell’ipotesi in cui nascesse ad una delle donne della
famiglia un figlio maschio, questo, una volta raggiunta la maggiore età e divenuto
cittadino, faceva perdere la qualifica di adottato con i relativi effetti che ne
conseguivano. Una possibilità di conservare intatta la sua posizione consisteva nello
sposare una delle donne eredi dell’unità familiare.
Una prima e vera disciplina 3
si ha solo nell’antica Roma, anche se con
caratteristiche giuridiche molto distanti da quelle che noi oggi conosciamo. La famiglia
romana, sia nella sua struttura, che nella sua funzione, risultava nata per scopi d’ordine
sociale e di difesa, una sorta di organismo politico nel quale i rapporti con il mondo
esterno erano intrattenuti dal paterfamilias, capo dell’unità familiare. L’adozione si
inseriva come quell’istituto volto ad alterare l’assetto e la consistenza della famiglia e
questa poteva avvenire in due diversi modi, o attraverso l’ arrogazione o con l’ adozione
in senso stretto 4
.
L’arrogazione fu istituita prima della legge delle XII Tavole, riguardava persone
sui juris le quali venivano attratte nella nuova famiglia come filii familias. Questa forma
di adozione si svolgeva attraverso forme solenni, si trattava di interrogazioni svolte
inizialmente dinanzi ai comizi curiati presieduti dal pontefice, il quale procedeva ad
2
Volterra, voce Adozione, in Nov. Dig. It., Torino, 1957, pag. 287. L’istituto dell’adozione nel diritto
greco veniva disciplinato dal diritto di Gortina, precisamente nel: X,34-35; XI,1-19.
3
Campanato - Rossi, Il minore e il giudice civile , Padova, 2000, pag. 235.
4
Branca, voce Adozione , in Enciclopedia del diritto, Varese, 1958, pag. 579-580.
3
un’inchiesta riguardo all’opportunità del rapporto e successivamente di fronte a trenta
littori denominati curie i quali rivolgevano le interrogazioni direttamente agli interessati
ossia: l’ adrogatus e l’adrogator.
Si può parlare di vera e propria adozione solo in epoca posteriore alle XII
Tavole 5
. In origine l’ adoptio avveniva con il trasferimento di una persona libera da un
paterfamilias ad un altro, in questo modo si aveva la liberazione dalla patria potestà
precedente e la conseguente uscita del soggetto dalla famiglia di origine. Si utilizzava
l’emancipazione ossia la triplice vendita del filius che avveniva con la rivendica di
questo da parte dell’adottante e la conseguente non opposizione del padre, a questo
punto il magistrato aggiudicava il rivendicato al nuovo paterfamilias cioè l’adottante.
L’adottato entrava nella nuova famiglia e assumeva la qualifica di figlio e subentrava
nei diritti spettanti a tale posizione. Si trattava di un’adozione imperio magistratus, una
vendita fittizia senza la quale l’adottando non sarebbe potuto uscire dalla sua famiglia
d’origine, seguita dalla rivendica che assumeva la forma di un finto processo.
Nel diritto Giustinianeo, il procedimento di adozione si semplifica, l’adottante si
reca con il pater familias e con il filius familias dinanzi al magistrato, il quale verifica
l’esistenza dei presupposti all’adozione, l’adottato deve esprimere il suo consenso
all’adozione.
Gli effetti dell’istituto dell’adozione in questo periodo sono diversi nel caso in
cui essa sia: plena o minus plena. Nel primo caso l’istituto corrispondeva all’adozione
classica, l’adottato passava nella patria potestà dell’adottando, nel secondo caso invece
l’adottato rimaneva nella patriapotestas della famiglia di origine e conseguiva la sola
possibilità di succedere nel patrimonio dell’adottante.
5
Pugliese, Istituzioni di diritto romano, Torino, 1999, pag. 241e ss.. La norma decemvirale, che stabiliva
la libertà del figlio, dal padre in seguito a tre mancipationes, fu utilizzata dalla giurisprudenza ponteficale
anche per consentire il passaggio di un filius da una famiglia ad un’altra ( adoptio). Questo istituto rimase
inalterato per tutta l’epoca classica e subì profonde trasformazioni solo nell’epoca successiva. Con
Giustiniano fu abolito l’antico rituale e si decise che l’ adoptio si dovesse svolgere dinnanzi ad un
funzionario imperiale con l’intervento, oltre che dell’adottante e del pater originario, anche dell’adottato;
il consenso, anche tacito, di quest’ultimo è ora considerato necessario per la validità dell’atto. L’adozione
nel periodo giustinianeo, compiuta da un estraneo, non determinava più l’uscita dell’adottato dalla
famiglia di origine nè la sottoposizione alla patria potestas dell’adottante, ma attribuiva all’adottato la
posizione del figlio dell’adottante ai fini della successione ab intestato.
4
Possiamo notare che nell’antica Roma l’adozione perseguiva degli scopi molto
distanti da quelli che si cerca di raggiungere oggi, ovvero la soluzione dei problemi dei
bambini che si trovano in una situazione di abbandono.
Nel Medioevo l’ adoptio minus plena si trasforma in adoptio in hereditatem 6
, una
forma di adozione che lasciava l’adottato sotto la potestà del padre naturale,
concedendogli solo una aspettativa successoria. Sempre nello stesso periodo, l’istituto
assunse un rilievo importante all’interno della Chiesa cristiana nella quale l’adozione fu
utilizzata per disciplinare il fenomeno delle donazioni a discapito degli eredi naturali 7
.
Mediante questa forma definita poi adfiliatio la Chiesa fu inserita tra gli eredi legittimi
in maniera tale da attribuirgli dei diritti autonomi senza pregiudicare i diritti altrui.
Nonostante le trasformazioni e la relativa ripresa dell’istituto, che si ebbe nel
periodo romano, non si riuscì ad evitare la sua decadenza. Si procedette all’utilizzo di
altre due forme giuridiche: il testamento e i patti successori, i quali riuscirono a
garantire ugualmente la principale funzione dell’istituto che era quella di assicurare la
delazione volontaria dell’eredità.
La situazione dell’infanzia abbandonata era un problema che destava molta
preoccupazione e di questo se ne occupavano solo i monasteri e le strutture religiose
accogliendo tra le loro mura i neonati che venivano lasciati davanti alle porte di chiese e
conventi.
Con la Rivoluzione francese e i suoi principi di fraternità, l’istituto dell’adozione
venne rivalutato e fu visto come l’espressione di solidarietà verso i più deboli della
6
Vismara, voce Adozione, ( Dir . Intermedio ), in Enciclopedia del Diritto, Varese, 1958, pag. 581-582.
L’adoptio in hereditatem è una forma di adozione derivante dall’ adoptio minus plena romana, è propria
dell’età dell’Alto Medioevo. Quest’istituto si sviluppò lentamente nei secoli del Basso Medioevo e si
affermò come lo strumento più idoneo a soddisfare coloro che non avevano una prole naturale.
7
Gualazzini, voce Adozione, ( Dir. Intermedio ), in Noviss. Dig. Ital., Torino, 1957, pag. 288 e ss.
L’istituto dell’adozione nel Medioevo fu considerato come il solo mezzo in grado di mantenere la domus
e in grado di adattarsi alle necessità religiose e sociali della Chiesa. Il distacco dai beni terreni, predicato
dal Cristianesimo, favorì il fiorire di atti di liberalità a favore della Chiesa, in questo modo si modificò
l’intera compagine della famiglia naturale. Il fenomeno delle adozioni servì a disciplinare il preoccupante
fenomeno delle donazioni alla chiesa cristiana, si attribuì il nominativo di pater al pontefice modificando
i rapporti tra la famiglia naturale e la chiesa, il Cristo era considerato come il fratello adottivo del figlio
legittimo del testatore. La chiesa fu inserita tra gli eredi legittimi in quanto poteva essere adottata a fini
successori, questa particolare forma di adoptio in hereditatem fu definita adfiliatio e avveniva ante
curiam.
5
comunità. Il Codice Napoleonico del 1810 inserì la disciplina dell’adozione 8
(art.343-
360), la quale prevedeva la possibilità di adottare in presenza di particolari condizioni:
l’adottante doveva avere almeno cinquanta anni, non avere figli e avere almeno quindici
anni più dell’adottato. Quest’ultimo, invece, doveva essere diciottenne, con l’adozione
assumeva il cognome dell’adottante oltre al proprio ed entrava nella posizione di figlio
legittimo.
Il Codice Napoleonico prevedeva altre due forme di adozione a carattere
speciale, quella testamentaria e quella rimuneratoria che era possibile solo come forma
di gratitudine nei confronti della persona che lo aveva salvato da circostanze
eccezionali.
Nell’Ottocento l’istituto dell’adozione ebbe una considerazione marginale,
perché il legame adottivo che nasceva tra adottante e adottato aveva scopi precisi: o
volti ad accrescere il potere di una famiglia, o ad assicurare una discendenza, o a
preservare i beni dell’adottante. Si trattava di un’adozione che vedeva messo in disparte
l’aspetto affettivo, lasciando, invece, spazio ad un negozio giuridico bilaterale di diritto
di famiglia: un accordo privatistico con il solo scopo di procurarsi a tutti i costi un
discendente.
Le cose iniziarono a cambiare solo nel secolo successivo, all’interno della
società si va ad imporre il problema dell’infanzia abbandonata e il desiderio di poter
aiutare coloro che non hanno più una famiglia, salvaguardando i diritti dell’adottato e
prendendo in considerazione gli svantaggi che il minore potrebbe riscontrare nel
mantenere intatti i legami con la sua famiglia di origine.
2. L’ ADOZIONE IN ITALIA : DAL C ODICE DEL 1865 ALLA LEGGE 5 GIUGNO 1967 N .
431. La situazione italiana non era molto diversa da quella della Francia di
Napoleone, infatti, i Codici degli Stati italiani, sia quello Albertino, che quello delle
8
Thomas, L’adozione , Milano, 2006, pag. 4.
6