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INTRODUZIONE
L’unificazione dei mercati e la globalizzazione della società hanno
avuto ripercussioni positive sull’intera civiltà ma hanno anche
determinato, seppur indirettamente, l’assunzione di una dimensione
transnazionale della criminalità
organizzata.
Le associazioni criminali hanno, infatti, sviluppato metodi di
collegamento grazie ai quali sfruttano spesso le differenze di
legislazione tra gli Stati e si avvantaggiano della scarsa efficienza
repressiva di taluni sistemi. Ogni indagine, processo o azione di
contrasto va dunque a coinvolgere più Paesi: la diversificazione
normativa e procedurale rappresenta, in tale contesto, un ostacolo, che
solo la creazione di un diritto sovranazionale o quantomeno
comunitario consente di superare.
La realizzazione di un obiettivo tanto ambizioso richiede un
intervento congiunto degli Stati, volto a superare le diversità che
caratterizzano i vari sistemi normativi. Le direttive fondamentali da
seguire sono, da un lato, la cooperazione giudiziaria e, dall’altro,
l’armonizzazione del diritto penale sostanziale. Riguardo questo
secondo aspetto, la principale forma di contrasto per combattere la
criminalità di carattere transnazionale consiste nell’elaborare
definizioni, modelli di incriminazione e strategie applicabili in modo
uniforme e unitario agli Stati.
In tal senso sono stati predisposti strumenti normativi su diversi livelli
internazionali; in particolare saranno esaminati la Convenzione contro
la criminalità organizzata transnazionale del 2000 stipulata dalle
Nazioni Unite e gli atti di origine comunitaria finalizzati
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all’armonizzazione legislativa tra gli Stati membri nel settore: l’azione
comune 98/733/GAI e la decisone quadro 2008/841/GAI.
Degli interventi normativi appena citati, costituiranno principale
oggetto della trattazione la previsione di punibilità per la
partecipazione ad un’organizzazione criminale e la definizione di
‘organizzazione criminale’ elaborata dagli stessi.
Elemento comune degli atti in questione è il tentativo di raggiungere
un’omogeneizzazione dei sistemi penali attraverso la creazione di una
fattispecie che comprenda gli elementi costitutivi di ambo i modelli
penali maggiormente diffusi in materie di criminalità organizzata, cioè
il reato di conspiracy di origine anglosassone e il reato associativo di
derivazione continentale.
Si valuteranno, dunque, i riflessi che tale scelta normativa comporta
all’interno dei sistemi penali nazionali; in particolare si tratterà del
recepimento da parte dell’Italia degli strumenti legislativi esaminati.
Infine saranno approfondite le modifiche introdotte dal Trattato di
Lisbona, nell’ambito dell’Unione Europea, relative al settore dello
spazio di libertà, sicurezza e giustizia, le quali hanno determinato una
significativa evoluzione del quadro normativo di riferimento, grazie
alla predisposizione delle garanzie procedurali necessarie e di
strumenti normativi idonei all’armonizzazione del diritto penale tra gli
Stati membri.
Alla luce di ciò, concluderò la trattazione esponendo personali
considerazioni sulle prospettive future che le nuove basi normative
comunitarie, e gli strumenti internazionali già implementati,
permettono di elaborare nel settore del contrasto alla criminalità
organizzata transnazionale.
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CAPITOLO PRIMO
La criminalità organizzata internazionale e
transnazionale: l’inquadramento del fenomeno
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1. Riflessi della globalizzazione sul modus operandi e sulla
struttura della criminalità organizzata
Il fenomeno della criminalità organizzata, da decenni oggetto di
dibattito in sedi internazionali e regionali, assume oggi caratteristiche
ancora più complesse, definite dai processi di globalizzazione e
d’internazionalizzazione che inevitabilmente investono qualsiasi
settore.
La rivoluzione dei trasporti e delle comunicazioni a seguito
dell’abbattimento delle barriere nazionali, insieme alla
liberalizzazione della rete commerciale e finanziaria, ha determinato
uno smisurato ampliamento dei mercati e una conseguente
internazionalizzazione delle imprese, non ultime quelle criminali.
Il mercato globalizzato permette alle organizzazioni criminali di
mimetizzarsi all’interno dell’ambiente imprenditoriale. Ciò avviene
grazie a un processo il quale ha come presupposto fondamentale i beni
e i servizi oggetto delle attività illegali.
In un mercato mondiale, infatti, l’attenzione maggiore non è rivolta
più ai beni immobili quanto a quelli mobili, facilmente trasferibili da
un Paese all’altro grazie alla libera circolazione delle merci.
Tra i beni mobili alla cui domanda del mercato risponde prontamente
la rete criminale, spiccano i tabacchi di contrabbando, le sostanze
stupefacenti, le armi, i rifiuti tossici delle grandi industrie e,
accogliendo un’accezione ampia di ‘bene mobile’, gli esseri umani, i
quali flussi migratori sono organizzati clandestinamente e finalizzati
alla prostituzione o allo sfruttamento del lavoro.
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Tra le novità degli ultimi decenni si aggiungono le innovazioni
tecnologiche, le quali spesso non sono accompagnate da un adeguato
sistema di protezione, essendo quindi sfruttabili dal sistema criminale
e rappresentando un importante veicolo di trasferimento di denaro
proveniente da attività illecite.
In questo contesto la criminalità organizzata ha convenientemente
assunto, quali principi cardine della propria attività, quello del profitto
economico e dell’ampliamento della porzione del mercato in cui
opera. Valori questi analoghi a quelli che muovono ogni impresa
lecita che opera all’interno del mercato economico, ma che se
accompagnati da fattori ‘speciali’ falsano la concorrenza e
garantiscono enormi vantaggi.
Questi fattori sono l’elusione dei controlli nazionali e internazionali, la
violenza e la corruzione.
Se qualche decennio fa la violenza era considerata il primo elemento
identificativo di una struttura criminale, oggi questo primato è assunto
dalla corruzione. L’attività corruttiva, infatti, forte dell’ingente mole
di capitali disponibile e di un imponente mercato finanziario, permette
il realizzarsi di quel fenomeno di mimetizzazione della criminalità
organizzata, rendendo quasi superfluo il ricorso ai vecchi metodi
d’intimidazione e violenza. Di conseguenza la mano criminale non si
espone più come in passato attraverso reati quali assassini e stragi
eclatanti, bensì fa leva sulla complicità di funzionari, giudici e
poliziotti.
L’ultimo fondamentale tassello che completa questo processo
economico-criminale è il riciclaggio di denaro sporco, grazie al quale i
proventi delle attività illegali sono reinvestiti nel finanziamento di
attività formalmente legali.
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Accogliendo la terminologia usata da Piero Luigi Vigna
1
la struttura
criminale inserita nel mercato economico, può inizialmente definirsi
come ‘impresa criminale-legale’. In questa fase l’associato al gruppo
criminale è titolare formale e di fatto dell’impresa, il capitale sociale
proviene da attività illecite ma i beni prodotti dall’impresa sono leciti
e la forma giuridica sotto la quale la stessa opera è formalmente
legale.
In seguito, come risposta all’introduzione di nuovi strumenti
legislativi quali la confisca e il sequestro, si afferma la ‘impresa
illegale-legale’. Qui il capitale proviene sempre da attività illecite, ma
a differenza della prima forma imprenditoriale, il titolare formale è un
soggetto apparentemente pulito (detto prestanome) il quale segue le
regole del mercato, mentre il soggetto criminale resta il proprietario
effettivo.
A questa seconda forma d’impresa si sta oggi affiancando una terza,
definibile ‘legale-illegale’. Diversamente dalle precedenti questa ha
origini legali, ma nel corso della propria attività economica entra in
contatto con soggetti criminali, sposando interessi di natura illegale e
spesso includendo nella compagine sociale soggetti appartenenti a
organizzazioni criminali, realizzando di fatto una ‘impresa a
partecipazione mafiosa’.
Il processo di globalizzazione e i meccanismi che ne derivano hanno
inciso anche sulla struttura dei gruppi criminali.
Nonostante esistano attualmente numerosi gruppi criminali che
differiscono per modelli strutturali (strutture gerarchizzate o
1
P. LUIGI VIGNA, Economia criminale: ruolo dell’intelligence e cooperazione
internazionale, in G. DE FRANCESCO (a cura di), La criminalità organizzata tra
esperienze normative e prospettive di collaborazione internazionale, Torino, 2001, pp.
24-25.
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orizzontali) e settori di attività (da gruppi specializzati in una singola
attività illegale a quelli che sfruttano un cerchio più ampio di settori),
essi instaurano tra loro rapporti e collegamenti indispensabili per lo
sfruttamento della libertà di circolazione di servizi, beni e persone. La
criminalità organizzata acquisisce così una dimensione transnazionale
che le permette più facilmente di scegliere il mercato in cui agire,
preferendo quei Paesi dove il controllo dell’autorità è minore e le
sanzioni più lievi.
2. Crimini internazionali e crimini transnazionali
Un’importante distinzione, spesso offuscata da un uso inappropriato e
indistinto dei termini, è quella tra crimine transnazionale e crimine
internazionale.
In dottrina viene identificato il crimine internazionale con la
violazione di leggi e regolamenti internazionali, ledendo interessi
della comunità internazionale in quanto tale.
Il crimine è invece transnazionale quando, vìola leggi penali di diverse
giurisdizioni nazionali.
In realtà le caratteristiche di entrambe le categorie sono ben più
complesse e per tale ragione ritengo opportuno esaminare a fondo la
distinzione che v’intercorre, evidenziando gli aspetti più rilavanti che
interessano l’oggetto della trattazione, in altre parole i profili
sostanziali.
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2. 1. Dall’internazionalità alla transnazionalità del
crimine organizzato
Codificati per la prima volta nell’accordo di Londra del 1945 che
istituisce i Tribunali penali di Norimberga e Tokyo, i crimini
internazionali appartengono al diritto internazionale penale
2
. Essi
sono: crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio, tortura,
aggressione, terrorismo internazionale e apartheid.
Prescindendo però da tale definizione, possiamo cogliere un aspetto
dell’internazionalità del crimine il quale ci interessa maggiormente.
Essa, infatti, caratterizza quelle associazioni criminali appartenenti
originariamente a una nazione che hanno esteso il proprio raggio
d’azione fino a svolgere attività anche in altri paesi.
Laudati
3
mostra esempi storici che esplicano questo fenomeno
d’internazionalizzazione del crimine organizzato, il quale ha alla base
della propria evoluzione gli spostamenti dei flussi migratori.
Primo tra tutti i gruppi criminali, Cosa Nostra agli inzi del ‘900 crea
negli Stati Uniti un’associazione parallela; altrettanto avviene per
opera degli emigranti calabresi in Canada e in Australia.
Ma il passaggio dal vecchio sistema mafioso a quello contemporaneo
si ha con la diffusione del traffico di stupefacenti negli anni ’70. In
quegli anni la mafia turca e quella siciliana creano delle alleanze per
regolare il rifornimento di morfina (base per l’eroina) dalla Turchia
alla Sicilia, base ultima dove raffinarla.
2
Infra, p. 10 ss.
3
A. LAUDATI, Criminalità organizzata e riciclaggio, in V. PATALANO (a cura di),
Nuove strategie per la lotta al crimine organizzato transnazionale, Torino, 2003, p. 218.
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Durante gli anni ’90 invece domina la scena criminale la mafia russa,
anch’essa impegnata a instaurare alleanze con storiche associazioni
mafiose.
Senza dimenticare le vaste reti internazionali su cui fa gioco forte la
camorra oggi: narcotraffico con Marocco e America Latina,
commercio di falsi con Medio Oriente, Europa dell’Est e Cina ecc.
È proprio in questo passaggio che notiamo la differenza tra
internazionalità del crimine e transnazionalità dello stesso: se da un
lato la prima riguarda un gruppo di una determinata nazione operante
in diversi Stati, la transnazionalità allude invece alla cooperazione di
gruppi criminali di diversa nazionalità, i quali collaborano tra loro
creando una fitta rete di collegamenti utili a sfruttare al meglio il
mercato criminale. Mercato che, come detto sopra, si presta
perfettamente alla creazione di questi legami poiché caratterizzato da
beni mobili facilmente trasferibili.
Queste sinergie oltre a rafforzare il potere criminale all’interno dei
mercati economici e finanziari in cui s’instaurano, potenziano anche i
singoli gruppi che trovano una loro identità proprio all’interno di
questi legami criminali. Ciò spiega facilmente come le strutture delle
associazioni criminali si siano adattate alle nuove esigenze e abbiano
alleggerito quelle gerarchie rigide, di cui Cosa Nostra è principale
esempio, dando maggior importanza alla flessibilità e all’adattabilità
richieste di volta in volta dal mercato criminale.
In sintesi, si è assistito al passaggio da parte delle associazioni
criminali da una dimensione internazionale dovuta all’espansione dei
flussi migratori a una dimensione transnazionale odierna che le vede
interagire con gruppi criminali provenienti da tutte le parti del mondo.