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INTRODUZIONE
È interesse, tanto per l’Amministrazione Finanziaria quanto per i
contribuenti, ridurre al minimo il contenzioso relativo al prelievo tributario.
Il contenzioso, infatti, genera ritardo ed incertezza nell’acquisizione delle
risorse e può condizionare gravemente l’attività dell’Amministrazione
Finanziaria e dei contribuenti.
È di tutta evidenza che, fin quando pende il contenzioso, l’Amministrazione
Finanziaria non può riscuotere integralmente e a titolo definitivo le somme
di danaro che ha accertato, né il contribuente (specie se imprenditore) può
pianificare la propria attività economica
1
.
Non può tacersi, inoltre, come un diffuso contenzioso allunghi i tempi del
processo: la stessa Amministrazione Finanziaria, dopo aver rilevato che, nel
luglio del 1994, il numero dei procedimenti aventi ad oggetto liti di valore
non superiori a venti milioni di lire aveva raggiunto il ragguardevole
numero di due milioni sui complessivi tre milioni a quell’epoca pendenti,
affermava in modo emblematico come, a causa del sovraccarico, “il
processo tributario è una macchina che non produce giustizia”
2
.
Si manifesta un'attenzione, sempre più crescente, della dottrina
3
verso
modalità di definizione delle pendenze tributarie dotate della caratteristica
1
Un esempio potrà chiarire quanto esposto: una volta emesso un avviso di accertamento che sia
stato impugnato nei modi previsti dalla legge, la controversia dovrà essere decisa dal giudice.
Tuttavia né l’Amministrazione Finanziaria né il contribuente possono a priori essere certi
dell’esito del giudizio: probabilmente entrambi riterranno di aver allegato le migliori ragioni, ma,
fin quando il giudice non si sarà pronunciato, dovranno sopportare tale incertezza. Così né
l’Amministrazione Finanziaria potrà entrare nella disponibilità delle somme accertate, né il
contribuente potrà disporre di tali somme, poiché sul suo capo pende la minaccia di una decisione
sfavorevole. Il contribuente, in definitiva, non può utilizzare il proprio danaro, in quanto potrebbe
soccombere ed essere costretto a soddisfare la pretesa dell’Amministrazione Finanziaria
2
Relazione governativa al d.l. 18.7.1994. n. 452, in Bollettino Tributario, 1994, 1181.
3
Osserva, in particolare, MOSCHETTI F., Le possibilità di accordo tra Amministrazione
finanziaria e contribuente nell’ordinamento italiano, in Il Fisco, 1995, XXI, 5331, come l’assenza
di una forma di contraddittorio anticipato tra Fisco e contribuenti abbia causato “un evidente stato
4
di porsi in via preventiva e collaterale rispetto all’esercizio della tutela
giurisdizionale del contribuente e aventi lo scopo di prevenire l’insorgenza
della lite o di anticiparne la definizione. Tale interesse dottrinale trova la
sua legittimazione nel più ampio quadro dell’evoluzione dei rapporti tra la
pubblica amministrazione e i suoi amministrati
4
, ma è stato sicuramente
sollecitato anche dalle stimolanti esperienze di altri Stati europei, nei quali
da tempo sono disciplinati meccanismi di “filtro amministrativo”, aventi la
funzione di ridurre nel numero le controversie tributarie da sottoporre alla
cognizione del giudice.
Le motivazioni sopra esposte sono quelle che hanno indotto il legislatore ad
emanare prima il D. L. 18 luglio 1994, n. 452 e, sulla scia di quest’ultimo, il
D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218. Tali provvedimenti hanno reintrodotto nel
nostro ordinamento l’accertamento con adesione del contribuente, un
particolare istituto comunemente noto in passato con il termine di
“concordato”. Il nomen iuris adottato mutua la terminologia del D.P.R. 29
gennaio 1958, n. 645, nel quale la rubrica dell’art. 34 si esprimeva in
termini di “adesione del contribuente all’accertamento”. Tale mutamento di
definizione (da “concordato” ad “adesione del contribuente
all’accertamento”), voluto espressamente dal legislatore, ha un duplice
scopo: da un lato, superare gli effetti non positivi che l’applicazione
dell’istituto aveva manifestato in passato; dall’altro, esprimere un preciso
orientamento in ordine al suo inquadramento teorico, sorto a seguito delle
di conflitto tra cittadino e amministrazione: il primo si sente indifeso per la mancanza di garanzie
nella fase istruttoria, la seconda ha un senso di onnipotenza che si presta ad illegittime deviazioni”.
Molto lucida appare l’analisi di LUPI R, Le crepe del nuovo concordato: anatomia di
un’occasione perduta, in Rassegna tributaria, 1994, VI, 1859, il quale evidenzia come
l’eliminazione del concordato abbia contribuito ad aumentare e paralizzare il contenzioso.
4
STIPO M., L’accertamento con adesione del contribuente ex D.Lgs. 217/1997 nel quadro
generale delle obbligazioni di diritto pubblico e il problema della natura giuridica, in Rassegna
tributaria, 1998, V, 1231.
5
dispute dottrinali
5
. Invero, in occasione della riforma tributaria degli anni
settanta, il concordato era stato praticamente bandito, essendo rimasto in
vita solo con riguardo all’imposta di registro ed a quella delle successioni.
Tuttavia, in seguito, aveva cessato di operare anche in tale ristretto ambito.
Oggi l’istituto è stato riproposto: dapprima, con il D.L. n. 452/1994,
limitatamente alle sole imposte sui redditi e all’IVA nonché a determinati
soggetti (imprenditori individuali ed esercenti arti e professioni), quindi,
con il D.Lgs. n. 218/1997, esteso a tutti i contribuenti e a tutte le categorie
reddituali e, quanto all’oggetto, a gran parte delle imposte indirette diverse
dall’IVA.
L’esame dell’accertamento con adesione va inquadrato, come già esposto
sopra, nel cambiamento di prospettiva nei rapporti tra pubblica
amministrazione e amministrati; tale rapporto, che in passato era simile a
quello di sudditanza, oggi si ispira alla collaborazione, al contraddittorio e,
più in generale, a tutti i principi espressi nella L. 7 Agosto 1990, n. 241 sul
procedimento amministrativo. In questa prospettiva, vanno analizzate le
recenti modifiche apportate dai D.L. 25 giugno 2008, n. 112 e D.L. 29
novembre 2008, n. 185: tali provvedimenti hanno introdotto, all’interno del
D.Lgs. n. 218/1997, due nuovi istituti, ovvero l’adesione ai verbali di
constatazione e la definizione degli inviti al contraddittorio, che saranno
oggetto di specifica trattazione. Si può tuttavia già anticipare come,
nonostante il meritevole intento del legislatore di accrescere il numero degli
strumenti atti alla deflazione del contenzioso tributario, si tratti di due
5
Nella vigenza della disciplina antecedente alla riforma tributaria, realizzata tramite la Legge 9
Ottobre 1971, n. 825, in dottrina furono proposte diverse ricostruzioni dell’istituto
dell’accertamento con adesione; per i sostenitori della teoria c.d. contrattualistica, che
assimilavano l’istituto alla transazione, si veda QUARTA O., Commento alla legge sulla imposta
di ricchezza mobile, Milano, 1920, 488; per i sostenitori della teoria c.d. amministrativistica, che
escludeva ogni configurazione in chiave transattiva, si vedano BERLIRI A., Principi di diritto
tributario, Milano, Giuffrè, 1964, 175 e ALLORIO E., Diritto processuale tributario, Torino,
1969, 86.
6
istituti che tendono ad omettere il contraddittorio, anticipando la
definizione, il che ha suscitato alcune perplessità sulla reale convenienza
6
e
portata di questi nuovi strumenti.
Appare opportuno, infine, raffrontare l’istituto dell’accertamento con
adesione ad altri strumenti deflativi del contenzioso (quali la conciliazione
giudiziale, l’autotutela e l’interpello), per poter cogliere maggiormente le
sue peculiarità. Tali strumenti hanno in comune con l’istituto in esame la
finalità di prevenire o definire la controversia, intervenendo prima che il
contribuente si rivolga al giudice (nel caso dell’interpello e dell’autotutela)
o addirittura arrestando il corso del processo tributario già intrapreso dal
contribuente (nel caso della conciliazione giudiziale).
Fatte queste premesse, la presente trattazione, lungi da qualsiasi pretesa di
completezza, si pone l’obiettivo di analizzare, il più compiutamente
possibile, i punti principali sopra esposti, articolandosi in quattro capitoli.
Nel primo, “l’accertamento tributario”, saranno illustrate la natura e la
funzione dell’accertamento tributario, nonché i vari metodi e atti che
caratterizzano questa fase di applicazione del tributo.
Nel secondo, “l’accertamento con adesione del contribuente”, saranno
esaminati l’evoluzione e i profili generali dell’istituto, nonché la relativa
procedura, il perfezionamento dell’atto di adesione e gli effetti che esso
produce, con particolare attenzione alle tematiche avvertite come più
delicate dalla dottrina e dalla giurisprudenza.
Nel terzo, “le nuove forme di adesione”, l’analisi si soffermerà sui nuovi
istituti dell’adesione ai verbali di constatazione e della definizione degli
inviti al contraddittorio, illustrandone la disciplina e la reale portata.
6
DAMIANI M., Valutazioni di convenienza sull’adesione ai verbali, in Corriere Tributario, 2008,
XLI, 3301.
7
Nel quarto, “l’accertamento con adesione e gli altri strumenti deflativi del
contenzioso”, saranno esaminati gli altri strumenti atti alla definizione
anticipata delle pendenze tributarie e alla prevenzione delle liti, cercando di
porre l’accento sulle differenze tra questi istituti e l’accertamento con
adesione.
8
CAPITOLO I
L’accertamento tributario
1. La natura e la funzione dell’accertamento tributario
Ogni collettività, al fine di evitare contrasti tra i singoli membri e in vista di
un’ordinata convivenza, necessita di norme che regolino lo svolgimento
dell’attività dei singoli e che reprimano i comportamenti lesivi di tale
ordine. Tali norme diventano vincolanti per l’intera collettività e, qualora
violate, sono assistite da conseguenze negative (le sanzioni) nei confronti
dei trasgressori. È possibile notare come in ogni ordinamento giuridico
siano presenti diversi tipi di norme: le norme costituzionali (attinenti ai
fondamentali diritti e doveri della persona e alla forma di governo prescelta
dai consociati), le norme civili (attinenti, in linea di massima, ai rapporti tra
i singoli), le norme penali (finalizzate alla prevenzione e alla repressione
delle condotte delittuose).
Uno dei motivi fondamentali che spinge gli individui a riunirsi in
collettività organizzate è rappresentato dal fatto che il singolo, da solo, non
potrebbe mai procurarsi determinati beni indispensabili per la propria
esistenza: l’ordine pubblico, un Parlamento che legifera, l’amministrazione
della giustizia, la difesa dalle minacce provenienti da altri territori. Tuttavia
questi beni non possono essere prodotti a costo zero, ma è necessario che
l’intera collettività collabori al loro finanziamento. Questo, in estrema
sintesi, è uno dei motivi per cui la nostra Costituzione (oltre al generale
principio di solidarietà), sancisce all’art. 53 che “tutti sono tenuti a
concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”.
Il finanziamento delle spese pubbliche si attua, pertanto, grazie alle norme
9
tributarie: tramite queste è possibile il prelievo fiscale, vale a dire il prelievo
coattivo di ricchezza, operato dallo Stato o da altri Enti Pubblici, per il
soddisfacimento di bisogni pubblici. Emergono subito due problemi; il
primo attiene all’effettivo adempimento di quel dovere di “concorrere alle
spese pubbliche”, poiché difficilmente il cittadino adempirebbe a tale onere
spontaneamente. Il secondo riguarda invece la garanzia che i cittadini
possano adempiere quel dovere “in ragione della loro capacità
contributiva”, ovvero evitare le sperequazioni di prelievo tra cittadini ricchi
e cittadini poveri. In altri termini, la norma tributaria, perché sia effettiva e
perché si realizzi, necessita di una concreta attività diretta alla sua
applicazione. Tuttavia la stessa Costituzione, che pur sancisce la doverosità
del concorso alle spese pubbliche, precisa all’art. 23 che “nessuna
prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla
legge”. Il prelievo tributario deve di conseguenza trovare legittimazione in
una legge o in un atto di legge (principio della riserva di legge). Non è
questa la sede per prendere posizione sulla disputa se la riserva di legge, in
materia tributaria, deve essere intesa come assoluta o relativa, bastando qui
rilevare la semplice necessità di un atto legislativo. Quel che maggiormente
interessa è sottolineare come la spesa pubblica sia finanziata tramite il
prelievo fiscale proveniente dai tributi (imposte, tasse, contributi), previsti e
regolati dalla legge. Non è sufficiente però che la legge istituisca un
determinato tributo: essa deve individuarne il presupposto, la base
imponibile e la sua determinazione, l’aliquota. In altri termini, deve essere
possibile individuare quegli elementi che concretamente consentono di
attuare un tributo
7
. L’applicazione della norma tributaria non conosce
un’unica fase: ma da luogo a due ordini di attività, cui concorrono sia il
7
DE MITA E., Principi di diritto tributario, Milano, Giuffrè Editore, 2007, 31.
10
privato che l’Amministrazione Finanziaria: la determinazione
dell’imponibile e del tributo, l’accertamento, che si conclude quando
l’imponibile è immodificabile (quando, in pratica, l’accertamento è
definitivo) e il pagamento dell’imposta, la riscossione. Gli studiosi di diritto
tributario hanno manifestato molta attenzione su entrambi i momenti di
applicazione del tributo; ciò che preme in questa sede è analizzare il
concetto di accertamento tributario, il suo significato e le varie teorie sulla
sua natura elaborate dalla dottrina
8
.
L’accertamento tributario può essere definito come il complesso degli atti e
delle procedure, posti in essere in parte dal soggetto attivo dell’obbligazione
tributaria e in parte dal soggetto passivo, tramite i quali si perviene
all’individuazione ed alla valutazione degli elementi che danno contenuto al
debito d’imposta, nonché alla determinazione del quantum, per
l’applicazione delle aliquote e delle altre forme di commisurazione dei
tributi agli imponibili
9
.
In origine l’accertamento tributario fu studiato esclusivamente in funzione
del rapporto giuridico di imposta, vale a dire quale atto previsto dalla legge
per determinare nel quantum e rendere certa un’obbligazione tributaria già
sorta con il verificarsi del presupposto di fatto. Il fenomeno tributario,
infatti, si risolveva, specialmente prima dell’introduzione di obblighi
formali, nell’acquisizione di una somma di denaro e fu quindi naturale
proporne una ricostruzione in termini di rapporto obbligatorio. Questo
8
Come si esporrà in seguito, diverse sono state le teorie fornite dagli esponenti della dottrina. Per
la teoria c.d. dichiarativa si vedano GIANNINI A. D., Il rapporto giuridico d’imposta, Milano,
1937, 233; PUGLIESE M., Istituzioni di diritto finanziario, Padova, 1937, 121.; VANONI E.,
Elementi di diritto tributario, Milano, 1940; per la teoria c.d. costitutiva si vedano ALLORIO E,
Diritto processuale tributario, Torino, 1969, 85; BERLIRI A., Principi di diritto tributario,
Milano, 1964, 367; per la teoria c.d. procedimentale si veda FANTOZZI A., Corso di diritto
tributario, Torino, UTET, 2003, 164.
9
D’ALBERGO E., Accertamento tributario, voce del Novissimo Digesto Italiano, vol. I, Torino,
UTET, 1974, 127.
11
schema fu adottato da tutti gli studiosi che si occuparono della fase di
attuazione della norma tributaria. L’accertamento era visto quale atto di
regola necessario, la cui funzione era prevista dalla legge al fine di far
concorre il contribuente e gli uffici dell’Amministrazione Finanziaria nella
determinazione e liquidazione di un’obbligazione la cui nascita avveniva ex
lege al verificarsi del presupposto di fatto. L’accertamento era l’atto con cui
l’interesse pubblico veniva inserito in uno schema privatistico, quale quello
dell’obbligazione. L’atto di accertamento aveva la sola funzione di
dichiarare, soltanto nel quantum, un’obbligazione peraltro già sorta dal
verificarsi del presupposto. I sostenitori di tale approccio muovevano da
una concezione “sostanziale” delle norme tributarie: da esse scaturiva il
rapporto giuridico d’imposta. Le successive attività poste in essere
dall’Amministrazione Finanziaria servivano esclusivamente a rendere
liquido ed esigibile il debito tributario. Per tale ragione l’accertamento fu
considerato dichiarativo e tali dottrine furono definite, genericamente, come
“teorie dichiarative”
10
, in opposizione a quelle che subordinavano la nascita
dell’obbligazione ad un momento successivo.
La profonda interferenza di regole pubblicistiche, infatti, indusse una parte
autorevole della dottrina
11
a privilegiare la fase e l’atto di accertamento
rispetto alla pretesa nascita dell’obbligazione dal presupposto di fatto. Le
“teorie costitutive” riconoscevano che al verificarsi di quest’ultimo nasceva
una funzione vincolata o comunque un potere per il Fisco, cui
corrispondeva una soggezione generica del contribuente. Tuttavia
attribuivano all’atto di accertamento, la natura giuridica di atto di
10
GIANNINI A. D., Il rapporto giuridico d’imposta, Milano, 1937, 233; PUGLIESE M.,
Istituzioni di diritto finanziario, Padova, 1937, 121; VANONI E., Elementi di diritto tributario,
Milano, 1940.
11
ALLORIO E, Diritto processuale tributario, Torino, 1969, 85; BERLIRI A., Principi di diritto
tributario, Milano, 1964, 367.