2
Nel secondo capitolo prenderemo in considerazione alcuni
modelli teorici della letteratura economica che serviranno a
tracciare le linee guida per l’analisi della disoccupazione e, nello
stesso tempo, forniranno il supporto teorico per la rilevazione
delle cause che spesso vengono ritenute responsabili degli
elevati tassi di disoccupazione in Europa.
In particolare si partirà con la presentazione del mercato del
lavoro neoclassico di concorrenza perfetta, si passerà poi ad
analizzare il modello di concorrenza imperfetta denominato
NAIRU (non-accelerating inflation rate of unemployment) e, per
ultimo, si analizzerà il modello multisettoriale di Pasinetti che
permetterà di inquadrare la questione, peraltro molto attuale,
della disoccupazione tecnologica.
Nel terzo capitolo verrà esposto il problema della disoccupazione
di lunga durata.
All’inizio del capitolo verranno presentati alcuni dati necessari a
quantificare il fenomeno, e, successivamente, si considereranno
alcune delle possibili cause determinanti gli alti valori di
disoccupazione di lungo periodo.
In particolare, prenderemo in considerazione la relazione
esistente tra i costi del lavoro e la disoccupazione di lunga
durata.
Si passerà quindi a considerare in che modo i costi di assunzione
e licenziamento possano incidere sui livelli di disoccupazione di
lunga durata e si rifletterà poi sul rapporto tra la persistenza della
disoccupazione e la presenza di una disciplina limitativa dei
licenziamenti.
3
Successivamente l’attenzione sarà rivolta ai possibili conflitti tra
insiders e outsiders risultanti appunto dall’applicazione di una
disciplina vincolistica dei licenziamenti relativamente rigida e,
infine, si studierà il rapporto tra imperfezioni sul mercato dei
capitali, vincoli alla libertà di licenziamento delle imprese e
disoccupazione di lunga durata.
Nel quarto e ultimo capitolo verranno considerate alcune
implicazioni di politica economica.
Focalizzeremo in particolare l’attenzione su alcuni possibili rimedi
adottabili per la realizzazione della crescita occupazionale e,
concludendo, considereremo il caso emblematico della
trasformazione e dei progressi conseguiti sul mercato del lavoro
attraverso importanti e coraggiose riforme intraprese dal governo
olandese.
5
CAPITOLO 1
LA DISOCCUPAZIONE NEI PAESI EUROPEI E IL
CONFRONTO CON GLI ALTRI PAESI.
1.1 LA DISOCCUPAZIONE NELLA COMUNITA’ EUROPEA.
Una caratteristica dell’economia europea degli ultimi 25 anni è
senza dubbio il basso tasso di creazione di nuovi posti di lavoro
che, non riuscendo a compensare le richieste avanzate dai
lavoratori, ha determinato la crescita pressochè costante del
numero dei disoccupati.
Analizzando la variazione del tasso di disoccupazione (FIG. 1)
relativo al periodo che va dall’inizio degli anni ‘60 alla prima metà
dei 90’ si riscontra che il livello di disoccupazione in Europa nella
prima metà degli anni ‘70 si aggira intorno al 2-3% delle forze di
lavoro, mentre il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti è
generalmente su valori doppi.
6
La situazione si modifica successivamente al primo shock
petrolifero con una rapida ascesa del saggio di disoccupazione
europea che nel giro di circa cinque anni raggiunge i valori
americani.
Il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti comincia a diminuire
dopo aver raggiunto il suo livello massimo del 10% nell’82, quello
europeo continua a crescere raggiungendo quasi l’11% nell’85.
Nella prima metà degli anni 80’ il tasso di disoccupazione
europeo rimane superiore rispetto a quello statunitense.
0
2
4
6
8
10
12
1
9
6
0
6
6
7
2
7
8
8
4
9
0
CE
CE
USA
D
I
S
O
C
C
U
P
A
Z
I
O
N
E
(
%
)
FIG.1 Tassi di disoccupazione, 1960-1994.
Fonte: P. Pini, La disoccupazione: scelte per l’Europa, Il Mulino, Bologna,
1995, p. 14.
7
La situazione migliora in concomitanza con il boom degli anni ‘80
con un tasso di disoccupazione che diminuisce progressivamente
fino a raggiungere, verso la fine degli anni ‘80 rispettivamente
l’8% circa per l’Europa e il 5% per gli USA.
A partire dalla fine degli anni ‘80 si assiste ad un aggravamento
della situazione sia negli USA che in Europa nella quale, il tasso
è cresciuto tanto da oltrepassare nel ‘94 il precedente picco
dell’86, con più dell’11% delle forze di lavoro disoccupate.
Dati più recenti, successivi al 1994, che testimoniano la
situazione del mercato del lavoro per gli anni ’95 – ’96 – ‘97
nell’Unione europea, possono essere letti nella tabella seguente
(FIG.2).
Considerando i valori totali medi riferiti ai paesi in tabella si nota
come la disoccupazione nel ’96 sia salita di 0,2 punti percentuale
rispetto alla situazione dell’anno precedente mentre, la situazione
sia migliorata dal 1996 al 1997 con il passaggio del tasso di
disoccupazione in percentuale alla forza lavoro dall’11,4% al
11,3%.
8
PAESI 1995 1996 1997
AUSTRIA
BELGIO
DANIMARCA
FINLANDIA
FRANCIA
GERMANIA
GRAN BRETAGNA
IRLANDA
ITALIA
LUSSEMBURGO
OLANDA
PORTOGALLO
SPAGNA
SVEZIA
TOTALE
5,9
13,0
10,0
17,2
11,6
9,4
8,2
12,9
12,0
3,0
7,1
7,2
22,9
7,7
11,2
6,2
13,2
9,2
16,4
12,1
10,3
7,9
12,4
12,1
2,9
7,0
7,4
22,9
7,6
11,4
6,5
13,0
9,2
15,5
12,2
10,4
7,5
12,2
12,0
2,8
6,9
6,9
22,7
7,2
11,3
In particolare, la Spagna si è sensibilmente allontanata dalla
media europea con un valore, per il 1997, pari al 22,7%.
Al di sotto della media europea si sono collocati l’Austria (6,5%),
la Danimarca (9,2%), l’Olanda (6,9%), il Portogallo (6,9%), la
Svezia (7,2%) e la Gran Bretagna (7,5%).
Infine paesi quali Belgio, Finlandia, Francia, Irlanda e Italia hanno
presentato valori che si sono attestati al di sopra della media
comunitaria.
FIG.2 Disoccupazione nell’Unione europea in percentuale
alla forza lavoro totale.
Fonte: Sondaggio OECD 1997, STATISTICHE EUROPEE,
Disoccupazione nell’Unione europea, s.e.
9
Ai fini dell’analisi può essere anche interessante valutare una
scomposizione dei tassi di disoccupazione a seconda dell’età, del
sesso e del grado di istruzione.
A questo proposito possono essere considerati i dati
1
riportati in
figura 3.
Dalla lettura della tabella si possono trarre importanti
informazioni.
I giovani con un età inferiore ai 25 anni sono caratterizzati
dall’avere elevati e preoccupanti tassi di disoccupazione.
In particolare si riscontrano valori rilevanti per Francia (21,8%),
Irlanda (27,6%), Italia (27,9%), Finlandia (23,5%).
Il primato spetta sicuramente alla Spagna con un tasso di
disoccupazione giovanile che supera il 30%.
1
J. Llewellyn, Occupazione e disoccupazione, in, Crisi e disoccupazione degli anni ’90:
cause e rimedi, M. Baldassarri – L. Paganetto – E. Phelps ed., Editore SIPI, Roma,
1994, p.20.
10
TASSI DI DISOCCUPAZIONE
TOTALE (1) GIOVANI DONNE
QUOTA GIOVANI A
BASSA ISTRUZIONE
SUL TOTALE
DISOCCUPATI (2)
QUOTA
DISOCCUPATI
DI LUNGO
PERIODO
SUL TOTALE (3)
NORD AMERICA
CANADA
USA
GIAPPONE
OCEANIA
AUSTRALIA
NUOVA ZELANDA
CEE
BELGIO
DANIMARCA
FRANCIA
GERMANIA
GRECIA
IRLANDA
ITALIA
LUSSEMBURGO
OLANDA
PORTOGALLO
SPAGNA
REGNO UNITO
EFTA
AUSTRIA (4)
FINLANDIA
NORVEGIA
SVEZIA
SVIZZERA (6)
TURCHIA (7)
7,8
11,3
7,4
2,2
10,7
10,8
10,2
9,5
8,2
9,5
10
4,5
9,2
17,8
10,1
1,9
6,7
4,8
18
10,8
5,5
3,6
13,1
5,9
4,8
2,7
7,8
14,6
17,8
14,2
4,5
19,5
19,7
18,5
18,4
17,6
11,4
21,8
4
-
27,6
27,9
3,8
10,6
10,3
32,5
17
9,3
3,6 (5)
23,5
13,9
10,8
4,7
15,2
7,3
10,4
6,9
2,2
9,9
10
9,5
11,5
12,2
10,8
12,5
5,1
15,4
19,4
15,7
2,8
8,7
6,5
25,5
9,2
5
3,8
10,7
5,2
3,8
3,4
7,2
-
1,5
2,3
2,7
-
1,6
-
-
1,3
1,7
1,3
2
-
1,1
0,9
-
1
1,7
1,2
1,8
-
-
1,4
1,1
1,4
-
1,5
6,4
7,2
6,3
17,9
24,3
24,9
21,3
45,8
61,6
31,2
38,7
45,5
47
60,3
67,1
28,3
43
38,3
49,1
28,1
12,9
15,2
9,1
20,6
4,4
19,8
39,2
(1) Tassi di disoccupazione per i paesi CEE, e stime nazionali per gli altri paesi.
(2) Adulti in età 25-64 anni. Questi dati si riferiscono al1989, eccetto che per il
Giappone, 1987, Danimarca, 1988, Olanda, 1990 e Turchia, 1990.
(3) La disoccupazione di lungo periodo si riferisce a coloro che nel 1991 erano
disoccupati da almeno 12 mesi.
(4) I tassi di disoccupazione si riferiscono alla prima metà del 1992.
(5) Stime.
(6) Tutti i dati si riferiscono al secondo trimestre 1992.
(7) I tassi di disoccupazione si riferiscono all’ottobre 1992.
FIG.3 Lo stato della disoccupazione (1992).
11
Si può trarre un ulteriore conferma della condizione critica, sul
mercato del lavoro, dei giovani con età inferiore ai 25 anni
considerando anche i dati relativi al tasso di disoccupazione in
base all’età e al sesso come risulta dalla tabella in figura 4.
< 25 ANNI 25 – 54 ANNI > 55 ANNI
M F M F M F
FRANCIA
GERMANIA (1)
REGNO UNITO
OLANDA
ITALIA (2)
SPAGNA
IRLANDA (3)
SVEZIA
USA
15,4
7,2
10,2
10
25,8
26,2
24,6
3,6
10,8
24
9
5,8
12,3
37,8
39,7
19,4
3,4
10,5
6,2
5,5
6,7
4,5
4,4
9,3
16,8
1,1
4,4
10,7
8,5
2,8
10,3
12
20,6
7,2
1,1
4,5
6
8,3
6,8
3,2
1,7
8,4
15,2
1,2
3,8
7,6
11,9
4,4
5
2,2
7,2
8,2
1,6
2,8
Stupiscono in effetti gli alti valori della disoccupazione sia
maschile che femminile relativi alle persone con età inferiore ai 25
anni rispetto alle altre classi di età con valori particolarmente alti
per Italia, Spagna e Irlanda.
Relativamente ai giovani con età inferiore ai 25 anni si riscontra
per quasi tutti i paesi un tasso di disoccupazione femminile
maggiore rispetto a quello maschile ad eccezione del Regno
FIG.4 Tasso di disoccupazione in base all’età e al sesso – 1990.
(1) dati relativi al 1987.
(2) Le fasce di età sono: < 25 anni; 25 – 59 anni; > 60 anni.
(3) Dati relativi al 1989
Fonte: O. Benoit-Guilbot e Duncan Gallie, la disoccupazione di lunga
durata, Liguori, Napoli, 1995, p.33.
12
Unito (5,8% contro 10,2%), dell’Irlanda (19,4% contro 24,6%),
della Svezia (3,4% contro 3,6) e degli USA (10,5% contro 10,8%)
che presentano una situazione opposta.
Infine, via via che ci si sposta verso classi di età più elevate i tassi
relativi di disoccupazione tendono ad attenuarsi.
Tornando a considerare i dati relativi alla tabella in figura 3,
appaiono altresì rilevanti i dati relativi alla disoccupazione
femminile (indipendentemente dall’età) con tassi che arrivano a
sfiorare il tetto del 26%.
Tra i Paesi caratterizzati da alti tassi di disoccupazione femminile
si trovano Grecia (15,4%), Italia (15,7%), Irlanda (19,4%) e
Spagna, che fa registrare il più elevato tasso di disoccupazione
femminile (25,5%) nel periodo considerato.
Si evidenziano infine i dati relativi alla quota dei giovani a bassa
istruzione sul totale dei disoccupati.
Il valore più basso è riferito all’Italia (0,9%) seguita da Olanda
(1%), Irlanda e Norvegia (1,1%), Spagna (1,2%), fino ad arrivare
a considerare Paesi caratterizzati da tassi sicuramente più elevati
come Germania (2%), Stati Uniti (2,3%) e Giappone (2,7%).
Si conclude questa rassegna con la quota di disoccupati di lungo
periodo sul totale (%).
Partendo dalla quota percentuale minore spettante a Svezia
(4,4%) e USA (6,3%), si arriva a quella maggiore spettante
all’Italia con un tasso di disoccupazione di lunga durata pari a
67,1%.
I dati sopra esposti, pur quantificando il fenomeno, non danno
tuttavia informazioni complete su ciò che avviene nel mercato del
lavoro.
13
In particolare ci potranno essere sistemi economici stagnanti
caratterizzati da livelli di occupazione e disoccupazione costanti o
economie nelle quali vengono simultaneamente creati e distrutti
posti di lavoro ma che sono caratterizzate dagli stessi livelli di
occupazione e disoccupazione del sistema economico stagnante
di cui poc’anzi si faceva riferimento.
Maggiori informazioni possono quindi derivare dall’analisi degli
spostamenti dei lavoratori tra i tre stati alternativi che
caratterizzano il mercato del lavoro; “occupazione”,
“disoccupazione” e “non - partecipazione”.
Ci potranno quindi essere movimenti di lavoratori tra questi stati o
anche da uno stato di occupazione ad un altro.
1.2 I MOVIMENTI ALL’INTERNO DEL MERCATO DEL
LAVORO.
Secondo Pini
2
, l’analisi dei flussi dei lavoratori da uno stato
all’altro può essere rappresentata nel modo seguente:
in particolare si indica rispettivamente con O, D ed N lo stato di
occupazione, disoccupazione e non partecipazione.
In questo modo, ad esempio, la dicitura OD rappresenterà il
movimento di lavoratori da uno stato di occupazione a uno di
disoccupazione.
2
P. Pini, La disoccupazione: scelte per l’Europa, Il Mulino, Bologna, 1995.
14
I flussi totali verso la disoccupazione sono dati da OD + ND,
mentre i flussi totali in uscita dalla disoccupazione saranno pari a
DO + DN.
I movimenti totali verso lo stato di occupazione saranno
rappresentati quindi dall’espressione (1.1).
(1.1) E = DO + NO + OO
3
I flussi totali verso lo stato opposto saranno invece rappresentati
dall’espressione (1.2).
(1.2) U = OD + ON + OO
4
La tabella di seguito (FIG. 5) da’ informazioni relative ai vari flussi
caratterizzanti il mercato del lavoro di 4 grandi Paesi Europei e
degli Stati Uniti relativi al 1987.
3
E = flusso totale verso lo stato di occupazione ; OO = spostamento da un lavoro ad
un altro.
4
U = flusso totale verso lo stato di disoccupazione.
15
FRANCIA GERMANIA SPAGNA
GRAN
BRETAGNA
USA
FLUSSI IN ENTRATA
DISOCCUPAZIONE
3,88 3,01 1,61 7,80 23,88
FLUSSI IN USCITA
DISOCCUPAZIONE
69,62 93,33 16,80 120,4 545,47
FLUSSI IN ENTRATA
OCCUPAZIONE
28,86 22,33 19,80 6,55 25,27
FLUSSI IN USCITA
OCCUPAZIONE
30,69 21,47 20,92 6,61 26,53
DURATA MEDIA DELLA
DISOCCUPAZIONE
(MESI)
8,02 8,04 6,12 10,67 5,04
FRAZIONE DI
DISOCCUPAZIONE DI
LUNGO PERIODO (%)
39,52 36,98 51,48 42,16 12,66
FIG.5 Flussi dei lavoratori nel 1987 (% della popolazione).
Nota: i flussi della disoccupazione sono espressi come % dello
stock di disoccupati (per i flussi in uscita) e come % della
popolazione in età da lavoro (15-64) meno i disoccupati (per
i flussi in entrata).I flussi dell’occupazione sono espressi
come % dello stock di occupati nel 1987.
Fonte: P. Pini, La disoccupazione: scelte per l’Europa, Il Mulino,
Bologna, 1995., p. 19.
16
Una prima importante differenza che si può cogliere tra paesi
europei e Stati Uniti sta negli alti valori relativi ai movimenti in
entrata e in uscita dalla disoccupazione degli USA rispetto agli
stessi valori registrati in Europa.
Questo a significare che il lavoratore medio americano vive più
esperienze di disoccupazione rispetto al suo equivalente
europeo.
La conferma di questo risultato deriva anche dai più elevati valori
relativi alla durata media della disoccupazione ed alla frazione di
disoccupazione di lungo periodo europei rispetto agli stessi
americani.
Non ci sembrano essere invece grandi differenze tra Europa e
Stati Uniti riguardo ai flussi in entrata e uscita dall’occupazione
che presentano valori simili, eccezion fatta per la Gran Bretagna
che mostra tassi in entrata e uscita dall’occupazione fino a circa
un terzo minori rispetto agli altri paesi.
In particolare, la situazione della Gran Bretagna potrebbe essere
stata segnata dal fatto che, durante il periodo 1980-82 l’economia
inglese aveva attraversato la fase di recessione più dura dal
tempo tra le due guerre con una fortissima riduzione del lavoro in
eccesso.
Al momento della ripresa, poche imprese avrebbero avuto del
lavoro in eccesso di cui liberarsi avallando i valori relativi ai più
bassi flussi in entrata e uscita dall’occupazione.