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INTRODUZIONE
Il termine “street“ associato ad altre parole come “moda“ o “cultura“ viene utilizzato per descrivere
un insieme di tendenze, elementi ed eventi talmente in evoluzione e diversi tra loro da rendere
impossibile una sua definizione precisa ed univoca.
Nonostante ciò, la maggior parte degli individui, siano essi consumatori od operatori del settore
moda, concordano sul fatto che lo streetwear ( o urban wear o moda urbana) sia il centro di una
subcultura indipendente, la street culture, e che rappresenti una delle sue espressioni più concrete ed
internazionalmente accettate.
Un’interpretazione letterale del termine streetwear è certamente ingannevole se con esso si intende
l’abbigliamento indossato e osservabile nelle strade. Non è vero, infatti, che tutti i capi indossati nei
centri urbani diventano automaticamente capi streetwear, così come non è vero che esiste una regola
uniforme che differenzia in modo netto ciò che appartiene allo streetwear da quello che non ne fa
parte.
Più che un insieme di marchi o capi d’abbigliamento, lo streetwear rappresenta uno stile di vita
nato a New York tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso. Come
conseguenza naturale della costante alienazione e frustrazione che accomunava molti giovani delle
zone urbane di tutto il mondo, si creò una comunità che condivideva la passione per sport alternativi,
definiti anche “action sport“
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, come lo skateboarding, lo snowboarding e il surfing, per alcuni generi
musicali alternativi
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, il writing ( i c.d. graffiti), il multiculturalismo, i viaggi e le varie espressioni
artistiche presenti soprattutto nei grandi centri urbani.
Il modo più visibile e diretto per essere parte di questa comunità e mostrare un’identità condivisa,
legata ai vari “credo” della street culture, era l’abbigliamento. Nessuna azienda affermata del settore
moda, però, commercializzava al tempo capi destinati a questo specifico segmento di clientela. La
necessità di indossare capi che rispecchiassero la passione per gli action sports, la musica e l’arte portò
un giovane surfista californiano a creare nel 1980 una collezione di t-shirt con il marchio Stüssy, il
primo brand cui viene riconosciuta una certa identità street.
Successivamente, grazie all’enorme successo mediatico ottenuto nel 1986 dai Beastie Boys, un
gruppo di giovani rapper bianchi newyorkesi che si distinguevano per un look completamente
differente dagli altri artisti della scena musicale, nacquero nuove aziende che commercializzavano
nuovi marchi, il cui core business diventò presto la produzione di capi di abbigliamento e accessori
mirata a soddisfare le esigenze di un ampio gruppo di potenziali clienti, inizialmente proprio i fan dei
Beastie Boys e più tardi gli estimatori della street culture nelle sue varie forme.
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Gli action sports si caratterizzano per il rischio e la dinamicità previsti dalla loro esecuzione, e, a differenza
degli sport tradizionali, per lo stile di vita ad essi connesso.
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Non tutti i generi musicali hanno avuto influenza sulla nascita e sull’evoluzione della street culture, ma solo
alcuni generi inizialmente diffusi tra comunità di giovani e considerati alternativi, quali il rap, il reggae e il punk.
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Dagli anni Ottanta ad oggi si è assistito ad un continuo proliferare di marchi streetwear ( street
brand), al successo di alcuni di essi collegato all’affermarsi di un genere musicale piuttosto che un
altro, al declino di altri per strategie inefficaci e lontane dalle radici della street culture, al
rinnovamento di altri marchi ancora per la sopravvivenza in un mercato che, diventando sempre più
concorrenziale, potenzialmente redditizio e differenziato, sembra uscire gradualmente dai rigidi
confini propri della nicchia in cui/per cui lo streetwear ebbe origine.
Lo streetwear è la combinazione dell’estetica del capo di abbigliamento e degli ideali che stanno
dietro la sua creazione. Molti affermano che il successo all’interno della streetwear industry sia
strettamente connesso alla condivisione dei “credo“ della street culture, all’appartenenza alla comunità
street da parte dei creatori dei vari marchi e degli operatori del settore, e, di conseguenza, alla forte
identità street del brand.
Di fronte alle numerose offerte destinate alla comunità street, sempre più ampie e diversificate, non
solo da parte di marchi d’abbigliamento che hanno accompagnato l’evoluzione della street culture, ma
anche di brand affermati a livello mondiale e non appartenenti al settore moda, sorge la necessità di
porsi un interrogativo: quale si prospetta essere l’evoluzione dello streetwear? Possiamo ancora parlare
di confini?
L’obiettivo di questo lavoro è analizzare i molteplici caratteri della streetwear industry, che si
differenzia dagli altri microsettori appartenenti al settore moda per la sua rapida evoluzione e per il
forte legame di (inter)dipendenza esistente con una subcultura complessa, ma con i quali entra allo
stesso tempo in contatto/competizione.
L’elaborato si articola nel seguente modo: dopo una descrizione nel primo capitolo dei driver che,
oltre allo streetwear, compongono la street culture (action sports, musica, arte), nel secondo capitolo
verranno analizzate le connessioni tra questi elementi e le strategie attuate da alcuni marchi streetwear,
con particolare attenzione alla differenziazione di prodotto, alle caratteristiche del cliente retail
(rapporto con la street culture/strategia di vendita/dimensioni) e ad alcuni casi di co–branding.
Nel terzo capitolo sarà analizzato l’utilizzo di strategie di marketing non convenzionale
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per la
promozione di marchi streetwear, in riferimento al rapporto esistente tra riviste, pubblicazioni, eventi
sportivi e musicali, produzioni televisive e cinematografiche, fiere specializzate e i driver della street
culture, al product placement, alle sponsorizzazioni e a strumenti come lo stickering.
Questo lavoro si propone di analizzare criticamente alcuni dei tratti distintivi della connessione tra
street culture e streetwear, e di riportare alcuni casi propri della streetwear industry che non hanno
ancora trovato ampio spazio in letteratura, ma che sono interessanti per la loro notevole influenza sia
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Edizioni Il Sole 24 Ore, 2008 “Una metafora postmoderna in cui il marketing è costretto a connotarsi come
“non convenzionale” per trovare le ragioni della sua attualità e, soprattutto per risultare ancora efficace, è quella
usata da Zygmunt Bauman (2002) che parla di “modernità liquida” per indicare le nuove forme di produzione,
liquide, anonime, mutevoli come tutta la società in cui viviamo. Il passaggio dalla modernità solida a quella
fluida indica che tutte le certezze su cui si è costruita la modernizzazione fino ad oggi stanno venendo meno,
sostituite da una fase di sfrenata deregolamentazione e flessibilizzazione dei rapporti sociali; non sorprende,
allora, che questa nuova fase veda al centro del suo sviluppo proprio l’individuo.”
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sulle tendenze della moda intesa in senso ampio, sia, in particolar modo, sulle strategie dei competitor
indiretti che appaiono sempre più influenzate della street culture.
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CAPITOLO 1
LA STREET CULTURE
1.1 Origini e caratteri
La street culture (“cultura urbana o di strada“) è una subcultura nata negli Stati Uniti tra gli anni
Settanta e Ottanta del secolo scorso per poi trasformarsi gradualmente in un fenomeno globale, non
solo a livello prettamente giovanile. In sociologia con il termine subcultura ci si riferisce ad un gruppo
di persone che si differenzia da una più larga cultura di massa per stili di vita, credenze, visione del
mondo e, spesso, per un modo di vestire simbolico e alternativo a quello dominante. Risulta però
difficile identificare una subcultura a causa del fatto che il suo stile, soprattutto il modo di vestire,
viene frequentemente assorbito dalla cultura di massa per scopi commerciali.
Una definizione degli elementi (driver) che hanno portato alla nascita della street culture e che
hanno accompagnato la sua evoluzione fino ad oggi è necessaria al fine di circoscrivere i caratteri che
la distinguono dalla cultura dominante e che fanno sì che essa possa essere definita come una
subcultura indipendente.
L’espressione “do it yourself“
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sintetizza il carattere fondamentale della street culture e motivo
della sua evoluzione. Ogni individuo che non si riconosceva nella cultura dominante cercava di
allontanarsi da questa mediante un’espressione personale del proprio essere e delle proprie capacità
creative, attraverso quelli che sarebbero presto diventati i “credo” della street culture: gli sport
d’azione o estremi (action sports), alcuni generi musicali considerati alternativi (il rap, il reggae, il
punk), l’arte in tutte le sue forme, in particolare il writing (i cosiddetti graffiti) ed un nuovo modo di
vestire e di creare capi d’abbigliamento per chi si sentiva parte della subcultura (lo streetwear).
1.2 I driver della street culture
Predisporre una classificazione precisa degli elementi propri della street culture è estremamente
difficile e, allo stesso tempo, contraddittorio, sia per l’influenza che ogni singolo driver ha sugli altri,
sia per la natura stessa della street culture, che si caratterizza per il frequente scambio di idee e la
condivisione di esperienze e rituali
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tra persone, con conseguente contaminazione tra sport, musica,
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L’espressione inglese “do it yourself” significa letteralmente “fai da te”.
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Come ha evidenziato Cova (2003): “Fin dagli esordi della sociologia è noto che il rituale è una modalità
attraverso la quale il sociale assicura ed enuncia la sua permanenza. Di fatto, per le scienze umane, ogni
relazione sociale necessita di rituali per svilupparsi e consolidarsi, come ogni gruppo sociale necessita di rituali
per affermare e ribadire la sua esistenza, oltre che la fedeltà dei suoi membri (…). I cinque supporti di un rituale:
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arte ed abbigliamento. Ad esempio, una gara di skateboarding, rito che aggrega praticanti ed
appassionati di questo sport d’azione a cui è connesso uno specifico stile di vita, avrà come sottofondo
musicale un particolare genere, quale il rap o il punk, come sfondo delle opere artistiche, sotto forma
di graffiti o di cartelloni pubblicitari e i partecipanti alla gara, così come gli spettatori, avranno uno
stile d’abbigliamento comune ed identificabile.
I quattro driver che costituiscono la street culture possono comunque essere analizzati in maniera
distinta per caratteristiche, contesti in cui si affermano, natura, origini ed evoluzioni, riconoscendo,
però, che singolarmente non avrebbero avuto la stessa influenza a livello culturale, e poi commerciale,
che hanno avuto contaminandosi.
Figura 1.1: I driver della street culture
Fonte: nostra elaborazione
1.2.1 Action sports
Con il termine “action sports“ si indentifica l’insieme degli sport alternativi/estremi/d’azione che si
distinguono dagli sport “tradizionali” per il dinamismo richiesto, per i rischi che comportano e per lo
stile di vita ad essi connesso. Coloro che praticano gli sport estremi competono non solo contro altri
le cose (oggetti di culto), gli abiti (costumi rituali), gli spazi (i luoghi del culto e/o dei luoghi della memoria), le
parole (formule magiche), le immagini (idoli e icone).”
STREET CULTURE
Action sports
(sport estremi, d’azione)
Generi musicali
rap, reggae, punk rock
Arte-Street Art
graffiti writing, aerosol art, graffiti-logo
Streetwear (urban wear, moda urbana)
Street brand
Board sports (action sports da tavola)
surfing, skateboarding, snowboarding
Action sports “senza tavola”
bmx, climbing, bungee jumping