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Abstract
Il presente lavoro si propone di rileggere alcuni concetti psicoanalitici – nello specifi-
co, gli assunti di base elaborati da Bion nel suo lavoro coi gruppi e, sullo sfondo, le
posizioni kleiniane ed il complesso edipico – in un’ottica evoluzionistica. A tale sco-
po, vengono messe a confronto le caratteristiche dei gruppi umani con quelle dei
gruppi animali, e si evidenzia come anche nei gruppi animali siano presenti compor-
tamenti del tutto analoghi a quelli descritti da Bion per i gruppi umani. Inoltre, viene
ipotizzata una corrispondenza tra comportamenti di gruppo e comportamenti indivi-
duali, e ne vengono discusse le possibili implicazioni.
Introduzione
Sin dai suoi esordi, la psicoanalisi è stata oggetto di controversie e polemiche. Su tut-
te, l’accusa di essere una pseudoscienza, di basarsi su dati aneddotici, di essere una
tautologia non falsificabile.
Sicuramente molte di queste critiche sono fondate, sicuramente la psicoanalisi ha co-
nosciuto deviazioni folkloristiche, e sicuramente i vari dibattiti tra le diverse scuole
hanno portato talvolta ad esasperare le posizioni più che a integrarle costruttivamente.
Eppure, ancora oggi, a più di un secolo dalla sua comparsa, la psicoanalisi continua a
dire la sua, ed alcuni suoi concetti cardine ricevono supporto da vari studi provenienti
dalle più svariate discipline.
L’inconscio, ad esempio, croce e delizia degli psicoanalisti, è oggi oggetto di nume-
rosi studi che, utilizzando le più moderne tecniche di neuroimaging, cercano di inda-
gare nel dettaglio cosa avviene in questa “scatola nera” ipotizzata da Freud.
Questo lavoro si propone di riesaminare una particolare teorizzazione psicoanalitica,
gli assunti di base dei gruppi (collegati con le posizioni kleiniane e con il complesso
edipico), formulata da Bion, in un’ottica etologico/evoluzionistica. A questo scopo, si
cercherà di ritrovare nel mondo animale quei comportamenti che Bion ha descritto
nei gruppi umani, assumendo che, se un comportamento umano è presente anche nel
mondo animale, allora è plausibile ipotizzare che questo abbia una base genetica ed
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istintuale, “inconscia” per dirla in termini psicoanalitici, piuttosto che razionale e
“conscia”. Non si tratta di un lavoro scientifico in senso popperiano, ovviamente, ma
di un più modesto tentativo di collegare tra loro i contributi di diverse discipline, per
far sì che nascano nuove domande e nuovi interrogativi che stimolino il ragionamento
e la ricerca.
Questo lavoro è suddiviso in tre parti. Nella prima, vengono presentati i concetti psi-
coanalitici presi in esame. Nella seconda, vengono illustrati i meccanismi della socia-
lità nel mondo animale. Nella terza, infine, si procede ad una sintesi delle prime due
parti, individuando nel mondo animale quei comportamenti di gruppo assimilabili a
quelli descritti da Bion nei suoi assunti di base, e proponendo possibili arricchimenti
della teorizzazione psicoanalitica, basati sulle osservazioni evoluzionistiche ed etolo-
giche nel mondo animale. Inoltre, in tutte e tre le parti si cercherà anche di trovare
possibili rimandi dal sociale all’individuale, e viceversa.
Cenni biografici
Conoscere i fatti e le vicissitudini della vita di un filosofo, di uno scienziato, di un ar-
tista, può aiutare a inquadrarne il pensiero e le idee. Ciò si rivela tanto più vero nel
caso degli psicoanalisti, per i quali spesso le esperienze private si riflettono in manie-
ra lampante nelle loro formulazioni teoriche.
Se da un lato i fondamentalisti della psicoanalisi tendono a rimanere ancorati all’idea
dello psicoanalista neutrale e capace di un’introspezione spietata e foriera di una pie-
na consapevolezza di sé, dall’altro i detrattori della materia tendono a classificare le
teorie psicoanalitiche come elaborazioni più o meno romanzate ed idealizzate di mere
vicissitudini personali.
Per fare un esempio classico, il complesso edipico è una costante universale
dell’uomo, come ipotizzato da Freud, o un riflesso della sua fascinazione per la gio-
vanissima madre, come suggerito dai suoi detrattori?
Forse la verità sta nel mezzo: forse il complesso edipico è davvero una costante uni-
versale, a cui Freud si interessò per via della sua situazione personale, e forse questa
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stessa situazione personale contribuì a “colorare” le sue teorizzazioni in maniera a
volte troppo personale.
Nei paragrafi seguenti verranno riportati alcuni cenni biografici relativi ai due autori
di riferimento, per quanto riguarda il versante psicoanalitico, del presente lavoro: Me-
lanie Klein e Wilfred Bion.
Anche nel caso di Melanie Klein, è facile ricollegare il suo interesse per
l’aggressività innata nei bambini alle frustrazioni che l’hanno accompagnata sin dai
primissimi anni di vita, così come, nel caso di Wilfred Bion, è lampante come
l’esperienza sui campi di battaglia abbia costituito la base per il successivo interesse
verso le dinamiche di gruppo.
In conclusione, se da un lato le vicende private di uno studioso offrono il fianco alle
critiche più maliziose e pungenti, dall’altro forniscono l’opportunità di avere una vi-
sione più viva e completa delle sue opere, di capire dove e come la caoticità
dell’esistenza ha inquinato la purezza della teoria, ma anche di cogliere le sfumature
ed i dettagli teorici che, decontestualizzati, rimarrebbero invisibili.
Melanie Klein
Le origini familiari
Melanie Klein nacque a Vienna il 30 marzo 1882, da una famiglia di tradizione ebrai-
ca. I genitori erano stati allevati come ebrei ortodossi, ma non erano praticanti.
L’ambiente familiare era culturalmente vivace: il padre aveva intrapreso gli studi di
medicina, e la madre ed il fratello erano appassionati di letteratura e di musica.
Le prime esperienze con la psicoanalisi
Il primo approccio della Klein con la psicoanalisi consistette nell’analisi su di lei
condotta da Sandor Ferenczi a Budapest, dove si era trasferita col marito e i figli du-
rante la prima guerra mondiale. Qui diventò una psicoanalista, e cominciò ad analiz-
zare i bambini nel 1919. Nel 1921 si trasferì a Berlino dove studiò con Karl Abraham
e venne da lui analizzata. Le idee di Abraham ebbero una grande influenza
sull’impostazione delle teorie kleiniane.
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Per quanto Abraham supportasse il suo lavoro pioneristico con i bambini, né la Klein
né le sue idee ebbero successo a Berlino. Tuttavia, colpito dal suo lavoro innovativo,
lo psicoanalista britannico Ernest Jones la invitò a Londra nel 1926, dove la Klein ri-
mase e lavorò fino alla sua morte, il 22 settembre 1960.
Le controversie
Melanie Klein ha avuto una grande influenza sulla teoria e sulla tecnica della psicoa-
nalisi, specialmente in Gran Bretagna. Come donna divorziata le cui qualifiche acca-
demiche consistevano unicamente in un titolo da insegnante, la Klein rappresentò un
evidente elemento di rottura all’interno del movimento psicoanalitico, allora domina-
to da medici maschi.
Dopo l’arrivo di Sigmund Freud e di sua figlia Anna a Londra nel 1938 le idee della
Klein entrarono in conflitto con quelle degli psicoanalisti “continentali” che stavano
immigrando in Gran Bretagna. In seguito al dilungarsi dei dibattiti tra i seguaci della
Klein e quelli di Anna Freud negli anni quaranta, la Società Psicoanalitica Britannica
si divise in tre sezioni separate per la formazione dei nuovi allievi: il gruppo kleinia-
no, quello annafreudiano, e quello degli indipendenti. Questa divisione persiste tutto-
ra.
I traumi personali
A parte i suoi successi professionali, la vita di Melanie Klein fu piena di eventi tragi-
ci. Nata da una gravidanza indesiderata, ultima di quattro figli, i suoi genitori le mo-
strarono scarso affetto. La sorella maggiore Sidonie, a cui era molto attaccata, morì
quando la Klein aveva solo quattro anni, ed in seguito la Klein si sentì responsabile
per la morte del fratello Emmanuel, avvenuta quando questi aveva 25 anni. I suoi
studi accademici vennero interrotti dal matrimonio, a poco più di venti anni, con Ar-
thur Klein, chimico industriale, e dalla nascita dei suoi bambini, Hans, Eric e Melitta.
Il suo matrimonio fallì e suo figlio Hans morì, mentre la figlia, Melitta Schmideberg,
anche lei divenuta psicoanalista, le fu apertamente ostile all’interno della Società Psi-
coanalitica Britannica. Madre e figlia non riuscirono mai a riconciliarsi, e, quando la
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Klein morì, Melitta non partecipò al suo funerale. La Klein soffrì di depressione cli-
nica per tutta la vita.
L’eredità
Oggi, quella kleiniana è una delle scuole più prominenti all’interno della psicoanalisi.
Gli psicoanalisti kleiniani fanno parte della Società Psicoanalitica Internazionale, e la
psicoanalisi kleiniana ha incontrato un’ampia diffusione in Gran Bretagna e in gran
parte dell’America Latina e dell’Europa continentale. Negli Stati Uniti, l’eredità della
Klein è stata raccolta dal Psychoanalytic Center della California.
Figura dibattuta e osteggiata sia a livello personale che teorico, nondimeno la Klein
viene oggi annoverata tra i fondatori della scuola delle relazioni oggettuali, e le sue
teorie hanno influenzato e stimolato il pensiero di molti altri importanti analisti, tra
cui Herbert Rosenfeld, Donald Meltzer, Hanna Segal, e Wilfred Bion.
Wilfred Bion
I primi anni e la guerra
Bion nacque l’8 settembre 1897 a Mathura, allora colonia britannica in India, ma per
la sua educazione frequentò il Bishop Stortford College in Inghilterra. Dopo lo scop-
pio della prima guerra mondiale fu arruolato come comandante di carro in Francia, e
per le sue azioni ricevette sia il DSO (Distinguished Service Order, una decorazione
militare del Regno Unito e del Commonwealth) per il suo comportamento nella bat-
taglia di Cambrai, che la Croce di Cavaliere della Legione d’Onore francese. Bion ar-
rivò in zona di guerra il 26 giugno 1917, e fu promosso a tenente temporaneo il 10
giugno 1918, ed a capitano operativo il 22 marzo 1918, quando gli venne affidato il
comando di una sezione di carri armati. Il 19 ottobre 1918 divenne secondo in co-
mando di una compagnia di carri armati, incarico che durò fino al 7 gennaio 1919. Fu
congedato l’1 settembre 1921, con il grado di capitano. Il testo completo del suo DSO
riporta:
CONFERIMENTO DEL DISTINGUISHED SERVICE ORDER.
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[…]
T./2nd Lt, Wilfred Ruprecht Bion, Tank Corps.
Per l’evidente coraggio, e devozione al dovere. Al comando del suo carro ha af-
frontato un gran numero di mitragliatrici nemiche situate in posizione di vantag-
gio, aiutando così l’avanzata della fanteria. Quando il suo carro fu messo fuori
uso da un colpo diretto, ha occupato una sezione della trincea con i suoi uomini
ed ha aperto il fuoco contro il nemico con le mitragliatrici. Successivamente è
uscito in campo aperto, dando indicazioni agli altri carri che nel frattempo arri-
vavano, ed allo stesso tempo facendo fuoco con una mitragliatrice Lewis dalla
cima del suo carro, con grande impatto sul nemico. Ha anche fatto uso di una
mitragliatrice catturata dal nemico contro il nemico stesso, e, quando sono arri-
vati i rinforzi, ha preso il comando di una compagnia di fanteria il cui coman-
dante era stato ucciso. Ha mostrato un coraggio ed uno spirito d’iniziativa ma-
gnifici in una situazione terribilmente difficile.
L’arrivo a Londra e l’incontro con la psicoanalisi
Successivamente, Bion studiò storia al Queen’s College di Oxford, e medicina
all’University College di Londra. Attirato a Londra inizialmente a causa della “nuova
e strana materia chiamata psicoanalisi”, incontrò e rimase colpito da Wilfred Trotter,
un eccellente neurochirurgo che aveva anche scritto il famoso “Instincts of the Herd
in Peace and War” (Gli istinti del branco in pace e in guerra) nel 1916, basandosi su-
gli orrori del primo conflitto mondiale. Questo incontro avrà una grande influenza
sull’interesse di Bion per i comportamenti di gruppo. Dopo aver ottenuto la qualifica
di medico, Bion ricevette una formazione in psicoterapia della durata di sette anni al
Tavistock Institute, un’esperienza che successivamente ricordò come “sotto certi a-
spetti limitata”. La frequentazione del Tavistock lo mise tuttavia in contatto con Sa-
muel Becket. Bion intendeva formarsi in psicoanalisi e nel 1938 iniziò un’analisi di-
dattica con John Rickman, ma la seconda guerra mondiale vi pose fine.
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La seconda guerra mondiale e le esperienze con i gruppi
Bion fu richiamato come tenente nei corpi medici della Royal Army l’1 aprile 1940, e
lavorò in un certo numero di ospedali militari, incluso il Northfield Hospital, dove
condusse il primo esperimento Northfield. Le idee sulla psicoanalisi dei gruppi che
vennero applicate per la prima volta in questo esperimento vennero riprese e svilup-
pate da altri come S. H. Foulkes, Rickman, Bridger, Main e Patrick De Mare.
In effetti, tutto il gruppo del Tavistock fu richiamato alle armi, e lavorò a nuovi me-
todi di trattamento per le conseguenze psichiatriche della guerra, che principalmente
consistevano in sindromi legate allo stress post-traumatico, o “shell shock” (psicosi
traumatica, alla lettera shock da bombardamento) come veniva allora chiamato. Du-
rante la guerra, la moglie di Bion diede alla luce la loro figlia, che però morì poco
dopo. Un’altra figlia di Bion, Parthenope, sarebbe diventata un’importante psicoana-
lista, ma morì anche lei prematuramente, in un incidente automobilistico in Italia nel
1998.
Il lavoro al Tavistock Institute
Una volta rientrato al Tavistock, Bion presiedette la “commissione di pianificazione”,
che riorganizzò l’istituto suddividendolo nel Tavistock Institute of Human Relations
e nella Tavistock Clinic, che faceva capo al nascente servizio sanitario nazionale. Nel
1951, sempre all’interno del Tavistock, Bion incontrò la sua seconda moglie, France-
sca. Dato che il suo interesse per la psicoanalisi andava crescendo, Bion affrontò
nuovamente un’analisi didattica, dal 1946 al 1952, con Melanie Klein. Si unì ad un
gruppo di ricerca formato da allievi della Klein (inclusi Hannah Segal e Herbert Ro-
senfeld) che stavano sviluppando la teoria della posizione schizoparanoide, per farne
uso sui pazienti con disturbi psicotici. Bion produsse una serie di lavori molto origi-
nali e influenti, che vennero raccolti in “Second Thoughts” (Riflessioni aggiuntive)
nel 1967, riguardanti l’analisi della schizofrenia ed i particolari problemi cognitivi,
percettivi e d’identità che interessano i pazienti da essa affetti.
Durante gli anni quaranta Bion produsse una serie di brillanti lavori incentrati sulle
dinamiche di gruppo, che in seguito vennero raccolti in “Experiences in Groups” (E-