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Introduzione
Questo lavoro ha lo scopo di presentare la figura di Luciano
Magrini, un giornalista la cui importanza non è solo ristretta al mondo
della carta stampata. La tesi si articola in cinque capitoli nei quali
sono analizzati gli articoli, le corrispondenze e i libri che ha
pubblicato, permettendoci di comprendere le sue conoscenze e
l’incidenza che ebbe nel corso del Novecento.
Nel primo capitolo, grazie anche ai numerosi servizi che elaborò
come pubblicista, è delineato il profilo biografico di Magrini dal quale
si può constatare quanto la sua vita sia stata piena di avventure
importanti che ne hanno formato cultura e carattere. Uomo di grande
professionalità e dotato di una morale fuori dal comune, egli fu
scrittore e giornalista di qualità e, quando la patria lo chiamò in
occasione delle guerre prima e da costituente e Sottosegretario poi,
non si tirò mai indietro dimostrando sempre una forte tempra.
Tracciato il profilo biografico, il secondo capitolo focalizza il
processo intercorso tra Magrini e l’onorevole Federzoni, redattore del
giornale nazionalista «Idea Nazionale». Durante il periodo del
dibattimento, «La Stampa» di Torino presentò quasi quotidianamente
le vicende e grazie alle deposizioni riportate dal giornale torinese che
si susseguirono la figura di Magrini emerse con grande chiarezza e
precisione.
Viaggiare fu una costante in tutta la sua vita e il terzo capitolo è
dedicato appunto a questa sua autentica passione che riuscì a
trasformare in lavoro come inviato. Viaggiò in ogni continente e ogni
5
esperienza fu riportata sui giornali presso cui lavorò; molti di questi
articoli, successivamente, vennero raccolti in altrettanti libri che
ottennero un buon successo.
Anche la storia occupò un posto importante nella vita di Magrini e
a tal proposito il quarto capitolo è dedicato all’analisi del suo testo Il
dramma di Sarajevo. Origini e responsabilità della guerra europea.
Questo libro, oltre a spiegare le origini e le responsabilità del primo
conflitto mondiale, ebbe il merito di influenzare e ispirare Luigi
Albertini nella stesura del volume Le origini della guerra del 1914, di
cui Magrini scriverà l’avvertenza.
Il quinto e ultimo capitolo è dedicato agli ultimi anni di vita di
Magrini e alla commemorazione che la Camera dei Deputati gli
dedicò qualche giorno dopo la sua morte. Infine l’appendice è
riservata totalmente alla commemorazione che gli dedicò la rivista
«Quaderni di Civiltà Cinese», da lui fondata qualche anno prima.
6
Capitolo I
Profilo biografico
Luciano Magrini nacque il 2 gennaio 1885 a Trieste dal friulano
Enrico, musicista molto noto, e dalla veneta Livia Marini
1
. In giovane
età fondò nella sua città natale, con alcuni studenti triestini che
frequentavano l’Università di Vienna, una sezione del Partito
repubblicano italiano (PRI) e sempre in questo periodo, retto da un
alto idealismo morale, cominciò a scrivere presso il giornale locale
l’«Indipendente» e a frequentare la compagnia sospetta dei più accesi
patrioti irredenti ma, scoperto dalla polizia asburgica, fu costretto a
fuggire a Udine. Una volta che riuscì a sottrarsi alla polizia, fu accolto
da Silvio Stringari, direttore del quotidiano «Il Friuli», grazie al quale
riuscì poi a raggiungere Forlì e rappresentare la sezione del Partito
repubblicano di Trieste e dell’Istria al VII Congresso nazionale del
partito, che si tenne dal 3 al 5 ottobre 1903. Sempre in questo periodo
Magrini esordì come giornalista collaborando all’«Educazione
politica»
2
di Arcangelo Ghisleri, quindicinale milanese di diritto
pubblico, economia, arte, lettere, storia contemporanea. Magrini ebbe
il privilegio di collaborare con uomini del calibro di Gaetano
Salvemini, Giovanni Bovio, Eugenio Chiesa, Mario Rapisardi e gli
1
Per un primo approccio al personaggio si veda C. Scibilia, Magrini Luciano, in «Dizionario
biografico degli italiani», vol. 67, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 2007, p. 515.
2
Sul periodico l’«Educazione politica» si veda A. Benini, Vita e tempi di Arcangelo Ghisleri
(1855-1938), Manduria, Lacaita editore, 1975, p. 277.
7
economisti Maffeo Pantaleoni e Vilfredo Pareto. L’essere vicino al
Ghisleri influenzò la sua visione politica e ideale tant'è che per tutta la
vita Magrini si dichiarò repubblicano convinto.
Entrò quindi all’«Italia del popolo»
3
, un quotidiano politico di
Milano, giornale che riprese la testata di quello che Mazzini fece
uscire sempre a Milano il 20 maggio 1848. Anche in quest’avventura
il suo direttore fu Ghisleri che lo volle a tutti costi al suo fianco.
Nonostante il giornale gravasse in difficoltà economiche, riuscì a
essere competitivo grazie alla qualità dei servizi che presentò. Per
questo quotidiano fu prima correttore di bozze e poi redattore dal 1904
al 1905, quando questo cessò le pubblicazioni nel 1908.
Dopo la chiusura dell’«Italia del popolo» Magrini si trovò senza
occupazione e per andare avanti dovette ingegnarsi e fare quello che
capitò: scrisse per commissione componimenti d’occasione (una volta
addirittura elaborò dodici sonetti per poco più di una lira) e fu anche
imbianchino affrescando un’osteria. La sua vocazione però era il
giornalismo e allora tentò di far rinascere la storica testata «Rivista
repubblicana»
4
di Ghisleri fondata a Milano nel 1878, un periodico di
politica, filosofia, scienze, lettere ed arti. Magrini in questa rivista
ricoprì parecchi ruoli come il direttore, il redattore, il correttore, il
tipografo e persino lo spedizioniere. Nelle intenzioni di Magrini vi fu
la volontà di ripercorrere la strada già tracciata dal Ghisleri, ovvero far
risorgere, tramite questo giornale, il partito repubblicano del
Risorgimento facendovi confluire i fedeli di Mazzini e quelli di
3
Ivi, p. 278.
4
Ivi, p. 267.
8
Cattaneo. V olle per quest’avventura collaboratori come Eugenio
Chiesa, Roberto Mirabelli e Innocenzo Cappa; il 1° febbraio 1906 fu
pubblicato il primo numero ma il tentativo di Magrini fallì poco dopo
nel luglio dello stesso anno. Questa sfortuna esperienza gli dette la
giusta motivazione per non abbattersi e proseguire.
Nel 1907 passò a «La Ragione»
5
di Roma, quotidiano politico
ufficiale del Partito Repubblicano. Come per le precedenti esperienze
ebbe come direttore Ghisleri e come redattore-capo ed esperto di
politica internazionale Giuseppe Meoni
6
. Il tono del giornale fu assai
elevato rispetto a quello della stampa politica romana del tempo e
quindi ebbe scarsa considerazione fra il pubblico più vasto. Sempre
nel 1907 pubblicò il suo primo libro Il pericolo tedesco sulla Triplice
Alleanza (su cui dava un giudizio negativo) seguito da Il tramonto
della Triplice Alleanza: alla vigilia della guerra del 1908. Dopo
queste opere fu notato da Filippo Turati e Claudio Treves che lo
vollero al «Tempo» di Milano come collaboratore per la politica
estera, posizione grazie alla quale poté continuare a criticare
aspramente l’Alleanza e spiegare i danni che avrebbe arrecato al
paese.
La svolta nella sua carriera giornalistica arrivò nel 1910 con
l'incarico d’inviato speciale al quotidiano «Secolo», il giornale più
venduto in Italia a cavallo tra il XIX e il XX secolo, dove collaborò
5
Ivi, p. 280.
6
Serenissimo Presidente del Rito Simbolico Italiano nonché Gran Maestro Aggiunto dal 1922 al
1925, morto nel 1934 a seguito delle persecuzioni subìte da parte del regime fascista: Presidente
della Federazione Nazionale Stampa Italiana, era stato uno dei pochi a opporsi nel 1924 al "decreto
Federzoni" che limitava fortemente la libertà di stampa.
9
con Pio Schinetti e Mario Borsa che di lui ebbe questa definizione:
Il corrispondente di guerra e redattore viaggiante più secolino di tutti, più
intimamente legato al giornale e più popolare fra i suoi lettori
7
.
L'inviato speciale fu un incarico importante per la sua carriera,
poiché gli consentì di viaggiare per il mondo e far conoscere altre
culture; fu l'incarico in cui egli pose un coraggio fisico nella ricerca
delle informazioni e un coraggio morale nel renderle pubbliche, che
potrà essere uguagliato, ma mai superato
8
. Ovunque si trovasse i suoi
telegrammi furono sempre tra i primi ad arrivare battendo
regolarmente i colleghi italiani e stranieri. Non fu mai vinto dalle
difficoltà che incontrò nei suoi viaggi anzi, andò sempre avanti di
giorno in giorno, notte, solo, sprovvisto di tutto e sostenuto solamente
dalla sua passione giornalistica e dal suo amore per il giornale. Gli
anni trascorsi nella redazione del quotidiano «Secolo» furono di
grandi emozioni per Magrini e fu in questo periodo che il suo carattere
di origine triestina venne oltremodo allo scoperto: la malinconia, la
fermezza e la decisione furono i tratti principali che lo
accompagnarono per tutta la vita e la credenza fedele e incondizionata
ai suoi ideali rischiò di farlo passare anche per fazioso. Il suo essere
cosi intransigente fu soprattutto una necessità, viste le innumerevoli
avventure che dovette affrontare nel corso della sua vita.
Magrini tra il 1912 e il 1913 andò, come corrispondente del
7
M. Borsa, Memorie di un redivivo, Milano – Roma, Rizzoli, 1945, p. 343.
8
G. Ansaldo, Dizionario degli italiani illustri e meschini dal 1870 a oggi, a cura di M. Staglieno,
Milano, Longanesi, 1980, p. 175.
10
«Secolo», in Grecia dove ebbe un grande successo poiché giornali
francesi e inglesi dedicarono alle sue imprese molti articoli e,
addirittura, un’intera pagina del «Secolo», scritta di suo pugno, fu
pubblicata sul «Daily Mail»; i suoi resoconti furono apprezzati
all’estero per la capacità di sintesi, la rapidità della lettura e la
veridicità dei fatti ma soprattutto perché ebbero il merito di essere
sobri e seri. Il pubblico cominciò a seguire sempre con maggiore
interesse le corrispondenze di Magrini vista la scrupolosità con cui
portava a termine le sue inchieste e la capacità di avvicinare qualsiasi
personaggio. Il viaggio in Grecia fu ispiratore per l’opera Le isole,
l'Albania e l'Epiro maggio 1912 - giugno 1913
9
del 1913; Magrini
non si fermò soltanto nella repubblica ellenica ma proseguì in Galizia,
in Turchia, in America, in Polonia e in Serbia. Da quest’ultimo viaggio
poi sarà tratto un libro denominato La Serbia invasa
10
che uscirà solo
nel 1922 poiché fu richiamato alle armi per la “Grande Guerra”.
Durante il primo conflitto mondiale partecipò nel 1916 alla
“battaglia degli Altipiani”, che si tenne tra il 15 maggio e il 27 giugno
tra l’esercito italiano e quello austro-ungarico sugli altipiani vicentini.
Questo scontrò lasciò molti sviluppi negativi per l’Italia: si diffuse la
psicosi dell'invasione da parte degli austro-ungarici, i quali, si
mostrarono abili nello sconvolgere le aspettative dei comandi italiani,
si ebbe una crisi istituzionale quando un voto di sfiducia a Salandra gli
fece perdere la guida del governo a favore di Paolo Boselli e a livello
9
Sull'avventura in Grecia L. Magrini pubblicò il volume Le isole, l'Albania e l'Epiro maggio 1912
- giugno 1913, Milano, Società editoriale italiana, 1913.
10
Sull'avventura in Serbia L. Magrini pubblicò il volume La Serbia invasa, Milano, La
Promotrice, 1922.
11
popolare si ebbe grande scalpore quando si seppe della morte o della
cattura dei più illustri rappresentanti dell’irredentismo italiano.
Magrini ferito in battaglia fu ricoverato all’Ospedale Militare e poiché
il Comando Supremo dispose che fosse impedito l’impiego in trincea
degli irredenti, fu utilizzato per altre particolari missioni.
Nel dicembre del 1918, alla conclusione del conflitto, poté
riprendere la sua attività di pubblicista presso il «Secolo» e continuò i
suoi viaggi per l’Europa: Ungheria, Austria, Polonia, Cecoslovacchia.
Ma fu in Russia che compì un lavoro senza eguali per l’epoca: come
corrispondente italiano riuscì per primo ad entrarci, ancora in fervente
agitazione rivoluzionaria, e a far pervenire al «Secolo» le sue relazioni
e considerazioni su gli eventi di quel paese. Raccolse e completò poi
quei suoi scritti in vari libri come La Caduta e l’assassinio dello Czar
Nicola II, Nella Russia bolscevica
11
del 1920 e La Catastrofe Russa:
dal fallimento comunista alla rinascita capitalista del 1922 attenta e
lucida analisi del conteso russo che fu uno dei testi più importanti
scritti da Magrini. Libro scritto nei primi anni ’20 fu tra i più rilevanti
resoconti che si ebbe della Russia post-rivoluzionaria.
Nell'agosto del 1923, dopo l’esperienza nella Russia bolscevica,
Magrini fu costretto a lasciare il «Secolo» dopo che la direzione del
giornale passò al nazionalista Giuseppe Bevione e la linea editoriale al
gruppo Borletti-Goldmann-Mondadori-Sacchi. Con lui lasciarono il
giornale altri giornalisti come Borsa, l'uomo che, durante il processo
contro l'«Idea Nazionale» del 1914, non esitò a tesserne le lodi
12
.
11
Sull'avventura in Russia L. Magrini pubblicò il volume Nella Russia bolscevica, Milano, Società
editoriale italiana, 1920.
12
F. L. Ferrari, Lettere e Documenti inediti, Roma, Edizioni SIAS, 1986, p. 410.
12
Magrini, insieme a Borsa e Schinetti, prima di abbandonare il
giornale, pubblicò una lettera diretta al senatore Luigi Della Torre
proprietario dimissionario del «Secolo»:
Egregio Senatore,
I mutamenti che si annunciano nella proprietà e direzione del Secolo, significando
un mutamento nel suo indirizzo politico, non ci consentono di rimanere più a
lungo al nostro posto. Se dicessimo che il distacco dal giornale, nel quale si è
spesa la miglior parte della nostra vita, non ci è cagione di profonda amarezza,
diremmo cosa non vera; d’altra parte ci conforta l’assoluta convinzione che le idee
per le quali abbiamo combattuto lungi dall’essere spente, avranno sempre una
voce finché esisteranno italiani, per i quali l’amore della patria non sia disgiunto
dal rispetto per la libertà
13
.
Passò al «Corriere della Sera» e vi rimase per circa due anni (1923-
1925) durante i quali l'allora direttore Luigi Albertini gli commissionò
parecchi servizi in Marocco
14
nei quali Magrini denunciò i nascosti
guai del regime di Liautey, primo generale francese a diventarne
governatore militare. Ancor prima che diventasse ufficialmente un
giornalista del «Corriere della Sera» Magrini fu un collaboratore
personale di Albertini che gli affidò vere e proprie missioni segrete,
destinate a cogliere in anticipo i sotterranei umori della politica estera.
Dopo le esperienze in Marocco, Magrini come inviato del «Corriere
della Sera» andò in India, dove conobbe Gandhi e grazie alla sua
naturale propensione nello scrutare l’animo umano riuscì a portare a
13
M. Borsa, Memorie di un redivivo, Milano – Roma, Rizzoli, 1945, p. 424.
14
Sull’avventura in Marocco L. Magrini pubblicò il volume Marocco, Milano, La Promotrice,
1926.