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INTRODUZIONE
Nell’ambito del più recente dibattito storiografico sull’esperienza della
Repubblica napoletana del 1799, peculiare ed insistita attenzione è stata
posta alla ricostruzione ed alla lettura dei variegati contesti provinciali
entro i quali si articolò il processo di repubblicanizzazione e quello,
altrettanto vario e complesso, di controrivoluzione, in bilico tra
realizzazione “organizzata” - che finì per identificarsi con il cardinale
Fabrizio Ruffo di Bagnara - e insorgenze.
In tale contesto, particolare interesse riveste l’analisi e la lettura, ormai
avviata con successo da alcuni anni, del contesto della provincia di
Basilicata, una delle realtà più variegate e vitali all’interno dell’alveo di
cultura e pratica politica della Repubblica napoletana, nella sua peculiare
connotazione di provincia ad alta concentrazione feudale e che, nelle
diverse aree, fu una provincia nella quale, con tempi e modi diversi, le
Municipalità repubblicane furono espressione evidente dei contrasti
interni tra i gruppi dirigenti locali.
Il presente percorso di ricerca ha inteso focalizzare l’attenzione sul
Vulture-Melfese, un’area di confine con Terra di Bari e Capitanata,
caratterizzata da dinamiche socio-economiche di grande rilievo e da
2
grande apertura ai traffici commerciali con le aree contermini, nonché
connotata da solida presenza, oltre che di un grande “Stato” feudale come
quello dei Doria, di una nascente borghesia terriera e delle professioni
che già negli anni Ottanta del XVIII secolo aveva dato prova di notevole
tenacia nella difesa dei diritti delle Università contro le usurpazioni delle
terre da parte dei locali feudatari.
Nel primo capitolo, dunque, si è contestualizzata l’esperienza del 1799
come uno dei più importanti riflessi della Rivoluzione francese in Italia,
inquadrandone i presupposti ed opportunamente analizzando le
condizioni generali dell’esperienza napoletana nel più generale contesto
dell’età napoleonica, nel contempo ponendo particolare attenzione ai
procedimenti attuativi del Governo provvisorio, tra i quali ampio spazio è
stato dedicato a ruoli e funzioni dei singoli Comitati e delle diverse
“correnti giacobine”, onde meglio evidenziare il terreno di cultura e
pratica politica che avrebbe dato i propri frutti sul territorio.
Nel secondo capitolo sono stati evidenziati modi e forme della
repubblicanizzazione in Basilicata, nel contempo evidenziandone le
peculiarità socio-economiche ed istituzionali che connotarono l’ampio
ventaglio di Municipalità repubblicane, espressione evidente della cultura
politica e dei progetti di governo di ceti e gruppi dirigenti locali,
protagonisti di prima fila nel movimento di repubblicanizzazione e,
parallelamente, della controrivoluzione organizzata, “pilotando”, in molti
casi, le stesse insorgenze popolari.
3
Il terzo ed il quarto capitolo, partendo da tale, più generale, contesto,
hanno tracciato una mappa dell’azione di repubblicanizzazione prima, di
controrivoluzione parallela e successiva, nella cruciale area del Vulture-
Melfese, nel contempo ponendo particolare attenzione non solo ai modi
ed alle forme di tali processi, ma anche, e soprattutto, all’articolazione
socio-professionale dei maggiori esponenti del movimento repubblicano.
In particolare, nel quarto capitolo si è focalizzata l’attenzione sui percorsi
di cultura e pratica politica dei “rei di Stato” del Vulture-Melfese, molti
dei quali sarebbero tornati ad esercitare cariche di rilevante caratura
politica nel corso del Decennio napoleonico.
In Appendice, infine, sono stati trascritti alcuni dei documenti di
maggior rilevanza tra i tanti consultati, lungo un percorso di studio e di
ricerca che, naturalmente, necessita di ulteriori sviluppi e
approfondimenti.
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5
Capitolo Primo
LA REPUBBLICA NAPOLETANA DEL 1799
1. Napoli e la rivoluzione
«Con la formazione della Repubblica romana (febbraio 1798), la
liberazione di Napoli divenne sempre più vicina»
1
. Il popolo napoletano
il 20 dicembre diede vita ad una sommossa popolare. Ferdinando IV, il
21 dicembre, lasciò il Regno alla volta di Palermo. Il sovrano fuggì a
bordo della nave inglese “Vanguard” da Napoli insieme alla sua famiglia
e ad un gruppo di cortigiani. La fuga, nonostante l’istituzione di un
Vicario Generale, creò, di fatto, un vuoto di potere nel quale tentò di
inserirsi la Città, organo elettivo che godeva di limitate funzioni
giurisdizionali ma che, nelle materie più importanti concernenti gli
interessi di tutta la collettività, poteva chiamare tutti i cittadini a
parlamento su questioni riguardanti l’annona, la polizia, l’ordine
pubblico ed il “buon costume” della capitale. Essa nominava un Regio
1
A. M. RAO (a cura di), Protagonisti nella storia di Napoli. Grandi Napoletani. I
repubblicani napoletani del 1799, Napoli, Elio De Rosa, 1999, p. 15.
6
Giustiziere, che era il giudice civile e penale per la “grascia”, ed un
Regio Portolano addetto alla cura del suolo pubblico ed ai giudizi delle
relative contravvenzioni
2
.
Il Vicario Generale Francesco Pignatelli di Strongoli, investito dei
poteri dopo la fuga del re, non venne accolto né accettato dalla
popolazione, in quanto la Città mirava a governare in modo del tutto
indipendente e autonomo, con l’obiettivo di proclamare Napoli una
repubblica aristocratica.
Si profilava, dunque, come detto un vero e proprio vuoto di potere,
tradizionalmente considerato come una vera e propria “anarchia” e
distinguibile in tre fasi:
1. Anarchia aristocratica, nel corso della quale i nobili della città si
opposero al Vicario;
2. Anarchia monarchica, con il tentativo di “salvare il salvabile”,
ritenendo persino giusto firmare l’armistizio coi francesi;
3. Anarchia popolare
3
.
I primi aperti contrasti tra il Vicario e la Città sorsero quando essa
richiese la costituzione di una truppa civica: il Pignatelli dapprima
accettò, per poi rifiutare, anche perché i successi francesi sui vari fronti
2
M. BATTAGLINI, La Repubblica Napoletana. Origini-Nascita-Struttura, Roma,
Bonacci, 1992, pp. 112-114.
3
ID., La Rivoluzione giacobina del 1799 a Napoli, Messina- Firenze, D’Anna, 1973, p.
14.
7
lo indussero ad intavolare trattative segrete con il comandante in capo
Jean-tienne Championnet, mentre Capua imbastiva una strenua difesa
4
.
Il 12 gennaio fu annunciato l’armistizio tra i francesi ed il Vicario
Pignatelli secondo il quale i francesi acquisivano il tratto del Regno a
nord di una linea tra Gaeta e Capua fino all’imboccatura dell’Ofanto,
mentre il Vicario si impegnava a pagare loro la somma di due milioni e
mezzo di franchi
5
. L’armistizio fu letto come un “tradimento” del
Vicario, accentuato dalla notizia dell’arrivo dei commissari francesi che
causò una rivolta popolare.
Il 15 gennaio 1788, alla notizia dell’arrivo in città degli esattori di
Francia, Pignatelli decise, a sua volta, di fuggire e con lui lo stesso
generale in capo dell’armata borbonica
6
, Karl Mack, mentre il 16 gennaio
veniva eletto Generale del popolo il principe di Moliterno, con il duca di
Roccaromana come suo luogotenente
7
: il Moliterno, con un proclama in
12 punti emanato il 17 gennaio, ordinò che fossero deposte le armi e,
4
C. ALBANESE, Cronache di una rivoluzione: Napoli 1799, Milano, Franco Angeli,
1998, p. 46.
5
V. CUOCO, Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli:1799, edizione critica a cura di
A. De Francesco, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, p. 86.
6
Ivi, p. 87.
7
«Nell’alba del dì seguente 22. i due Generali Moliterno, ed e Roccaromana scrissero
alla città, ed al Cardinale, esortandoli a far desistere il popolo da una resistenza, che più
si prolungava, più doveva divenirli funesta, minacciandone i pervertitori, ed offrendosi
di nuovo mediatori fra il popolo stesso, e la generosa armata Francese». A. LERRA (a
cura di), Monitore Napoletano (2 febbraio-8 giugno 1799). L’antico nella cultura
politica rivoluzionaria, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, 2006, p. 3.
8
sotto pena di morte, di rispettare tutti gli ordini impartiti al fine di
ristabilire l’ordine pubblico
8
.
Il 19 gennaio veniva conquistato Sant’Elmo ed il 21 gennaio 1799
veniva proclamata la «Repubblica Napoletana una ed indivisibile», con
l’innalzamento dell’Albero della Libertà, al quale avrebbero partecipato
«i Patrioti di Castel S. Eramo»
9
. La Repubblica fu, dunque, proclamata
prima dell’arrivo dei francesi, come “opera autonoma”, quasi una “sfida”
lanciata da pochi patrioti
10
.
Il 23 gennaio faceva ingresso a Napoli il generale Championnet che
emanava il decreto ufficiale di costituzione del Governo Provvisorio
della nuova Repubblica, in veste non di conquistatore, come era avvenuto
in altri paesi investiti dalle armate della «Grande Nazione», ma di
“liberatore”, sostenitore dei «buoni patrioti» e loro punto di riferimento
essenziale non solo a Napoli, ma in tutta Italia
11
, con notevole disappunto
del Direttorio, in quanto Championnet aveva agito d’intesa con un solo
componente del Direttorio, Barras, ed aveva favorito la creazione di una
Repubblica che la maggioranza dell’esecutivo transalpino avrebbe
volentieri sacrificato in nome di una politica che portava a preferire,
8
C. ALBANESE, Cronache di una rivoluzione: Napoli 1799, cit., p. 51.
9
M. BATTAGLINI, La Repubblica Napoletana…, cit., p. 157.
10
Ivi, p. 159.
11
A. M. RAO, La Repubblica napoletana del 1799, in Storia del Mezzogiorno, diretta
da G. Galasso e R. Romeo, IV/2, Il Regno dagli Angioini ai Borboni, Roma, Edizioni
del Sole, 1994, p. 475.
9
anche per ragioni finanziarie, la sopravvivenza di sovrani vinti e debitori
rispetto alla nascita repubbliche “indipendenti”
12
.
Championnet aveva condotto le operazioni militari affiancato da Jean
Bassal e da Marc-Antoine Jullien, due uomini strettamente legati al
giacobinismo d’Oltralpe, i quali avevano raccolto attorno a loro non
pochi esuli napoletani riparati a Roma e a Milano; d’altronde, nel
proclama con il quale diffondeva la notizia della vittoria su Mack,
Championnet aveva ricordato come «i destini d’Italia debbono
adempiersi» e gli stessi “patrioti” che in Castel Sant’Elmo fondarono la
Repubblica non solo deliberarono di stabilire rapporti di alleanza con
tutte le Repubbliche “sorelle”, ma subito aggiunsero di voler fare con
quelle della penisola «assieme de’ voti per la libertà italiana»
13
.
Tuttavia, non solo la Francia era ostile ai progetti di Championnet:
infatti, il 29 gennaio veniva piantato l’albero della libertà davanti al
Palazzo Reale, ma la stessa notte i popolani tentarono di incendiarlo,
costringendo i repubblicani a piazzare sentinelle e cannoni per
sorvegliarlo
14
.
La Repubblica napoletana “autonoma”, il cui riconoscimento da parte
di Championnet costituiva un vero e proprio atto d’insubordinazione al
Direttorio francese, ostile all’allargamento del fronte di guerra nell’Italia
12
A. DE FRANCESCO, 1799. Una storia d’Italia, Milano, Guerini e Associati, 2004,
p. 69.
13
Ivi, p. 70.
14
A. MANES, Un Cardinale Condottiero. Fabrizio Ruffo e la Repubblica Partenopea,
L’Aquila, Casa Editrice Vecchioni, 1929, p. 172.