CAPITOLO 1:
UN BREVE SGUARDO TRA IL MODERNO E IL POST -MODERNO :
1.1: Introduzione al discorso Postmoderno Dirt behind the daydream (Gang of Four 1
, 1979)
L'oggetto di questo lavoro pone le radici in un'epoca storica di grandi mutamenti interni alle società
occidentali. Quei mutamenti che, proprio a partire da quegli anni Settanta semineranno nichilismo
diffuso in Occidente, e che faranno pensare a molti autori a un “ingresso” in una nuova era della
storia della Western Culture , che sarà definita Post-Moderna .
Mutamenti tutt'oggi in corso.
Va detto, come premessa, che il termine “Post-Moderno” che si incontrerà spesso in queste pagine
non è da intendere come “un modo di pensare”, o una “corrente critica”. E' un termine, che non
riguarda solo il pensiero intellettuale: non si tratta di una teoria che sostituisce un altra teoria.
Il termine si è imposto, a partire dal volgere dei Settanta, adottato - a dispetto della sua relativa
designatività - da quel nascente pensiero critico che, a fronte dei radicali mutamenti che interessano
le società, cerca di riappropriarsi di qualche barlume di vero per costruirci “filosofia”, e, pur
lontanamente, riscattare la filosofia stessa dalla tautologia in cui era caduta, ossia quella di tentare
di dare un “ordine” al rinnovato (non-)senso del reale 2
.
Il prefisso “Post-” non deve far pensare, come rileva Chambers, a un “un semplice segnale
cronologico”. Implica invece un insieme di sentori, sensazioni, modi di vedere o percepire il mondo
e percepirsi nel mondo che caratterizzano il quotidiano in cui viviamo. Anche adesso.
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Sostiene Deleuze 3
che è l'opera fondamentale delle società occidentali, codificare i flussi viventi.
Naturalmente questo è sempre accaduto in sistemi capitalisti i quali, per loro natura, si fondano e
mantengono su una capacità di riscuotere “consenso” apportata in larga misura da una minuziosa
abilità nell'amalgamare le società sotto i confini di una visione del mondo unitaria.
La storia delle società capitaliste è in fondo sin dalla sua nascita, la storia di una concertata
costruzione di “punti di vista” scelti, selezionati accuratamente in base agli interessi di pochi, e
1 -Ether , nell'album “Entertainment!”, 1979.
2- L'enfasi sul reale, come vedremo, è al centro della critica di autori come Guy Debord, Michel Foucault, Roland
Barthes, o i “decostruttivisti” in generale il cui pensiero “regge” questa tesi.
3- Cfr ad es: trascrizione della lezione frontale su “Anti Edipo e Millepiani”, tenuta durante un corso di filosofia a
Vincennes, 16/11/1971. Consultata su www.scribd.com.
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I segni sottomettono le genti alla loro ripetizione parassitaria, nella misura in cui il mondo del
mercato e dello spettacolo li ha completamente sottomessi (del resto “c ome non sottomettersi […]
alla vasta e minuziosa evidenza di un pianeta ordinato?” [Borges “Finzioni”, 26]).
Al contrario, invece, “questa resistenza alla naturalità della lingua libera le possibilità del
linguaggio e le interminabili attività del significato” (Chambers, 1994, p 47).
Di conseguenza già negli anni '60/'70 nuovi linguaggi più funzionali e diversificati prendono vita
per riflettere appieno nuovi modi di percepire le nuove condizioni sempre più eterogenee, più altere.
Una delle novità, ad esempio, è che un mondo “alienato” ha spostato sul corpo la base del rapporto
comunicativo con l'esterno 59
. Anche i ritmi, le gestualità, i miscugli rumorosi e i silenzi stessi, ora
assumono sfumature fondamentali nel significare il nuovo mondo, i nuovi spazi, i nuovi modi di
sentire, appartenere, percepire, vivere nelle nuove generazioni.
Ciò che cade all'occhio è che in questi nuovi linguaggi, la parola spesso neppure trova posto.
Il linguaggio del resto, è cosa viva: “è topos guerriero: viene sempre da qualche parte” (Barthes
1973, p 28). E' il mezzo tramite il quale gli individui includono il proprio io nell'ordine del mondo.
Ed esprimono ora il mondo – interiorizzato – tramite il proprio “io” frastornato.
1.5. Segnali di una disaffezione segreta
L'insopportabile predominanza degli interessi finanziari sul desiderio di vivere non riesce più a
ingannare. (Raoul Vaneigem)
Ora capisco che processo è: si sostituisce uno sforzo dell'immaginazione all'esame del reale (J.L.Godard)
As these images pass, I can feel them feeding on my own inertia (JimCarroll)
Abbiamo potuto vedere, alla luce dei fatti sin qui portati in evidenza, come si possa esser fatto largo
in molte coscienze - con maggior vigore a partire dalla frustrazione del post '68 - una certa disillusione, un certo sentore di effimerità di qualsivoglia idea di cambiamento e di redenzione di
realtà che, al contrario, venivano consolidandosi con il consolidarsi del potere esercitato dalla
fascinazione da spettacolo e con il progredire dello sviluppo e della merce.
Il discorso è complesso, sfumato, e deve tenere conto di innumerevoli fattori, vecchi e nuovi, che
59- La nascita degli stili “sottoculturali” del dopoguerra ne è un segnale evidente, come dice Hebdige, ma è un semplice
riflesso distorto dell'attenzione ossessiva all'apparire della società in superficie. Una rifrazione-parodia: estrema forma
di riappropriazione del corpo per mezzo della “negazione”, della presa di distanze dal codice che ne regola le normative
sociali – ad es: d'abbigliamento, o di “gusto” – . Come vedremo in seguito. Sotto questa luce va letto anche il discorso
sui capelli, la simbologia, e lo stile della sottocultura attitudinal-giovanile dal dopoguerra in avanti.(Percui, se vogliamo,
anche degli odierni Emo , che tanto spazio occupano nei rotocalchi e anche nella satira TV italiana in questo periodo).
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caratterizzano le varie sfere sociali in cui le persone vivono e agiscono, ma in definitiva sembra
ormai fuori discussione che in ognuna di queste sfere graduali e lenti (spesso non troppo)
mutamenti nell'ordine di senso siano accaduti come detto, che hanno letteralmente stravolto l'intero
rapporto dell'individuo con il “sé” e col mondo: che la si veda in maniera più o meno ottimista 60
.
Proprio in quel lasso di tempo preso in considerazione innumerevoli fattori sopraggiungono a
diffondere un certo, enigmatico scetticismo nei confronti di quella che veniva chiamata “cultura
dominante”, e la sua “menzogna dell'uguaglianza” (Adorno, Progresso e Feticismo , Mimesis, 2002,
p 25) e a segnare il crollo di “quel sogno di società unitarie”, e al contempo a fare in modo che,
almeno parte (crescente) delle realtà occidentali acquisissero una differente coscienza del proprio
modo di essere e di vivere.
Conoscenze nuove, consapevolezze nuove, eventi nuovi, spingono (tuttoggi) sempre più individui
ad affrancarsi dai dettami ideologici provenienti dai vertici, o da idee di un passato , da una
memoria , o da un sapere che non dipendano strettamente dall'esperire personale, e, a creare cultura
e linguaggi, spazi, pratiche, arte, a cercar insomma la propria “individualità” al di fuori di quelli che
prima erano i normali canali, i normali linguaggi, le normali geografie, i normali spazi.
Queste ultime, per riflesso, perdono progressivamente il significato tradizionale che possedevano.
Questo “slegamento” generalizzato si può dire, abbia riguardato tendenzialmente (almeno agli inizi)
coloro che, in quei sistemi, occupavano posizioni subalterne e dominate' 61
i quali, a partire dagli
anni '60 e più nei '70 “vengono a occupare economie, città, istituzioni, media e tempo libero del
Primo Mondo”(Chambers, 1994, p 12) e le cui diverse forme di reazione hanno spesso portato a
rivedere e ripensare – e qualche volta riscrivere – i fondamenti culturali su cui le società si basano.
Alcune concause di questa “disaffezione”, le principali, possono essere rintracciate negli evidenti
fallimenti delle democrazie occidentali 62
, poteri che, come già sostenuto in precedenza, agiscono
sempre più sotto la copertura della rifrazione da immagini, mitologie, sempre più incapaci di fornire
linee guida reali in cui ci si potesse identificare, e sempre più palesemente tese ad autoalimentarsi e
a mantenere inalterate le gerarchie in maniera inegualitaria, pressante, sulle spalle delle genti.
60- Mentre per molti, come visto, questo stato di cose si presenta come una muratura, un incapsulamento delle
possibilità del vivere, per altri, in definitiva (Si veda ad es Lyotard 1979, o anche Jameson 1984) in qualche modo
avrebbe per altri versi, portato alla luce (per chi la vuole vedere) la realtà “autentica” delle cose. “Essa può produrre
maggiore ricchezza culturale, laddove prima il principio unico pretendeva di costringere ogni cosa entro la sua rigida
legge e spegneva ogni possibile innovazione e negava ogni possibile apertura”.
61- Non credo ci sia necessità di sottolineare come il pensiero critico riconosca che “solo il subalterno”, può cogliere le
contraddizioni su cui è costruita la società(da Marx, a Baudrillard, passando per i “Francofortesi” e i Situazionisti).
Solo, bisogna essere disposti a rivedere il concetto di “subalterno”, dal momento che, come già alluso in precedenza,
anche le “classi sociali” sono ormai un “simulacro”, catturato dalle rappresentazioni televisive, e che vive, per utilizzare
le stesse parole che uso più giù, come “in formalina”, “in attesa di una rivoluzione che si compia da sè”.
62- Gli scandali “Una serie di manifestazioni 'immorali' da parte dei vertici da quello del ministro della difesa Profumo,
che fece cadere il governo McMillan nel 1963 ne Regno Unito, e quello Watergate, e Irangate) acuirono le sensazioni di
'non trasparenza'” rendendo più visibili i giochi di potere, e diffondendo una certa estraneità. (Chambers 1986, p 77).
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Unito, “currently about the only figure who seems to have the least interest in the social progress of
rock and roll is the skinny, crypto Ubermensch figure of David Bowie”. Everyone else” continua,
“is waltzing around the grand ballroom, or playing musical chairs at the captain's table”.
Nell'esplosione creativa che arriverà di lì a breve, davvero poco verrà salvato della musica
“dominante” di questo periodo: qualcosa dei Doors (tra cui l'autolesionismo del suo noto frontman ),
qualche atteggiamento dell'androgino Mick Jagger, l'aggressività degli Who, il rock'n roll di (metà)
Bringing it all back home di Bob Dylan …e poco altro.
Saranno ben altri, e proverranno da ben altrove gli stimoli e output da cui il punk sottrarrà gli
elementi più disparati – come in un mega- collage –, e che andranno a costituirne l'ossatura.
Ciò da cui ripartirà il punk saranno “le cattive” - molto cattive - “cose nuove” (Brecht).
1.9. Necessaria divagazione sulle le fondamenta musicali che hanno innescato il (non-
troppo) graduale meccanismo che ha portato all'esplosione punk.
1.9.1 The Velvet Underground & Nico: voci oscure tra i colori del '68
In mezzo a tutto ciò, ancor prima che accadesse il '68, già in luoghi come la multiforme NewYork ,
un numero crescente di artisti, poeti, musicisti e performers di vario genere, provenienti dagli
underground di molte città – da esperienze nel passato immediato, o “nuovi” – rielaborando ed
assimilando anche l'atmosfera e le esperienze di quegli anni anni “caldi” (in maniera più distopica,
disillusa però, rispetto al vento controculturale), propongono (e si danno a) nuove esperienze
lontane da quelle tendenzialmente “ottimiste” della loro immediata contemporaneità.
In musica, già dal 1967, “come una voce oscena, isolata, immemore di liberazioni utopistiche”
(Chambers), la musica dei Velvet Underground aveva fornito una “cupa alternativa” all'aperto
ottimismo della controcultura americana contemporanea.
Se si eccettua qualche sporadica manifestazione “fuori dalle righe” – si pensi ad esempio al più
sperimentale Sgt Pepper's Lonely Hearts Club Band dei Beatles (1967), o alle particolari atmosfere
più “elettriche” del già citato Bringing It All Back Home (1965) di un Bob Dylan già più “post”,
che, in perfetta controtendenza, riscopre con quest'album l'asprezza del r ock' n roll , o ancora il
lavoro di qualche altro isolato cantautore come Frank Zappa con i Mothers of Invention e poco altro
(produzione che comunque anch'essa eserciterà un'influenza fatale sulla quella futura) –, si può dire
che adesso una nuova sensibilità emerge anche nei circuiti del suono della musica moderna.
I Velvet Underground, anch'essi “conosciuti rapidamente da 50 o 60 persone al massimo” 168
,
168 - Questo è un altro esempio di detournement , concetto descritto da Debord (cfr nota 147) : il detournement, va
ricordato , è differente dalla semplice citazione . In questo caso la frase è sottratta allo stesso Debord . in riferimento ai
60
dischiuderanno di li a poco un vero e proprio portale dimensionale alla musica e alla cultura tutta a
partire dal decennio a seguire con il loro album d'esordio, che reca il loro stesso nome, e una bella
banana 169
su sfondo bianco disegnata sulla copertina con sotto la firma dell' “artista”.
L'incontro tra Lou Reed e la sua band (i futuri Velvet Underground) con Andy Warhol&Paul
Morrisey avviene nell'anno precedente al Cafè Bizarre di
New York: è lì che il già noto “duo” resta folgorato dallo
stile di quei tipi stravaganti che parlavano un linguaggio
musicale completamente alieno al resto di ciò che è
conosciuto a quel del tempo. Riterranno opportuno
organizzare uno show sui loro ipnotici suoni.
“Andy Warhol”, dice Lou Reed, “told to me what we were
doing with music, was the same thing he was doing with
paintings, movies, and writings-i.e. not kidding around
[…]. And we were doing a specific thing that was very,
very real” (McNeil, p 7).
Ed era davvero “real”: e il fatto che bisognasse attendere il
decennio successivo perché si potesse comprendere la
portata delle influenze, delle idee che quell'album ha rilasciato, legittima il discorso che son venuto
costruendo lungo il primo capitolo, sul mutamento della percezione occorso alle società in quel
periodo, nonché sul concetto di autenticità che vigeva (discorso naturalmente visibile a posteriori ).
La prima apparizione pubblica dei VU risale alla già citata rappresentazione d'avanguardia
dell' Exploding Plastic Inevitable 170
inaugurata nel Marzo '66 al Trip di Los Angeles 171
.
Qui tutto è distaccato, caotico, “folle”: “a violent, sadomasochistic barrage on the senses and the
sensibilities” come dirà Lester Bangs (Op cit, p 40).
suoi Commentarii (1987, tesi I) . Per tornare al filo del discorso “ognuno di quei cento che ha acquistato quell' album, ora
è un musicista o un critico rock” dirà Brian Eno riguardo all'album d'esordio dei VU (fonte: www. Scaruffi.com)
169 - Che nelle primissime stampe era sbucciabile:chi acquistava l'album era invitato a “peel slowly and see” trovandovi
sotto alla banana gialla un'allusiva banana rosa. Ma l' elevato costo di questa articolatura (per cui era stato inventato
apposta un macchinario!) non permise di stamparne più di un tot di copie e infine si optò per una trovata più semplice.
170- Cfr nota 134. Il nome è stato ricavato da un'anfetaminica lettura delle note scritte da Bob Dylan sul retro della
copertina di Bringing It All Back Home. Ricorda Paul Morrisey: “I picked up a record album with Barbara [Rubin,
groupie del circolo di Warhol che compare sul retro della copertina dell'album di Dylan] on the back, massaging Bob
Dylan's head. There were some amphetamine Bob Dylan gibberish liner notes. I looked without reading, and saw these
words appear: something was “exploding”, something was “plastic”, and something was “inevitable”. I said: “why
not[...]...”(Da Up-Tight: The V elvet Underground Story Di V. Bockris e G. Malanga, p 45, Omnibus Press, 2002)
171 - In verità lo Show era già stato performato in gennaio, in occasione di una cena del congresso annuale del New
York Society for Clinical Psichiatry cui era stato invitato anche Andy Warhol (i cui metodi di comunicazione e
comportamenti attraevano il mondo della psichiatria). Lo stesso artista non disdegnava questa tipologia di inviti. Non
casualmente Andy Warhol aveva nominato il progetto “the look at yourself film project”: “A kind of community action
underground”(fonte:www.warholstars.com). “The Lou's Revenge” definirà invece lo Show John Cale in riferimento al
fatto che Lou Reed aveva subito da adolescente delle “cure”di elettroshock per via della sua presunta omosessualità.
61
1. Illustrazione: Copertina dell'album
The V elvet Underground&Nico,
realizzata da Andy Warhol
loro reale, la padronanza del loro presente, il possesso del proprio corpo nell'immanenza della
situazione nel qui e ora . In questo senso acquisiscono valore le parole di Stewart Home: "il
misticismo hippy e il nichilismo punk erano due facce della stessa medaglia".
Anche quella dei punk era una fuga dal presente alla ricerca di spazi con la mente: solo che ciò non
voleva dire fuggire "in oriente". La fuga era nella stessa società occidentale: in quell altrove -
spaziale e temporale - che offrivano le macerie della contemporaneità.
Anche i punk inoltre, nutrivano la segreta fiducia nel fatto che la musica potesse cambiare il mondo.
Insomma, per quanto i punk nascessero in reazione al "buon pensiero" hippy (oltre che "borghese")
non bisogna pensare che siano in completa rottura con quella.
La distanza siderale di "umore" risiede nella differenza di fondo che esisteva tra gli hippy e i punk:
in prima istanza dipende dal "desiderio"(giovanile) in relazione alla sua realtà. I giovani che
vengono sulla scena negli immediati anni '70, come dice Primo Moroni, “sono diversi dai giovani
che li hanno preceduti: essi [...] sono gli spettatori del crollo dei miti sociali del moderno: la crisi
della prospettiva della società moderna appare loro come il venir meno di ogni possibilità di
futuro" ( L' orda d'oro , 629). Si deve a ciò il fatto che "the hippies had big world statements and
love and peace, but punk was concerned with things closer to home"(John King).
Per comprendere i l cambiamento di umori e “attitudini” dei giovani (riflesso nei loro ritmi, e nel
loro aggregarsi in culture, nonché nei linguaggi ecc... ), e per comprendere la rivolta punk, bisogna
perciò cercare motivazioni, come già espresso precedentemente, nei mutamenti occorsi nel “senso
sociale”, a partire proprio da quegli anni a cavallo tra i '60 e i '70, e come ciò è andato ad intaccare
la loro fiducia nei confronti del preesistente 2.4. Tra il '68 e i '70s: viaggio tra due epoche così vicine e così lontane L' anno 1968, nel simbolismo della cultura occidentale, è visto come il punto di deflagrazione di un
insieme di circostanze volte alla "soggettivazione" delle nuove classi emergenti: i giovani, i neri, i
"lavoratori" o le donne, con le istanze che questi rappresentavano.
Tali movimenti rivoluzionari, com'è noto, erano stati portatori di una nuova speranza e di
un'ideologia fiduciosa. Ma a partire da quel punto di svolta sostiene Moroni, "un intera prospettiva
si rovescia" (629). I l concetto può essere riassunto dalle caustiche parole di Alan Vega, musicista
del gruppo art punk dei Suicide: "il millenovecentosessantanove fu il punto di svolta di tutto
quanto: prima di allora sembrava che gli anni '60 stessero per cambiare il mondo: che tutto stesse
per girare in 'questo' modo, mentre invece andò tutto in 'quell'altro' modo"( Please kill m e , p 108).
"Le culture giovanili", sostiene Primo Moroni, "registrano questo rovesciamento nel 1977:
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dall'espansione della società industriale si passa alla sua crisi, e inoltre il progresso industriale
comincia a mostrare le sue tendenze catastrofiche, sensazione coadiuvata dalla transizione alla
società dell'elettronica, dalla freddezza tecnologica e dall'arroganza competitiva, dall'onnipotenza
dello spettacolo e dell'informanzione"(Op cit, p 629)
Eviterò di addentrarmi negli avvenimenti politico-culturali che scossero le società occidentali in
questi anni, in quanto è forse il periodo storico su cui, più che a ogni altro, calza ergonomicamente
la definizione "è stato detto tutto e il contrario di tutto", in ogni scienza, soprattutto in quella dello
spettacolo, tanto che non si può convenire con lostesso Moroni quando dice che "risulta impossibile
fare un analisi obiettiva": cataste di significato che hanno smarrito ogni senso lineare. E proprio per
questo eviterei un trattamento necessariamente superficiale che pure richiederebbe spazio.
Va però detto che esistono due correnti principali di pensiero, due modi di vedere il " '68" (come-
casella-ideologica): il primo è ottimista, è quello che tutt'oggi - "a freddo" - è il più accreditato nel
senso comune, e può essere racchiuso in una formula di Daniel Cohn Bendit, uno che era in prima
fila durante il "maggio Parigino": "una sconfitta sul piano politico ma una vittoria sul piano
culturale". A scapito cioè del fatto che ben poche di quelle istanze controculturali troveranno posto,
a conti fatti, quando i portali ideologici di quelle società si richiusero su se stessi lasciando fuori
gran parte di quelle aspirazioni 229
-- spesso ricorrendo alla forza o alla menzogna generalizzata -- , al
"Sessantotto" va il merito di essersi fatto latore di una svolta emancipativa, "liberando" le società
future da gran parte dei fardelli etici provenienti dai vecchi regimi sociali conservativi.
L'altra "corrente", che è opposta a quella tendenzialmente "ottimista", la riassume Jean Baudrillard,
che pure vi aveva preso parte: per l'autore il '68 invece è già esso stesso " a first violent reaction to
the saturation of the social, a retraction, a challenge to the hegemony of the social, in contradiction,
moreover, to the ideology of the participants themselves, who thought they were going further into
the social"( The Beauborg Effect, in "Simulacra and Simulations",1982, p51). Il '68 cioè, pur nel
fermo credo di stare agendo per la libertà e "soggettivazione" dell' individuo, in verità stava già
accadendo per evitare una soggiogazione al sistema repressivo contro cui si scagliava. Quei ragazzi
affrontarono essi stessi le lotte, con una percezione differente: credendo di andare oltre a prendersi il
mondo che avevano desiderato esattamente come prediceva Marx, gli spazi di cui avevano letto nei
libri di Marcuse e Debord. A un livello immediatamente percettivo, aspiravano alla libertà descritta
da Jack Kerouac, cantata da Bob Dylan e John Lennon, e rappresentata in forma tangibile dalle
rivendicazioni delle donne e dalle proteste delle Pantere 230
. Ma a conti fatti si battevano per un
mondo che stava perdendo la sua “autenticità”, schiacciata dall'oppressione di un “reale” sempre 229 - Baudrillard sostiene che solo le istanze delle battaglie delle donne saranno accolte con riserva, perche esse
rappresentavano l' altro lato delle “naturali opposizioni” su cui l' ordine esistente delle società si fonda.
230- Le Black Panther Party, partito nato negli anni '60 che si batte per l'emancipazione nera negli Usa.
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oggi una svastica, per quanto ripresa da altrove(e in origine addirittura un simbolo positivo' 259
) è
inevitabilmente "legata" al nazismo, m a in questa peculiare rimodulazione, il senso non è più
“testuale”. Va oltre: e per ricavarlo, “bisognerà fare riferimento […] a possibilità altre”(U.Eco).
Occorrerà soffermarsi ad analizzare il "dilemma" della svastica, che reca insito un discorso
"linguistico /semiotico" di fondo che forse è applicabile all' intero mondo dei punk, e che, a ben
guardare, è legato da un filo coerente a tutti gli altri suoi "usi e costumi":
2.6.3.1. Il “Dilemma” della Svastica Questo è uno dei più controversi punti sopra la cultura punk, che darà a pensare a molti che questi
fossero partigiani delle estreme destre (le quali, ricordiamo, proprio in quel periodo – uno dei più
neri in ambito razziale, non solo nel Regno Unito – allargavano le proprie schiere di adepti).
Anche qui il discorso si fa complesso, dacché subentrano molti altri fattori a condizionare le
pratiche, e anche qui, in linea di massima, per ciò che concerne il discorso punk, bisogna scindere
tra i primi anni, e quelli successivi al suo ingresso nello spettacolo.
Ma la questione dell'uso della svastica (ma potrei osare nel dire che questo genere di lettura che qui
effettuo per la svastica, si può applicare a una buona parte della simbologia) , non è esclusivamente
una dimostrazione compiaciuta di blasfemia o razzismo, né un sintomo di “blind ignorance ”(per
usare parole di Stanley Cohen, op cit, p Lxi), né tanto meno una trovata puramente estetica.
“Il messaggio banale” di quegli usi dei segni, come suggerisce anche Eco 260
“non può essere il
punto d' arrivo” ma deve essere il punto di partenza per nuove interpretazioni, che “spingono a
riflettere” sul mondo circostante. E il messaggio più banale cui si potesse pensare – dopo quello di
“nazista” – è proprio quello che il simbolo fosse appuntato sulle giacche come mero “ornamento”.
In molti hanno tratto la rassicurante conclusione che molti di quei ragazzi non conoscessero quasi
nulla di ciò che quei simboli implicavano 261
. E' ciò che si sta dicendo quando si asserisce ad
esempio che quei simboli “volevano solo creare shock”, ... che in un certo senso è vero, ma il tutto
si riduce a una posizione troppo pratica e sbrigativa per essere poi credibile. In una spiegazione del
genere il senso reale di quel linguaggio si è smarrito.
259- “La svastica è un potente simbolo portafortuna. Questa particolarità, la sua aura di magia, e il suo simbolismo
affondano le radici nelle più antiche civiltà mesopotamiche e iraniche. In India, dov’è largamente usata nelle cerimonie
indù e come motivo ornamentale, la svastica unisce il simbolismo astronomico a quello religioso. . . . La relazione fra la
svastica e gli dèi dei pianeti corrisponde piuttosto bene alla storia e alla diffusione del simbolo. C’erano le necessarie
nozioni di astronomia nel luogo dove sembra che la svastica abbia avuto origine [Mesopotamia]” . Da un art. apparso
sulla rivista Natural History. Gennaio 1980. E' lecito dubitare, però, del fatto che molti di quei punk lo sapessero.
260- Il suo discorso è, nello specifico, riferito alle avanguardie di inizio secolo(Cfr Opera Aperta,1967).Ma
naturalmente, come abbiamo visto nel paragrafo 1.7., è allargabile anche a questa “nuova” avanguardia.
261 - E forse per molti era davvero così. Non non ne conoscevano il senso (soprattutto quando il punk è cominciato ad
essere di moda). Anche se questo, va detto, è alquanto strano visto che il ricordo del nazismo non era poi così lontano.
Molte famiglie di quei ragazzi l' avevano vissuta spesso sulla loro pelle, dal momento che molti punk erano ebrei...
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In definitiva anche questo ha l'aria di essere un esaltato "viaggio" in una "terra", attraverso visioni
di ogni sorta, in cui la musica segue ondulante i trip mentali costruiti dalle parole.
La prima parte, Horses , descrive il motivo delle visioni in un crescendo di tensione negativa tradita
dalla voce carica e dal ritmo crescente:
The boy took at Johnny, he pushed him against the locker / He drove it in, he drove it home, he drove it
deep in Johnny / The boy disappeared, Johnny fell on his knees / started crashing his head against the
locker,/ started crashing his head against the locker / started laughing hysterically qui il senso dipende da cosa si intende con “ it ”: si parla di sesso (come protendono in molti, vista la
metafora “fallica” degli “horses” che segue), di droga (“the spoon”, “the vein”, sembra pronunciare
in seguito), o semplicemente di “nuove” idee”? Fatto sta che ciò innesca strani meccanismi onirici –
When suddenly Johnny gets the feeling he's being surrounded by / horses, horses, horses, horses coming
in in all directions / white shining silver studs with their nose in flames / He saw horses, horses, horses,
horses, horses, horses, horses, horses che, aumentando di intensità vanno a esplodere nella seconda parte Land of thousand dances
cambiando radicalmente milieu .
Questa seconda parte è una interpretazione abbastanza libera dell'omonimo pezzo di Chris Kenner
(1962), perfettamente funzionale all'atmosfera surreale delle intenzioni di Patti Smith.
Emerge la passione per il ballo, nella terra delle mille danze, sotto ai colpi di un rock'n roll battente;
Do you know how to pony like bony maroney / Do you know how to twist, well it goes like this, it goes
like this / Baby mash potato, do the alligator, do the alligator /And you twist the twister like your baby
sister / I want your baby sister, give me your baby sister, dig your baby sister / Rise up on her knees, do
the sweet pea, do the sweet pee pee / Roll down on her back:
Qui, in questa terra “o ccorre perdere il controllo, per prendere il controllo”:
got to lose control, got to lose control / Got to lose control and then you take control / Then you're rolled
down on your back and you like it like that / Like it like that, like it like that, like it like that / Then you
do the watusi, yeah do the watusi[...] La terza parte è titolata La Mer (de), e comincia con l'enigmatico There's a little place, a place called space / It's a pretty little place, it's across the tracks Il simbolismo diviene impenetrabile e il linguaggio più frammentario e astratto: prevalentemente si
parla del “sea of possibilities” che si dispiegano in questo “space”, sito “across the track”.
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(up there is just a sea of possibilities) / There is no sea but the sea / (up there is a wall of possibilities) /
There is no keeper but the key
Nel mare delle possibilità ci si può liberare. Non esiste guardiano, esiste solo “la chiave” per
accedervi. Anche qui come ho già detto precedentemente l'approdo a un nuovo stadio di
consapevolezze porta a un unica "verità" di fondo: il fatto che non vi è nessuna consapevolezza.
Solo "possibilities". La chiave è in mano all'individuo stesso.
(up there)/ I seize the first possibility, is the sea around me:
Anche qui insomma i messaggi recondi sembrano ruotare attorno al delicato e distruttivo compito di
spianare la strada alle generazioni a venire – “takin'fire on mental plane”(in Kimberly ) – :
dimostrando che non c'è niente di già scritto.
In Horses la “missione” sarà latente lungo tutto l'album e tornerà prepotente e molto meno
“poetica” in chiusura d'album con l'autrice in versione urlatrice punk in una cover di My Generation
degli Who (Cfr il testo nel Par 1.9.2.), che ricorda da vicino la carica iconoclasta dei Sex Pistols.
La canzone chiude l'album rivelando il senso nelle ultime parole:
We created it, let's take it over Patti Smith annuncerà a sorpresa il ritiro dalle scene nel 1979, proprio nel momento in cui il punk
ha già esaurito la sua forza d'urto iniziale, ed è ormai in fase di piena diffusione a un livello di
massa lungo l'intero occidente.
Forse il motivo risiede proprio in questa dichiarazione che rasenta una sensibilità assolutamente rara
nel mondo dell'arte e della musica: "our mission was to make space for the new guard [...]and they
came rather quickly, and when they did, me and my people were almost instantly obsolete"
373
.
3.4.4.3. I “Fast Four” e la “guerra(-lampo) del tempo libero”.
I Ramones sembrano usciti da quella Birdland di cui ho parlato.
Sono contemporanei a Patti Smith (e anzi hanno esordito al Cbgb's prima di lei 374
) perciò l'influenza
non può essere stata se non quella dettata dall' "aria" che tirava in quei posti, in quei tempi.
Ma come gruppo musicale e anche nella way of life riflettono perfettamente quel "veggente" senso
sociale che ho delineato per quella canzone, soprattutto quando dice "w e'll just be dreaming of
373- "But I was asked to do more records, and so I wound up doing a few more". (Patti Smith, Intervista di S.
Reynolds, Observer, 22 maggio 2005). Infatti tornerà sulle scene alla fine degli anni ottanta, a seguito di una serie di
"passaggi" personali. Sembra ancora convinta che "We can turn the world around, we can turn the earth's revolution, we
have the power, people have the power.../to redeem the work of fools" ( People Have the Power – P. Smith, 1988)
374- La loro prima performance qui risale all'agosto 1974 mentre la prima di P. Smith è del febbraio dell'anno dopo.
157
animation night and day".
Vi è un abisso di differenza tra questi due artisti, che può rendere l'idea del livello di slabbramento,
e di decostruzione cui era arrivata la musica in quegli anni, con il punk: Patti Smith è una poetessa,
e la sua sensibilità artistica da l'impressione di andare oltre la circostanza, di osservarla dall'esterno,
e perfino renderla "lirica", e la sua poesia sembra trascendere (ma è sempre un'impressione) il fatto
in sè di essere emersa in quel luogo in quel momento 375
.
I Ramones sono il frutto distillato della surrealtà del mondo contemporaneo. Sono l'emblema della
sua superficialità, anzi: sono loro "la superficialità" del mondo contemporaneo. Espressione in vita
della sua pochezza, della sua plasticosità. L a parola “ bubblegum ” con cui designavano il loro rock,
rende l'idea. Qui è proprio lo stupido, il minimale, il non-senso a rappresentare orgogliosamente
“l'artisticità” e la “letterarietà”.
Siamo già all'interno di quello “spazio” auspicato da Patti Smith per le nuove generazioni.
Perciò i Ramones saranno considerati la principale influenza per quel tipo di punk che emergerà da
quelle condizioni sociali nel Regno Unito: i Ramones sono veri: come lo è l'artificio dello
spettacolo, come lo è la stupidità dilagante della loro contemporaneità (e non solo la loro, dice la
storia...). Solo in queste inquiete circostanze sarebbero potuti emergere.
Non è un caso che la loro comunicazione controculturale si rivelerà una delle più riuscite dall'epoca
della Società dello Spettacolo. Forse è adesso che per la prima volta si può constatare appieno
realmente, a un livello "di massa", che, come ha detto Chambers, la superficialità della cultura
occidentale "è paradossalmente la sua espressione più profonda"(1986, 124).
A un livello "artistico"- musicale, è noto che con loro nascono quelli che saranno poi considerati
molti dei princìpi del punk , ma è altrettanto vero (anche se meno noto) che la loro rottura delle
strutture della musica, testuali, ritmiche, come un ground zero del rock, condizioneranno a più
livelli un po' tutta la musica a venire.
Per il momento, e quasi immediatamente, si può dire, "creeranno" una cultura. Ma alcuni dei
classici come Blitzkrieg bop , con il suo slogan "Hey Ho Let's Go", o Pinhead con "Gabba Gabba
Hey", o Cretin Hop campeggiano nei cervelli degli adolescenti - e non solo - anche oggi.
I Primi tre album dei Ramones (ossia l'omonimo Ramones , uscito in aprile del 1976, Leave Home ,
del gennaio 1977, e Rocket To Russia a detta di molti il migliore dei tre, del novembre del 1977),
spalancheranno un portale nella musica, e nuovi varchi della percezione nelle menti di molti giovani
che ne saranno coinvolti attraverso le dinamiche dispiegate dalla musica (– l'ascolto, la corporalità,
e anche fattori di "stile"
376
ecc...).
375- Forse in ciò va cercato il motivo per cui viene generalmente esclusa dal circuito punk da critici poco attenti.
376- Il loro look "da straccioni"ad esempio, jeans strappati, scarpe da ginnastica, giubbotto in pelle , diverrà "di moda".
158
CAPITOLO 4:
L' APPRODO NEL REGNO UNITO: IL PUNK DIVENTA UNA “CULTURA”.
Nei paragrafi precedenti, abbiamo visto come una nuova visione del mondo si serva di un
linguaggio per esistere 441
.
Questo lavoro sembra partire dall'assunto di Roland Barthes secondo cui “il linguaggio viene
sempre da qualche parte: è topos guerriero” ( Il Piacere del Testo, 28).
Barthes dice che “il linguaggio invecchia a forza di essere ripetuto”, e
Il linguaggio encratico (quello che si produce e diffonde sotto la protezione del potere), è un linguaggio
fondato sulla ripetizione. Tutte le istituzioni ufficiali sono macchine per ripetere: scuola, pubblicità,
informazione, ridicono sempre la stessa struttura, lo stesso senso, perfino le stesse parole. Lo stereotipo è
un fatto politico: la figura principale dell'ideologia. Donde l'attuale configurazione delle forze: da un lato
l'appiattimento di massa(legato alla ripetizione del linguaggio),dall'altro un impeto(marginale, eccentrico)
verso il nuovo. Impeto travolgente, che potrà anche arrivare alla distruzione del discorso. L'opposizione è
sempre tra l' eccezione e la regola : la regola è l'abuso, e l'eccezione il godimento” (Barthes, 1973, p 40)
“ Aprire", mettere in discussione tutto ciò che si sa , tutto ciò che è scontato, come hanno fatto quei
punk americani, ha portato ad altri livelli della percezione e del pensiero, a nuove forme di
"godimento" più liberi si direbbe, in periodi in cui, non sembra insensato dire, "l'esperienza stessa si
è vista assegnare dei limiti" (Breton).
Abbiamo evinto, dall'evidenza stessa della “differenza” nello stesso spazio della “norma” che, come
diceva Valery, “dopotutto il reale non è che un caso particolare”(1941).
Per il momento questa forma di intellettualità nascente è ancora confinata tra le ombre di una
società, quella Americana, che presenta pressappoco gli stessi problemi di qualche anno prima, solo
più accentuati: una società che già ha assunto quell'aria per dirla con le parole di Bangs, da
“mortifero e insulso autocompiacimento” e che punta già i riflettori su ogni forma di distrazione:
come “ vaccinazione di massa contro il virus del dubbio” (p 334).
Ma, come dice Barthes "ogni parlata combatte per l'egemonia e se ha il potere si estende" (Ivi, 27).
In questo capitolo vedremo come è nelle isole Britanniche che si assisterà alla realizzazione di
quella rivoluzione nata oltreoceano, con l'emersione di una moltitudine di nuove way of lives
“pericolosamente” costruite sul gioco dell'immagine e dell'immaginazione 442
.
E' chiaro che in ogni realtà la crisi del traumatico passaggio al “postmoderno” assume sembianze 441 - “Una lingua è la casa dove abita l'uomo”, Godard(1967)
442 - “La vita di tutti noi aveva qualcosa del cartone animato” dirà Legs Mcneil, oggi giornalista e scrittore.
187
CAP ITOLO 5:
IL DECLINO
5.1. Rock Against Racism Il 30 aprile del 1978, circa centomila persone presero parte all'evento “Rock Against Racism”, un
festival musicale organizzato proprio da ragazzi-punk per alzare la voce, dare una “sveglia” e
sensibilizzare i cittadini comuni, contro la piaga-razzismo che affliggeva il Regno Unito in maniera
aggressiva negli ultimi anni, e in maniera particolarmente aggressiva negli ultimi tempi.
Le origini di quest'atteggiamento, almeno a livello istituzionale, si possono far risalire a quel
famoso - già citato - intervento sui “fiumi di sangue”(1968) del politico conservatore Enoch Powell.
In quel discorso, tenutosi a Birmingham, il politico portava “pericolosamente” alla luce il fatto che
in Gran Bretagna ci fossero “areas that are already undergoing the total transformation to which
there is no parallel in a thousand years of English history” 584
.
Egli avvertiva le già timorose popolazioni britanniche che nel giro di pochi anni da lì, “whole areas,
towns and parts of towns across England will be occupied by different sections of the immigrant
and immigrant-descended population” e perciò si faceva largo la necessità impellente di “stop the
inflow” di quegli “alien elements”. A suo dire, egli si riferiva non tanto ai migranti dalle colonie del
Commonweath - considerati “full citizens” -, quanto soprattutto agli “american negroes”, che “lead
noise and confusion”nelle “quiet streets” in cui vanno ad abitare.
Powell nei suoi confusi riferimenti propagandistici inframezzati da forbite citazioni di classici, stava
dando una voce a quel diffuso smarrimento che attanagliava gran parte della popolazione britannica
già da tempo.
Sin dai primi arrivi di migranti dai Caraibi e dalle Americhe c'era stata la sensazione negativa che
qualcosa stava cambiando nella strutturazione del sistema di senso britannico.
E' normale che il modo di intendere il mondo circostante e intendersi in esso da parte dell'individuo
e della collettività, è già posto in discussione nell'atto stesso di riconoscere l'altro come presente.
Ma come visto “la perversa insularità del conservatorismo popolare si aggrappava tenacemente a
istituzioni e prospettive che sembravano pronte a essere imbalsamate già un secolo prima.
Incoraggiato, ringiovanito ed esteso negli ultimi 20 anni attorno a punti di mobilitazione quali
'legge', 'razza' 'ordine' ” (Chambers, 1986, 173).
E in questo clima l'esistenza dell'altro era ciecamente vissuta come una pericolosa invasione del
584- Tutte le citazioni sono tratte da: Enoch Powell, trascrizione del “Rivers of Blood speech” tratta dal Daily Telegraph
del 06/11/2007: www.telegraph.co.uk)
250
proprio spazio, della propria “britannicità”. Oltre che una indebita sottrazione di posti di lavoro, e di
pericolo di disordini sociali con cui i media quotidianamente esorcizzavano questa presenza.
Negli anni a seguire, esaurite le propaggini dell' “opulenza” che aveva caratterizzato i '60, e
subentrati gli anni più bui e critici questo humus popolare era stato, a detta di molte voci,
“rinfrescato sotto la direzione della signora Thatcher”:
La rinvigorita eredità della 'razza isolana' (Churchìll) ha trovato un ulteriore conferma storica nel revival
popolare della Corona Britannica coi festeggiamenti per il giubileo ('77) e delle nozze reali ('81) e nel
trionfo dei principi nazionalistici con la spettacolare epopea militare della guerra nelle Falklands /
Malvinas, messa in scena nell'82 (Chambers, 1986 p 174)
Un atteggiamento spesso dalle conseguenze nefaste in termini di “incontri tra etnie”.
Sotto i rinnovati stendardi dell' “anglicità”, e dell' “autenticità britannica” allestiti dai poteri, le
popolazioni e i gruppi sociali dal sillogismo facile, avevano dato per buone quelle parole e vi
avevano individuato in quei “consigli spassionati”, e in quelle “necessità della nazione” un obiettivo
contro cui scagliare la propria frustrazione. E il “punk”, per via della sua stessa essenza ambigua, si
era trovato in una posizione assai scomoda in questo scontro.
R.Hell dirà che “il razzismo non era diretto oggi veramente contro qualche bersaglio, ma studiato
per far colpo su qualche altro cretino” 585
. Non aveva considerato che il guaio diveniva l' “altro
cretino”, in cerca di una valvola di sfogo cui additare la responsabilità della “propria” crisi.
E' superfluo evidenziare la crescita continua dei partiti nazionalisti, dacché quasi tutti gli
schieramenti politici, incapaci di far fronte alla crisi dilagante, si rifugiavano in proclami atti a
accattivarsi l'ultimo consenso cavalcando l'onda di quell'uno o quell'altro problema nazionale.
Ora, dinnanzi alla crisi, e dinnanzi alla manipolazione ideologica della crisi da parte dei gruppi di
potere che richiamavano a se il consenso tramite poco accorte campagne razziali, non è difficile
capire da che parte si sia schierato lo zoccolo duro della popolazione.
Quell'elitistico accento sulla “British way of life”, e quelle campagne a favore della “sicurezza
nazionale” avevano seminato di per sé scompiglio e timore tra le popolazioni, e avevano portato ad
intensificare la presenza dello stato nei “quartieri a rischio”, t ramite alcuni provvedimenti
(Suspected Persons Act 1974) che avevano come demone quei “dangerous and divisive elements”
(Powell) che rappresentavano le comunità nere.
E proprio queste scelte sono state viste da molti (si veda ad es Chambers) come primarie
fomentatrici delle violenze che si erano venute accumulando e susseguendo lungo il corso degli
anni '70, con il culmine nei disordini durante il carnevale caraibico di Notting Hill, nel 1976.
585- Intervista con Lester Bangs apparsa per la prima volta sul Village voice 30 aprile 1979 In Guida Ragionevole ...
251
offrono alle differenze culturali e musicali uno spazio in cui emergere, in modo tale che ogni
identificazione con l' ordine egemonico, o con una logica di mercato che si presuma monolitica risulti
indebolita e scossa dai contatti mutevoli e contingenti degli incontri musicali e culturali. Questo
rappresenta un esempio di conversazione musicale e culturale in cui i margini possono rivalutare il centro
superandone nello stesso tempo la logica (Iain Chambers, 1994, p 94).
“ Una testimonianza [ulteriore] della magia in cui l'associazione di certi fatti sociali con certi suoni
crea simboli irresistibili della trasformazione della realtà sociale” (G. Marcus cit in Chambers, 108).
I “giri” classici, come sol-do-re, divengono solo una base: semplici punti d'arrivo della trasversalità
che si fonda sempre più sull'infinità delle possibilità che sono potenzialmente contenute in quelle
note, che passano attraverso quelle note, e ne rovistano in lungo e in largo lo spazio immenso
apertosi tra le sue crepe.
Dice bene allora Iain Chambers che “dopo l' avvento del punk […] il modo di rappresentare la
musica pop, e la cultura in generale come un insieme lineare di significati con un proprio corso
unitario, composto da una pratica (una musica, una cultura) 'dominante' e altre 'subalterne', non
sarebbe più stato possibile” (1986, 186). Da allora in avanti ogni pratica, ogni linguaggio musicale
(ma anche non) è divenuto “un insieme di altri”.
Una “promiscuità” che - come abbiamo avuto modo di esplorare in questo lavoro - già aveva fatto
la comparsa negli anni '60 in musica 628
, e gli inizi '70
629
ma che diviene ovunque “la norma” dopo il
'77, tanto che, sostiene Will Straw:
The history of rock music, since punk may be seen as anattempt to finding new ways of grounding and
reconstructing that music, and the recourse to certain rithmic patterns is a key aspect of this attempt [...].
What had result is a proliferation of textual practices in which highly rigid formal structures coexist whit
a radical pluralism or eclectism of integrated and appropriated elements (Will Straw, pp 11-12).
Ognuno fa a gara per descrivere la moltitudine di dimensioni che si aprono tra i pertugi dell'unica
dimensione offerta da quello status di cose che ci circonda in maniera innaturalmente rassicurante.
Il '77 è passato e negli anni a seguire entriamo nel suo No Future.
Già nell'immediato indomani del Rock Against Racism così, il punk cambiava volto e si fondeva ad
esempio con reggae, e pop nei Police e negli UB40, o con la musica etnica (con innesti di strumenti
come il digeridoo, o il sitar provenienti dall' Oriente) nei Public Image Ltd dal piglio dadaista (il
nuovo gruppo di Johnny Rotten come visto). O ancora con la tradizione irlandese in gruppi come i
Boomtown Rats (di Bob Geldolf) e poi i Pogues.
E ancora, man mano che si avanza verso la fine dei '70, troviamo punk, gothic, frammisti alla più 628 - In maniera differente dai Velvet Underground a Frank Zappa, fino al minimalismo di John Cage negli Usa...
629 - David Bowie, Brian Eno, I Roxy Music nel Regno Unito...
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