Introduzione Michel Foucault è uno di quei pensatori che, pur essendo figli indiscussi della propria
epoca, sono destinati ad attraversarla in controtendenza, proponendo argomenti di
ricerca sottovalutati o ignorati fino a quel momento e una nuova figura di
intellettuale.
Questo lavoro prenderà in considerazione l'opera foucaultiana con la consapevolezza
della difficoltà dell'approccio a un pensiero non oscuro, come comunemente si crede,
ma che per l'ampiezza del suo respiro impone un'attenta procedura di analisi, di
comparazione fra testi dello stesso autore e di altri autori, di confronto tra la vicenda
personale e l'elaborazione teorica di questo pensatore.
Nel corso della ricerca abbiamo rintracciato il nucleo dell'intera opera foucaultiana
nello studio filosofico del linguaggio e del linguaggio filosofico. Ancora più
precisamente diciamo che l'intera opera foucaultiana disvela una corrispondenza forte
e compatta tra ciò che noi diciamo, tra le nostre produzioni linguistiche e la realtà che
ci circonda, la materialità che costruiamo, le ragioni secondo le quali agiamo. Nella
sua indagine sulla follia, che rappresenta il suo esordio letterario, così come nelle
pagine di Sorvegliare e punire, l'apice del suo successo di scrittore e pensatore,
possiamo sottolineare l'importanza dello studio dei discorsi , che rappresentano il
luogo in cui nascono “gli oggetti del sapere”. La prospettiva della ricerca foucaultiana
prevede di considerare, nella concretezza che le è propria, “ciò che realmente è stato
detto”, senza attribuire al passato categorie precostituite o griglie di interpretazione
post-datate o comunque anacronistiche. Una volta smascherato questo errore
metodologico di interpretazione ci accorgeremo del come per Foucault ogni
fenomeno culturale ha avuto una lenta gestazione, ogni oggetto concettuale è stato
costruito durante un lungo percorso in cui si è scelta una strada piuttosto che un'altra,
fino ad arrivare alla forma che il “sapere” ha assunto ai giorni nostri. Insistiamo su
questo per evidenziare, ancora, che lo studio del linguaggio rappresenta il filo
conduttore della sua intera opera. Il caso di Foucault, tuttavia, è particolare in quanto
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non possiamo rintracciare una sistematica esposizione della sua concezione di
“linguaggio”, del suo metodo di studio del linguaggio. L'unica opera che risponde a
queste caratteristiche di sistematicità e concentrazione è L'archeologia del sapere,
che proprio per questo abbiamo scelto come cardine per l'esposizione della tesi
sostenuta in questa ricerca. Riteniamo che questa opera rappresenti una delle poche
occasioni in cui Foucault tenta un'esposizione sistematica del suo vulcanico pensiero,
oltre a rappresentare la sua esigenza di chiarire quel metodo di studio della
“materialità” del linguaggio che aveva già applicato nelle opere precedenti
all' Archeologia e che si apprestava a riutilizzare nel prosieguo dei suoi studi.
Nell'opinione comune L'archeologia del sapere viene ritenuta un'opera di mera
esposizione metodologica: noi qui rifiutiamo almeno in parte, questa opinione per la
sua superficialità. Pensiamo che tra le righe di una mera esposizione del proprio
metodo, Foucault nasconda un'idea, un ben preciso progetto che va oltre lo studio del
linguaggio e che si rivolge all'analisi di tutto quello che ha contribuito a costruire
l'edificio del sapere così come lo conosciamo. Nella sua concezione del linguaggio,
infatti, c'è un metodo di indagine e di ricerca, ma anche un'intera concezione della
filosofia e della realtà concreta della nostra esistenza. Quello che qui sosteniamo è
che L'archeologia del sapere è il momento decisivo del pensiero foucaultiano, il
nucleo da cui si svilupperà la sua concezione di soggettività cosa che probabilmente
rappresenta un importante tentativo di rinvigorire la ricerca filosofica contemporanea.
Il concetto cardine di cui tratta questa ricerca è l'enunciato, che viene messo a
confronto con le altre nozioni di analisi linguistica. Dedicheremo un notevole spazio
del nostro lavoro a questo confronto, ritenendolo necessario per la comprensione
dell'originalità del concetto stesso di enunciato. Una volta trattato il senso e lo
svolgimento di questo confronto, indicheremo le caratteristiche peculiari
dell'enunciato, quindi potremo illustrare come il pensiero sul linguaggio di Foucault
sia alla base di un rivoluzionario procedimento di ricerca sul soggetto e sul suo
destino.
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Cap. 1: Foucault e la tradizione Par. 1.1: Perché Foucault Michael Foucault è ritenuto uno dei più importanti e influenti pensatori del XX
secolo. La sua figura non si può facilmente interpretare attraverso il riferimento a
rigide categorie storiche e cronologiche. Il suo pensiero è difficilmente rintracciabile
nell'adesione ad una scuola o ad una corrente. Le sue argomentazioni e le sue prese di
posizione non smettono ancora oggi di avere un grande fascino e di trovare un grande
seguito presso appassionati, studenti, studiosi di filosofia e discipline umanistiche in
generale. Ci basterà citare Natoli a questo proposito:
“Foucault ha pensato in modo originale e non tanto, o non solo, per gli argomenti di cui trattava – mai astratti, ma
radicati sempre nelle istanze del presente – ma soprattutto perché ha cambiato le modalità consuete dell'interrogare, del
rispondere: in breve, ha impresso una diversa curvatura ai modi abituali di fare teoria, ha prodotto – per dirla nel suo
linguaggio – un vero e proprio effetto di campo . Per questo ritengo più che mai opportuno riprendere, oggi, le fila del
suo pensiero, per segnalare l'ampiezza degli effetti e mostrare quanto sia ancora fecondo per noi.”
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Nonostante l'importanza della figura di Foucault nello sviluppo del pensiero del XX
secolo, tuttavia non possiamo certo dire che essa riscuota successo anche presso gli
studiosi di filosofia del linguaggio: sono pochi gli specialisti che si occupano di lui.
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potrebbe sembrare strano questo silenzio più o meno diffuso all'interno della
comunità scientifica. Ma si possono facilmente intuire i motivi di questa mancanza di
interesse da parte degli studiosi: Foucault si esprimeva attraverso uno stile che sì lo
contraddistingueva, ma che sicuramente poteva e può risultare oscuro ed ostico da
comprendere, anche per gli studiosi. La scrittura di Foucault ricalcava perfettamente
la particolare personalità del suo autore ma, paradossalmente, proprio il suo stile ci ha
reso quasi inaccessibile le sue analisi sul linguaggio. Quello che fin qui si è detto sul
stile di scrittura si può facilmente applicare anche agli ambiti che sceglie per la sua
1 S.Natoli (2005), pag 7
2 Ricordiamo tra gli altri il fruttuoso contributo di Michel Pecheux, che presto prenderemo in considerazione.
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ricerca: i suoi primi studi trattano argomenti che sembrano appartenere di diritto agli
storici più che ai filosofi; in taluni casi, argomenti di cui nemmeno gli storici fino a
quel momento avevano ritenuto necessario lo studio o l'approfondimento. Ma
dobbiamo proprio alla sua mole di studi su follia, clinica e scienze umane la sua
scelta di occuparsi di linguaggio, di analisi linguistica. La sua ricerca in ambito
storico-epistemologico rivela subito il suo solido sostrato filosofico a partire da
L'archeologia del sapere (da questo momento AS ). Questo testo riveste il ruolo di
crinale nella produzione foucaultiana, a nostro parere esso rappresenta il perno
intorno al quale ruota tutto il pensiero foucaultiano.
Foucault all'interno di AS svolge un lavoro di definizione metodologica, prende
posizione rispetto alla ricerca da lui svolta fino a quel momento cercando di definire
le coordinate per gli stadi successivi. Catucci infatti evidenzia che:
“fra i suoi libri <<di metodo>> Foucault annovera anche Le parole e le cose , ma il suo lavoro che più chiaramente si
presenta con questa vocazione è L'archeologia del sapere . In prima istanza esso risponde alla necessità di consolidare
teoricamente quei procedimenti che Foucault confessa di aver praticato <<alla cieca>>, come pure ha bisogno di
smarcarsi definitivamente dallo strutturalismo. Al tempo stesso, mentre concentra la riflessione sulla <<descrizione pura
degli eventi discorsivi>>, egli lascia emergere in lontananza uno strato di problemi che accenna già allo slittamento dei
suoi interessi verso il piano di una genealogia critica del potere.”
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Per l'importanza che questo testo riveste nello sviluppo del pensiero foucaultiano
possiamo affermare che, sebbene la sua ricerca in ambito linguistico sia ristretta quasi
esclusivamente ad AS , esso assume un valore inversamente proporzionale allo spazio
che occupa nella sua produzione. Le considerazioni che Foucault sviluppa in AS sono
molto importanti non solo per la novità contenuta nella sua concezione di enunciato,
ma soprattutto per il confronto/scontro che Foucault intrattiene con alcune teorie
dell'analisi linguistica ormai considerate come punti di vista consolidati e
indiscutibili. In questo primo capitolo esamineremo le principali posizioni che
Foucault critica alla luce della concezione di enunciato proposta in AS . Crediamo che
questo passaggio sia fondamentale perché Foucault costruisce la sua concezione di
3 S.Catucci (2008), pag 71
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enunciato criticando sistematicamente queste posizioni. Tra i suoi bersagli polemici
vi sono le nozioni di frase, proposizione e atto linguistico. A tal fine, passeremo in
rassegna le opinioni di quegli autori che Foucault cita più o meno esplicitamente.
Pensiamo infatti che ricostruire il retroterra su cui Foucault innesta la sua critica e poi
la sua definizione di enunciato sia un approccio corretto rispetto allo stile e al metodo
espressi in AS. Quindi, da un lato, riteniamo opportuno spiegare le ragioni per cui
Foucault mette in discussione delle nozioni così accreditate, dall'altro occorre
evidenziare la portata della novità rappresentata dalla sua concezione di enunciato e
mettere in luce le conseguenze epistemologiche che questa stessa apporta alla
tradizionale idea di soggettività. A questo proposito Sini ci aiuta a fare il punto:
“abbiamo visto che il metodo archeologico, lungi dall'essere prefissato, si è venuto determinando e correggendo via via,
nel corso delle concrete esperienze e avventure di ricerca affrontate da Foucault. Si è anche già detto che tale metodo
perviene a una sua formulazione rigorosa solo ne l' Archeologia del sapere del 1969. Il nucleo di tale metodo, o quanto
meno suo elemento essenziale, riguarda il concetto di enunciato. Si potrebbe anche dire, considerando le cose a
posteriori , che la teoria dell'enunciato incarna la radice germinativa di quell'analisi storica <<generale>> che è
incentrata sul peso che la prassi discorsiva esercita sulla storia concreta delle idee e delle connesse istituzioni e che
rappresenta l'orizzonte problematico più caratteristico e costante di tutta la riflessione foucaultiana. Ci concentreremo
dunque sul problema dell'enunciato e sulla sua soluzione, le cui conseguenze, come vedremo, conducono a
rivoluzionare non poco i nostri comuni concetti di soggettività, di scienza e di storia. Di tali concetti la teoria
dell'enunciato avanza la pretese di mostrare il terreno concreto del loro radicamento e delle loro condizioni di
possibilità, o meglio, di esistenza.”
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Par. 1.2: Frase La nozione di “frase” ha riscosso da sempre una notevole fortuna nell'ambito degli
studi linguistici. Il concetto di “frase”, giunto a noi dalla tradizione antica, viene
ancor oggi usato più che altro in modo intuitivo, talvolta in modo casuale. La
definizione di “frase” ha sempre oscillato tra due estremi: da un lato, viene concepita
principalmente in termini formali, dall'altro, in virtù di criteri basati sul significato.
Gli Stoici usavano il concetto di “significato compiuto” come criterio di
4 C.Sini (2007), pag 185
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identificazione della frase. A questo proposito essi distinguevano tra un lògos
autotelès (discorso completo) e un lògos atelès (discorso incompleto) intendendo che
il primo è formato da frasi vere e proprie mentre il secondo da espressioni
linguistiche che non sono frasi. Questa distinzione può essere considerata un ottimo
espediente definitorio ma certo non possiamo accettarla come criterio
scientificamente valido.
Ha incontrato un maggiore successo una definizione (in termini formali) secondo cui
la frase è una sequenza linguistica formata da soggetto, predicato e complementi.
Questi elementi imprescindibili per la formazione della frase intrattengono tra loro
delle relazioni regolate da vincoli. A questo proposito troviamo ne la Grande
grammatica italiana di consultazione una definizione di “sintassi” che tocca, neanche
tanto indirettamente , il concetto di frase:
“la sintassi è lo studio delle costruzioni grammaticali, cioè di quelle sequenze di parole che sono governate da regole.
La frase è l'unità massima in cui vigono delle relazioni di costruzione” 5
A questo punto sembra che il criterio generale per definire la frase sia il suo rifarsi ad
una “grammatica”, intesa come insieme ordinato e sistematico di vincoli che regolano
la combinazione di elementi nella formazione di costruzioni linguistiche. Tra le
costruzioni linguistiche, la frase costituisce il punto di partenza, l'unità precedente a
tutte le altre. Nella frase vigono quelle regole di costruzione che poi si applicano via
via a tutte le costruzioni composte e più complesse.
Le regole della grammatica determinano in che modo gli elementi di una lingua si
possono combinare per costruire ciò che chiamiamo “frase”. Sono le regole di una
“grammatica” che permettono alle frasi di formarsi con successo, sono i vincoli
“grammaticali” che determinano la presenza di ciò che chiamiamo soggetto,
predicato e complementi. Anche Culioli fa riferimento a delle “regole di buona
formazione” per definire la “frase”:
5 L.Renzi, G.Salvi, A.Cardinaletti (a cura di) (1991), pag 29
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