CAPITOLO PRIMO 
Il fardello del passato e la battaglia per la 
verità 
Sommario: 1.1. Introduzione; 1.2. La comparsa delle commissioni per la verità; 
1.3. Cenni sulle commissioni fino a oggi istituite. Africa; 1.3.1. America Latina; 
1.3.2. Asia; 1.3.3. Europa; 1.4. Una possibile definizione; 1.5. Il problema dei 
rimedi. 
1.1. INTRODUZIONE 
Nel corso del secolo appena terminato l’umanità è stata 
testimone, e insieme vittima e responsabile, di una serie di 
crimini che, per violenza e barbarie, non hanno eguali nelle
2 
epoche precedenti
1
. Sarà qui sufficiente ricordare l’avvento al 
potere di regimi sanguinari, lo scoppio di due guerre mondiali e 
di una miriade di conflitti in ogni angolo del mondo, l’impiego 
di armi dalla carica distruttiva non immaginabile fino a un 
recente passato e le feroci repressioni subite da civili inermi per 
la loro appartenenza etnica o altre ragioni discriminatorie.  
L’ordine che regolava i rapporti internazionali, fondato sul 
precario equilibrio di potenza tra gli Stati e gli Imperi di allora, 
non poteva che risentire in particolare di quanto accadde in 
Europa e nel mondo tra il 1939 e il 1945.  
Il periodo che va dal secondo conflitto mondiale a oggi ha 
costituito un momento critico nel processo evolutivo del diritto 
internazionale, in cui si è potuto assistere se non a una vera e 
propria rottura con il passato, al verificarsi di fatti e alla 
comparsa di istanze che ne hanno condizionato il successivo 
evolversi. L’esigenza di tutelare i diritti umani fondamentali, 
                                            
1
 Per un approfondimento sulla storia del XX secolo con particolare riferimento agli 
sconvolgimenti che l’hanno segnato, cfr. HOBSBAWM, Il secolo breve. 1914-1991: l’era dei 
grandi cataclismi, Milano, 1995.
3 
particolarmente sentita dopo i massacri commessi, può essere 
considerata come il principale fattore di tale cambiamento
2
 e 
trovò una prima attuazione in tre momenti di eccezionale 
importanza: la creazione dell’Organizzazione delle Nazioni 
Unite, la cui Carta istitutiva
3
 fu firmata a S. Francisco il 26 
giugno del 1945 ed entrò in vigore il 24 ottobre dello stesso 
anno, l’istituzione del Tribunale Militare Internazionale di 
Norimberga
4
, la cui prima sessione si tenne a Berlino il 18 
ottobre del 1945 e l’adozione da parte dell’Assemblea Generale 
delle Nazioni Unite della Dichiarazione Universale dei Diritti 
dell’Uomo, il 10 dicembre del 1948
5
. L’istituzione dell’ONU 
                                            
2
 Sul processo di trasformazione del diritto internazionale e la sua evoluzione nel segno 
della tutela dei diritti umani, cfr. LEANZA, Il diritto internazionale, Torino, 2002, pp. 295-
321; SCOVAZZI, Corso di diritto internazionale, Milano, 2000, pp. 65-111; NASCIMBENE, 
L’individuo e la tutela internazionale dei diritti umani, in AA.VV., Istituzioni di diritto 
internazionale, Torino, 2003, pp. 269-298; CLAUDE - WESTON, Human Rights in the 
World Community, Philadelphia, 1989, pp. 2-28. 
3
 Charter of the United Nations, 59 Stat. 1031; T.S. No. 993; 3 Bevans 1153. 
4
 Cfr. Agreement for the Prosecution and Punishment of the Major War Criminals of the 
European Axis, August 8th 1945, Charter of the International Military Tribunal, 82 
UNTS 279; 59 Stat. 1544; 3 Bevans 1238; 39 AJILs 258 (1945). 
5
 Universal Declaration of Human Rights, G.A. Res. 217A (III), U.N. Doc. A/810 at 71 
(1948).
4 
aveva come principali obbiettivi il mantenimento della pace e 
della sicurezza internazionale e la tutela dei diritti e delle libertà 
fondamentali dell’uomo, senza distinzione di razza, sesso, 
lingua e religione
6
. Costituiva il coronamento di un processo 
che, fin dal tempo della Società delle Nazioni, mirava alla 
soluzione delle controversie internazionali mediante gli 
strumenti della cooperazione e dell’integrazione, non più intese 
come mere somme di accordi bilaterali, ma istituzionalizzate in 
un’organizzazione dotata di mezzi e poteri  che consentissero il 
perseguimento dei fini ad essa assegnati su base convenzionale
7
. 
Il Tribunale di Norimberga aveva il compito di giudicare e 
punire coloro che, appartenendo ai vertici del partito nazista e 
dello Stato tedesco, si erano resi responsabili di condotte che, 
in base ai capi d’imputazione contemplati nella Carta del 
Tribunale, rientravano nelle tre categorie dei crimini contro la 
                                            
6
 Charter Of the United Nations, Art. 1.3. 
7
 Per un approfondimento sugli scopi e il funzionamento dell’Organizzazione delle 
Nazioni Unite, cfr. CONFORTI, Le Nazioni Unite, Padova, 2005.
5 
pace, dei crimini di guerra e dei crimini contro l’umanità
8
. La 
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 fu il 
primo e più celebre documento a contenere un elenco 
completo di diritti e libertà fondamentali e, pur non essendo un 
trattato e non avendo forza vincolante, costituì un punto di 
riferimento imprescindibile per tutti gli atti che vennero 
successivamente emanati a tutela dei diritti umani, essendo 
dotata di una forza politica e morale che derivava sia dal 
contesto in cui fu adottata, cioè le Nazioni Unite, dove ricevette 
l’approvazione di tutta la Comunità internazionale, sia dal 
momento storico in cui fece la sua comparsa, al termine di un 
conflitto che aveva seminato nel mondo morte e distruzione
9
. 
Questi tre avvenimenti testimoniano il diffondersi di una 
nuova sensibilità, dettata dall’esigenza di fare i conti con i 
crimini commessi e dalla volontà di dar vita a regole diverse, la 
cui attuazione porti a evitarne il ripetersi. 
                                            
8
 Sui processi di Norimberga, cfr. TAYLOR, Anatomia dei processi di Norimberga, Milano, 
1993; DE ZAYAS, Il Processo di Norimberga davanti al Tribunale militare internazionale, in 
DEMANDT, Processare il nemico, Torino, 1996. 
9
 Cfr. NASCIMBENE, op. cit., p. 283.
6 
Da allora in diritto internazionale si è affermata la tendenza 
alla criminalizzazione e punizione delle gravi violazioni dei 
diritti umani, specie se perpetrate da organi statali. Ciò si può 
evincere dal testo delle numerose convenzioni internazionali 
finora stipulate, dai documenti non vincolanti adottati in seno 
alle Nazioni Unite o alle altre organizzazioni regionali 
successivamente create, dalla giurisprudenza dei tribunali 
nazionali  e dall’istituzione di  corti penali internazionali 
sull’esempio di Norimberga
10
. Tutto questo ha portato, come 
vedremo, all’emergere di una norma di diritto consuetudinario 
che prevede l’obbligo di processare e punire i responsabili di 
crimini internazionali, che vincola tutti gli Stati sotto la cui 
giurisdizione si siano verificate le violazioni.  
1.2. LA COMPARSA DELLE COMMISSIONI PER LA VERITÀ  
E’ nello scenario appena descritto che, a partire dagli anni 
’70 del secolo scorso, hanno fatto la loro comparsa alcuni 
                                            
10
 Per una ricognizione sul contenuto dei documenti rilevanti ai fini del presente lavoro, 
infra, cap. II.
7 
organismi, le commissioni per la verità, caratterizzati da un 
nuovo modo di affrontare i crimini commessi dai passati 
regimi, che sembra discostarsi dai criteri emersi in diritto 
internazionale sopra accennati
11
. Tali organismi, come si può 
evincere dalla loro denominazione, hanno il compito principale 
di accertare i crimini commessi durante regimi oppressivi, 
spesso tenuti nascosti da barriere di segreti e falsità, e 
ricostruire i meccanismi che ne hanno reso possibile la 
perpetrazione. Sono molte le giovani democrazie che si trovano 
nella difficile situazione di dover fare i conti con una simile 
eredità sotto il costante ricatto dei vecchi persecutori, che 
minacciano di riconquistare il potere con la forza in virtù del 
potere politico e militare di cui ancora dispongono
12
. Ciò 
accade in particolare nei casi in cui l’instaurazione del nuovo 
                                            
11
 Per una panoramica esauriente sulle commissioni per la verità cfr. in particolare 
HAYNER, Unspeakable Truths. Facing the challenge of truth commissions, New York, 2002; 
KRITZ, Transitional Justice: How Emerging Democracies Reckon with Former Regimes (3 voll.), 
Washington D.C., 1995. 
12
 Cfr. BRAHM, Truth Commissions, in 
http://www.beyondintractability.org/m/truth_commissions.jsp .
8 
ordinamento democratico sia il frutto di un baratto, la cui 
contropartita sia la concessione dell’immunità e di una serie di 
privilegi a beneficio dei despoti di un tempo e dei loro aguzzini.  
In tali difficili circostanze la ricerca della verità e 
l’identificazione degli autori dei crimini sembrano essere il solo 
strumento possibile per confrontarsi con il passato, essendo la 
celebrazione di processi e la condanna dei criminali precluse dal 
ricatto dei potenziali imputati. A ciò deve aggiungersi molto 
spesso l’obbiettiva inadeguatezza dell’apparato giudiziario a 
sostenere tale onere, o perché decimato dal precedente regime 
o perché suo complice nell’avallarne  e occultarne le infamie. 
Il diffondersi di istituzioni come le commissioni per la verità 
deriva dal bisogno di aggirare queste difficoltà e perseguire il 
massimo possibile di verità e giustizia ottenibili in presenza di 
tali, gravi limitazioni. In simili circostanze, anche la semplice 
rivelazione dei crimini commessi può essere interpretata come 
una forma di sanzione, sia pure attenuata, in quanto provoca
9 
una censura sociale nei confronti dei perpetratori
13
. I metodi di 
ricerca della verità e le strade seguite per ottenere una qualche 
forma di giustizia sono diversi a seconda della commissione che 
si esamina, distinguendosi tali organismi per mandato, 
composizione e funzionamento, in relazione al contesto in cui 
sono stati istituiti e alle esigenze della società a cui beneficio 
operano. Le prime e significative differenze possono apparire 
già al momento della fondazione: esistono commissioni create 
per decreto presidenziale, che sono la maggioranza, 
commissioni istituite in seguito a deliberazione parlamentare 
come in Sudafrica, o addirittura organismi, come la 
commissione burundese del 1996, eretti su iniziativa del 
Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Altra variabile è il criterio 
seguito per la loro composizione, destinato a ripercuotersi sul 
concreto funzionamento: vi sono organismi istituiti per gettare 
discredito sul vecchio regime, che non accolgono tra le proprie 
                                            
13
 In questo senso ZALAQUETT, Balancing Ethical Imperatives and Political Constraints: The 
Dilemma of New Democracies Confronting Past Human Rights Violations, in “Hastings Law 
Journal”, Vol. 43, August 1992, p. 1433.
10 
file nessuno dei suoi membri e simpatizzanti (es. Ciad) e altri 
che intendono essere rappresentativi di entrambe le parti in 
conflitto (es. Cile), con conseguenti benefici in termini di 
imparzialità e obbiettività.  Alcune commissioni contano tra i 
propri membri solo connazionali, mentre altre vantano 
esponenti di varia provenienza o tutti stranieri, come in 
Salvador. Il mandato può comprendere l’investigazione di una 
vasta gamma di crimini o solo di una categoria ben determinata 
e circoscritta, contemplare la concessione di amnistie (es. 
Sudafrica) o trasmettere le informazioni raccolte alla 
magistratura per l’istruzione di processi penali (es. Argentina). 
Le udienze possono essere riservate o pubbliche, fino ad avere 
la più ampia diffusione mediante trasmissione in diretta 
televisiva (es. Sudafrica). Il rapporto finale può essere sintetico 
o molto dettagliato, fare i nomi dei responsabili o riferirsi a 
categorie generiche, avere vasta diffusione o non essere 
pubblicato affatto, contenere raccomandazioni vincolanti o 
mere esortazioni, la cui attuazione è rimessa alla volontà
11 
politica dei futuri governanti.  
Tale variegato panorama potrà essere meglio osservato nelle 
pagine seguenti, in cui è esposto sinteticamente il 
funzionamento delle principali commissioni finora create..  
1.3. CENNI SULLE COMMISSIONI FINO A OGGI ISTITUITE. 
AFRICA 
La prima Commissione per la verità
14
 è istituita in Uganda 
nel 1974 dal Presidente Amin in seguito alle pressioni esercitate 
dalla comunità internazionale: si tratta di una commissione 
d’inchiesta sulle sparizioni verificatesi nel paese, suppostamente 
per opera delle forze militari, nel corso dei primi anni del suo 
stesso governo e precisamente a partire dal gennaio del 1971. 
Ha il potere di costringere le persone informate sui fatti a 
rendere testimonianza e di richiedere informazioni da fonti 
ufficiali. Nel corso delle sue udienze, per lo più pubbliche, sono 
ascoltati 545 testimoni e documentati 308 casi di sparizioni. Il 
                                            
14
 Sulle due Commissioni ugandesi cfr. HAYNER, op. cit., pp. 51, 56; BRONKHORST, 
Truth and Reconciliation. Obstacles and opportunities for human rights, Amsterdam, 1995, p. 70.
12 
suo obbiettivo è, oltre che investigativo, quello di prevenire la 
futura perpetrazione di crimini da parte delle forze governative 
e a questo scopo viene redatto nel 1975 un rapporto finale di 
mille pagine in cui sono inserite raccomandazioni al governo 
per una riforma delle forze di sicurezza, che preveda il rispetto 
dei diritti umani fondamentali. Il rapporto non è tuttavia 
pubblicato, né vengono accolti i suggerimenti della 
Commissione: si assiste al contrario a un inasprimento degli 
abusi da parte delle forze armate, tale da far guadagnare al 
presidente Amin l’appellativo di “macellaio dell’Uganda”. I 
crimini commessi in questo periodo sono successivamente 
indagati da un’altra Commissione istituita nel 1986 dal 
presidente Yoweri Museveni. 
 
La Commissione ugandese del 1986
15
 ha il compito di 
indagare sui crimini commessi nel paese a partire dal 1962, 
anno della sua indipendenza, fino all’entrata in carica del 
                                            
15
Commission of Inquiry into violations of Human Rights: cfr. The Commission of 
Inquiry Act, Legal Notice N. 5 (May 16, 1986) (Cap. 56).
13 
presidente Museveni, coprendo i periodi delle dittature di Idi 
Amin e di Milton Obote. E’ presieduta da un giudice della 
Corte suprema e opera mediante pubbliche udienze che hanno 
luogo in varie regioni del paese, trasmesse dalla radio e dalla 
televisione. E’ però ostacolata da problemi di finanziamento 
che provocano a più riprese l’interruzione dei lavori e dalla 
perdita di interesse della popolazione, dovuta al verificarsi di 
abusi anche sotto il governo del nuovo presidente. 
Il rapporto finale viene presentato al governo soltanto nel 
1995: di esso si stampano mille copie della versione integrale e 
ventimila della sintesi, più accessibile al grande pubblico. Scarsa 
ne è tuttavia la diffusione, principalmente per ragioni 
burocratiche.   
 
Un’altra commissione che ha avuto scarsa fortuna è quella 
istituita nel 1985 nello Zimbabwe
16
, per indagare sull’uccisione 
                                            
16
 Sulla Commissione zimbabweana cfr. HAYNER, op. cit., p. 55; CARVER, Zimbabwe: 
Drawing a Line Through the Past, in ROTH-ARRIAZA (ed.), Impunity and Human Rights in 
International Law and Practice, New York, 1995, p. 252.
14 
di almeno 1.500 dissidenti politici e altri civili nella regione del 
Matabeleland. E’ presieduta da un avvocato zimbabweano e 
sottopone al governo, dopo mesi di indagini, un rapporto 
destinato a non essere mai pubblicato, nonostante le pressioni 
esercitate da organizzazioni non governative nazionali e 
internazionali. E’ per opera di due di esse che viene realizzato 
nel 1997 un rapporto che documenta i crimini commessi nel 
corso degli anni ’80, basato su indagini e interviste concesse 
dalle vittime.  
 
Diverso l’esito della Commissione
17
 inaugurata il 29 
dicembre 1990 in Ciad dal neo-presidente Idriss Déby, avente 
il mandato di investigare, oltre alle appropriazioni indebite del 
presidente Hissein Habré, sugli abusi commessi sotto il suo 
regime, consistenti in “detenzioni illegali, omicidi, sparizioni, 
atti di tortura, maltrattamenti e altri attacchi all’integrità fisica e 
                                            
17
 Commission of Inquiry into the Crimes and Misappropriations Committed by Ex-
President Habré, His Accomplices and/or Accessories: cfr. Decree No. 
014/P.CE/CJ/90 (December 29, 1990). Sulla Commissione ciadiana cfr. HAYNER, op. 
cit., p. 57; BRONKHORST, op. cit., p. 72.