5
Introduzione a una scelta di temi e metodologie
“Il luogo oltraggiosamente libero, inclassificabile, in continuo
divenire in cui Godard colloca il cinema è la Donna”
1
: la
citazione non rende certo giustizia alla geniale creatività del
regista svizzero, brillante esponente della Nouvelle Vague, se
consideriamo che è estrapolata da un articolo sul sito Film.tv.it,
non propriamente l‟avanguardia della critica cinematografica.
E‟ però un pretesto per far notare che, se anche un luogo di
riflessione sul cinema, con poche pretese di profondità d‟analisi
e ad alta digeribilità popolare, come quello citato, fotografa con
tale nitidezza che “Ancora una volta è la donna a dare corpo
all'idea nomade, frammentata, dissonante, che è il cinema per
Godard”
2
, significa che la mia analisi centra una considerazione
ormai provata e riconosciuta a livello universale: il cinema di
Godard lavora, misura, indaga e ridefinisce la dimensione
femminile come intento principale della sua opera.
E‟ ovvio però ribadire come questo non sia un tema su cui
sia inutile riflettere ulteriormente, in virtù dei fiumi d‟inchiostro
già spesi sull‟argomento: sebbene i percorsi sviluppati nel
seguente lavoro non scoprano nulla di nuovo sulla figura
femminile godardiana, approfondiscono una questione
particolarmente significativa in un periodo di cruciale
importanza nell‟opera dell‟autore, e di vitale rinnovamento nel
cinema.
Mi sembrava importante che diversi aspetti già illuminati dai
riflettori della critica venissero presi in analisi, rielaborati e che
conducessero, attraverso lo studio e la ricerca, a una nuova
consapevolezza del ruolo, del valore e del rapporto con gli altri
1
Film.tv.it, Godard e la femme
2
Ibidem
6
stilemi della donna nel cinema di Jean Luc Godard.
Troveranno spazio la mitologia, le polemiche e le suggestioni
cresciute intorno ai film, e l‟analisi critica delle opere di oggi e
degli articoli di ieri. Tale analisi è costruita sulla base degli
articoli e delle interviste del regista, e dei testi critici sulla sua
produzione a mio parere più influenti.
Ho dovuto operare delle scelte, e sebbene salvare una
numero limitato di film che rappresentassero il lavoro dell‟autore
non è stato facile, tra i quindici film del primo ciclo ne ho
scartati cinque, in quanto a mio avviso il ruolo femminile in
queste opere non sviluppa un discorso articolato quanto gli altri
dieci.
Il lavoro sarà strutturato nella maniera seguente: dopo
un‟introduzione che ripercorre la carriera e gli stilemi
fondamentali del cinema di Godard, verrà dedicata una parte
alla questione di genere nei suoi rapporti con l‟autore e le sue
protagoniste. Quindi seguiranno le analisi di ciascun film, che
nei diversi paragrafi si occuperanno degli aspetti di carattere
generale, dei temi, delle vicende critiche e censorie, del
linguaggio e della messa in scena; infine, verrà dedicato uno
studio più specifico ai personaggi femminili.
Ci tengo a chiarire che nella scelta di riportare i titoli in lingua
originale risiede la volontà di negare la legittimità delle
degenerate versioni italiane.
Buona lettura
7
Covare primavera
“E‟ un personaggio inquietante: scruta ogni minimo gesto o
sguardo altrui senza che viceversa si possa capire ciò che lui
pensa”
3
“Quando voglio essere ottimista, mi dico che ho solo
venticinque anni di film. Venticinque anni sono la gioventù”
4
1. Introdurre l'autore francese
Se la tematica femminile necessita di una delucidazione, in
quanto nota perlopiù negli ambiti della sociologia e degli studi di
genere, certo non occorre presentare colui che ha dato forma e
sostanza ai miei oggetti di analisi: Jean Luc Godard, uno dei
registi più innovativi e significativi del cinema contemporaneo,
una figura indimenticabile nell‟immaginario dei cinephiles, che
su una costante posizione di rottura ha fondato gran parte della
sua estetica.
Questo contributo vuole ripercorrere in maniera sommaria le
tappe più significative del suo cammino, dagli esordi alla vigilia
della svolta politica nel ‟68, e le peculiarità del cinema di un
autore originale e controverso, esponente della modernità, che
a ventisei anni aveva già la sua nervosa cifra d‟autore, e che
nei quarant‟anni successivi avrebbe segnato in modo indelebile
3
Luc Moullet, “Cahiers du cinema” n. 106, aprile 1960, in Les
Cahiers du Cinema- La Nouvelle Vague, Minumum Fax, Roma 2009,
p. 58
4
Godard J.L., Leogrande O., Due o tre cose che so di me. Scritti e
8
il corso della settima arte.
2. Gli esordi di critico e la Nouvelle Vague
Nella corrente della Nouvelle Vague vengono fatti confluire i
registi più diversi, accomunati dalla carica della rivelazione e
dello scandalo.
L‟esperienza obbligata per la maggior parte di loro è quella
delle recensioni critiche: è così che Godard comincia a
collaborare con Bazin, Truffaut, Rivette e Rohmer, dopo averli
conosciuti attraverso la frequentazione delle cinématèque e dei
cineclub di Parigi.
Nel 1952 l‟autore approda finalmente ai Cahiers du Cinéma,
nata come rivista di un cinema nuovo, e quindi in qualche modo
di nicchia, che però ha le potenzialità per imporsi in breve
tempo come la rivista più autorevole di tutto il decennio
successivo. Su queste pagine trovano spazio le intuizioni e le
posizioni più radicali e sconvolgenti, accanto alla promozione di
quelle pellicole care al gruppo critico, che possono talvolta
peccare di banalità nel soggetto, ma che esprimono la visione
personale dell‟autore sulle cose. Il cinema andava dunque
inteso nei concetti di vita, realtà, verità, nonché come un modo
per contaminare immagini, suoni e opere degli ideali e delle
visioni personali del mondo.
Allo stesso tempo, nelle recensioni vale il principio della
critica elogiativa: “Si parla di un film solo se ci piace. Se non ci
piace, evitiamo di stroncarlo”
5
.
I primi passi mossi nell‟ambiente del cinema si rivelano una
conversazioni sul cinema, Minumum fax, Roma 2007, p. 39
5
Godard J.L., Aprà A., Il cinema è il cinema, Garzanti, Milano 1961,
p. 110
9
vera e propria palestra per registi. Per Godard e colleghi,
l‟esperienza nella critica cinematografica non costituisce solo
una formazione sul campo per la carriera futura, ma è già il
primo scalino di una vocazione: “Scrivere era fare dei film”
6
. In
un‟intervista, l‟autore racconta che fare critica ha insegnato a lui
e ai colleghi dei Cahiers ad amare registi agli opposti come
Rouch e Ejzenstejn, a mantenere un certo distacco dai film che
giravano, e a pensarci bene prima di sviluppare un‟idea, un
progetto, se già ci avevano pensato altri prima. Il rifiuto degli
aspetti di prassi della tradizione cinematografica viene quindi
elaborato dopo averne studiato e recensito le opere.
Il generoso impegno speso in un ambiente livido di intuizioni
stimola in lui la vena di “Instancabile innovatore,
incessantemente intento a smontare e rimontare il congegno
per verificare come funziona, soprattutto, se possa funzionare
altrimenti”
7
. Le intransigenze, le convinzioni e le posizioni
talvolta estreme, frutto di un personalissimo cammino, sono già
evidenti in questo primo periodo: “Mi dicevo: Loro dicono verde,
ma non si potrebbe dire il contrario?”
8
L‟autore affermato degli
anni successivi non è troppo dissimile dal giovane Godard dei
Cahiers, che nei suoi articoli identifica cinema e vita, e indica
nuovi percorsi di lettura, abbondando di riferimenti letterari e
filosofici, senza risparmiare stilettate di caustica ironia.
In breve tempo, accanto alla produzione scritta fa il suo
esordio quella filmica, che conviveranno per un buon periodo,
segno di un talento creativo fremente di essere espresso nella
sua forma più compiuta. Tra il 1955 e il 1958 Godard firma i
6
Godard J.L., Leogrande O., Due o tre cose che so di me. Scritti e
conversazioni sul cinema, op. cit., p. 20
7
F. Polato, Questa è la mia vita, Aracne, Roma 2011, p. 36
8
Godard J.L., Leogrande O., Due o tre cose che so di me. Scritti e
conversazioni sul cinema, op. cit., p. 19
10
suoi cinque cortometraggi, dove è già possibile individuare temi
e forme delle opere a venire, nonché i primi tratti stilistici che
caratterizzeranno la Nouvelle Vague: utilizzo della macchina a
mano, montaggio rapido, salti di luce tra le diverse
inquadrature, rapporto metaforico tra suono e immagine. Si
riserva inoltre più di una partecipazione nei corti e nei primi film
degli amici, facendo lo stesso in diverse sue produzioni.
L‟adesione entusiasta dei giovani registi alla realizzazione
dei primi corti, così come dei lungometraggi, è favorita dalla
diffusione di attrezzature più leggere e maneggevoli, grazie a
cui i prezzi si abbassano sensibilmente, che permettono di
riprendere all‟aperto e di utilizzare la cinepresa in spalla, anche
con scarsa illuminazione.
L‟utilizzo di questa forma non esclude però una posizione di
rifiuto da parte del gruppo, che dalle pagine dei Cahiers
setenzia:
Nessuno di noi crede nel cortometraggio in quanto tale.
Cortometraggio= anticinema (…) Un cortometraggio non è
abbastanza lungo per studiare e scavare come si deve dei
caratteri o per evidenziare l'azione (…) In un lungometraggio il
cineasta stabilisce un teorema, mentre in un cortometraggio
può al massimo servirsi del risultato di questo teorema
(Godard- Aprà, 1961, 173- 176).
Quando, intorno al 1959, la Nuova Ondata esplode,
imponendosi all‟attenzione di critica e pubblico per il suo essere
contro, i suoi esponenti possono già vantare una formazione e
un‟ideologia all‟avanguardia. Con la crisi della produzione
hollywoodiana, il linguaggio cinematografico subisce uno
11
stravolgimento, grazie a cui rivivrà una rinascita profonda. Uno
tra gli aspetti più provocatori e accattivanti di questo esordio è
proprio il coraggio di infrangere le regole codificate e rigide del
cinema classico, dove difficilmente i registi d‟autore si erano
spinti fino ad allora. L‟influenza di questa rivoluzione si rivelerà
profonda a molteplici livelli, tanto che dalla Francia partirà a
contaminare la produzione di tutto il mondo.
Gli aspetti d‟innovazione di questo cinema giovanile,
anticonformista e spregiudicato sono numerosi e di enorme
portata. I registi si muovono in un contesto politico e sociale di
tensioni, in cui la contestazione e la riflessione sul cinema
sfociano nella scelta di stilemi sconvolgenti per l‟epoca,
destinati a far indignare folle di tradizionalisti. Diventa urgente e
necessario osare, rischiare, rifiutare ciò che in materia di
cinema si dava per incontrovertibile.
Tanto per cominciare, la Nouvelle Vague rifiuta la
concezione di regista come mestierante della routine: egli è
anzitutto un autore, che attraverso la messa in scena di
intuizioni personali, crea e si esprime come un soggetto. Ogni
film sviluppa un discorso sulla realtà contemporanea, in cui egli
espone la propria poetica, libero di esprimersi senza essere
influenzato o limitato dall‟industria cinematografica. Dopo
essere stato puro intrattenimento, il cinema assume dunque la
forma di un linguaggio, in cui la regia non è una semplice
messa in scena, ma una vera e propria scrittura, che rivela la
volontà di rinnegare un linguaggio immobile, stabilito per tutti:
fare film diventa in qualche modo scrivere con la cinepresa.
Gli schermi dei cinema francesi subiscono l‟invasione di
protagonisti giovani e giovanissimi, che sparano, rubano,
uccidono, hanno i loro simboli e i loro miti, dispongono
liberamente della propria sessualità; inquieti rappresentanti di
12
un moto di ribellione che investe la vecchia società e i suoi
cittadini obsoleti. Nei film trovano dunque espressione realtà
vicine agli autori, temi legati alla quotidianità, rappresentazioni
immediate e improvvisate, che scuotono lo spettatore dal suo
ruolo passivo e cercano di coinvolgerlo, di stimolare il suo
senso critico. Ecco quindi che il cinema non si configura più
come semplice spettacolo, ma come strumento che indaga
questioni legate all‟attualità sociale, spesso senza affrontarle
direttamente, ma attraverso forme e modi di espressione.
Grazie all‟uso della prima persona e della forma della
confessione, i protagonisti condividono con il pubblico eventi e
riflessioni, esponendosi al suo giudizio.
Il cinema si fa carico di indagare sentimenti, idee e ideologie,
rivelando il presente in maniera nuova e rivoluzionaria,
attingendo spesso dal passato personale e rielaborandolo,
fondendo così memoria e attualità: il cinema tradizionale viene
sì rinnegato nelle sue forme d‟espressione, ma viene anche
filtrato dalla propria concezione personale.
13
3. Il lavoro di linguaggio e di messa in scena
Già inscritto in un periodo storico significativo e in un
contesto culturale e ideologico di grande crescita, Godard
mostra, anche rispetto ai colleghi, potenzialità e intenti
straordinari, che gli valgono definizioni quali “Il giovane eroe
della razza dei signori”
9
.
Autore che vive a parte il cinema, emarginato dai più, talvolta
paga il gusto per la sperimentazione estrema e la spietata
denuncia sociale con un minor successo di pubblico e critica,
ma risulta chiaro a tutti, addetti ai lavori e non, come egli possa
definirsi uno dei più qualificati e geniali rappresentanti del
nuovo cinema francese, se non la figura dall‟influenza più
determinante per il vitale quanto necessario rinnovamento,
capace di incidere nello stile, nel linguaggio, nei temi.
La peculiarità dello svizzero è sempre stata quella di
esprimersi in assoluta libertà, a costo di osare e venire spesso
criticato circa i temi, il rapporto con la moralità e il sesso, il
pudore e la confusione, ma che si è rivelato il punto di forza
fondamentale per imporre il suo stile e la sua poetica
all‟attenzione mondiale, e per riformare una stagione
cinematografica ormai stagnante. L‟aspetto sovversivo non è un
virtuosismo fine a sé stesso, ma ha una precisa logica:
considerare la contraddizione, rifiutare le regole chiare e i
dogmi.
9
Louis Seguin, À bout de souffle, in Chessa J., Fino all’ultimo respiro,
Lindau, Torino 2007
14
Fig.4. Jean Luc Godard
La sua è un‟idea di cinema ipotetica, ambigua, in continuo
movimento, che va intesa al tempo stesso come interpretazione
del mondo e discorso sulla modernità dialogante con altre
discipline. I suoi film rivelano l‟esigenza di esplorare e scoprire
quello che ci circonda, codificando nuovi sensi e significati, in
una strada che si colloca a metà tra disobbedienza e attenzione
per la tradizione. La sperimentazione e la ricerca si rivelano in
questo senso gli strumenti ottimali per indagare le diverse
questioni della società contemporanea in modi nuovi, fuori dagli
schemi del cinema classico, orientandosi ora alla ricerca
ideologica, ora a quella stilistica. Quello della sperimentazione
tra elementi diversi è uno stilema che lo distingue dai colleghi
più tradizionali; allo stesso modo, egli fonde finzione e
documentario per ottenere una forma ibrida e completamente
nuova. In particolare gli anni dal ‟63 e al ‟65 si rivelano un vero
laboratorio sperimentale, periodo di grandi intuizioni e
innovazioni, in cui la ricerca godardiana sembra insaziabile dei
risultati ottenuti, sempre tesa verso nuove frontiere.
15
Tra gli elementi salienti del suo stile, ricordo quelli che hanno
segnato il periodo degli esordi che ho preso in analisi, primo fra
tutti la messa in scena. Al piano-sequenza e alla profondità di
campo, elementi del montaggio che hanno ruoli fondamentali
nella rivoluzione stilistica del regista, è legata la nozione che
André Bazin dà di montaggio proibito, in opposizione al
découpage classico. Invece di costruire un‟illusoria continuità e
invisibilità dei procedimenti di scrittura del film, attraverso
l‟impiego del montaggio, lo svizzero privilegia la
rappresentazione della realtà, e contemporaneamente
smaschera l‟artificio della messa in scena, attraverso
l‟irriverenza dei suoi personaggi, che si rivelano agli spettatori
come attori.
L‟autore, inoltre, lavora sulle combinazioni delle immagini in
movimento e sfrutta le loro potenzialità in maniera innovativa,
mescolando diversi generi di sequenze e fotogrammi che,
accostati, acquisiscono un nuovo senso unicamente in virtù del
montaggio.
Godard fa confluire ogni cosa che sembri in qualche modo
utile, non necessariamente pertinente o indispensabile-
frammenti, elementi casuali, dettagli di interesse, oggetti-
rimescolandoli in maniera tale da mostrare la costruzione del
montaggio allo spettatore, e stravolgere la sua fruizione
classica, educandolo a sviluppare un nuovo sguardo
cinematografico.
Una simile concezione della messa in scena genera nel
panorama cinematografico uno scandalo non da poco, perché
infrange i tabù fondamentali del cinema classico: mostrare la
troupe al lavoro e le attrezzature, lasciare che gli attori
rivolgano lo sguardo al pubblico. Quello dello sguardo in
macchina è una pratica proibitissima fin dagli anni ‟10, in
16
quanto per poter essere coinvolto completamente nel racconto,
lo spettatore deve diventare invisibile, deve poter rendere gli
attori dimentichi della sua presenza; Godard sovverte a questa
convenzione in numerosi film e in più momenti.
In un montaggio dunque rapido, ricco, frammentato, trova
spazio una figura- simbolo della continuità temporale, il piano-
sequenza, definita come “Pratica di girare un‟intera sequenza,
della durata di alcuni minuti, in continuità, senza ricorrere al
montaggio”
10
. Già introdotta dai grandi maestri dello svizzero,
viene adottata con entusiasmo dalla Nouvelle Vague, e
reinterpretata da Godard nella sua accezione di espressione
della realtà, indipendente dalla manipolazioni del regista e del
montaggio.
Legata alla ripresa è invece la collaborazione con Raoul
Coutard, giovane operatore che lavora per molti autori della
Nouvelle Vague, e per moltissimi film del regista, soprattutto nel
periodo a cui ci riferiamo. Forte dell‟esperienza maturata in
Indocina a seguito dell‟esercito coloniale, e della carriera di
fotoreporter e operatore per le principali testate internazionali,
Coutard non teme la precarietà delle condizioni di ripresa, ma
anzi ne trae vantaggio e, in virtù di queste caratteristiche,
matura una straordinaria abilità. L‟approccio alla ripresa è
espressione ideale delle esigenze estetiche di questa corrente:
la cinepresa legata ai movimenti del corpo e non a quelli del
carrello, un‟illuminazione innovativa e un‟immagine
cinematografica nuova. La grande libertà di movimento, legata
all‟uso di macchine più leggere e pellicole più sensibili, che
alleggeriscono l‟illuminazione artificiale, permette a Coutard di
10
Rondolino G., Tomasi D., Manuale del film, Utet, Torino 1999, p.
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