5
Riassunto
La malattia celiaca, o celiachia, è un’intolleranza alimentare permanente al glutine, in
particolare ad una sua frazione proteica, la gliadina, e determina un’alterazione
infiammatoria della mucosa intestinale, con conseguente malassorbimento. Ad oggi,
l’unico trattamento idoneo per i pazienti celiaci è l’adesione permanente a una dieta
priva di glutine, in cui vengono esclusi tutti gli alimenti contenenti frumento, orzo,
segale, avena. Tuttavia, questo può risultare un compito difficile per i celiaci poiché, la
maggior parte dei prodotti da forno presenti nei supermercati sono preparati con grani
contenenti glutine. Anche trovare una buona qualità degli alternativi prodotti “glutennull
free”, non facilita l’adesione a questa dieta. Secondo i Rapporti annuali al Parlamento
sulla celiachia degli ultimi anni, il numero di persone celiache cresce dell’1null1,5 % ogni
anno. Conseguentemente anche il numero di prodotti senza glutine e di aziende
produttrici è aumentato. Questi dati permettono di evidenziare un crescente interesse
per tale patologia, sia in ambito medico, al fine di accrescere il numero di casi
diagnosticati, sia in ambito di ricerca e sviluppo alimentare, per migliorare le
caratteristiche organolettiche e nutrizionali dei prodotti attualmente in commercio.
Tali considerazioni hanno portato a sviluppare nuove tipologie di pane gluten free
adatte al consumo fresco. Lo studio delle materie prime idonee alla dieta priva di
glutine, attraverso numerose prove tecnologiche, ha permesso di realizzare due ricette
che si differenziano per la presenza della farina di mais. Il pane senza farina di mais è
stato il punto di partenza per la realizzazione di una nuova tipologia pane “gluten free”
a cui è stata aggiunta farina di grano saraceno in tre diverse percentuali (5null10null15%), al
fine di migliorare il contenuto proteico e quello della fibra totale. Dal punto di vista
reologico i tre tipi di pane hanno ottenuto buoni risultati e, rispetto al pane “senza
farina di mais”, hanno riportato una percentuale di grassi totali inferiore e un contenuto
di proteine e fibre maggiore. Dal punto di vista sensoriale, la differenza fra le tre
tipologie è sta percepita e, il pane con 5% di farina di grano saraceno, è risultato essere
quello maggiormente apprezzato.
I risultati del presente lavoro di tesi sono solo un punto di partenza per la produzione
del pane fresco per celiaci ma permettono di ipotizzare la fattibilità di realizzazione
delle tre tipologie di pane fresco con farina di grano saraceno, anche a livello
industriale.
6
Abstract
Celiac disease is permanent food intolerance to gluten, especially at a fraction of
protein, gliadin, and alters inflammation of the intestinal mucosa, resulting in
malabsorption. The only appropriate treatment for patients with celiac disease is
lifelong adherence to a glutennullfree diet, they are excluded all foods containing wheat,
barley, rye, oats. However, this can be a difficult task for people with celiac disease,
because most of the baked products present in supermarkets are made with glutennull
containing grains. Also find a good quality of alternative products "glutennullfree" does
not facilitate adhesion to this diet. According to annual reports to Parliament on celiac
disease in recent years, the number of people with celiac disease grows 1null1, 5% each
year. Consequently the number of glutennullfree products and companies has
increased. These data allow to highlight a growing interest in this disease, both in the
medical field, in order to increase the number of diagnosed cases, both in food research
and development, to improve the organoleptic and nutritional products currently on the
market.
These considerations have led to develop new types of bread gluten free suitable for
fresh consumption. The study of materials suitable for glutennullfree diet, through
extensive testing technology, has allowed to make two recipes that are differentiated
by the presence of corn flour. Bread “no corn flour” was the starting point for the
construction of a new type of bread "gluten free" to which was added buckwheat flour
in three different percentages (5null10null15%), to improve the protein content and the total
fiber.
From the rheological point of view, the three types of bread have obtained good
results, compared to bread "no flour corn," reported a lower percentage of total fat and
more protein and fiber. From the sensory point of view, the difference between the
three types it is perceived, and the bread with 5% of buckwheat flour, was
most appreciated.
The results of this thesis are only a starting point for the production of fresh bread for
celiacs, but allow to hypothesize the feasibility of implementing the three types of
fresh bread with buckwheat, even in the industry.
7
1. Introduzione
1.1 Il Pane
Il pane è un elemento importante della dieta base che risale all’era del Neolitico. Il
primo pane fu preparato nel 10.000 a.C., circa o più di 12000 anni fa, attraverso la
semplice sperimentazione con acqua e farina di grano. Gli Egiziani sono stati i pionieri
che hanno creato l'arte della panificazione famosa in tutto il mondo. (Mondal A. and
Datta A.K., 2007)
Il controllo della produzione e distribuzione del pane, nel passato, è stato utilizzato
come uno strumento per influenzare politicamente la popolazione. Ancora oggi una
carenza di pane è sinonimo di tempi duri, mentre la promessa di poterne usufruire in
abbondanza è indicatore di benessere sociale. Attualmente, sono numerosi gli studi
dedicati ai cereali e al loro utilizzo tecnologico, ciò attribuisce alla ricerca l’impegno
indirizzato verso lo studio dei fattori che influenzano la qualità del pane. (Scanlon
M.G. and Zghal M.C, 2001)
I prodotti da forno, tra cui è incluso anche il pane, costituiscono una categoria molto
eterogenea. Elementi comuni alle diverse tipologie di prodotti sono gli ingredienti base
null costituiti da farina, acqua, agente lievitante – e alcune fasi comuni a tutti i processi
produttivi quali l’impastamento, la lievitazione e la cottura. (D’Egidio M.G., 2004)
La classificazione dei prodotti da forno può essere basata su numerosi criteri. Un
primo criterio (Fig. 1.1), quello più largamente impiegato a livello merceologico,
discrimina i prodotti sulla base della loro sofficità, dunque del volume specifico e
dell’umidità, e della presenza nella formulazione di una quantità di zucchero
apprezzabile a livello sensoriale, corrispondente al 10% del peso della farina. (
Lucisano M., Pagani M.A, 1997)
8
Secondo tale schema il pane è stato posto tra i prodotti soffici, salati (non dolci), a
lievitazione biologica e umidità compresa tra il 18 e il 35%.
Campione Acqua
(g)
Proteine
(g)
Grassi
(g)
Carboidrati
(g)
Calorie
(g)
Pane 30 9 20 58,50 279
Fabbisogno giornaliero null 28 1 500 2400
% del fabbisogno
giornaliero da 100 g di
pane
null 32 5 12 11,6
Tabella 1.1: Valutazione nutrizionale
del pane (Lucisano M., Pagani M.A, 2004)
Figura 1.1: Classificazione dei prodotti da forno secondo criteri di tipo
merceologico e tecnologico
(Lucisano M., Pagani M.A, 2004)
9
Dal punto di vista nutrizionale il pane rappresenta un’ottima fonte di calorie, essendo
ricco di carboidrati (58%) e, tuttavia, contiene circa 9% di proteine consentendo di
ricoprire il 32% del fabbisogno giornaliero di proteine vegetali. (Tab. 1.1)
Analizzando la frazione proteica del pane, la lisina è l’amminoacido limitante e il
valore biologico, rappresentato dall’Essential Aminoacid Index, è pari al 58%.
Come si può osservare nella Tab 1.1.2 la composizione aminoacidica essenziale
differisce nelle diverse frazioni proteiche del pane. (Quaglia G., 1984)
1.2 Normativa
È denominato "pane" il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta
convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o
senza aggiunta di sale comune (cloruro di sodio). (Art. 44 della Legge del 22 febbraio
1994, n. 146, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 4 marzo 1994, n. 5)
Il Decreto del Presidente della Repubblica del 30 novembre 1998, n. 502, entrato in
vigore il 16 febbraio 1999 (pubblicato su Gazzetta Ufficiale n. 25, del 1° febbraio
1999) contiene il “Regolamento recante le norme per la revisione della normativa in
Aminoacidi Uovo Albumina Globulina Gliadina Glutenina
Lisina 7,03 3,60 3,84 0,56 1,67
Treonina 4,74 3,61 3,43 1,80 2,39
Valina 6,61 5,33 4,39 3,13 3,46
Metionina 3,12 1,88 1,22 0,95 1,29
Isoleucina 5,41 3,50 3,26 3,43 3,22
Leucina
8,56 6,39 6,36 5,73 6,15
Fenilalanina 5,22 3,51 3,72 4,88 4,13
Indice chimico 100 51 39 8 24
A.A limitante
null Lisina Metionina Lisina Lisina
Tabella 1.1.2: Composizione aminoacidica delle frazioni proteiche del pane
10
materia di lavorazione e di commercio del pane a norma dell'articolo 50 della legge
22 febbraio 1994, n. 146”.
Il D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 109 ed il Decreto n 502, nell’ Art. 1, stabiliscono che il
“pane ottenuto mediante completamento di cottura da pane parzialmente cotto,
surgelato o non surgelato”, deve essere distribuito e messo in vendita in comparti
separati dal pane fresco e in imballaggi preconfezionati, prevedendo le denominazioni
specifiche “ottenuto da pane parzialmente cotto surgelato” (in caso di provenienza da
prodotto surgelato); “ottenuto da pane parzialmente cotto” in caso di provenienza da
prodotto non surgelato né congelato).
Nell’Art.2 dello stesso Decreto è regolamentata la produzione di pane ottenuto dalla
miscelazione di diversi tipi di sfarinati, il quale deve essere denominato “pane al”
seguito dal nome dello sfarinato caratterizzante utilizzato. Gli sfarinati utilizzati,
devono essere presenti nell'elenco degli ingredienti del prodotto.
Inoltre il pane, qualora venga ottenuto esclusivamente con le farine elencate dall’art.
17 della legge n. 580/67, deve continuare ad essere denominato secondo quanto
Figura 1.2.1: Varie tipologie di pane
11
previsto in questa norma (pane di “tipo 00”, “tipo 0”, “tipo 1”, “tipo 2”, “tipo
integrale”, “di semola”, “di semolato”)
Il Decreto n 502, abrogando l’art. 20 della legge n.580/67, dove si faceva riferimento
alla tipologia dei “pani speciali”, impone solamente l’obbligo di completare la
denominazione di vendita del pane con l’indicazione degli ingredienti impiegati senza
imporre espressamente la denominazione di “pane speciale”.
I coadiuvanti tecnologici, consentiti nella produzione del pane, sono definiti dall’Art.3
del Decreto n 502, già regolamentati dall’art.19 della Legge n 580 del 1967, e sono i
seguenti:
farine di cereali maltati;
estratti di malto;
alfa e beta amilasi ed altri enzimi naturalmente presenti negli sfarinati
utilizzati;
paste acide essiccate; (purché prodotte esclusivamente con gli
ingredienti previsti dagli art. 14 e 21 L. 4 luglio 1967, n. 580.)
farine prenullgelatinizzate di frumento;
glutine;
amidi alimentari;
zuccheri.
Le caratteristiche chimiche del pane sono definite dalla Legge 4.7.67 n. 580
“Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle
paste alimentari” e l’articolo 16 recita:
Il contenuto in acqua del pane a cottura completa (così modificato dall'art. 22, comma
2, del D.L.vo 27.1.92, n.109), qualunque sia il tipo di sfarinato impiegato nella
produzione del medesimo, con la sola eccezione del pane prodotto con farina integrale,
per il quale è consentito un aumento del 2 per cento, è stabilito in base alla pezzatura
(vedi Tab. 1.2.1) :
Per le pezzature di peso intermedio, tra quelle sotto indicate, il contenuto massimo in
acqua è quello che risulta dalla interpolazione fra i due valori limite.
12
Tabella 1.2.1: Umidità massima ammessa.
(D.L.vo 27.1.92, n.109).
2. Aspetti tecnologici
2.1 Produzione del pane
La prima fase di lavorazione dell’impasto consiste nel miscelare l’acqua alla farina ed
agli altri ingredienti, che variano a seconda del tipo di lavorazione e prodotto che si
vuole ottenere.
I prodotti da forno sono realizzati mediante l’applicazione di vari metodi.
Il primo metodo è l’impastamento ”diretto” che avviene mescolando
contemporaneamente tutti gli ingredienti.
Il secondo metodo, “semidiretto”, consiste nell’impastare tutti gli ingredienti in
un'unica fase aggiungendo poi il lievito o la pasta lievitata il giorno precedente.
Il terzo metodo, “sponge e dough method” o ”indiretto”, prevede di mescolare gli
ingredienti in due tempi. Gli agenti lievitanti sono mescolati ad una determinata
quantità di acqua e di farina. La miscela ottenuta è lasciata lievitare per poche ore e, in
seguito, è unita al resto degli ingredienti. (Mondal A. and Datta A.K., 2007)
L’impastonulllievito preparato nella prima fase è chiamato anche “biga” o “polish”, in
base alla proporzione degli ingredienti. Nel caso “polish” la miscela costituita da acqua
e farina in rapporto 1:1, e lievito.
Pezzature Umidità massima %
Fino a 70 grammi 29
Da 100 a 250 grammi 31
Da 300 a 500 grammi 34
Da 600 a 1000 grammi 38
Oltre 1000 grammi 40
13
Dopo la lievitazione di poche ore, essa viene aggiunta agli altri ingredienti. L’impasto
che si ottiene viene sottoposto ad una seconda lievitazione per un’ora circa,
successivamente tagliato, modellato, lasciato riposare per un’ora e infine cotto.
Per quanto riguarda il metodo indiretto è possibile utilizzare il lievito di pane prelevato
dall’impasto del giorno precedente, opportunamente fermentato e conservato in
ambiente refrigerato.
L’impastamento consiste nell’amalgamare tutti gli ingredienti, che variano a seconda
del tipo di lavorazione e del prodotto che si vuole ottenere. Gli obiettivi della fase di
impastamento sono: distribuire omogeneamente gli ingredienti, formare una struttura
glutinica uniforme e coerente, includere aria sotto forma di microscopiche bolle che
aumenteranno di dimensione durante la seguente fase di lievitazione. (Pagani M.A e
Manzoni M.., 2007)
Durante questa fase avviene l’assorbimento dell’acqua da parte della farina, i cui
costituenti assorbono l’acqua in modi e tempi differenti.
Ad esempio, l’amido, assorbendo acqua, si rigonfia, e la sua capacità di assorbimento è
del 36%.
Le proteine, invece, hanno una maggiore capacità di assorbimento dell’amido. La
gliadina e la glutenina, in presenza di acqua, si combinano formando un complesso
proteico, chiamato glutine, mentre le proteine idrosolubili, albumine e globuline,
formano soluzioni colloidali.
La quantità di acqua assorbita durante l’impastamento dipende da alcune
caratteristiche della farina utilizzata, quali la granulometria, il contenuto proteico e
l’umidità della farina. Il grado igrometrico dell’ambiente e la consistenza finale
dell’impasto che si desidera ottenere sono altri due fattori importanti che influenzano
la quantità di acqua assorbita.
In media l’idratazione della farina è circa 60%, ma per quanto riguarda le farine di
forza, con un elevato contenuto in proteine, l’idratazione è compresa tra il 68 e il 70 %.
La temperatura dell’acqua da aggiungere alla farina è importante poiché influisce,
insieme a quella della farina e a quella dell’ambiente, sulla temperatura finale
dell’impasto, il cui optimum è di 21°C in estate e 25°C in inverno.
14
2.1.2 La lievitazione
Gli agenti lievitanti sono sostanze che permettono il rigonfiamento dell’impasto dei
prodotti da forno.
L’azione principale degli agenti lievitanti consiste nel produrre anidride carbonica per
gonfiare l’impasto e renderlo soffice. Queste sostanze facilitano la maturazione
dell’impasto e, inoltre, producono un insieme di composti chimici responsabili
dell’aroma del prodotto.
La fonte di anidride carbonica solitamente è il bicarbonato di sodio, che ne permette la
formazione attraverso la seguente reazione:
2NaHCO
3
+ heat
null> Na
2
CO
3
+ CO
2
+H
2
O
Questa reazione solitamente richiede temperature piuttosto elevate (>120°C) per avere
un livello di CO
2
apprezzabile. (Stauffer C. E, 1990)
Più tipicamente il bicarbonato viene utilizzato insieme ad una sostanza acida, in modo
tale che la sua decomposizione sia completa e così da mantenere costante la
produzione di anidride carbonica. Perciò la reazione è
NaHCO
3
+ H null> Na
+
+ CO
2
+H
2
O
Altri lievitanti chimici sono il bicarbonato di potassio, il carbonato e il bicarbonato di
ammonio. (Stauffer C. E, 1990)
I vantaggi dell’impiego di bicarbonato di sodio risiedono nel suo basso costo,
nell’assoluta innocuità, nella facilità d’uso, nell’assenza di sapori e odori nel prodotto
finito e nell’elevato grado di purezza del prodotto commerciale.
Le polveri lievitanti (baking powder), sono una miscela di sostanze acide e bicarbonato
di sodio, con o senza amido o farina. Questa miscela non deve produrre meno del 12%
dell’anidride carbonica disponibile. Solitamente le sostanze impiegate sono l’acido
tartarico (o i suoi sali), i sali dell’acido fosforico, composti a base di alluminio, lattato
di calcio, silicato idrato di calcio. (Quaglia G, 1984)
15
L'uso dei lieviti nella trasformazione degli alimenti ha origini antiche, come nella
produzione della birra, del pane e del vino, in cui tutto dipende dalla capacità del
lievito di svolgere la fermentazione anaerobica degli zuccheri, producendo anidride
carbonica ed etanolo. (Stauffer C. E, 1990)
Il lievito di birra, utilizzato nella lievitazione del pane, è prodotto ad un ritmo di 1,8
milioni di tonnellate ogni anno ed è uno dei maggiori prodotti del settore.
I lieviti sono organismi unicellulari appartenenti al regno dei Funghi, e si riproducono
per gemmazione. In generale sono microrganismi mesofili con un optimum di
temperatura tra 25 null 30°C, un massimo a circa 40°C ed un minimo che si aggira
intorno a 0°C null +5°C. Un optimum di pH compreso tra 4 null 4.5 con un minimo di circa
3 ed un massimo intorno a 7. (Byong H. L., 1996)
Principalmente il lievito del pane è il Saccharomyces cerevisiae. Appartengono a
questa specie centinaia di ceppi con diverse proprietà. Altre specie di lieviti sono
utilizzati per la lievitazione di alcune tipologie di pane, per esempio, il Saccharomyce
exiguus è presente nel pane a lievitazione naturale di San Francisco, o in Germania
troviamo il Candida krusei e il Torulopsis holmii. (Stauffer C. E, 1990)
I fattori che agiscono sull’attività dei lieviti sono la quantità di substrato (zuccheri
fermentescibili) presenti nella farina, la presenza di sostanze che possono diminuire la
capacità fermentativa, il pH e la temperatura.
Gli zuccheri sono disponibili grazie all’azione degli enzimi (amilasi) che scindono
l’amido in amilosio o in destrosio.
Le amilasi, a seconda del punto di attacco della molecola del substrato, vengono
distinte in άnullamilasi e βnull amilasi. Le prime attaccano i legami glicosidici della parete
interna della molecola dell’amido, formando prevalentemente destrine. Le βnull amilasi,
invece, attaccano i legami glicosidici della parete esterna della molecola dell’amido
formando, amilosio e successivamente due molecole di glucosio. Questo è il motivo
per cui queste amilasi vengono chiamate saccarogene, mentre le άnullamilasi sono
chiamate destrinogene o liquefacenti (diminuendo la viscosità dell’amido).
Gli zuccheri complessi, ottenuti dall’azione delle amilasi, vengono convertiti in
glucosio grazie all’azione di un enzima presente nei lieviti: la zimasi.
Un altro fattore che influenza l’attività dei lieviti è la temperatura: sopra 43°C viene
rallentata e arrivando a 50null60°C il lievito viene distrutto.
16
Il lievito può essere conservato ad una temperatura di 4°C per circa sei settimane senza
alterare il suo potere fermentativo.
Basse temperature, al contrario di quelle alte, durante la fermentazione riducono la
produzione di gas, e comportano anche una minor perdita di prodotto.
Il Saccharomyces cerevisiae trova le condizioni ottimali ad un pH di circa 5. Ad un pH
più elevato (circa 6), il corso della fermentazione porta alla formazione di una quantità
eccessiva di altri composti, la glicerina e l’acido acetico, oltre all’alcool etilico e
l’anidride carbonica.
La fermentazione alcolica si compie attraverso un ciclo che porta alla formazione
dell’alcool etilico e dell’anidride carbonica, accompagnati da altri composti, come la
glicerina, l’aldeide acetica, alcool polivalenti e monovalenti.
Nel suo complesso la fermentazione può essere riassunta così:
C
6
H
12
O
6
2 C
2
H
5
OH + 2CO
2
Insieme alla fermentazione alcolica avvengono, in maniera più o meno intensa, altre
fermentazioni da parte di microrganismi diversi con formazione di acido lattico, acido
acetico e acido butirrico.
La fermentazione lattica avviene per idrolisi del lattosio o del saccarosio, che
producono glucosio, il quale viene trasformato in acido lattico secondo la seguente
reazione:
C
6
H
12
O
6
2C
3
H
6
O
3
I responsabili di questa fermentazione sono i batteri lattici, che si trovano sotto forma
sporigena nella farina e negli ingredienti dell’impasto, o possono essere aggiunti in
piccole quantità nel lievito compresso. La temperatura ottimale della fermentazione
lattica è 35°C.
La fermentazione acetica consiste nella trasformazione dell’alcool etilico in acido
acetico, causata dall’azione dei mycodermaceti.