Spunti di critica all'idealismo crociano: Giuseppe Rensi lo scettico credente Introduzione Di là dalla nostra coscienza di uomini e da quanto vive, muore e puzza nella
nostra coscienza, la storia sembra aver preso impegno di giustificare come
necessaria e logica sulla linea di un fatale progresso, ogni cosa accaduta. E
in definitiva può esser così perchè ogni male in cui si spegne un bene ha
sempre finito per riprodurre nuovo e giovane e più grande quel bene. Ma
che da questo esser così si tragga poi, come la serena constatazione storica
porta, una specie di fede dottrinaria nella necessità, nella fatalità delle cose
che avvengono è pericolosissimo. Una simile fede non fa che arrestare
l'uomo e distoglierlo dal combattimento.
È il 1937 e la guerra si appresta nuovamente a scuotere gli animi di coloro che
hanno avuto la (s)fortuna, di vivere quegli anni di atroci dolori e, insieme, di
esaltanti passioni.
Con queste parole Elio Vittorini apre un suo piccolo saggio sui Vespri Siciliani
pubblicato nella rivista Letteratura . Sfortunatamente, per quanto degno di
interesse speculativo, questo non sarà l'argomento sul quale ci soffermeremo nel
presente lavoro; tuttavia queste, seppur poche parole sono significative perchè
racchiudono inaspettatamente il nocciolo del nostro discorso, a dimostrazione di
come le speculazioni teoriche trovino costantemente eco anche in ambiti diversi
da quelli loro propri, liquefacendosi nell'opinione pubblica e divenendo materia di
dibattito, potremmo dire, magari azzardando, popolare.
Lo scrittore ha espresso, in questi due periodi, con particolare efficacia due punti
centrali di un discorso che gli autori da noi presi in considerazione nel presente
lavoro, Croce e Rensi, affrontano con particolare intensità, approdando a diverse
conclusioni. In primis la necessarietà del male nella storia , in secondo luogo la
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Spunti di critica all'idealismo crociano: Giuseppe Rensi lo scettico credente definizione di un principio più o meno universale che guidi il processo storico, ma
soprattutto le conseguenze che derivano da queste convinzioni nella sfera etica e
morale dell'azione umana.
Vittorini infatti pur riconoscendo che il male sia parte integrante del processo
storico ricorda però, riprendendo Croce, come questo sia necessario alla rinascita e
al rafforzamento del bene nello stesso processo storico.
Infine riprendendo, seppur inconsciamente, il pensiero rensiano nella sua critica
all'idealismo, Vittorini afferma però che una smodata fiducia nella necessarietà
della storia, ossia la fede che le umane cose in un modo o nell'altro seguano un
determinato percorso guidate, comunque sia , da ideali altissimi e nobilissimi,
potrebbe risultare molto rischioso, in quanto indurrebbe l'uomo all'abitudine
suscitata dalla sicurezza, attenuando così la tensione etica e morale, insomma
politica, che invece sempre deve rimanere viva e accesa nelle umane coscienze; è
questo il “combattimento” di cui Vittorini ci parla. La costante lotta della ragione
contro le sfide imposte dalla realtà e dalla storia.
In questo lavoro cercheremo di approfondire questi concetti attraversando il
pensiero di due personaggi del panorama politico culturale italiano della prima
metà del secolo scorso, Benedetto Croce e Giuseppe Rensi. Il Primo considerato
l'Intellettuale italiano per antonomasia, in quanto figura cardine intorno a cui si
muove la vita politica e culturale del Bel Paese e verso cui si guarda come al ponte
che collega la “periferia culturale” Italia alla cultura europea e mondiale.
Il secondo, Rensi, diviso tra una quasi anonimità in patria e, come è possibile
immaginare, all'estero, e un pensiero che, nella sua fase cruciale, lega insieme
Leopardi e Schopenauer, Nietzsche e il pensiero Classico facendosi precorritore di
ben più illustri ( almeno in quanto a notorietà ) colleghi, si pensi, su tutti, ad
Heidegger.
Il nostro lavoro, lungi dal voler ripercorrere in maniera dettagliata il percorso
filosofico dei nostri personaggi, mira a ricostruirne alcuni caratteri peculiari,
cercando di cogliere in questi i principali contrasti e dove possibile i punti di
contatto.
La prima parte del presente lavoro è incentrata sull'analisi di tre principali punti di
riferimento del pensiero politico di Benedetto Croce, il quale, seppur ormai
desueto, è stato scelto proprio in virtù del valore da questo avuto nel guidare
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Spunti di critica all'idealismo crociano: Giuseppe Rensi lo scettico credente l'orientamento del dibattito filosofico in Italia nella prima metà del secolo scorso.
Tema centrale del nostro discorso è la rilevanza che in questi due autori hanno
avuto i concetti di autorità e libertà. In particolar modo in Croce, quanto il
concetto di libertà venga a doppio filo legato a quello di autorità, ma sopratutto
quanto entrambi siano riconducibili ad un discorso inerente la sfera etica e morale.
Nell'ultimo paragrafo riferito a Croce abbiamo cercato di ricostruire, nell'ambito
dello Stato etico Crociano, il rapporto tra morale e politica, mettendo il pensiero
politico del Croce in relazione con quello di un'illustre precursore, il padre del
realismo politico: N. Macchiavelli.
Allo stesso modo viene affrontato il pensiero di Giuseppe Rensi, con particolare
attenzione alla sua critica all'idealismo, e quindi al pensiero crociano, approdando
nella seconda parte ad una rivisitazione della sua filosofia dell'autorità,
valutandone lo sviluppo all'interno del contesto storico con l'intento di definirne le
reali implicazioni pratiche.
Lo storicismo assoluto di Croce, e l'identificazione della storia con la storia della
libertà, e di contro lo scetticismo rensiano con la sua filosofia dell'autorità ci
hanno portato di contraccolpo ad approfondire un legame mai sopito, quello tra
teoria e prassi, cercando di analizzare i rapporti che legassero il pensiero di questi
intellettuali con la pratica politica che ebbe luogo in Italia nel corso del ventennio
che trascorse tra una guerra e l'altra e che segnò l'ascesa di una delle prime forme
di totalitarismo che la storia dell'umanità ebbe l'opportunità di conoscere.
Il rapporto tra il pensiero di Croce e quello di Rensi, e di conseguenza di quello di
entrambi con il fascismo, viene qui analizzato con l'intento di determinare quanto
quest'ultimo abbia influito sulla strada percorsa da entrambi, e soprattutto quanto i
loro pensieri abbiano potuto effettivamente svolgere una sorta di legittimazione
teorica della politica fascista.
VII
Spunti di critica all'idealismo crociano: Giuseppe Rensi lo scettico credente
Spunti di critica all'idealismo crociano: Giuseppe Rensi lo scettico credente CAPITOLO PRIMO
Benedetto Croce e la religione della libertà.
SOMMARIO: 1.1 Storia e libertà nel pensiero di Benedetto Croce – 1.2 Lo Stato tra autorità e
libertà –
1.3Lo Stato etico e la morale: realismo politico crociano.
1.1 Storia e libertà nel pensiero di Benedetto Croce D'altronde, Signori, è dunque vero che la felicità, quale che possa essere,
sia il fine unico del genere umano? In questo caso la nostra carriera
sarebbe assai ristretta e il nostro destino ben poco elevato. No, Signori,
chiamo a testimone la parte migliore della nostra natura, questa nobile
inquietudine che ci perseguita e ci tormenta, questa brama di estendere le
nostre conoscenze e di sviluppare le nostre facoltà; non alla sola felicità, ma
al perfezionamento ci chiama il nostro destino; e la libertà politica è il
mezzo più energico e possente di perfezionamento che il cielo ci abbia dato.
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Così Benjamin Constant recitava nel 1819 in un celebre discorso all'Ateneo di
Parigi.
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De la liberté des Anciens comparée à celle des Modernes ; B.Constant, 1819.
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Spunti di critica all'idealismo crociano: Giuseppe Rensi lo scettico credente Questo discorso, secondo il Croce, merita di essere considerato uno dei punti di
partenza necessari per prendere atto della mutata fisionomia che, in epoca
moderna, ha assunto l'deale di Libertà.
Attraverso un procedere eminentemente dialettico, il Constant pose per la prima
volta le basi per un ripensamento dell'ideale di Libertà in epoca moderna.
Grande merito, infatti, sta nell'aver compreso e svelato la sostanziale differenza
esistente tra la libertà così come l'avevano intesa gli antichi, e si fa riferimento in
particolar modo all'antichità classica greca e romana, e il concetto di libertà così
come si è venuto a delineare nel mondo contemporaneo.
“la libertà moderna mira a ben altro che alla cosiddetta felicità degli individui,
s'indirizza al perfezionamento umano, e , insomma, non è edonistica ma etica. ”.
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Uno in particolare è il merito riconosciuto al Constant da parte di Croce , quello di
aver slegato il concetto di libertà dal suo tradizionale fine escatologico, la felicità,
ricollocandolo in una nuova forma, in divenire, che lo concepisce come eterno
processo del perfezionamento umano; la libertà non sopporta, per sua natura,
l'essere pensata strumentalmente come finalizzata al raggiungimento di un fine,
in questo caso la felicità, realizzato il quale essa -ndr. la libertà- perderebbe di
significato. Invece Constant, e dopo di lui Croce, affermano che la libertà non può
che consistere nella continua trasformazione ed evoluzione del genere umano; in
questo modo la libertà diviene contemporaneamente oggetto del processo storico,
in quanto obiettivo verso il quale tendono gli attori di tale processo, ma
soprattutto soggetto produttore del progresso umano, del suo perpetuo
arricchimento.
Nel fare ciò Constant affronta le sostanziali differenze tra il concetto di libertà in
auge nella società antica e di contro il significato assunto da questo concetto in
epoca moderna; rileva in particolar modo, come il Constant sia fermamente
convinto del grossolano errore commesso da tutti coloro che operarono una
idealizzazione della libertà nel mondo antico, in particolar modo il richiamo
giacobino-rivoluzionario dell'89 all'immaginistica classica greca e romana il quale
fu, per Constant, uno scialbo tentativo di reintrodurre antistoriche forme del
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Ibidem
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