1
Introduzione
Il presente lavoro di tesi nasce da una personale passione per lo sport nelle sue più
svariate forme ed accezioni e da un interesse accademico per gli studi di genere.
Lo sport è una sfera importante di socializzazione, un potente strumento di
espressione personale e il principale mezzo per raggiungere il benessere psico-fisico. La
sua funzione e il ruolo sociale che ricopre vengono spesso sottostimati e sminuiti; lo
sport infatti: educa e insegna il rispetto per gli altri e per le regole, stimola inclusione e
coesione sociale, crea posti di lavoro e nuove figure occupazionali, previene e contrasta
i danni di uno stile di vita malsano, favorisce l’autostima e la realizzazione personale.
Lo sport inteso come «[..] qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una
partecipazione organizzata e non organizzata, abbia per obiettivo l’espressione o il
miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali e
l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli [..]»
1
coinvolge, oggi, quasi due
terzi della popolazione italiana e una maggiore considerazione da parte dei nostri
studiosi di sociologia permetterebbe di conoscere meglio il fenomeno, comprenderne le
dinamiche che lo caratterizzano, identificarne i protagonisti e delinearne scenari futuri.
La variabile di genere viene sempre più spesso presa in considerazione dagli studiosi
di scienze sociali ed è diventata, nell’ultimo decennio, sia una protagonista delle analisi
sociologiche in ambito accademico che un metro di misura nella normale quotidianità. Il
genere è un fenomeno ideologico, è cioè il modo in cui una società o una comunità di
individui vivono l'appartenenza all'uno e all'altro sesso. E’ anche e soprattutto un
fenomeno materiale con implicazioni concrete: l’incontestabile e naturale differenza
sessuale tra maschi e femmine viene trasformata in una serie di disuguaglianze sociali
che emergono, attraverso ideologie, atteggiamenti e comportamenti, nella quotidianità
di ogni individuo sociale.
Gli ambiti di manifestazione della disuguaglianze di genere sono molteplici: la
presenza ancora forte di una struttura famigliare patriarcale, il fenomeno della
segregazione verticale (glass cealing) e orizzontale delle donne nel mondo del lavoro, la
questione irrisolta del doppio lavoro, la sotto rappresentanza politica femminile ed, infine,
1
Consiglio d’Europa (Maggio 1992) Conferenza dei Ministri europei responsabili dello Sport, Carta
Europea dello Sport, Rodi, p. 3
2
le disuguaglianze nell’ambito della scuola e dell’istruzione (programmi formativi ed
educativi differenziati per alunni ed alunne, la femminilizzazione del corpo docente e la
polarizzazione i direzioni opposte delle scelte e dei percorsi di studio di studenti e
studentesse).
Dalla combinazione dei due campi di interesse prende il via un progetto di ricerca
che ha l’obiettivo di indagare, in una specifica ottica di genere, l’universo sportivo
italiano considerandone i molteplici aspetti e i contesti di socializzazione.
Lo sport è senza dubbio un’attività gendered: la stragrande maggioranza delle
attività sportive esaltano ed entusiasmano maggiormente i maschi rispetto alle femmine
e lo sport, in generale, si realizza come un luogo simbolico dove celebrare capacità e
valori stereotipicamente percepiti come maschili.
Negli ultimi vent’anni si è assistito a un’evoluzione del fenomeno in direzione di una
una maggiore parità di genere in termini di partecipazione sportiva (anche in attività
tipicamente maschili), di considerazione da parte dei media e di interesse attribuito alle
performance agonistiche delle atlete donne; le attività sportive che esaltano valori e
caratteristiche tipicamente femminili rimangono però poche eccezioni e lo sport si deve
tutt’oggi definire come un fenomeno sociale male preserved. L’obiettivo principale di
questo studio è quello di confermare o smentire le disuguaglianze sportive, scoprire la
loro origine e capirne i meccanismi di manifestazione.
E’ necessario precisare che nella scrittura di questa tesi mi sono a volte trovata ad
utilizzare, in modo cosciente, un linguaggio sessista. Definire gli sport come “rosa” o
“azzurri”, distinguere, nei grafici statistici, le colonne rappresentanti le frequenze del
genere maschile utilizzando il colore “blu” e quelle femminili con il colore “rosso”,
parlare di “gentil sesso”, “sesso forte” e “sesso debole” non sono forme stilistiche che
vogliono essere la dimostrazione di un’inattenzione per le stereotipizzazioni di genere
che sottendono; l’utilizzo di queste definizioni è giustificato dalla possibilità di
comunicare con maggiore sinteticità ed immediatezza.
Il presente lavoro di tesi si divide in due parti formalmente separate ma
sostanzialmente complementari perché la seconda parte, quella di carattere
metodologico e di ricerca, si struttura sulla base delle nozioni e dei concetti contenuti
3
nei capitoli teorici e letterari che compongono la prima parte. Si intende qui di seguito
illustrare, in sintesi, gli argomenti trattati e i passaggi cruciali del percorso intrapreso.
Per quanto riguarda la prima parte dell’elaborato, è innanzitutto necessario segnalare
la povertà di studi e ricerche sul fenomeno sportivo. Lo sport, infatti, ha ricoperto e
continua a riscontrare poca attenzione ed interesse da parte degli studiosi di scienze
sociali nell’ambito accademico italiano. Lo studio si è di conseguenza appoggiato sui
contributi in lingua straniera e la base bibliografica è stata costruita dalla lettura di testi
di autori anglosassoni che vantano una vasta bibliografia sull’argomento.
Il primo capitolo Il genere e gli stereotipi è un capitolo introduttivo sulla tematica del
genere, ossia la variabile di analisi con cui verrà indagato il mondo dello sport.
Il genere è un termine relativamente nuovo che ha permesso negli ultimi anni di
aprire la visuale sociologica alle differenze tra maschi e femmine nei più svariati ambiti
di indagine, compreso quello sportivo. Inizialmente mi soffermerò sulla sostanziale
differenza che esiste tra i termini sesso e genere e sulla definizione del secondo come un
concetto binario, reciproco, storico e dinamico. Successivamente l’obiettivo sarà quello di
delineare una panoramica generale dei principali contributi sulla tematica. I gender’s
studies e le prospettive della differenza riassumono, appunto, lo sviluppo storico, le
differenti prospettive e le modifiche che il paradigma sociologico di genere ha subito
dal suo nascere fino alla più recente concettualizzazione postmoderna, ricca di nuove
potenzialità e aperture ideologiche, tra cui quella, del concetto di androginia psicologica.
I paragrafi conclusivi andranno a definire quegli attributi sessuali e di genere che si
concretizzano irrimediabilmente in stereotipi di genere. Stereotipi che, manifesti o più
spesso latenti, condizionano e definiscono i processi di socializzazione e le relazioni tra
i sessi. È il concetto di fare genere, ossia di confermare il concetto di differenza di
genere attraverso i comportamenti quotidiani e le relazioni face to face, a indirizzare
l’attenzione su quella che sarà la tematica del capitolo seguente: lo sport di genere.
Il secondo capitolo si interessa, infatti, di delineare il fenomeno sportivo in termini
generali e si sofferma sulle relazioni che stanno alla base della situazione
profondamente diseguale nel trattamento di maschi e femmine in ambiente sportivo.
Dopo un breve excursus storico sull’evoluzione della partecipazione della donna nello
sport, si vuole aprire una parentesi sugli studi di genere in materia; la letteratura sportiva
4
gendered cresce e si sviluppa passando dall’indifferenza verso la questione di genere
nella pratica sportiva, a lavori incentrati sulle differenze tra uomini e donne, per
approdare infine al riconoscimento e al superamento delle differenze di genere;
l’interesse oggi si concentra sui concetti di femminilità e mascolinità e sul potente
significato che questi termini assumono nell’ambito dello sport agonistico e amatoriale.
La seconda parte del capitolo propone lo studio del processo di socializzazione allo
sport gendered e si sofferma sulla funzione sportivamente educativa che ricopre l’attività
ludica nell’infanzia e sugli agenti di socializzazione che intervengono in questo
percorso. La famiglia, l’insegnante di educazione fisica, l’allenatore, il gruppo dei pari e
i media sono tutti responsabili, ognuno con le sue peculiarità, di un processo di
socializzazione all’attività fisica permeato di stereotipi di genere e differenziato per
bambini e bambine.
Il terzo capitolo è dedicato allo studio, bibliografico e statistico, della partecipazione
sportiva agonistica e amatoriale e si interessa alle modalità di pratica di attività fisico-
sportive in Italia. L’obiettivo è quello di inquadrare il fenomeno in termini quantitativi e
qualitativi e indagarne i vari aspetti mantenendo la variabile di genere come filtro di
analisi. L’evolvere della concezione dello sport, da atto agonistico e esclusivamente
fisico a loisir, ossia qualunque attività fisica praticata nel tempo libero indirizzata alla ricerca del
benessere fisico, alla cura del proprio corpo, al rapporto immediato con la natura, apre una
panoramica molto ampia e particolareggiata di ciò che significa fare sport oggi. Lo sport
moderno è caratterizzato da un processo di differenziazione crescente, in cui non esiste
un solo modello bensì differenti possibilità interpretative.
Questo capitolo prende in considerazione sia lo sport agonistico che la pratica
sportiva amatoriale. Il primo viene indagato attraverso un’analisi delle statistiche di
partecipazione alle olimpiadi dagli albori del Novecento ad oggi. Di maggiore interesse
sociologico saranno però le disuguaglianze, di natura qualitativa, che le atlete femmine
subiscono a loro sfavore: il fenomeno del glass cealing
2
, la mancanza di supporto in
caso di gravidanza e di sostegno per gli impegni famigliari, le differenze retributive (a
parità di livello professionale) tra atleti maschi o femmine e la svalutazione economica,
2
Glass cealing (letteralmente Soffitto di vetro) è un'espressione che indica situazioni in cui
l'avanzamento di una persona in una qualsiasi organizzazione lavorativa o sociale, viene impedito per
discriminazioni, prevalentemente di carattere razziale o sessuale. Nei capitoli seguenti verrà descritto
come si declina questo fenomeno nell’ambiente sportivo.
5
da parte dei potenziali sponsor, degli sport femminili rispetto a quelli maschili sono
questioni che verranno indagate e delineeranno il quadro di genere dello sport
agonistico.
Lo sport amatoriale, quello praticato oggi dal sessanta per cento della popolazione
italiana, verrà studiato analizzando e confrontando i dati statistici di diversi enti di
ricerca: Istat, Censis e Coni. Dopo un inquadramento generale del fenomeno sportivo lo
studio andrà più specificatamente ad approfondire l’influenza della variabile di genere
sulle variabili riguardanti l’occupazione professionale, il luogo e il motivo della pratica
e del suo abbandono, il titolo di studio di chi lo pratica e la classificazione degli sport
per genere.
Il quarto ed ultimo capitolo della parte di tesi di natura bibliografica è un excursus
storico del ruolo assunto dall’educazione fisica in ambito scolastico. Le tappe
cronologiche che vedono l’evoluzione del termine da Ginnastica a Educazione fisica e
sportiva verranno costruite sulla bibliografia storica e su quella legislativa che regola
l’attività fisica in ambito scolastico. Particolare interesse è rivolto al ruolo ambivalente
esercitato dal regime fascista nel definire e regolare l’attività fisica nella società italiana,
al lento evolvere delle riforme in materia di sport nel sistema scolastico e alla situazione
stagnante e retrograda che vede l’Italia essere un fanalino di coda rispetto agli altri Paesi
europei nella gestione e nella valorizzazione dello sport e dei suoi valori. Attraverso le
leggi e gli ordinamenti in materia è possibile individuare i principali sviluppi, le
modifiche dei piani di insegnamento e il coinvolgimento, inizialmente rivolto solo agli
alunni maschi, nei programmi di educazione motoria. Si aprirà, infine, una parentesi sul
progetto pilota del Liceo Sportivo nel nostro Paese.
La seconda parte di questo lavoro, quella di carattere metodologico e di ricerca, si
prefissa l’obiettivo di rispondere agli interrogativi di ricerca che si sono delineati
durante lo studio della bibliografia e l’analisi dei dati statistici esistenti. Lo strumento di
ricerca scelto è il questionario strutturato, che verrà sottoposto a 270 alunni delle classi
medie e superiori di Bormio e Istituti delle valli limitrofe.
Le sei sezioni in cui verrà suddiviso il questionario guideranno sia la fase
metodologica, di elaborazione dati e costruzione di indici sintetici, che quella di analisi.
Quest’ultima si pone due obiettivi principali: il primo è quello di far luce sulle
6
caratteristiche e sulle peculiarità della pratica sportiva in ambiente scolastico ed extra-
scolastico; il secondo, sicuramente più ambizioso, si concretizza in una vera e propria
gender analysis.
E’ possibile differenziare due modelli teorici di pratica sportiva in base al genere? Quanto
valore viene dato allo sport e quali significati assume per i due sessi? Chi sono gli
agenti di socializzazione che influiscono maggiormente sulla scelta e sulle modalità di
pratica di sportive e sportivi? Esistono valori e ideali propriamente maschi e femminili
nel definire il fenomeno sportivo? Sono questi a determinare differenti livelli di
partecipazione, distinzione in sport da maschi o da femmine e modalità di pratica
gendered?
I riflettori dell’analisi saranno puntati in particolare su quegli stereotipi sport-
gendered che determinano le disuguaglianze sportive tra maschi e femmine. Quando
nascono e con quanta intensità e forza sono presenti nell’ambiente sportivo? Dove come e
da chi vengono trasmessi? Ma soprattutto Perché assistiamo, oggi, ad un fenomeno di
disuguaglianza di genere anche nella sfera sportiva e quali sono le variabili che
intervengono e influenzano questa situazione? Esiste forse una stereotipizzazione di
genere dei tratti caratteriali, comportamentali e fisici? Se sì, come influisce
sull’approccio all’attività sportiva e sulla sua espressione agonistica e competitiva?
7
Capitolo Primo
Il genere e gli stereotipi
1. Il genere
La formulazione del concetto di genere
1
deriva la sua origine dalla constatazione di
uno squilibrio esistente nella realtà sessuata, ossia dalla subordinazione femminile e
dalla produzione, riproduzione e istituzionalizzazione del dominio maschile. Il pensiero
femminista contesta la presunta inferiorità del genere femminile e individua il seme
della discriminazione nella trasformazione della differenza biologica in differenze di
ruoli e in differenze sociali
2
.
E’ in particolare il femminismo della seconda ondata
3
, quello che si sviluppa alla fine
degli anni sessanta, a ritenere indispensabile la costruzione di un nuovo paradigma.
«La scelta di assumere i due sessi e i loro rapporti nell’espressione genere risponde ad una spinta
intellettuale ben precisa: l’esigenza di attribuire il massimo peso a quanto vi è di socialmente
costruito nella disuguaglianza sessuale, a quanto vi è di non biologicamente dato nella relazione di
disparità tra uomini e donne»
4
.
Le femministe della seconda ondata compresero come il fatto di analizzare la
questione delle differenze maschili e femminili secondo l’approccio biologico voleva
dire applicare un paradigma interpretativo che riconosceva la differenza sessuale come
un aspetto puramente naturale. Questo comportava l’impossibilità di modificare tali
differenze, con la conseguente impossibilità del cambiamento; le femministe ricorsero
1
Dal latino "genus" (probabilmente attraverso un volgare maschile "*genere(m)"), apparentato con
"gens" (da cui l'italiano "gente") e il verbo "geno" da cui anche "genero" (in italiano "generare").
Letteralmente significa dunque "della stessa origine", e poi per estensione ha assunto il concetto di
classificazione. Tratto da http://it.wiktionary.org/wiki/genere
2
Simonetta Piccone Stella e Chiara Saraceno (2000) Introduzione. La storia di un concetto e di un
dibattito, in Simonetta Piccone Stella e Chiara Saraceno (a cura di ), Genere. La costruzione sociale del
femminile e del maschile, Il Mulino, Bologna, p. 11
3
Il femminismo della seconda ondata, che coincide con il femminismo radicale, si sviluppa nei paesi
occidentalizzati, in particolare negli Stati Uniti, alla fine degli anni ’60 quando donne, soprattutto
studentesse e laureate si domandano perché permane immutata, nonostante il riconoscimento ufficiale
della parità in ampi settori della vita sociale, la loro condizione di sostanziale subordinazione rispetto agli
uomini.
4
Simonetta Piccone Stella e Chiara Saraceno (2000) cit, p. 11
8
quindi alla costruzione sociale delle differenze tra i due sessi con il concetto di genere.
«Gli uomini e le donne sono, è ovvio, diversi. Ma non sono così diversi come il giorno e la notte, la
terra e il cielo, lo Yin e lo Yang, la vita e la morte. Dal punto di vista della natura gli uomini e le
donne sono più simili gli uni alle altre che a qualsiasi altra cosa, alle montagne, ai canguri, alle
palme di cocco. L’idea che siano diversi tra loro più di quanto ciascuno di essi lo è da qualsiasi altra
cosa deve derivare da un motivo che non ha niente a che fare con la Natura»
5
.
Queste parole fanno parte del saggio The Traffic in Women dell’antropologa
statunitense Gayle Rubin che, nel 1975, introduce ufficialmente nel discorso scientifico
il termine gender (dall’autrice inglobato nell’espressione sex-gender system). Con sex-
gender system Rubin denomina
«[..] quell’insieme di processi, adattamenti, modalità di comportamento e di rapporti con i quali ogni
società trasforma la sessualità biologica in prodotti dell’attività umana e organizza, in base a questo
processo, la divisione dei compiti tra gli maschi e femmine, differenziandoli l’uno dall’altro, creando
appunto il genere»
6
.
Rubin sottolinea come l’atto di esplicitare l’origine della subordinazione delle donne
rende possibile una visione futura più realistica e coscienziosa, indirizzata a creare una
società sessualmente egualitaria.
La categoria di genere si è poi gradualmente inserita in molti campi di studio del
femminismo americano: nell’antropologia, nella storia, nella psicoanalisi e nella
sociologia, sostituendosi all’espressione precedente (i due sessi o i ruoli sessuali). Il
termine verrà esportato in Europa nella seconda metà degli anni Settanta. In uno scritto
della storica Natalie Zemon Davis viene spiegata ed elogiata la potenzialità ideologica
della nuova categoria di analisi. La Davis si esprime sottolineando come ogni studioso
sociale, qualunque sia il suo campo specifico, dovrebbe prendere in considerazione le
implicazioni del sesso non meno di quelle delle classi sociali: considerare il rapporto tra
sesso maschile e femminile dovrebbe aiutare gli scienziati sociali a scrollarsi di dosso gli
schemi tradizionali di analisi e aprirsi a nuove e molteplici possibilità interpretative là
dove, precedentemente, ne appariva una sola.
5
Ivi, p. 7
6
Ibidem
9
In altre parole: «Tener conto del genere non significa solamente addizionare ai nostri
dati un dato prima trascurato, ma aprire una prospettiva diversa sul panorama dei dati nel
suo complesso [..]»
7
. Focalizzare l’attenzione sull’esistere e l’agire di maschi e femmine
all’interno di quei sistemi riproduttivi, culturali, economici, politici e in qualsiasi
contesto sociale, stabile o in mutazione che sia, permetterà agli scienziati sociali, e non,
di estendere e arricchire il proprio sguardo sociologico.
1.1 Un concetto recente, reciproco, storico e dinamico
Si crea quindi una differenza sostanziale fra il termine sesso e quello di genere,
nonostante entrambi rilevino le differenze possibili tra uomini e donne. Il primo, il sesso,
indica «[..] le specificità nei caratteri che, all’interno della stessa specie,
contraddistinguono soggetti diversamente preposti alla funzione riproduttiva [..]»
8
e si
riconduce quindi ad una categoria biologica ed anatomica della differenza sessuale. Il
secondo, il genere appunto, si riferisce alle «[ ] differenze socialmente costruite fra i
due sessi e ai rapporti che si istaurano tra essi in termini di comportamenti distintivi,
appropriati e culturalmente approvati.»
9
. Il genere è dunque un’istanza culturale, in
quanto è definibile come il prodotto di un processo di codificazione storico e socio-
culturale delle differenze fra uomini e donne, fra il maschio e la femmina; il sesso al
contrario è assunto come presunto referente naturale della gerarchia tra superiore e
inferiore, tra dominante e dominato, che struttura i rapporti tra uomini e donne nei
diversi contesti storici e sociali e costituisce il fondamento immutabile delle variegate
rappresentazioni di maschile e femminile.
E’ interessante notare inoltre come genere possa essere considerato un termine
recente, che risponde a una prospettiva relativamente nuova; differenza sessuale si rifà
invece alla tradizione e come chiave interpretativa del sessismo e del patriarcato è un
concetto che è stato utile, per secoli, a spiegare e ordinare l’esistenza di donne e uomini.
Differenza sessuale è inoltre un termine bivalente e pericoloso: indica, infatti, sia il dato
biologico che i significati, sia la morfologia corporea che la costruzione immaginaria,
7
Ivi, p. 10
8
E. Ruspini (2009) Le identità di genere, Roma, Carocci, p. 9
9
Ibidem
10
sociale e simbolica e allude alla loro inscindibilità, piuttosto che alla contrapposizione
10
.
Il concetto di genere non può nemmeno essere considerato sinonimo di condizione
femminile, una definizione che si concentra solamente sull’individuo femminile; è invece
un termine binario che concettualizza la duplice presenza di donne e uomini e implica,
conseguentemente, la reciprocità. Non considera solamente l’elemento donna e la sua
condizione d’inferiorità e subordinazione ma si focalizza sul rapporto che s’instaura tra i
due essi. Un rapporto che si può definire dialettico, di scambio continuo e in continua
evoluzione, durante il quale si creano e si formano, al contempo, sia la condizione
femminile che quella maschile. Non è superfluo porre l’accento su questo punto, perché
l’equivoco iniziale che ha accompagnato la nascita del concetto, secondo il quale genere
è un termine con cui le donne hanno scelto di classificare se stesse in quanto esseri
sociali, si protrae tuttora nel senso comune e nella pratica di ricerca. E’ un equivoco
giustificato perché sono e soprattutto sono state le donne a interessarsi maggiormente
alle disuguaglianze di genere, ad incentivarne l’uso e a riflettere su un possibile
consolidamento teorico che spiegasse questa situazione, che le vedeva protagoniste di
una subordinazione gerarchica tra i generi. Il genere, quindi, non nasce per segnalare e
denunciare una subordinazione del genere femminile ma è uno strumento per
sottolineare, neutralmente, l’apparenza sociale di un soggetto rispetto al genere. Gli
svantaggi e i vantaggi conseguenti dovrebbero, in teoria, compensarsi
11
. La storica
Zemon Davis fu una delle prime studiose a sottolineare che maschi e femmine ricoprono
entrambi un ruolo da protagonisti nella storia che narra la condizione della donna nella
società. In un saggio del 1976 la studiosa rilevava, infatti, che trattare le donne
isolatamente dagli uomini di solito dice ben poco sul significato dei ruoli sessuali nella
vita sociale e nei periodi di mutamento.
Il genere infine è un termine storico e dinamico: le differenze che questo comprende
appartengono, infatti, a un fenomeno dai confini mobili e costantemente mutevoli.
«L’essere donna e l’essere uomo sono il prodotto di un processo storico che ha attraversato le diverse
culture e società, all’interno delle quali sono state diversamente definiti il maschile il femminile,
10
Ivi, p. 10
11
Simonetta Piccone Stella e Chiara Saraceno (2000) cit, p. 8-9.
11
creando specifiche identità collettive e individuali [..] le differenze biologiche tra i sessi sono state
incanalate verso differenze di genere culturalmente variabili [..]»
12
A proposito del fatto che genere è un termine reciproco e binario e prima di andare ad
indagare l’ampio ambito degli gender’s studies, si ritiene interessante aprire una
parentesi su quelli che sono stati gli studi dedicati ad indagare la condizione delle
femmine (women’s studies) e dei maschi (men’s studies) nella società.
1.1.1 Women’s studies
I women’s studies o studi sulle donne vengono definiti come «[..] un approccio
multidisciplinare all'analisi e alla conoscenza della posizione e dell'esperienza della
donna nelle società patriarcali di oggi e di ieri [..]»
13
.
Emersi di pari passo con la crescita del movimento di liberazione femminile alla fine
degli anni Sessanta, i programmi di women's studies sono stati sviluppati ed estesi in
istituti di studi superiori in Europa e negli Stati Uniti. Basati essenzialmente sulla fedeltà
alle teorie femministe, sia metodologiche che pratiche, questi programmi cercano,
attraverso un approccio alla conoscenza incentrato sulle donne, di sfidare le false
rappresentazioni della donna nelle discipline tradizionali, inclusa la sociologia. «[..] un
obiettivo essenziale degli studi sulle donne è quello di rendere visibile l'impegno delle
donne nella società e nella cultura rendendo nello stesso tempo chiaro il pregiudizio
maschile sotteso alla conoscenza tradizionale [..]»
14
. L’origine e l’evoluzione dei
women’s studies vanno rintracciate attraverso un percorso diacronico del pensiero
femminista che nasce dalla necessità di rileggere e documentare l’origine socio-storico-
geografica di quel capitale culturale accumulato dai movimenti delle donne nel mondo.
Dalla fine dell’Ottocento numerose pensatrici (soprattutto inglesi e americane) hanno
scritto sulle donne e per le donne portando in superficie il carattere stereotipico e
parziale proprio delle rappresentazioni femminili di mano maschile.
12
E. Ruspini (2009) cit, p. 15
13
D. e J. Jary (1991) Collins Dictionary of Sociology, Glasgow, Herprer Collins
14
Ibidem
12
«[..] hanno consolidato il loro pensiero intorno alla condivisione dell’esperienza di subordinazione
all’ordine e al canone patriarcale sviluppando non un mero senso di solidarietà o sorellanza, ma un
bisogno comune di ripensare ogni sapere a partire da women-centered perspectives e di riscrivere la
storia a partire dalla (loro) singolare universalità [..]»
15
.
La rimappatura del pensiero femminile in ordine diacronico vede una tappa importante
sia per la Gran Bretagna che per gli Stati Uniti, all’indomani della prima guerra
mondiale. In questo contesto si colloca Virginia Woolf, i suoi due saggi più importanti,
A Room of One’s Own (1929) e Three Ghuineas (1937-1938), sono diventati veri e
propri classici della letteratura femminista perché rivelano l’origine dei tanti
impedimenti e soffocamenti al movimento di emancipazione femminile e gli aspetti di
rivendicazione sociale e politica contro il potere costitutivo e consolidato del patriarcato.
All’indomani di un’altra e più drammatica guerra, viene pubblicato in Francia Le
deuxième sexe di Simone de Beauvoir (1949), che con la famosa frase “donna non si
nasce, si diventa” ha esercitato una profonda influenza incidendo sui capisaldi teorici dei
primi studi di gender documentati e realizzati in Gran Bretagna, negli Stati Uniti
d’America e in Europa. Difatti, le teoriche femministe anglo-statunitensi cominciarono a
interrogarsi su questioni e dubbi provenienti proprio dall’aforisma di de Beauvoir
portando i women’s Studies a confrontarsi con la questione del gender per riscoprire,
complementare, estendere e ricreare la più antica concezione di differenza sessuale
biologica. Da subito è emerso un problema principalmente di definizione: women’s
studies o gender studies? Sembra che in ambito accademico la preferenza per gender sia
dovuta al suo tono più rassicurante rispetto alla più provocante espressione di studi
femministi. Ed è proprio per la presunta scientificità del primo termine che si
spiegherebbe in parte il successo registrato di recente dai gender studies presso
università e case editrici. Successo che avrebbe portato, secondo un certo gruppo di
teoriche, ad uno spostamento dell’ottica di analisi propriamente femminista ad una
molto più generica orientata alla costruzione sociale delle differenze di gender.
L’obiettivo sembra oggi quello di voler trascendere queste speculazioni fortemente
restrittive e di svelare, piuttosto, la più ampia e produttiva interrelazione tra i women’s e
i gender studies, facendo appello alla loro comune natura multidisciplinare, eterogenea,
15
A. Taronna (2004) Women’s studies, in Dizionario degli studi Culturali di Michele Cometa,
Meltemi Editore, p. 225.
13
permeabile e contaminante; è necessario rivalutare il pensiero femminista in riferimento
alle tracce che esso ha lasciato sia nei women’s studies che nei gender studies perché,
per la proprietà transitiva che regola ogni sapere fluttuante, non si può pensare agli uni
senza gli altri.
1.1.2 Men’s studies
Introdurre il genere come strumento di analisi sociale ha, voluto dire affiancare agli
studi sulle donne anche gli studi sugli uomini, spesso focalizzati sulla crisi della
maschilità e attenti a considerare i diversi modi di interpretarla. I mens’s studies hanno
conosciuto un vistoso sviluppo negli ultimi vent’anni soprattutto nei paesi anglo-
americani e dal punto di vita interpretativo, questi studi, possono essere distinti in base a
una scelta di fondo. L’approccio alla natura maschile è operato, da una parte,
rovesciando lo stereotipo tradizionale dell’uomo forte per metterne a fuoco i lati
femminili repressi e le debolezze del maschio; dall’altra focalizzando l’attenzione sullo
stereotipo stesso e cercando di indagare le caratteristiche costitutive, le radici
psicologiche e sociali su cui si fonda. Una premessa comune alla quasi totalità degli
studi muove verso «[..] un rifiuto a definire un’essenza e una natura maschile al
singolare, mentre invece si parla di molte e diverse mascolinità»
16
. Sono stati soprattutto
i queer studies, che hanno introdotto il pensiero gay, a operare in direzione di una
visione critica e problematica rispetto alla definizione di una singola identità sessuale.
La metodologia queer non si richiama a un'identità particolare, ma a un movimento di
rimessa in causa delle identità, considerate come normative. Pertanto, niente ci autorizza
a pensare che i generi debbano essere solo due: non si tratterebbe neppure di utilizzare
cinque o più generi, ma semplicemente di rifiutare ogni categoria di matrice di genere
socialmente istituita.
1.2 Studi di genere e prospettive della differenza
Per inoltrarci in una panoramica dei contributi, degli approcci e delle analisi teoriche
relative alla complessa questione del significato di essere uomo o donne oggigiorno,
16
Ivi, p. 28
14
individuiamo due categorie di analisi: gli studi di genere di origine anglosassone e le teorie
della differenza di origine francese. Queste due linee interpretative non sono proposte in
contraddizione una con l’altra: alcuni principi sono condivisi tra le studiose di una e
dell’altra prospettiva, a differire sono gli obiettivi e le priorità che si pongono.
1.2.1 Gender’s studies
Questa prospettiva sposta l'attenzione dalla differenza biologica (alla quale si era
inizialmente interessata) ai fattori socio-culturali, attribuendo ad essi grande importanza
nella formazione dei due generi. E' una categoria all'interno della quale la teoria cerca di
definire la costruzione sociale e la rappresentazione delle differenze tra i sessi.
La scuola anglosassone dà molto rilievo alle ricerche empiriche, al fine di rilevare le
disarmonie legate al genere ed in vari manuali di sociologia si utilizza il gender come
categoria analitica. Shapiro afferma che diviene «[..] impossibile agli scienziati sociali
evitare di trattare il genere nei loro studi sulla differenziazione sociale, così come non
possono evitare di trattare questioni come la classe, la parentela, il rango»
17
. E' questo
uno dei punti focali di divergenza con le teoriche della differenza, le quali vedono nell'uso
empirico della categoria un pericolo per una perdita di base teorica e ritengono che la
categoria di genere non sia immobile ma in continua evoluzione e che solo con l'aiuto di
una filosofia sottostante non si corra il rischio di cadere nella ricerca fine a sé stessa.
Una questione che le teoriche del gender non prendono in considerazione, è quello di
una definizione rigorosamente teorica del soggetto donna, giacché esse indirizzano le
loro analisi su un piano strettamente empirico, utilizzando il gender come strumento di
analisi sociale e non come categoria ontologica. L’obiettivo è quello di far emergere
«quelle differenze legate al sesso che diventano disuguaglianze nel momento in cui
comportano discriminazioni nell’accesso alle risorse economiche, politiche, sociali e
condizionamenti culturali che intralciano il perseguimento di obiettivi di
autorealizzazione»
18
.
Sartori, nel suo libro Differenze e disuguagliane di genere, identifica una
ramificazione dei gender’s studies in diverse linee teoriche che si sono delineate in
17
J. Shapiro (1981) Anthropology and the study of gender, in W. Grove (a cura di), A feminist
perspective in the academy, University of Chicago Press, Chicago, p. 123
18
F. Sartori (2009) Differenze e disuguaglianze di genere, Mulino, Bologna, p. 28