5
Premessa
Il lavoro di ricerca che viene presentato in queste pagine si inserisce in un
percorso di riflessione più ampio che mira alla rivalutazione ed alla
rivisitazione dei Servizi Sociali per gli anziani in Abruzzo, ed in particolare dei
Centri Sociali per anziani nella città di Pescara. Si propone di offrire in questa
sede non solo uno spunto di analisi della realtà contingente, ma soprattutto un
riferimento per una conoscenza empirica e teorica i cui risultati di indagine
rappresentino un‟opportunità per future investigazioni.
In questa ottica può essere letto l‟obiettivo principale di questo lavoro
che, partendo dall‟analisi teorica del fenomeno dell‟essere anziano oggi
attraverso le teorie dell‟ageing e dai problemi posti dalla letteratura di
riferimento (in particolare verrà presentato il contributo della sociologia ai temi
dell‟età e dell‟invecchiamento) compie una breve descrizione del contesto
demografico e sociale (da principio utilizzando fonti primarie di dati diffusi da
Istituti di Ricerca nazionali ed internazionali, poi muovendosi attraverso
ricerche effettuate sul tema) in cui si trova il nostro Paese attualmente e si
addentra nelle dinamiche del territorio abruzzese con il ventaglio di servizi che
esso offre ai propri cittadini ultrasessantenni in termini di sostegno psicologico
e socialità. Viene descritta ed analizzata una struttura a scopo sociale presente
nel principale quartiere della città di Pescara scegliendo di utilizzare come
strumento di rilevazione il questionario e coprendo l‟intera popolazione
campionaria degli iscritti al servizio.
6
La prospettiva assunta è che il Centro Sociale rappresenti per l‟anziano
utente uno dei fulcri della propria vita relazionale. Non si tratta dunque di uno
studio generico sugli anziani, ma di uno studio del caso, limitato alla
numerosità dei soggetti che si trovano nello stato anzidetto. Da un lato ci si è
interrogati circa l‟esistenza o meno di una rete di servizi in grado di rispondere
ai bisogni di socializzazione della terza e quarta età, dall‟altro si è andati a
constatare chi siano veramente gli anziani presenti sul territorio oggi e quali
siano i loro reali bisogni.
L‟oggetto della ricerca è rappresentato proprio da questa fascia di
popolazione che oggi esige determinate attenzioni e pone specifici problemi
che coinvolgono la partecipazione attiva di tutta la popolazione e delle
Istituzioni presenti sul territorio.
Il presente lavoro si struttura in tre parti complessivamente composte di
otto capitoli. Nel primo capitolo viene contestualizzato l‟ambito della ricerca a
partire da una visione interdisciplinare della storia e delle caratteristiche del
fenomeno dell‟ageing inteso come tendenza all‟invecchiamento demografico
della popolazione mondiale e considerato nei suoi risvolti sociali.
Ci si sofferma sul significato del concetto di età espresso da alcuni
studiosi tra i quali Laslett e sui gruppi di età o coorti cosi come teorizzati dalla
sociologia dell‟età e dalla sua massima esponente, nonché allieva di Talcott
Parsons (che già in principio dimostrò quanto l‟età rivesta un ruolo cruciale
nell‟allocazione dei ruoli e delle risorse di una società), Mathilda White Riley.
Da qui si passa all‟analisi condotta in prima istanza da Robert Butler nel
1969 e successivamente da Erdman Palmore negli anni Novanta del concetto di
7
ageism come forma discriminatoria e come processo sistematico di
stereotipizzazione contro gli anziani e alle considerazioni su come questo
criterio possa influenzare l‟accesso alla fruizione dei Servizi Sociali,
soprattutto alla luce delle odierne disposizioni legislative italiane, in
riferimento nella fattispecie alla legge n° 328 del 2000 nota come „Legge
quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e Servizi Sociali‟.
Nel secondo capitolo vengono commentati i modelli interpretativi
dell‟invecchiamento basati sul processo di categorizzazione discusso da Allport
e ci si addentra nel merito delle valenze educative e sociali della riflessione
sull‟anzianità attiva e dell‟animazione comunitaria per il mantenimento di una
impronta motivazionale personalizzata legata al benessere ed alla socialità.
Il terzo capitolo è dedicato interamente allo studio in profondità della
struttura sociale per anziani presa come oggetto d‟esame nella ricerca.
Alla descrizione del territorio cittadino e dei Servizi Sociali su di esso
presenti segue una ricostruzione della nascita e della messa in opera del Centro
polivalente Aternum di Pescara, frutto di un‟analisi congiunta del progetto
edilizio e del progetto sociale attraverso gli atti originali.
A partire dai fattori che determinano l‟invecchiamento elencati dalla
Commission on Global Aging nel quarto capitolo viene descritta la loro
scomposizione ed il loro utilizzo ai fini della ricerca inserendoli nell‟ottica del
lavoro svolto dai Centri Sociali, non trascurandone le problematiche, come
evidenziato anche da Giori. Si passa poi alla descrizione dettagliata di obiettivi,
progettazione della ricerca e schema dello strumento questionario utilizzato,
8
del quale se ne trova in appendice sia la versione utilizzata per la fase di pre-
test sia la versione finale somministrata alla popolazione di riferimento.
Nel quinto capitolo sono presentati tutti i risultati della ricerca ottenuti
con la statistica multivariata suddivisi per dimensioni indagate e riferiti alle
distribuzioni di frequenza ed alle tavole di contingenza sull‟incrocio delle
variabili inserite in appendice.
Viene cosi individuato e presentato un profilo degli intervistati nelle
dimensioni socio-anagrafiche, sociali, di salute e identitarie.
Nella terza parte sono presentati -dapprima nelle premesse teoriche e
metodologiche e successivamente nelle applicazioni per la ricerca- i modelli
formali e le proposte di intervento presi in esame per integrare la visione
analitica a partire dai dati ottenuti.
Nel sesto capitolo vengono individuati come modelli operativi utili alla
ricerca il calcolo matriciale, la modellizzazione geometrica e i modelli basati
sulla logica fuzzy. Per ogni modello sono brevemente descritti la premessa
teorica, i campi di intervento e il collegamento con le tematiche prese in
considerazione, senza trascurarne criticità e punti di forza.
Nel settimo ed ottavo capitolo viene approfondito l‟utilizzo della logica
fuzzy all‟interno della ricerca sociale e viene elaborato un modello a partire
dalle dicotomie costruite sui parametri del benessere, dell‟età e della speranza
di vita degli anziani intervistati.
I dati rilevati sono stati verificati ed elaborati in forma statistica con l‟uso
del personal computer attraverso i software Spss e Mathematica.
9
Parte prima
TEORIE DELL‟AGEING E SERVIZI SOCIALI
1
Le teorie dell‟ageing nel contesto della ricerca
1.1 Le teorie dell’ageing: dalle rilevazioni demografiche all’ageing in
place
Come i termini sviluppo, accrescimento, maturazione, anche il termine
invecchiamento si riferisce a quel processo attraverso il quale ci si modifica in
funzione del tempo che trascorre. Rispetto agli altri termini esso tuttavia ha
connotati negativi, in quanto richiama non tanto i processi che portano dalla
nascita alla piena maturità, quanto quelli che insorgono dopo di essa e che
portano alla morte.
All‟interrogativo dove inizia l‟accrescimento e dove l‟invecchiamento
non è semplice dare una risposta, se non altro perché i ritmi di sviluppo sono
diversi secondo le funzioni a cui ci si riferisce. Ora, in ogni caso, questo
10
termine assume di solito un significato negativo perché simboleggia la perdita:
basti pensare all‟inevitabile decadimento delle funzioni organiche e mentali
(Blangiardo, 1997), alla cessazione del lavoro, ai cambiamenti delle relazioni
familiari e sociali. Tutto ciò provoca nell‟anziano delle reazioni, che possono
sfociare in vere e proprie crisi esistenziali.
L‟invecchiamento umano si svolge con modalità, ritmi e conseguenze
estremamente variabili da individuo ad individuo, in relazione a fatti e
condizioni contingenti. Ricordiamo innanzitutto che l‟anno 1999 è stato
dichiarato “Anno Internazionale delle Persone Anziane” dalle Nazioni Unite
per richiamare l‟attenzione sul rapido fenomeno dell‟invecchiamento mondiale
e sulle differenti implicazioni di una società che invecchia.
Studiosi come Mannheim (1928) avevano già descritto il fenomeno delle
generazioni che si susseguono “come uno dei fattori fondamentali nella genesi
della dinamica storica”, sottolineando come anche in periodi storici a prima
vista più statici dell‟attuale, il ricambio demografico abbia rappresentato uno
dei principali motori di mutamento sociale.
Secondo le teorie della psicologia dell'invecchiamento e riferendoci in
particolare in una prospettiva interdisciplinare alle ricerche condotte da Cesa
Bianchi (1998), il quale si occupa dagli anni '50 dello studio dei processi
psicologici nell'invecchiamento, sia come coordinatore di progetti di ricerca,
sia come studioso interessato all'analisi dei processi percettivi nell'anziano, è
possibile distinguere diverse età collegate tra loro: l‟età cronologica e l‟età
biologica, dove la prima indica il numero di anni del soggetto, mentre la
seconda riguarda il declino corporeo; l‟età personale che è il momento nel
11
corso della vita di un individuo che esso pensa di avere raggiunto; l‟età sociale,
ovvero l‟età pubblica che è attribuita ad un individuo da amici, famigliari e
conoscenti; l‟età soggettiva la quale non può essere calcolata con il calendario,
in quanto è una successione di avvenimenti non legata necessariamente al
passare del tempo.
I mutamenti demografici ed economici, ma anche quelli legati alla vita
culturale ed intellettuale, ci hanno permesso di comprendere che l‟inizio della
cosiddetta terza età fosse legato all‟età personale, cioè quella che un individuo
si auto-attribuisce in base alla proprie personali percezioni. Storicamente, i
primi ad introdurre una terminologia medica per la suddivisione in base all‟età
anagrafica degli anziani e a dare a queste sottocategorie un nome sono stati gli
anglosassoni che hanno diviso in: Pre-old: persone dai 55 ai 59 anni di età;
Young-old: persone dai 60 ai 70 anni di età; Middle-old: persone dai 70 ai 74 di
età; Old-old: persone con oltre 75 anni di età; Very-old: persone con oltre 85
anni di età.
Secondo invece altre prospettive come ad esempio quella della World
Health Organization queste categorie vengono ridotte essenzialmente a due: gli
youngest old (persone di età compresa tra i 65 e gli 84 anni) e gli oldest-old
(persone dagli 85 anni d‟età in poi). Come si vede, ci sono differenti visioni
che comunque nella loro correttezza non esauriscono la realtà del fenomeno:
nella società di oggi i confini delle età si fanno meno precisi, nuovi tipi di
generazioni emergono, frutto di rinegoziazioni permanenti, con chi viene
prima, i più anziani, e con quelli che seguono, i più giovani.
12
Per Henrard (2002: 99), definendo a livello diffuso un‟età d‟ingresso
nella vecchiaia, la popolazione anziana è “isolata in un mondo a parte e
omogeneizzata; le viene rifiutato ogni ruolo sociale ed è fatta oggetto di
politiche specifiche uguali per tutti”. Visioni che, come sostiene anche Hillman
(2000), producono nel nostro immaginario una visione della vecchiaia come
fase della separatezza e dell‟afflizione.
Secondo Laslett (1992) esistono tre età distinte della vita: la prima età è
dedicata all‟apprendimento, alla preparazione alla vita attiva e ai futuri ruoli
familiari, nella seconda età della vita ci si dedica alla famiglia, ai figli e al
lavoro per mantenerli mentre nella terza fase della vita finalmente ci si può
dedicare a sé stessi, ad arricchirsi interiormente, a sviluppare al meglio le
proprie capacità, un lavoro da cui non si andrà mai in pensione.
Alla sociologia dell‟età e alla sua più famosa esponente, Mathilda White
Riley
1
, allieva di Parsons, si deve il merito di aver mostrato che l‟età non è solo
un dato biologico o anagrafico, ma anche un costrutto sociale collegato a quelli
che vengono definiti gruppi di età o coorti.
Con il concetto di coorte si vuole introdurre una prospettiva sociologica
che si chiama “corso di vita” e studia il cambiamento sociale attraverso le
traiettorie di vita individuale, essendo una prospettiva di tipo micro e macro al
tempo stesso.
Il corso di vita viene definito come “l‟insieme dei modelli di vita graduati
per età, incastonati nelle istituzioni sociali e soggetti a cambiamento storico”
1
Tra i numerosi scritti sono stati consultati i volumi della raccolta Aging and Society (I°ed.
1969), ed in particolare il lavoro di Riley, Johnson e Foner (1972), nel quale si utilizza l‟età per
collocare gli individui nel sistema di ruoli e di risorse, producendo uno specifico sistema di
stratificazione. Le teorie esposte dalla Riley sono state riprese in moltissimi testi, tra cui il più
utile nell‟ambito di questa ricerca: Suzman; Willis; Manton, 1995.
13
(Elder, 2009). Avvalendosi di diversi contributi disciplinari questa prospettiva
asserisce che il mutamento evolutivo avviene lungo l‟intero arco della vita e
che il processo di invecchiamento riflette eventi biologici, sociali, psicologici e
storici.
La prospettiva del corso di vita prende in considerazione sia le traiettorie
e le transizioni individuali (il passaggio da un‟età all‟altra, da un ruolo
all‟altro) sia le relazioni e le appartenenze (il gruppo dei pari, la coppia, la
famiglia, ecc.) (Olagnero e Saraceno, 1993).
Gli studiosi di questa prospettiva hanno tentato di conciliare approccio
sistemico (funzionalista) e teoria dell'azione calandoli entro un quadro
dinamico costruito su teorie di medio raggio e sensibile ai cambiamenti
demografici, familiari e occupazionali che attraversano le società europee e
americana dagli anni „80 in poi. I temi classici della sociologia dell‟età sono: la
normazione sociale del tempo, gli studi sulla stratificazione per età, il concetto
di corso della vita, aspetti di una società multigenerazionale.
Per quanto riguarda il caso dell‟Italia, ad oggi l‟aspettativa di vita alla
nascita e l‟aspettativa di vita a 65 anni sono aumentate, suggerendo non solo
che un maggior numero di individui sta raggiungendo un‟età avanzata, ma
anche che si è ampliata la sopravvivenza della coorte di anziani.
Al fine di una comparazione dei caratteri dello sviluppo sociale delle
regioni italiane e per individuare alcune dimensioni fondamentali del benessere
individuale e collettivo degli anziani sono state consultate le tavole regionali
degli Indicatori Demografici degli anni 2008 e 2009 elaborate dall‟Istat e le
statistiche sulle Quote di popolazione anziana dell‟Eurostat Regio New Cronos
14
riportate col sistema di indicatori SISREG costruito a partire dalle indicazioni
OCSE con il modello di indicatori elaborato dalla European Foundation on
Social Quality.
Inoltre, per misurare la vecchiaia non ci si è serviti solo dell‟età media, definita
a partire dalla frequenza dei decessi relativamente a ogni età, ma si è scelto di
utilizzare anche il concetto di longevità tramite l‟età modale che comprende
l‟età media ma anche la frequenza dei morti di ogni età.
La popolazione ultrasessantacinquenne ha raggiunto il 1° gennaio 2008 il
20,1% del totale della popolazione del Paese, pari ad oltre 11,9 milioni di
persone (Istat, 2009). È un valore quasi doppio rispetto a quello registrato
meno di quaranta anni fa nel censimento del 1971, quando i 6,1 milioni di
anziani residenti rappresentavano solo l‟11,3% della popolazione (Istat, 1986).
Ancora più consistente risulta nello stesso periodo l‟evoluzione del
numero dei “grandi anziani” che si è quasi triplicato in valore assoluto (da
meno di 2,1 milioni ad oltre 5,7 milioni), passando dal 3,9 al 9,6% della
popolazione complessiva. In termini percentuali i valori italiani odierni non
hanno equivalenti nell‟Unione europea (Cfr. Giannakouris, 2008) ed è atteso
un loro ulteriore consistente incremento entro il 2040, quando gli over 65
raggiungeranno il 31,3% e gli over 75 il 16,6% del totale (Istat , 2009).
La terza età è arrivata alla ribalta dei media e della classe politica non
tanto sull‟onda dei successi raggiunti in campo medico, che hanno consentito
un aumento rilevante della vita media dei cittadini, quanto come causa di
preoccupazione per i costi crescenti che gli anziani pensionati rappresentano
per il nostro sistema di sicurezza sociale e il bilancio dello Stato.
15
Non va dimenticato che sempre più spesso si viene valutati da un punto
di vista economico in base alla capacità che abbiamo di essere produttivi e,
poiché la maggior parte degli ultra sessantacinquenni sono oramai fuori dal
mercato del lavoro, l‟età anziana finisce per essere considerata un periodo
superfluo o inutile dal punto di vista sociale.
In questo senso, gli anziani diventano “un problema sociale”, segno di valori e
giudizi in fondo poco favorevoli verso chi è riuscito a raggiungere la terza età.
Assistiamo alla crescita esponenziale di una nuova categoria di soggetti
che pone problematiche socio-assistenziali così complesse da rappresentare una
sfida sia per i professionisti di settore sia per l‟intero sistema di welfare, anche
in relazione all‟elevato consumo di risorse. Permettere agli anziani di
invecchiare serenamente e nel proprio ambiente abituale di vita, quello che
viene definito ageing in place, ovvero “invecchiare nel proprio contesto” nei
dossier dell‟Ocse (Cfr., al riguardo, OECD, 2008; J.-P. Cotis, 2003), costituisce
sicuramente un obiettivo prioritario del mondo dei servizi alla persona nella
società occidentale.
Stiamo vivendo cambiamenti di grande portata che riguardano nuovi
equilibri e rapporti da stabilire tra le generazioni, la presenza di un numero
senza precedenti di persone in grado di godersi le ultime età della vita libere
dalla routine del lavoro retribuito, l‟acquisto di visibilità nelle nostre società da
parte delle classi di età anziane, una fascia di popolazione rimasta per lungo
tempo invisibile sia a politici sia agli studiosi del sociale.
Già in passato in diverse ricerche sociali che si avvalsero del contributo
di Linton (1942) e Parsons (1941) era stato dimostrato che l‟età riveste un
16
ruolo importante nell‟allocazione dei ruoli e delle risorse di una società, in
quanto essa presenta rilevanze differenti a seconda delle fasi della vita e delle
caratteristiche delle società.
In questo contesto si colloca il lavoro svolto dai Centri Sociali per
anziani, che rappresentano una fondamentale risorsa per questa categoria
sociale e per la società nel suo complesso. In particolare, il loro ruolo si colloca
nella cura del benessere della persona anziana e nella ricerca di una rinnovata
ricerca di stimoli a fronte del mantenimento di una vita sana ed attiva, che
possa concretizzarsi anche nell‟essere utili agli altri.
Spesso infatti, come anche nel caso di studio trattato in questa ricerca, tra le
attività di un Centro Sociale vengono inserite anche quelle a servizio della
popolazione altra da parte della stessa categoria degli anziani iscritti, che in
questo modo possono inserirsi in una dimensione di utilità sociale sentendosi di
aiuto agli altri e assolutamente non un peso, semmai una risorsa.