INTRODUZIONE
Nel novembre 2007 è stato pubblicato il corposo rapporto 67 di Eurobarometro 1
, il servizio della
Commissione Europea che ogni semestre monitora conoscenze, opinioni e stati d’animo dei
cittadini europei, fungendo da strumento di verifica dell’efficacia delle strategie politiche e
comunicative intraprese per promuovere la visibilità dell’UE. Dalla sezione dedicata al tema della
conoscenza dell’Unione e delle sue politiche, risulta che l’istituzione più conosciuta (89% degli
europei) è il Parlamento Europeo, seguito dalla Commissione (82%), dalla Banca Centrale Europea
(75%) e dal Consiglio dell’Unione (68%). Nel complesso si tratta di percentuali elevate se
rapportate a quelle registrate fino a pochi anni orsono. Tuttavia, il sondaggio non si allarga anche a
comprendere la pletora di istituzioni “secondarie”, alcune delle quali di grande importanza come la
Corte di Giustizia e il Comitato delle Regioni. Possiamo intuitivamente supporre che tali percentuali
sarebbero progressivamente decrescenti fino a sfiorare i decimi di punto nel caso della
“comitatologia”, un’entità nota agli addetti ai lavori per la sua importanza relativa, ma ignorata dal
grande pubblico, nonostante le profonde ricadute che le decisioni prese in seno ai comitati hanno sui
cittadini europei. La comitatologia non è un’istituzione “tradizionale”, ma un termine coniato
appositamente per distinguere una categoria specifica di comitati che operano presso la
Commissione. Invero, la Commissione, analogamente alle amministrazioni nazionali, tende a
circondarsi di comitati di esperti e/o funzionari nazionali che la assistono nell’esercizio delle
funzioni attribuitegli dai trattati, intervenendo a vario titolo nel processo decisionale. Nella fase di
preparazione della proposta da sottoporre al Consiglio dell’Unione (e al Parlamento Europeo nei
casi in cui è prevista la procedura di codecisione), la Commissione si avvale dei pareri offerti da
esperti, che da anni si occupano di un certo settore e spendono esperienza e competenze a vantaggio
della qualità della proposta legislativa. Il crescente tecnicismo della legislazione ha indotto anche il
Parlamento Europeo e il Consiglio dell’Unione a istituire comitati e gruppi di lavoro che, nel primo
caso svolgono una funzione informativa a favore delle commissioni parlamentari, i cui membri
spesso hanno una competenza di carattere generale, mentre, nel caso del Consiglio, hanno
l’importante funzione di evitare un’impasse istituzionale “filtrando” le numerose proposte e
raggiungendo un compromesso che viene semplicemente ratificato in sede di Consiglio (in termini
percentuali i gruppi di lavoro raggiungono un accordo su oltre il 60% della legislazione UE, una
cifra significativa, seppur limitata a questioni politicamente meno controverse). La fase successiva,
1
http://europa.eu.int/comm/public_opinion/index_en.htm 5
quella di esecuzione normativa, è fondamentale per garantire l’uniformità di applicazione del diritto
comunitario senza l’intervento della Corte di Giustizia e non si limita alla mera esecuzione
amministrativa, ma spesso richiede l’emanazione di atti normativi (regolamenti, decisioni, ma anche
direttive) che disciplinano nel dettaglio quanto indicato nell’atto di origine. E’ in questa fase che la
Commissione si avvale della comitatologia, un’insieme di alcune centinaia di comitati, specializzati
per settore e diversi per natura e posizione formale, nella quasi totalità dei casi composti da
funzionari nazionali che ricevono chiare istruzioni negoziali dalle loro capitali prima delle riunioni
di comitato. Valga il dato che oltre l’80% della legislazione complessiva dell’UE è adottato dalla
Commissione (che quindi è il primo legislatore in termini assoluti) e, pur trattandosi di questioni
che specificano i dettagli di atti normativi precedenti, ciò non deve sminuirne l’importanza poiché
spesso sono proprio i dettagli quelli che colpiscono più da vicino il cittadino o la singola impresa.
La comitatologia entra nel processo decisionale non solo con percorsi giuridici prestabiliti, ma
sovente anche attraverso canali informali, ponendosi quindi all’attenzione degli osservatori come un
meccanismo di potenziale influenza di tipo semi-formale. Si tratta di un fenomeno complesso,
finora rimasto ai margini degli studi politici, ma degno di attenzione sia per i suoi effetti su equilibri
politici ed istituzionali, sia alla luce del dibattito sul funzionamento della democrazia nell’Unione.
Lo scopo di questa tesi è appunto quello di ravvivare un filone di studi che si ritiene possa
contribuire enormemente non solo a meglio comprendere come funziona veramente l’Unione, ma
anche al più ampio dibattito sul funzionamento della democrazia nell’Unione, ma anche sui nuovi
sistemi di governance che si stanno profilando negli ultimi lustri e che preconizzano una nuova era
in cui si sovvertono i tradizionali equilibri istituzionali interni alla ricerca di una flessibilità di
adattamento ai mutamenti repentini dei mercati politici ed economici internazionali. Le sei
conferenze intergovernative che si sono succedute hanno partorito testi che hanno emendato i
trattati precedenti, e hanno inciso peraltro sulla ripartizione di competenze tra il livello
sovranazionale o comunitario e quello nazionale, ispirandosi a principi quali la sussidiarietà e la
proporzionalità. Il filo conduttore è stato quello di un progressivo aumento delle competenze
dell’UE, dovuto alla necessità di “fare sistema” per fronteggiare le nuove sfide poste dai processi di
globalizzazione economica, finanziaria e politica, e favorito dalle contingenze storiche. La
maggiore importanza assunta da Bruxelles quale centro di potere decisionale, avente ripercussioni
sugli equilibri politico-istituzionali nazionali ha rivoluzionato i precedenti meccanismi decisionali e
in particolare il ruolo dei parlamenti nazionali, che da originari monopolisti del potere di approvare
le leggi (salvo le rare fattispecie in cui, sussistendo determinate circostanze, l’esecutivo poteva
arrogarsi poteri normativi comunque sottoposti a un più o meno rigido controllo parlamentare) oggi
sono in molti casi chiamati semplicemente ad introdurre negli ordinamenti giuridici nazionali
6
decisioni prese altrove. La revisione di equilibri profondamente radicati nelle tradizioni politiche e
culturali degli stati europei non poteva non porre interrogativi e sollevare critiche. Il primo di questi
interrogativi concerne l’effettiva natura democratica dell’Unione Europea, dubitando della quale è
stata coniata l’ormai celebre espressione del “deficit di democrazia” delle istituzioni comunitarie.
Secondo molti critici, l’origine del deficit risiede nella distanza esistente tra le istituzioni europee e i
cittadini, dove il termine “distanza” sintetizza cinque dimensioni complementari. In primo luogo,
una distanza geografica, figlia della mancanza di istituzioni rappresentative dell’UE sul territorio 2
.
Secondariamente, una distanza linguistica, dovuta al fatto che comunque molti documenti europei
non ufficiali, come i semplici comunicati stampa, ovvero quelli che potrebbero maggiormente
interessare il grande pubblico, non sono tradotti in tutte le lingue dell’Unione. Terzo, alcune fasce
della popolazione subiscono una distanza tecnologica, frutto del diffuso uso di internet da parte
dell’Europa che, per quanto si renda necessario per abbattere le barriere geografiche, è uno
strumento non accessibile a tutti (si pensi ai problemi di una diffusione della banda larga in certe
zone e al cosiddetto digital divide verso le vecchie generazioni). Quarto, una distanza di tipo
culturale, dovuta al fatto che le generazioni precedenti hanno ancora memoria storica degli eventi
che hanno dilaniato il continente europeo e non hanno avuto la possibilità di fruire di politiche
comunitarie a sostegno della gioventù e dei percorsi di istruzione e formazione professionale
individuale; opportunità invece che le generazioni più recenti hanno colto, contribuendo alla
costruzione dell’incipiente coscienza europea e allo sviluppo del dialogo interculturale
3
. La quinta
dimensione della distanza è quella politico-istituzionale, nel senso che il sistema di governance
della polity europea appare profondamente diverso da quello dei sistemi nazionali. Sebbene le
denominazioni formali delle istituzioni siano alquanto simili e giuristi e politologi abbiano cercato
di etichettare le varie istituzioni quali titolari delle tradizionali funzioni di imperio, allo stato attuale
questi confini appaiono comunque artificiosi e l’archetipo istituzionale dell’UE permane sui
generis . Ciò deriva dalla natura stessa dell’Unione, che non nasce intorno ad una solenne carta
costituzionale, ma quale incontro di volontà di un numero ridotto di Stati europei per un fine
condiviso quale la creazione di un mercato unico 4
. I ripetuti allargamenti a nuovi Stati desiderosi di
partecipare al progetto di integrazione europea e la traslazione di competenze un tempo saldamente
concentrate nelle stanze dei bottoni delle capitali nazionali, ha reso necessario concordare anche
2
Proprio per ovviare a questo problema, da alcuni anni la Commissione ha creato una rete di sportelli decentrati sul
territorio locale, noti come Antenne Europe Direct ( http://ec.europa.eu/europedirect/index_it.htm ) che fungono da
intermediari tra l’UE e i cittadini. La loro missione istituzionale consiste sia nella realizzazione di attività informative
volte a diffondere la conoscenze delle politiche e istituzioni comunitarie sul territorio, nonché delle numerose
opportunità offerte, sia nella risoluzione di problemi o nell’evasione di richieste di assistenza presentate dagli utenti.
3
Il 2008 è stato eletto “Anno del dialogo interculturale”. Maggiori informazioni, tra cui l’agenda degli obiettivi politici
dell’anno sono reperibili alla seguente fonte: http://www.interculturaldialogue2008.eu/333.html?L=9 . Il predecessore è
stato nel 2007 l’ “Anno europeo delle pari opportunità per tutti”.
4
Non a caso la denominazione di Unione Europea risale al Trattato di Maastricht.
7
nuovi assetti istituzionali e meccanismi decisionali, procedendo per questa via ad una costruzione
incrementale e soggetta alle volubilità degli slanci europeisti, fortemente influenzati dalle
contingenze economiche e politiche nazionali ed internazionali. Quindi, possiamo sostenere la
veridicità di quelle posizioni critiche, secondo le quali il diffuso ricorso ai comitati danneggia i
cittadini privandoli della rappresentatività garantita dall’esistenza di un mandato la cui scadenza ad
orologeria è la prossima consultazione elettorale? O viceversa, i comitati svolgono una funzione
insostituibile nel processo decisionale europeo, contribuendo non solo ad evitare imbarazzanti stalli
decisionali e al buon funzionamento complessivo del sistema, ma anche alla sua democraticità
attraverso la rappresentanza dei vari Stati membri nella predisposizione della legislazione
secondaria, talvolta anche garantendo il coinvolgimento delle parti sociali? O ancora la marginalità
con cui sono stati trattati è giustificata dal fatto che il loro peso effettivo è relativamente ridotto?
Frontiere inesplorate sono offerte alla ricerca sul tema dalle nuove norme in materia di trasparenza
adottate dal 1999. Fino a pochi anni fa era difficile anche solo stimare il numero di comitati e
l’unico documento di riferimento era il bilancio annuale. Gli autori che hanno svolto le ricerche più
dettagliate sul tema hanno fatto ricorso a canali di conoscenza informale e all’uso di questionari e
interviste, per i quali spesso era richiesto l’anonimato, per colmare le gravi lacune della ricerca. Nel
corso degli anni novanta la ricerca sul tema ha conosciuto una brusca impennata, per poi arrestarsi
inspiegabilmente nel momento in cui la maggior trasparenza dei lavori dei comitati avrebbe
facilitato la verifica di ipotesi di ricerca precedentemente formulate e l’apertura di nuovi orizzonti
teorici. La pubblicazione di decine di migliaia di documenti di lavoro e la disponibilità di dati certi e
minuziosi sui lavori dei comitati offre diverse opportunità per approfondire l’argomento. In
particolare emerge l’importanza del voto nei comitati, quale punto apicale di massima espressione
formale della posizione di uno Stato membro. La ricerca finora condotta, per quanto
qualitativamente elevata, è stata costretta a fare affidamento su elementi soggettivi, non
quantificabili, volubili e influenzabili a seconda della prospettiva di partenza e della mappa di
giudizi di valore dell’osservatore esterno. La disponibilità di dati sulle votazione rappresenta un
punto di partenza oggettivo fondamentale per dare una base solida al castello teorico, in quanto il
voto è il punto di non ritorno, in cui i riflettori illuminano la posizione di uno Stato membro, aldilà
della dialettica politica precedente in cui ognuno cerca di ottenere il massimo dando al suo
interlocutore la percezione di assecondare un suo bisogno quando in realtà è proprio. Meccanismi
tipici di ogni arena politica e verosimilmente anche dei “gironi” sconosciuti della comitatologia,
dalla quale ogni giorno partono decine di pareri, considerati dalla Commissione prima
dell’emanazione di misure esecutive spesso direttamente applicabili.
8
Il primo capitolo ha un carattere introduttivo e descrive in modo molto circostanziato tutti gli aspetti
connessi alla comitatologia. Iniziando con una dissertazione sul ruolo più generale svolto dai
comitati nel processo decisionale comunitario, utile anche per una precisa definizione della
comitatologia, e passando attraverso la descrizione dell’excursus storico e degli aspetti giuridici, si
giunge ad un esame approfondito delle implicazioni politico-istituzionali e del modo in cui vari
autori si sono affacciati al tema dei comitati con un occhio di riguardo ai rapporti interistituzionali e
alla democrazia comunitaria. Il secondo capitolo fotografa lo stato della ricerca sul tema, integrando
i dati esistenti di ricerche precedenti con quelli più recenti, sviluppando ulteriori elementi finora
trascurati e offrendo alcune riflessioni per la ricerca futura. Il terzo capitolo si sofferma su quella
dimensione inedita della comitatologia, ovvero l’analisi dei modelli di voto nei comitati, resa
possibile dalle nuove norme in materia di trasparenza e la cui importanza deriva dal fatto di
rappresentare il momento in cui diviene empiricamente misurabile e oggettivamente valutabile il
lavoro dei comitati. L’analisi dei modelli di voto sarà sviluppata per la verifica di alcune ipotesi di
ricerca direttamente collegate al funzionamento democratico dell’Unione allargata che saranno
esposte nel dettaglio nel paragrafo loro dedicato in avvio del terzo capitolo.
9
CAPITOLO I
LA COMITATOLOGIA
10
LA COMITATOLOGIA NEL PROCESSO DECISIONALE EUROPEO.
“Dalle capitali degli Stati membri dell’Unione
Europea, gli aerei decollano ogni giorno feriale la
mattina presto, portando a Bruxelles i funzionari
degli Stati membri. Dopo il loro arrivo, corrono
verso diversi edifici in prossimità del Circolo
Schuman. Alcuni si dirigono al centro Porchette,
l’edificio per le conferenze della Commissione
Europea, dove circa 20 diversi comitati si
incontrano quotidianamente. Altri vanno all’edificio
Justus Lipsius del Consiglio dei Ministri, dove una
media tra 12 e 15 gruppi di lavoro si riuniscono
ogni giorno”. (Schafer, 2000, 3).
1.1. Le conseguenze di un’integrazione sempre più stretta:
L’impulso al processo d’integrazione europea e l’aumento delle competenze sovrane trasferite a
Bruxelles sono storicamente inquadrabili negli ultimi venti anni 5
. Lo strumento giuridico che ha
consentito tale trasferimento è rappresentato dalle modifiche progressive apportate ai trattati
istitutivi da parte degli Stati membri attraverso il metodo della concertazione intergovernativa.
Sebbene le motivazioni reali di questo sviluppo siano verosimilmente radicate in processi storici,
economici e politici di riassetto globale, e solo marginalmente in uno spirito convintamente
europeista, apparso spesso risoluto sulla carta delle dichiarazioni ma pronto ad inciampare al
momento dell’atto pratico, il dato oggettivo permane: le competenze politiche e amministrative
esercitate da Bruxelles sono cresciute decisamente in questi anni. Sul piano nazionale le
conseguenze principali le hanno subite i Parlamenti nazionali, che hanno assistito spesso impotenti
all’erosione delle loro prerogative e al mutamento del loro ruolo in agenti della legislazione
comunitaria che spesso richiede strumenti legislativi per il recepimento negli ordinamenti giuridici
nazionali. La “reazione” si è limitata al potenziamento degli strumenti esistenti, quali le
commissioni parlamentari, la cui importanza è cresciuta per quanto concerne la raccolta di
informazioni e il costante monitoraggio della vita politica e dell’attività legislativa comunitaria. Il
fenomeno ha prodotto anche esternalità positive quali l’ingresso delle questioni europee nel
5
Per avere un quadro approfondito e completo del sistema istituzionale comunitario e del grado di sviluppo delle varie
politiche, si consiglia Nugent (2001a) o Beutler (2001). In maniera più sintetica gli stessi argomenti sono trattati da
Gozi (2000) o Graglia (2002). Abbondano anche le monografie che trattano le singole istituzioni e/o politiche dell’UE.
A titolo esemplificativo si consigliano i testi di Gozi (2005) e Nugent (2001b) per la Commissione Europea e quelli di
Corbett (2003) e Bardi – Ignazi (2004) per una sintesi sulla storia, il funzionamento e i poteri del Parlamento Europeo.
11
dibattito politico nazionale
6
e la crescente attenzione dei mezzi di comunicazione di massa
7
,
elementi che hanno costituito talvolta uno stimolo per i cittadini più attivi, interessati ad
approfondire la conoscenza delle istituzioni e delle politiche comunitarie sia per poter sfruttare le
innumerevoli opportunità offerte dai finanziamenti e dai programmi comunitari, sia per mera
curiosità 8
. Ma principalmente rileva l’attenzione che la comunità scientifica internazionale ha
rivolto al processo d’integrazione, garantendo un approfondimento maturo e circostanziato dei
vantaggi e delle problematiche connessi all’integrazione comunitaria. Il problema su cui
maggiormente si sono soffermati i riflettori è quello relativo alla democratizzazione dei processi
politici 9
, in ossequio al principio dell’ accountability , in base al quale per garantire la legittimità di
una decisione è necessario definire con precisione le istituzioni e i politici su cui ricade la
responsabilità. La responsabilità non deve essere solo formale e può essere raggiunta attraverso una
strategia onnicomprensiva che promuova la trasparenza allo scopo di favorire la chiara
identificazione di “chi fa che cosa”, preveda istituti che garantiscano la dimensione effettiva e
democratica della responsabilità, fornisca un’informazione sufficientemente chiara, precisa e di
facile reperibilità. Ciascuno di questi obiettivi generali è suddiviso a sua volta in obiettivi specifici
che traducono praticamente l’azione da attuare per il loro perseguimento. L’obiettivo della
trasparenza è imprescindibilmente legato anche alla razionalizzazione e semplificazione dei
processi decisionali dell’UE, tema che merita un approfondimento a scopo introduttivo, poiché
6
Nonostante ciò, durante le campagne elettorali che precedono le elezioni per il Parlamento Europeo (che si tengono
ogni quinquennio, negli anni che terminano col “4” e col “9”), l’arena del dibattito politico depaupera la solennità del
momento, marginalizzando le questioni europee a favore di temi politici nazionali, quasi a voler simulare le classiche
campagne per le elezioni politiche.
7
Spesso però questa attenzione è limitata ad eventi chiave, che fungono da magneti catalizzatori dell’attenzione
mediatica, come le riunioni del Consiglio Europeo, organo che riunisce i capi di Stato e di Governo degli Stati membri
dell’UE e il Presidente della Commissione, e che ha il compito precipuo di fissare gli indirizzi politici fondamentali
dell’UE, ma soprattutto il cui umore è determinante per l’accelerazione o il rallentamento del processo d’integrazione.
8
L’Unione Europea persegue una strategia politica e comunicativa mirata a ridurre la distanza con cui spesso è
percepita l’ “eurocrazia”. Vale la pena ricordare che il sito ufficiale dell’Unione Europea è il sito più grande del pianeta,
e in cui è possibile reperire tutte le informazioni sulle istituzioni, attività e notizie dell’UE. La struttura del sito è stata
recentemente modificata in modo da renderlo user-friendly , è disponibile in tutte le lingue dell’UE, è costantemente
aggiornato e collegato alle varie banche dati da cui è possibile scaricare in formato elettronico i documenti dell’UE
direttamente accessibili ai cittadini. Oltre ad avere una funzione informativa, il sito funge anche da strumento per la
consultazione della cittadinanza, di organizzazioni / associazioni ed enti / autorità locali e nazionali, attraverso dibattiti
a tema sulle principali issues politiche del momento. E’ possibile rivolgersi all’UE in una qualunque delle lingue
ufficiali dell’UE e ottenere la risposta nella lingua desiderata. Permangono ostacoli di natura linguistica (non tutte le
pagine del sito sono tradotte in tutte le lingue ufficiali dell’UE) e tecnologici (ampie fasce di cittadini europei non hanno
l’abitudine e le capacità di usare le moderne attrezzature informatiche). Per ovviare a questo problema sono nate le
Antenne Europe Direct, una rete di punti di contatto con l’Unione Europea dislocati negli Stati membri, si veda
l’indirizzo http://ec.europa.eu/europedirect/index_it.htm , per i quali è stato abilitato anche un numero verde. Inoltre,
merita di essere menzionata anche l’attività dell’Ufficio Europeo delle Pubblicazioni Ufficiali
http://publications.europa.eu/index_it.htm , che produce quotidianamente una mole vastissima di materiali informativi
(pubblicazioni, gazzette ufficiali, studi, rapporti, brochure, opuscoli, libri per bambini etc) in diversi formati (cartaceo,
cd, dvd) sia per un pubblico specializzato che per semplici cittadini o le nuove generazioni.
9
La letteratura sul tema è immensa. Si citano i lavori di alcuni autori che pongono sia interrogativi sulla sussistenza di
una democrazia per l’UE sia propongono soluzioni, anche innovativi, per correggere il sistema: Schmitter (2000),
Attinà (2000), Fabbrini (2004), Caporaso (2004). Le diverse posizioni sul binomio tra deficit di democrazia
comitatologia sono oggetto di un’analisi separata nel capitolo 5.
12
investe direttamente la questione della comitatologia, considerando che questa interviene a titolo nel
processo decisionale. Il processo decisionale dell’UE può essere suddiviso in tre fasi
cronologicamente ordinabili:
1) La fase di gestazione della proposta
2) La fase decisionale
3) La fase di attuazione ed esecuzione
La prima fase ha inizio con l’input alla presentazione della proposta legislativa e, passando per la
sua stesura, si conclude con la presentazione formale della proposta. La seconda fase comprende
tutti i passaggi che avvengono prima dell’adozione definitiva della proposta e della sua
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, che è preliminare all’entrata in vigore.
La terza fase completa il percorso decisionale attraverso la predisposizione degli strumenti
(legislativi e non) necessari per garantire l’uniforme, effettiva ed efficace applicazione pratica ed
interpretazione degli atti legislativi adottati nel territorio dell’UE. Questa fase comprende
l’adozione di atti giuridici di complemento, l’effettiva applicazione e la valutazione e
aggiornamento delle politiche pubbliche, come illustrato nello schema sottostante (tabella 1).
Tabella 1 . Il Policy Cycle nell’Unione Europea 10
.
FASE ATTIVITA’
Fase di
gestazione
della proposta In questa fase la Commissione (che detiene il monopolio dell’iniziativa legislativa nel primo
pilastro) elabora una proposta ricorrendo ad un vasto processo di consultazione, prima di
sottoporla all’attenzione del Consiglio e del PE. In questa fase è decisa anche la natura giuridica
del futuro atto Fase
decisionale Il Consiglio (e il PE nei casi in cui è prevista la codecisione) deliberano sulla proposta seguendo
la procedura prevista nella base giuridica di riferimento:
- Procedura di consultazione
- Procedura di cooperazione
- Procedura di parere conforme
- Procedura di codecisione
La pubblicazione dell’atto eventualmente adottato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea
prelude alla sua entrata in vigore.
Fase di
attuazione ed
esecuzione Questa fase può comprendere diverse attività: l’approvazione di atti contenenti norme dettagliate
che completano l’atto di base risultato della fase decisionale; l’applicazione effettiva delle
politiche, ovvero la realizzazione pratica dell’insieme di attività previste per il perseguimento
degli obiettivi prefissati; la valutazione dell’efficacia delle politiche adottate per la loro eventuale
modifica nonché aggiornamento all’evoluzione dei tempi.
Fonte: elaborazione autonoma.
10
Il tema è trattato ampiamente da Siedentopf e Ziller (1998) e Schafer (1996).
13
1.2. L’elaborazione della proposta decisionale:
La prima tappa del processo decisionale comunitario consiste nel lungo lavoro preparatorio che
precede la presentazione formale della proposta. E’ una fase estremamente delicata, che deve essere
gestita prudentemente poiché può determinare il buon esito della proposta. Infatti, se la proposta ha
un’elevata qualità contenutistica e configura un compromesso accettato da parte degli Stati membri
e ad alto valore aggiunto europeo, allora aumentano notevolmente le probabilità che sia approvata e
in tempi brevi. Il Trattato sulle Comunità Europee, altrimenti noto come primo pilastro, attribuisce
alla Commissione il monopolio dell’iniziativa legislativa, riconoscendo al Consiglio e al PE solo
una funzione di stimolo alla presentazione di proposte specifiche
11
. Non deve essere sottovalutata
l’importanza del potere d’iniziativa legislativa, poiché implica che la Commissione è l’unico
soggetto cui è formalmente riconosciuto il potere di determinare i contenuti dell’atto. Indicativa
della rilevanza di questo potere è la prassi invalsa nel Consiglio di presentare frequentemente
risoluzioni che, pur prive di valore giuridico, contengono orientamenti politici e legislativi che
ambiscono a delimitare il margine di manovra della Commissione (Gozi, 2000, 76). Sono previste
delle eccezioni in campo monetario, dove il potere di iniziativa spetta anche alla Banca Centrale
Europea, e nei settori della politica estera e di sicurezza comune (secondo pilastro) e della
cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (terzo pilastro) dove del potere di iniziativa
sono titolari anche i singoli Stati membri (artt. 22 e 34 TUE). Il compito di redigere la proposta
spetta alla Direzione Generale competente per materia dove un funzionario, generalmente un capo-
unità, si addossa la gestione del dossier. Accade spesso che, a causa dell’attuale frammentazione
della Commissione per garantire ad ogni Stato un commissario e della sempre maggiore
complessità delle proposte, questa coinvolga più Direzioni Generali, nel qual caso una viene
nominata capofila e coordina il lavoro di consultazione delle DG partecipanti. Una delle risorse
fondamentali per predisporre proposte legislativa di elevata qualità è la raccolta di dettagliate
informazioni tecniche. I funzionari della Commissione, per quanto generalmente esperti e preparati,
sono in numero insufficiente per svolgere tempestivamente un’operazione così delicata. Per
sopperire al bisogno informativo la Commissione ha sviluppato meccanismi di consultazione
finalizzati a coinvolgere esperti, funzionari delle amministrazioni nazionali e rappresentanti degli
interessi settoriali e della società civile.
11
L’art. 192.2, così modificato a Maastricht, stabilisce che “a maggioranza dei suoi membri il Parlamento Europeo può
chiedere alla Commissione di presentare adeguate proposte sulle questioni per le quali reputa necessaria l’elaborazione
di un atto della Comunità ai fini dell’attuazione del presente Trattato”; l’art. 208 dispone che “Il Consiglio può chiedere
alla Commissione di procedere a tutti gli studi che esso ritiene opportuni ai fini del raggiungimento degli obiettivi
comuni e di sottoporgli tutte le proposte del caso.
14
COMMISSARI DIREZIONI GENERALI E SERVIZI
Barroso José Manuel (P) Segretariato generale, Servizio giuridico Wallström Margot (S) Relazioni istituzionali
Verheugen Günter (D) Imprese e industria
Frattini Franco (I) Giustizia, libertà e sicurezza
Barrot Jacques (F) Trasporti Kallas Siim (EST)
Affari amministrativi, servizio di audit interno,
Ufficio europeo per la lotta antifrode
Reding Viviane (NL) Società dell’informazione e media
Dimas Stavros (GR) Ambiente
Almunia Joaquìn (E) Affari economici e finanziari, Eurostat Hübner Danuta (PL) Politica regionale
Borg Joe (M) Pesca e affari marittimi Rehn Olli (FIN) Allargamento Grybauskaité Dalia (LT) Programmazione finanziaria e bilancio Potočnik Janez (SLO) Ricerca e scienza
Figel Ján (SK) Istruzione e cultura
Kyprianou Markos (CY) Salute
Michel Louis (B) Sviluppo e Ufficio per gli aiuti umanitari Kovács László (H) Fiscalità e unione doganale
Kroes Neelie (NL) Concorrenza
Fischer Boel Mariann (DK) Agricoltura e sviluppo rurale
Ferrero-Waldner Benita (A) Relazioni esterne e politica europea
McCreevy Charlie (IRL) Mercato interno e servizi Špidla Vladimir (CZ) Occupazione, affari sociali e pari opportunità Mandelson Peter (UK) Commercio Piebalgs Andris (LV) Energia
Orban Leonard (RO)* Multilinguismo Kuneva Melena (BG)* Tutela dei consumatori Fonte : http://ec.europa.eu/commission_barroso/index_it.htm * Le seguenti Direzioni Generali sono state create successivamente al 1° gennaio 2007, data dell’ingresso di Romania e
Bulgaria nell’UE, per essere appositamente assegnate ai commissari romeno e bulgaro. Prima la politica di “tutela dei
consumatori” ricadeva sotto la competenza della DG Salute, mentre il multilinguismo era sotto il controllo della DG
“Istruzione e Cultura”.
Negli anni la Commissione ha proceduto ad istituzionalizzare i meccanismi di consultazione
attraverso la nascita di appositi comitati (Gozi, 2005, 129). Raffrontati ai contatti informali
bilaterali, i comitati di esperti permettono un confronto diretto e interattivo che permette alla
Commissione, oltre alla raccolta di informazioni aggiornate, di identificare le principali resistenze
nazionali e/o settoriali che la proposta rischia di incontrare in sede decisionale, di valutare la
fattibilità della proposta e di far emergere un superiore interesse comunitario, che non è
necessariamente la ricerca del minimo comune denominatore o un compromesso al ribasso, ma una
proposta di qualità, contenente un valore aggiunto europeo, capace di venire incontro a bisogni
diversificati, perseguendo obiettivi generali comuni e seguendo un approccio che acquista
legittimità perché condiviso in modo multilaterale. Una volta redatta, la proposta, prima di essere
15
Tabella 2. L’attuale configurazione della Commissione Barroso
inoltrata al Consiglio e al PE, è approvata dal commissario competente e deve essere sottoposta
all’attenzione del Collegio dei Commissari per l’adozione, in quanto la responsabilità della proposta
è collettiva. In linea di massima “una vasta consultazione preliminare, una buona preparazione
tecnica della proposta e una certa abilità negoziale e una buona comunicazione sono gli ingredienti
necessari per il successo di una proposta (Gozi, 2005, 143).
1.3. La decisione sulla proposta:
La proposta legislativa indica nei considerando la cosiddetta “base giuridica”, cioè l’articolo/i del
trattato su cui si basa. Questa è di importanza fondamentale poiché definisce la procedura
decisionale applicata all’atto in oggetto. La fase decisionale può concludersi con l’approvazione
della proposta e il passaggio alla fase esecutiva, oppure con la sua bocciatura, nel qual caso l’iter
legislativo si arena e la Commissione può presentare una proposta modificata e iniziare la procedura
ex novo, attendere tempi migliori o abbandonare definitivamente il progetto. Innumerevoli fattori
possono incidere sul buon esito della proposta presentata: il livello qualitativo della proposta, il
grado di comunitarizzazione della politica, il livello di politicizzazione della materia e la procedura
decisionale applicata. Indirettamente il comportamento dei legislatori può essere influenzato anche
dalla percezione della proposta da parte di stakeholders , mezzi di comunicazione, partiti politici e
cittadinanza. Attualmente esistono quattro procedure decisionali: consultiva, di cooperazione, a
parere conforme e di codecisione, la cui applicazione ad atti specifici dipende dagli articoli dei
Trattati, cui si riconduce la base giuridica:
- La procedura consultiva attribuisce al PE il potere di emettere un parere non vincolante sulla
proposta della Commissione, mentre il Consiglio decide in ultima istanza. Nondimeno, il PE
riesce spesso a far accogliere almeno in parte le sue posizioni sfruttando il suo carattere di
organo democraticamente eletto, il solido legame con la Commissione e la capacità di
coinvolgere l’opinione pubblica. Invero, “la Commissione può modificare la propria proposta in
ogni fase delle procedure che portano all’adozione di un atto comunitario” (art. 250.2), fermo
restando che “il Consiglio può emanare un atto che costituisca emendamento della proposta solo
deliberando all’unanimità” (art. 250.1).
- La procedura di cooperazione , introdotta con l’Atto Unico Europeo (AUE), ha rappresentato
una rottura poiché ha per la prima volta accresciuto le capacità del PE di intervenire sul
contenuto della legislazione (Nugent, 2001a, 63). La procedura è stata diffusamente applicata
per l’istituzione dell’unione economica e monetaria. Tuttavia, non è descritta per la sua
complessità e il suo attuale rilievo marginale.
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- La procedura a parere conforme , prevista per la prima volta dall’AUE, prevede una sola
lettura e al PE non è concesso di presentare emendamenti, vincolando il suo ruolo a un’opzione
dicotomica di tipo referendario. La tabella elenca i casi speciali in cui si applica la procedura.
- La procedura di codecisione (art. 251), introdotta dal Trattato di Maastricht, prevede una
necessaria coincidenza di vedute tra il PE e il Consiglio. In altri termini, il PE assurge al ruolo di
co-legislatore e può esercitare un diritto di veto. L’incremento dei poteri non è solo formale ma
anche politico, giacché il PE vede crescere il suo peso negoziale nella definizione dei contenuti
dell’atto. Nonostante l’elevato contenuto democratico, si tratta di una procedura complessa e
farraginosa, che può arrivare a comprendere tre letture e inficiare la rapidità d’intervento
legislativo dell’UE. Vista la sua rilevanza e diffusione, sembra giusto descriverne gli aspetti
salienti. La proposta della Commissione è sottoposta in prima lettura al PE che adotta un parere
e può proporre emendamenti. Il Consiglio con voto a maggioranza qualificata può adottare l’atto
in prima lettura solo se accetta tutti gli emendamenti proposti o il testo dell’atto qualora il PE
non ne abbia proposti. In alternativa il Consiglio può adottare, sempre a maggioranza
qualificata, una posizione comune da presentare al PE per iniziare la seconda lettura. Se il PE
approva la posizione comune o non si pronuncia entro tre mesi, l’atto è adottato. Se il PE
respinge la posizione comune a maggioranza assoluta dei membri, l’atto è respinto; ma il PE
può proseguire la navetta proponendo a maggioranza assoluta emendamenti alla posizione
comune e rimandando la questione ad una seconda lettura del Consiglio che ha tre mesi per
decidere. La Commissione in questa fase interviene emettendo un parere sugli emendamenti
proposti dal PE: se il parere è positivo, il Consiglio a maggioranza qualificata può adottare l’atto
con gli emendamenti proposti, mentre è richiesta l’unanimità se il parere è negativo. Nel caso in
cui il Consiglio non approvi gli emendamenti proposti, convoca un comitato di conciliazione,
composto pariteticamente da rappresentanti delle due istituzioni, per mediare un compromesso.
Qualora sia concordato un progetto di accordo, il Consiglio e il PE entro sei settimane adottano
l’atto rispettivamente a maggioranza qualificata e assoluta. Se non c’è l’accordo la procedura si
interrompe. Una semplice somma algebrica evidenzia che se la proposta non è adottata in prima
lettura e il Consiglio adotta una posizione comune, i tempi per la conclusione dell’iter possono
dilatarsi fino a dieci mesi e due settimane
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. Poiché dal computo è esclusa la fase di
preparazione della proposta, i tempi fisiologici della prima lettura e la fase esecutiva (che può
richiedere interventi legislativi di adattamento degli Stati membri o estendersi per l’avvio di una
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Invero, i tre mesi delle seconde letture del PE e del Consiglio e le sei settimane concesse al comitato di conciliazione
e per l’approvazione formale dell’accordo, possono essere prolungate con l’accordo di entrambe le istituzioni
rispettivamente di un mese e due settimane. Quindi l’iter può allungarsi fino a un anno, un mese e due settimane.
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procedura d’infrazione da parte della Commissione), si evince come l’intero processo possa
richiedere anni nella peggiore delle ipotesi (tabella 3).
Tabella 3 . I settori di applicazione delle procedure decisionali PROCEDURA SETTORI DI APPLICAZIONE
Consultazione Accordi internazionali (300.3), agricoltura (37), aiuti di Stato (89), ambiente (175.2),
armonizzazione imposte indirette (93), cittadinanza europea (22), comitato per l’occupazione
(130), comunitarizzazione questione di cooperazione giudiziaria e di polizia (42 TUE),
concorrenza (83), cooperazione rafforzata (11)*, disavanzi eccessivi (104), elettorato attivo e
passivo nello Stato di residenza (19), funzionari delle Comunità (283), istituzionale di Camere
Giurisdizionali (225A), liberalizzazione dei servizi (52), lotta alle discriminazioni (13), membri
della Corte dei Conti (247), modifica dei trattati (48 TUE), occupazione (128), politica
commerciale (133), politica sociale (137.2), poteri impliciti (308), ravvicinamento legislativo
(94), regioni ultraperiferiche (299), regolamento finanziario (279), ricerca e sviluppo tecnologico
(166.4; 172), ricorsi al Tribunale di primo grado (225), risorse proprie (269), statuto della CGCE
(245), trasporti (71.2), unione economica e monetaria (107.2; 111; 112; 117; 122), visto
d’ingresso e modello uniforme di visto (67.3).
Cooperazione Modalità della procedura di sorveglianza multilaterale (99), applicazione dei divieti degli articoli
101 e 103, misure per armonizzare le denominazione e le specificazioni tecniche di tutte le
monete metalliche destinate alla circolazione.
Parere
conforme Accordi con Stati terzi (300.3), adesione di nuovi Stati (49 TUE), cooperazione rafforzata (11)*,
modifiche statuto SEBC (107), vigilanza BCE (105), fondi strutturali (161), procedura uniforme
per l’elezione del PE (190), violazione dei diritti umani (7 TUE).
Codecisione Accesso ai documenti delle istituzioni (255), ambiente (175.1; 175.3), accesso alle attività non
salariate (47.2), autorità garante dei dati personali (286), cittadinanza europea (18), coesione
economica e sociale (159), completamento del mercato unico (95), cooperazione allo sviluppo
(179), cooperazione doganale (135), cultura (151), discriminazioni in base alla nazionalità (12),
FESR (162), FSE (148), formazione professionale (150), frodi (280), industria (157), istruzione,
formazione professionale, gioventù (149), libera circolazione dei lavoratori (40), libertà di
stabilimento (44; 46), mutuo riconoscimento dei diplomi (47.2), occupazione (129), pari
opportunità (141), politica sociale (137.1), protezione dei consumatori (153), reti transeuropee
(156), ricerca e sviluppo tecnologico (166.1; 172), salute (152), sicurezza sociale (42), statistiche
(285), trasporti (71.1), visto uniforme e procedura di rilascio (67.3)
Fonte: sintesi tratta da “Schemi di diritto dell’Unione Europea” (2005), Simone, Napoli.
Tra parentesi sono indicati i rispettivi articoli del Trattato dove sono è ulteriormente precisato il contenuto degli atti.
* si applica la procedura a parere conforme solo se la cooperazione rafforzata riguarda un settore per il quale si applica
la procedura di codecisione.
Il Consiglio è un’istituzione sui generis poiché non ha una composizione fissa ma variabile a
seconda dell’agenda. Se all’ordine del giorno è l’adozione di atti per l’agricoltura, nel Consiglio
siederanno i rappresentanti dei governi responsabili di quel settore. Il Consiglio quindi ha varie
formazioni (tabella 4). Una volta che il Consiglio (o il Consiglio e il PE) hanno adottato la proposta
condizione necessaria alla sua entrata in vigore è la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale
dell’Unione Europea (GUUE). Successivamente ha inizio la fase di implementazione, intendendosi
con questa espressione tutto il complesso di attività di vario genere poste in essere al fine di rendere
effettiva su tutto il territorio dell’Unione l’applicazione pratica delle norme decise in sede
comunitaria.
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