III
INTRODUZIONE
Nell’ultimo secolo si è verificato un progressivo e costante allungamento
della vita media della popolazione, sia nei Paesi industrializzati sia in quelli in via di
sviluppo. Secondo le stime della Commissione Europea nel 2020 l’incidenza degli
anziani raggiungerà in Europa una quota compresa tra il 25% e il 29% della
popolazione. L’età avanzata, la polipatologia, il rischio di compromissione fisica, di
disabilità, la compromissione funzionale, psichica e sociale, costituiscono gli
elementi caratterizzanti della cosiddetta “fragilità” dell’anziano. Da un punto di vista
clinico, l’anziano fragile ha bisogno di un'integrazione di servizi sanitari e sociali
finalizzati a realizzare, attraverso diverse figure professionali, un piano di intervento
individualizzato e personalizzato tramite una adeguata valutazione delle aree
problematiche del paziente stesso.
Lo scopo dell’assistenza all’anziano è di garantire un piano di intervento ad ampio
raggio e al tempo stesso individualizzato per quella specifica situazione di fragilità
attraverso una duplice funzione, quella valutativa e quella relativa all’intervento.
L’infermiere ricopre un ruolo determinante nel processo di assistenza rivolto al
paziente e alla sua famiglia. Egli, è situato all’interno di un'équipe multidisciplinare
che interagisce con la famiglia e con il paziente stesso, coinvolgendoli attivamente
nel piano di cura. Il ruolo infermieristico nell’educazione sanitaria è quello di
trasferire conoscenze atte a mantenere il più a lungo possibile, e ripristinare ove
possibile, il maggior grado di autonomia del paziente e della diade paziente-famiglia,
dando a quest’ultima gli strumenti più idonei per affrontare una condizione così
articolata e complessa.
La malattia di Parkinson è una malattia terribile, insanabile e cronica; è una patologia
nota da tempo e i progressi della medicina l’hanno resa una malattia la cui affezione
permette diversi anni di sopravvivenza, tuttavia non se ne conoscono né le cause né
le terapie efficaci per una guarigione.
La prevalenza della malattia, in Italia è di 260 casi /100.000 abitanti.
IV
Il Parkinson conduce a una totale dipendenza dagli altri, porta alla perdita di
controllo del proprio corpo, determina una disabilità fisica e mentale.
Durante l’esperienza di tirocinio, presso il CAD appartenente all’ASL RM/F1, si è
percepito che gli infermieri erogano una buona qualità di assistenza.
Si è voluto indagare il grado di soddisfazione provato dai pazienti, familiari e/o
caregiver, sulle variabili: organizzazione, l’empatia, la professionalità, la
comunicazione, l’informazione e l’educazione dell’assistenza infermieristica
domiciliare.
Nel primo capitolo viene descritta la malattia di Parkinson, presentando i sintomi
dall’esordio fino ad arrivare alla malattia conclamata, illustrando l’approccio
diagnostico e farmacologico e i dati epidemiologici. Inoltre saranno descritte le
responsabilità e le competenze infermieristiche nell’assistenza domiciliare ai pazienti
con Parkinson, illustrando quali sono i problemi da valutare, prevenire e gestire che
richiedono un intervento infermieristico. Si da ampio spazio all’ educazione sanitaria
fornita dagli infermieri.
Nel secondo capitolo viene effettuata una ricerca quali-quantitativa, attraverso
l’osservazione dei vissuti degli operatori e un questionario strutturato. Il campione
della ricerca qualitativa sarà, un gruppo di pazienti affetti da malattia di Parkinson
che appartengono all’ASL RM/F1, i quali usufruiscono dell’assistenza fornita dal
CAD (Centro di Assistenza Domiciliare), con lo scopo di individuare il grado di
soddisfazione dei pazienti in merito all’assistenza infermieristica domiciliare.
I dati ottenuti saranno analizzati e discussi per valutare il grado di soddisfazione dei
pazienti e caregiver, ed eventualmente, cercare di fornire indicazioni per apportare
eventuali correzioni sull’assistenza infermieristica in un ottica di miglioramento
continuo della qualità assistenziale.
1
CAPITOLO I
PSICOPATOLOGIA DELLA MALATTIA DI PARKINSON
I.1 La Malattia di Parkinson
La malattia di Parkinson fu descritta per la prima volta da James Parkinson in
un libretto intitolato “Trattato sulla paralisiagitante” pubblicato nel 1817. Paralisi
agitante è il nome che identificò la malattia per quasi un secolo fino a quando ci si
rese conto che il termine risultava inappropriato perché i malati di Parkinson non
sono paralizzati. Si cominciò così a utilizzare il termine parkinsonismo idiopatico
(idiopatico vuol dire “di cui non si conosce la causa”), ma il termine più corretto in
italiano è semplicemente malattia di Parkinson, che rende anche omaggio al medico
che per primo l’ha descritta e sostituisce la vecchia traduzione ottocentesca di
“Morbo” di Parkinson
1
.
La malattia di Parkinson (MP) è una patologia degenerativa del Sistema Nervoso
Centrale (SNC) caratterizzata da rallentamento motorio, rigidità muscolare e tremore
e, da un punto di vista morfologico, dalla degenerazione dei neuroni della zona
compatta della sostanza nera del mesencefalo ventrale
2
.
Le cellule nervose della sostanza nera producono una sostanza chimica, la
Dopamina, che agisce da messaggero chimico sulle cellule nervose del tessuto
striato, portando informazioni fondamentali per il controllo dei movimenti,
dell’equilibrio, della marcia e della postura del corpo.
1
Costa A, Caltagirone C. Malattia di Parkinson e Parkinsonismi. Milano: Springer-Verlag; 2009. p.1.
2
Ibidem p.2.
2
Se, per cause ignote, le cellule della sostanza nera vengono danneggiate, si ha una
riduzione della Dopamina prodotta, e quando la perdita di cellule raggiunge l’80%
iniziano a manifestarsi i primi sintomi della Malattia di Parkinson
3
.
I neuroni dopaminergici della sostanza nera, sofferenti, osservati al microscopio,
mostrano al loro interno corpuscoli sferici denominati corpi di Lewy composti
prevalentemente da alfasinucleina, che sono considerati una caratteristica specifica
della malattia di Parkinson e che fa rientrare questa malattia nel più ampio gruppo
delle sinucleinopatie.
Queste si differenziano a secondo le zone interessate dai corpi di Lewy e possono
variare da un esteso interessamento della corteccia (demenza), un interessamento
specifico di sostanza nera e locus ceruleus (malattia di Parkinson) o di sistemi
nervosi che innervano i visceri (atrofia multisistemica con compromissione del
sistema nervoso autonomo)
4
.
Nonostante si siano fatti, nel corso degli anni, molti passi avanti attraverso la ricerca
e studi su persone affette da malattia di Parkinson, ancora oggi non si conosce una
cura che possa garantirne la guarigione; ciononostante si sono fatti passi avanti per
capire quale sia l’eziologia della MP e si è arrivati a considerare delle cause
multifattoriali
5
.
I.1.2 Fattori di rischio
Fin dai primi anni, dopo l’iniziale osservazione di James Parkinson, molti
autori cercarono, peraltro senza successo, una singola causa della malattia. Charcot
nel 1878 incolpò lo stress, quindi fu considerata una possibile causa ereditaria,
infezioni e infine anormalità del sistema endocrino. Recenti osservazioni
3
Piccinini M. Parkinson: il tremore e la speranza. II ed. Rimini: Guaraldi; 2004. p.13.
4
[s.a.]. La malattia di Parkinson. 2011;[1 schermata].Disponibile presso:www.parkinson.it. Accesso
29/09/2011.
5
[s.a.]. Malattia di Parkinson. 2011;[1 schermata].Disponibile presso:www.limpe.it. Accesso
15/09/2011.
3
suggeriscono una genesi multifattoriale, piuttosto che il risultato di un singolo
fattore
6
.
I fattori di rischio che possono avere un ruolo nella catena causale che sta alla base
dei meccanismi di malattia sono:
L’età: il rischio aumenta con il progredire degli anni;
Esposizione ambientale: l’esposizione a un ambiente ricco di tossine come
pesticidi ed erbicidi, infatti, aumenta notevolmente le probabilità. Alcune
tossine inibiscono la produzione di dopamina;
Fattori genetici: la mutazione del gene alfa-nucleina gioca un ruolo
fondamentale nello sviluppo del Parkinson.
Abitudini di vita: effetti neuro protettivi della nicotina e della caffeina a
livello del sistema nervoso centrale
7
.
L'invecchiamento è inequivocabilmente un fattore di rischio per la Malattia di
Parkinson la cui incidenza è bassa in individui al di sotto dei 50 anni e aumenta in
maniera progressiva nelle ultime decadi di vita. E' stato ipotizzato che il numero
delle cellule dopaminergiche nella substantia nigra diminuisca con il progredire
dell'età e che la malattia di Parkinson non sia altro che il risultato di un accelerato
invecchiamento del sistema nigrostriatale. L’invecchiamento tipico della malattia di
Parkinson è una miscela d'invecchiamento “normale” e di invecchiamento
“patologico”. Come tutti gli organismi in vita, le persone con la malattia di Parkinson
subiscono effetti della programmazione genetica. Le cause principali sono le
conseguenze di aggressioni da parte di fattori di stress di tutti tipi, con un effetto
cumulativo in intensità ed in durata, non sopportabile per le capacità di adattamento e
di difesa dell’organismo.
L’invecchiamento tipico della malattia di Parkinson é caratterizzato da:
Degradazione delle funzioni sensoriali e propriocettive. Sensazioni e
percezioni meno precise.
Degenerazione di neuroni soprattutto in particolari strutture del cervello che
mandano le informazioni ai muscoli per eseguire i movimenti.
6
Costa A, Caltagirone C. Malattia di Parkinson e Parkinsonismi. Milano: Springer-Verlag; 2009. p.1.
7
Di Monte D. Fattori di rischio. 2010;[1 schermata].Disponibile presso: www.limpe.it. Accesso
29/09/2011.
4
Diminuzione della velocità della trasmissione del segnale nervoso.
Diminuzione dell’attenzione
8
.
La malattia potrebbe risultare dall’esposizione a un ambiente ricco di tossine come
pesticidi, erbicidi ed alcune tossine che inibiscono la produzione di dopamina.
Questa tesi è stata sostenuta dalla scoperta effettuata nel 1983 da Langston e colleghi
di un gruppo di giovani parkinsoniani del Nord della California
9
. La malattia era
esordita in maniera acuta con un sensibile peggioramento nelle settimane seguenti e
ciò differiva dall’inizio subdolo ed insidioso e dalla lenta progressione (che si
verifica per lo più in decenni) della forma classica. Tutti i pazienti affetti erano
tossicodipendenti e in ogni caso il parkinsonismo si sviluppò dopo l’uso endovenoso
di un composto narcotico di sintesi denominato “nuova eroina”. Gli autori
descrivevano anche il caso di un giovane studente di chimica che, dopo essersi
iniettato la sostanza in vena, aveva sviluppato la malattia. L’esame autoptico del
giovane, morto in seguito per un'overdose, rilevava le stesse alterazioni cerebrali
riscontrate nei pazienti affetti da morbo di Parkinson. Dopo un lavoro minuzioso di
ricerca la sostanza tossica fu identificata con una piridina: -metil-feni-
tetraidropiridina chiamata più semplicemente MPTP
10
. I tossici ambientali più
studiati in associazione con la MP sono stati i pesticidi anche perché due insetticidi,
il paracqua e il rotenone, sono in grado di indurre deplezione dopaminica
nell’animale. Una metanalisi di studi epidemiologici dello scorso secolo e uno studio
recente sulla popolazione confermano che l’esposizione a pesticidi usati in
agricoltura aumenta il rischio di ammalarsi di MP
11
.
Purtroppo, anche se in questo caso è apparsa chiaramente la relazione tra una
sostanza neurotossica e il successivo sviluppo del parkinsonismo non è ancora chiara
l’etiologia e la patogenesi della forma classica della malattia. Si può solo supporre
8
[s.a.]. L’invecchiamento. 2011;[2 schermate].Disponibile presso:www.parkidee.it. Accesso
29/09/2011.
9
Eeden VD, Tanner SK, Bernstein CM. et al. Incidence of Parkinson’s disease: variation by age,
gender, and race/ethnicity. Am J Epidemiol 2003;157:1015-1022.
10
Scaglioni A. Informazioni epidemiologiche sulla malattia di Parkinson. 2010;[2 schermate].
Disponibile presso:www.parkinsonitalia.it. Accesso 29/08/11.
11
Costa A, Caltagirone C. Malattia di Parkinson e Parkinsonismi. Milano: Springer-Verlag; 2009.
p.26.
5
che sostanze simili alla MPTP agiscano come tossine, provocando la morte delle
cellule dopaminergiche della sostanza nera e la successiva comparsa della malattia
12
.
Un ruolo importante dell'alfasinucleina nella patogenesi della malattia di Parkinson è
suggerito dal fatto che alterazioni del gene dell'alfasinucleina (mutazioni o
moltiplicazioni) caratterizzano forme familiari di parkinsonismo e che, come
proteina, l'alfasinucleina è uno dei componenti principali dei corpi di Lewy.
La proteina alfasinucleina si accumula nelle cellule nervose affette dalla malattia di
Parkinson. I tipici corpi di Lewy nelle cellule nervose, che permettono una diagnosi
sicura di malattia di Parkinson, sono costituite in gran parte dalla proteina
alfasinucleina.
È noto anche che gli organelli deputati alla produzione di energia, i mitocondri, sono
difettosi nelle cellule nervose della sostanza nera nei pazienti affetti da malattia di
Parkinson e che tossine che interferiscono con la funzione dei mitocondri, come
MPTP, causano danni che somigliano a quelli osservati nella malattia di Parkinson.
Alcuni ricercatori americani hanno ora scoperto che la proteina alfasinucleina
interagisce direttamente con la membrana dei mitocondri, danneggiandola e
causandone la frammentazione. La riduzione della produzione di energia determina
la morte delle cellule nervose
13
.
Molti studi hanno indagato l’associazione fra fumo di sigaretta e MP riportando nella
maggioranza dei casi un'associazione negativa. E’ stato stimato che il rischio di
ammalare è approssimativamente dimezzato nei fumatori
14
. Uno dei risultati più
riproducibili ottenuti da studi epidemiologici sul morbo di Parkinson é la
correlazione inversa tra fumo e incidenza della malattia, cioè il fatto che il fumo
diminuisce di circa il 50% il rischio di Parkinson
15
. Questa riduzione di rischio non é
dovuta a un aumento della mortalità nei fumatori che, impedendo loro di raggiungere
un'età avanzata, potrebbe diminuire indirettamente l'incidenza di malattie
dell'invecchiamento quali il Parkinson. L'effetto del fumo sembra piuttosto correlato
12
Scaglioni A. Informazioni epidemiologiche sulla malattia di Parkinson. 2010;[2 schermate].
Disponibile presso:www.parkinsonitalia.it. Accesso 29/08/11.
13
Nakamura K. Alfasinucleina. 2011;[3 schermate].Disponibile presso:www.parkinson.it. Accesso
29/09/2011.
14
Hernàn MA, Zhang SM, Rueda-deCastro AM. et al. Cigarette smoking and the incidence of
Parkinson’s disease in two prospective studies. Ann Neurol 2001;50(6):780-86.
15
Quik M. Smoking, nicotine and Parkinson's disease. Trends Neurosci 2004;27:561-68.
6
a fattori neuro protettivi, l'identificazione dei quali é resa difficile, tuttavia, dal fatto
che il fumo contiene più di 4.000 sostanze chimiche. Prendendo in considerazione le
proprietà farmacologiche, si può supporre che la somministrazione di nicotina possa
proteggere dal danno neuronale causato da MPTP in primati non umani
16
. Anche il
consumo di caffè è stato associato come un fattore negativo per la MP. I consumatori
di caffè mostrano una riduzione del rischio di circa il 30% e si osserva una relazione
dose-effetto fra la riduzione del rischio e la quantità di caffè assunto giornalmente.
Questi dati non sono ancora stati spiegati in termini biologici, anche se, sia la
nicotina sia la caffeina possono avere importanti azioni a livello del Sistema Nervoso
Centrale (SNC). Un'interessante spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che
l’assunzione di caffeina e l’abitudine al fumo di sigaretta vedono implicati i circuiti
cerebrali del renard che sono i circuiti tipicamente dopaminergici. Una ridotta
funzionalità dopaminergica, come quella che si osserva nella MP, potrebbe
condizionare un ridotto funzionamento di questi circuiti e rappresentare quindi una
ridotta propensione per queste abitudini voluttuarie
17
.
Vi sono inoltre correlazioni che ancora attendono risposte precise, quali il basso
numero di ipertesi tra i malati di Parkinson o l’alta frequenza di traumi cranici e di
pazienti che eseguono una dieta povera di verdure. Nessuna colpa va attribuita
all’alcool perché il consumo di alcolici è uguale a quello riscontrato nei soggetti
normali. Sembra che un esercizio fisico moderato sia associato a un rischio
leggermente ridotto di malattia
18
.
I.2 Sintomi
La storia naturale della malattia individua una fase presintomatica ed una
sintomatica. Quest’ultima corrisponde all’evoluzione progressiva dell’handicap
16
Quik M, Parameswaran N, McCallum SE. et al. Chronic oral nicotine treatment protects against
striatal degeneration in MPTP-treated primates. J Neurochem 2006;98(6):1866-75.
17
Costa A, Caltagirone C. Malattia di Parkinson e Parkinsonismi. Milano: Springer-Verlag; 2009.
p. 27.
18
Scaglioni A. Fattori di rischio. 2011;[2 schermate].Disponibile presso:www.parkinsonitalia.it.
Accesso il 29/08/11.
7
motorio descritta in cinque stadi di invalidità crescente da Hoehn e Yahr nel 1967
che sono:
1° Stadio: Sintomi unilaterali;
2° Stadio: Sintomi bilaterali (la malattia colpisce entrambi i lati del corpo ma non
influenza l'equilibrio);
3° Stadio: Comparsa di alterazioni dell’equilibrio e nella deambulazione;
4° Stadio: Disabilità grave (equilibrio e deambulazione seriamente compromessi,
necessità di assistenza);
5° Stadio: Perdita completa dell’autonomia
19
.
La fase presintomatica è un concetto apparso più di recente, in particolare con il
contributo degli studi PET (Positron Emission Tomography), che, sulla base del
deficit di captazione striatale di fluorodopa in soggetti asintomatici e con
estrapolazione da valutazioni longitudinali, ha stimato la durata media di tale fase a
circa sette anni, durante i quali si verificherebbe l’accelerazione del processo
fisiologico di degenerazione dei neuroni dopaminergici.
20
La malattia di Parkinson é caratterizzata da tre sintomi motori cardine: tremore a
riposo, rigidità e lentezza nell’inizio e nell’esecuzione dei movimenti (bradicinesia)
ai quali si associano disturbi di equilibrio, atteggiamento curvo, impaccio
all’andatura, e molti altri sintomi definiti secondari perché sono meno specifici e non
sono determinanti per porre una diagnosi. All’inizio i pazienti riferiscono una
sensazione di debolezza, d'impaccio nell’esecuzione di movimenti consueti, che
riescono a compiere stancandosi però più facilmente, in genere non si associa una
sensazione di perdita di forza muscolare. Ci si accorge poi di una maggior difficoltà a
cominciare e a portare a termine i movimenti alla stessa velocità di prima come se il
braccio interessato, o la gamba, fossero “legati”, rigidi
21
.
La sensazione di essere più lenti e impacciati nei movimenti è forse la caratteristica
per cui più frequentemente è richiesto il consulto medico insieme all’altro sintomo
principale, tipicamente associato a questa malattia e anche il più evidente: il tremore.
19
Hoehn MM, Yahr MD. Parkinsonism: onset, progression and mortality. Neurology 1967;17:427-
42.
20
La grande enciclopedia medica, vol.11. Milano, l’Espresso, 2006. p. 516-8.
21
Scaglioni A. Sintomi. 2011;[2 schermate]. Disponibile presso:www.parkinsonitalia.it. Accesso il
12/08/2011.