2
Introduzione
La tesi prende in esame la produzione “gialla” di Carlo Fruttero e di Franco
Lucentini, sviluppatasi a partire dagli anni ’70 fino all’inizio del decennio 1990.
Prima di esaminare i romanzi riconoscibili come polizieschi o di marca “gialla”,
però, si introducono i due autori, tracciandone brevemente il profilo biografico e i
percorsi compiuti, autonomamente e in coppia, e individuando anche la ricerca di
libertà e innovazione che li ha fatti incontrare e collaborare.
Il lavoro di tesi si articola in tre parti. Il capitolo iniziale, dedicato appunto alle
due personalità, ripercorre le loro biografie dagli anni giovanili, segnate dalla
seconda guerra mondiale (vissuta in maniera differente soprattutto per una
questione cronologica). Si ricostruiscono le prime prove letterarie e giornalistiche,
il momento della reciproca conoscenza, e l’ingresso nella casa editrice torinese
Einaudi, prima da parte di Fruttero (1953) e poi di Lucentini (ufficialmente dal
1957). La collaborazione, che inizia alla fine degli anni ’50, matura attraverso la
curatela di antologie di fantascienza e del terrore, che proseguirà dal 1962 al 1986
alla Mondadori. Proprio queste riuscite esperienze professionali portano alla
elaborazione e alla conseguente pubblicazione di libri con la doppia firma (Il libro
dei nomi di battesimo; L’idraulico non verrà); ma è senz’altro il poliziesco La
donna della domenica (1972) a far conoscere la coppia a livello nazionale e
internazionale. Il romanzo costituisce subito un “caso” e diventa un best-seller
nell’arco di poche settimane. L’enorme successo di pubblico fa sì che gli autori
vengano immediatamente richiesti come elzeviristi da parte de “La Stampa”, dove
dimostrano un’abilità giornalistica che spesso non si esaurisce nelle pagine del
giornale, ma produce materiale per libri successivamente stampati (la trilogia del
cretino, ad esempio). Affianca inoltre il settore giornalistico l’impegno in altre
attività (teatro, televisione), che si alterna alla produzione di gialli e completa il
quadro della loro poliedricità. Il primo capitolo si chiude illustrando l’interesse
condiviso nei confronti del poliziesco, incrementato anche da quello per la
cronaca nera.
3
Il secondo capitolo della tesi introduce direttamente all’esame dei “romanzi
torinesi” La donna della domenica e A che punto è la notte, accomunati dal
genere utilizzato nel suo impianto tradizionale, dall’ambientazione nel capoluogo
piemontese e dal comune apparato investigativo del medesimo commissario
Santamaria. Ad un’analisi della trama e della sua organizzazione strutturale,
attraverso la quale si indicano anche alcune principali procedure formali della
scrittura di Fruttero e Lucentini, seguono approfondimenti sia sulla storia dei libri
presi in esame, sia sulla loro tecnica narrativa, con spiegazioni sulle coordinate di
tempo e spazio, e sui personaggi.
Il terzo capitolo, secondo l’ordine cronologico scelto come principio del lavoro,
prosegue lo studio dei romanzi gialli soffermandosi su quelli degli anni ottanta e
novanta: Il palio delle contrade morte, L’amante senza fissa dimora ed Enigma in
luogo di mare. Attraverso l’analisi dei tre testi, che si sviluppa a partire dalla
sinossi di ogni testo (storia, caratteristiche formali, personaggi), si individuano
differenze e aspetti da essi condivisi con i romanzi degli anni ’70. All’interno di
questa ultima parte della tesi vengono concentrate opere che documentano fasi
differenti del percorso creativo degli autori, distanti temporalmente le une
dall’altra (il Palio e l’Amante risalgono rispettivamente al 1983 e al 1986, mentre
Enigma è del 1991) ma che, nell’impianto del lavoro, sono state radunate
all’interno del medesimo capitolo.
Se il corpo centrale della tesi è costituito dai cinque gialli, cui viene riservato un
diverso spazio, nello studio dei saggi sul genere giallo dalle origini ad oggi si è
incluso quelli degli stessi Fruttero e Lucentini, a riprova della loro duplice
presenza creativa e di riflessione nell’ambito del giallo. Per mezzo del periodico
la coppia ha parlato della realtà circostante (sotto svariati punti di vista: letterario,
economico, politico, sociale e religioso) e ha motivato e promosso scelte
professionali e narrative. Il veicolo della stampa testimonia inoltre la diffusa
popolarità dei gialli firmati F&L, apprezzati o sottovalutati dal pubblico di massa
o dalla critica. Il materiale antico visionato è del resto soprattutto giornalistico, per
4
lo più de “La Stampa”, “La Repubblica” e “Il Corriere della sera”, ossia dei
quotidiani italiani di maggiore portata.
5
Cap. I) Da Fruttero e Lucentini a F&L
Franco Lucentini nasce il 24 dicembre 1920 a Roma, città di cui tanto ama la
Stazione Termini, «i chioschi con giornali e libri stranieri, i treni con le targhe
prestigiose di città lontane»
1
. Iscrittosi all’università, dove conseguirà la laurea in
filosofia greca con una tesi su La biblioteca di Babele di J. L. Borges, entra
obbligatoriamente a far parte del Guf nel 1938. Durante la guerra subisce il
carcere e il confino per azione sovversiva nei confronti del regime fascista;
esperienza raccontata nell’Elogio del disfattismo
2
, un articolo pubblicato su “La
Stampa” nel 1996. Il gesto di opposizione non costituisce tanto un atteggiamento
politico di segno diverso quanto una reazione naturale e conseguente, «une
allergie quasi physique à la dictature de crétins»
3
. A questa posizione di diffidenza
verso qualsiasi manifestazione aggressiva e pomposa del potere, che sarà
condivisa anche da Fruttero, Lucentini si manterrà sempre fedele. L’assurda
circostanza del carcere gli dà però l’occasione di studiare le lingue, utili nella
futura carriera di operatore culturale. Nel 1943, chiamato alle armi, Lucentini
inizia il corso per diventare ufficiale a Salerno, lo continua a Fossano, ma il suo
trascorso di disfattista riemerge. Diventato sergente, viene spostato a Caserta, poi
1
Giovanni Tesio, Lucentini, il cuore tra Parigi e Torino, “Pagine del Piemonte”,
dicembre 2000, n. 12, cit., p. 57.
2
Franco Lucentini, Elogio del disfattismo, “La Stampa”, 11 maggio 1996, p 17.
Qui chiarisce l’accaduto per il quale viene arrestato: la massa studentesca si era
raccolta sul piazzale nel maggio 1941 non per contestare la guerra, quanto per
ottenere agli esami di giugno il voto minimo di 18 per chi avesse richiesto
l’arruolamento e, casualmente, si era trovata a lanciare le «disfattistiche
striscioline», su cui erano stampati slogan contro la politica fascista di Mussolini.
Lucentini le aveva preparate con alcuni compagni di corso (Nanni Giolitti – nipote
dello statista Giovanni -, Pampiglione Giuseppe, ecc.), distribuendole alla folla
inconsapevole degli studenti.
3
Gabrielle Rolin, Les nouveaux exploits de Fruttero et Lucentini, “Le Monde”, 8
febbraio 1985, cit., p. 18.
6
nell’isola di Procida, che cade in mano a paracadutisti americani. Da qui, viene
portato a Napoli e gli angloamericani gli assegnano l’ufficio da redattore alla
United Nations News, un’agenzia che forniva notizie ai quotidiani italiani. Nel
1944 torna a Roma, prosegue con l’impiego giornalistico all’Ansa, ma la capitale
che si trova di fronte non gli piace più: non è più la Roma delle «chiese
meravigliose, illuminate a candele, a cui si arrivava per stridette ancor più
meravigliose»
4
, ma una città stravolta in un paese stravolto. Decide così di uscire
dall’Italia: si reca a Praga lavorando all’Ona, un’agenzia ebraica, e poi a Vienna.
Al periodo viennese risalgono i due racconti lunghi, I compagni sconosciuti
5
del
1951, che inaugura la collana Einaudi dei «Gettoni» diretta da Elio Vittorini, e La
porta del 1953, pubblicato su “Nuovi Argomenti”. Vittorini, collaboratore della
casa editrice, invia questo resoconto a Natalia Ginzburg e a Luciano Foà:
Letto per primo il racconto La porta, trovato piacevole, gradevole,
promettente, ma inconcludente. Letto quindici giorni dopo il terzo racconto,
quello che dà il titolo al libro, trovato decisamente brutto malgrado non
smentisse le qualità di scrittore rivelate dal primo racconto, e ancora più
inconcludente. Ma letto il secondo racconto I compagni sconosciuti trovato
bellissimo. Dico bellissimo senza la minima riserva tranne forse qua e là per
qualche insistenza che si può facilmente correggere. A giudicare dal
secondo racconto, e dalle qualità rimaste potenziali negli altri due, debbo
riconoscere che questo Franco Lucentini è il migliore di tutti i giovani che si
siano presentati finora alla porta di Casa Einaudi. Un sentimento della realtà
potentissimo e facile, felice. Ma la presenza contorta degli altri due racconti
testimonia anche, purtroppo, di una ricerca metafisica senza capo né coda.
Non si può pubblicare un libro coi tre racconti. La porta e La fossa devono
essere buttati via. Sono sboccati e vuoti. Sono sciocchi. E tradiscono la
bellezza che è indiscutibile ne I compagni sconosciuti. Voglio dire: sarà uno
scrittore perfettamente in gamba. Che fare intanto? Temo che se si
restituisse il libro al Lucentini pregandolo di mettersi a scrivere un romanzo
per noi e di rinunciare intanto a pubblicare il presente libro, qualche altro
editore gli pubblicherà senza esitare i tre racconti e addio. Sarà un danno per
lui e per noi. Ma pubblicare tutti e tre i racconti non si può assolutamente.
Ripeto che solo il secondo è degno di pubblicazione. Ecco che ora i
corpuscoli ci avrebbero fatto comodo. Si sarebbe potuto pubblicare solo il
4
Giovanni Tesio, Lucentini, il cuore tra Parigi e Torino, cit., p. 57.
5
Franco Lucentini, I compagni sconosciuti, Einaudi, Torino 1951.
7
secondo racconto. Non si potrebbe pubblicare nei “Coralli” I compagni
sconosciuti, stampandolo molto largo?
6
Vittorini coglie nei Compagni sconosciuti la riuscita trasposizione di
un’esperienza vissuta soprattutto ad un piano interiore, la cui fragilità rispecchia la
situazione storica precaria e lacerata provocata dallo stato bellico: un
contrabbandiere ferito nella Vienna invasa dall’Armata Rossa tenta il suicidio, ma
è poi salvato da un soldato russo di guardia. Una comunicazione fatta di diversi
idiomi guida la scoperta del dolore connaturato nei legami umani: «più sono dolci,
affettuosi, semplici, giusti, più – qui sta la tragedia – fanno soffrire»
7
, spiega
Fruttero. La scelta di far dialogare i personaggi attraverso le loro lingue materne
delinea già un’attenzione ad una riproduzione scritta del parlato, anticipatrice del
neoavanguardismo che, proprio nel 1957, prende le mosse dalla rifondazione del
linguaggio.
Il felice esito dei Compagni è accompagnato poi da un taglio filosofico presente
negli altri due racconti, a detta di Voltolini la “ricerca metafisica”, che fa parte del
ritratto lucentiniano, ma che ancora deve trovare una sua forma definita. La porta
ruota intorno alla vicenda di una prostituta che si rinchiude per tre anni in uno
scantinato, dove sopravvive con scatolette americane: da questa situazione
partono infatti divagazioni metafisiche, assurde, ecc.
Da Vienna Lucentini torna a Roma per pochi mesi e, nel 1949, si stabilisce in
Francia, prima a Bordeaux e poi a Parigi. Qui avviene il decisivo incontro con
Carlo Fruttero, grazie all’amico comune Sandro Pizzorno, dopo che questi gli fa
leggere La porta. Fruttero trova il racconto bellissimo, mentre il suo autore
6
Giovanni Straniero, Mauro Barletta, Lucentini & Lucentini: profilo di un
artigiano della letteratura, Lindau, Torino 2004, cit., pp. 100; 101.
7
Carlo Fruttero, Mutandine di chiffon. Memorie retribuite, Mondadori, Milano
2010, cit., p. 189.
8
disconoscerà ciò che aveva scritto prima di Notizie degli scavi
8
. Notizie degli
scavi è incentrato sul personaggio di un tuttofare, soprannominato “professore”,
che lavora in una casa di tolleranza romana, dove viene trattato male per la sua
inettitudine e il suo disordine mentale. Un giorno accompagna una prostituta, che
ha tentato il suicidio, nei pressi di villa Adriana e diventa, inaspettatamente, un
punto d’appoggio per lei. In quel luogo compra una guida delle rovine, da cui il
titolo del racconto, e s’inoltra tra i resti da cui rimane affascinato
9
. Qui germoglia
il tema del labirinto borgesiano, che troverà spazio anche nella produzione
poliziesca a quattro mani: «… la vita è un enorme, indistinto fiume che non si sa
neppure da che parte scorra, se pure scorre. Un disordine sterminato, un infinito,
metafisico casino»
10
. Nel ’55 Lucentini aveva tradotto Finzioni: da sottolineare
che tutta l’opera dell’argentino è percorsa da uno sviluppo giallo-metafisico
condensata nel racconto La morte e la bussola, compreso nell’opera stessa
11
.
Attratto dallo sperimentalismo, Lucentini invierà Notizie degli scavi,
comprendente i tre racconti, al convegno avanguardista del Gruppo 63 a Palermo:
il congresso inaugura la nascita del movimento letterario. Nico Orengo,
giornalista della “Stampa” e scrittore, dice a proposito di Lucentini:
Era un avanguardista. E quando cominciò a firmare con Fruttero continuò la
sua avanguardia portando avanti le traduzioni di Robbe-Grillet; traduzioni
che poi, curiosamente, abbandonò nel momento in cui il francese divenne
8
Franco Lucentini, Notizie degli scavi, Feltrinelli, Milano 1964. A proposito della
mutata disposizione di Lucentini rispetto alla propria produzione giovanile si veda
Pierangelo Sapegno, Lucentini, il suicidio già scritto, “La Stampa”, 4 agosto
2003, p. 25.
9
Secondo Fruttero, Lucentini aveva involontariamente voluto trasporre il vissuto
disordinato e assurdo dell’esperienza militare in questo racconto, ma nel
protagonista non sarebbe da intravedere un vero e proprio alter ego dell’autore
stesso (cfr. Carlo Fruttero, Mutandine di chiffon, pp. 195; 202).
10
Franco Lucentini, Notizie dagli scavi, cit., p. 40.
11
Stefano Benvenuti, Il romanzo giallo: storia, autori, personaggi, Mondadori,
Milano 1979, p. 148.
9
una specie di simbolo letterario e ideologico. Del resto, Fruttero e Lucentini,
non sopportavano l’idea di essere inquadrati ideologicamente
12
.
La raccolta verrà ristampata nel 1973 da Mondadori, introdotta da una
prefazione-omaggio di Fruttero all’amico in cui emerge il sentimento
dell’amicizia che lega gli autori, primario rispetto ad altri interessi, intitolata
Ritratto dell’artista come anima bella.
Carlo Fruttero, di sei anni più giovane, nasce il 19 settembre 1926 a Torino, in
corso Raffaello. Da qui si sposta alla precollinare via Villa della Regina dove
trascorre l’infanzia. Ma allo scoppio della seconda guerra mondiale, ormai
adolescente, lascia la città con la famiglia per la campagna del Basso Monferrato,
stabilendosi in una casa a Passerano d’Asti appartenente alla nonna. L’edificio si
trova ai piedi di un «maestoso castello rosso […] dove s’erano accumulati nei
secoli torrioni e scale a chiocciola, porticine insospettate, anditi tenebrosi e
soprattutto una meravigliosa quantità di libri»
13
. Impossibilitato a proseguire il
liceo Vincenzo Gioberti trascorre alcuni anni immerso tra natura e studio, in
compagnia di tre fratelli castellani
14
. Le circostanze di isolamento e opprimente
noia provocate dalla guerra sono contrastate dall’incontro folgorante e
appassionato con la lettura: è John Dos Passos, uno scrittore americano della
prima metà del ’900, con Il 42˚ parallelo, ad incantare Fruttero. Sono letti
addirittura quattro o cinque libri di generi diversi contemporaneamente (un
romanzo moderno, uno classico, un saggio, uno di teatro e uno memoriale),
seguiti da scambi di opinioni sui testi stessi e sui loro autori. L’approccio è
schietto e familiare:
Kafka era “niente male”, Valéry “un mostro”, Milton si beccava un
perplesso “Sarà…”, Eschilo un caloroso “Bello bello!”, Hemingway era “un
12
Giovanni Straniero, Mauro Barletta, Lucentini & Lucentini, cit., p. 104.
13
Carlo Fruttero, Il castello, in Ti trovo un po’ pallida, Mondadori, Milano 2009,
cit., p. 55.
14
Carlo Fruttero, Mutandine di chiffon, pp. 23; 37.
10
po’ un salame”, Zola “una ciula completa”, D. H. Lawrence “un gran
nuiùs”, Dante, a cercare un po’, “molto divertente”, de Sade “un mezzo
ciapa ciapa”
15
.
Iscrittosi all’Università nel 1946, appena ottiene il visto varca i confini
nazionali, come molti giovani nel dopoguerra, e va a Parigi. La repulsione verso la
politica fascista, retorica e repressiva, spinge Fruttero ad allontanarsi dall’Italia,
dopo l’isolamento durato anni. È spinto dalla necessità di vedere i luoghi di cui
tanto aveva letto, di sperimentare la vita in prima persona, e di «trovare
individualità in quella folla povera, scura [in cui] nessuno parla, meno ancora
ride»
16
. Si mantiene con lavoretti saltuari come, per conto suo, fa anche Lucentini:
Un giovane di belle speranze (accademiche? Mah!) che per tre o quattro
anni rifiuterà com’è ovvio ciò che ovviamente già l’aspetta, tenterà in luoghi
lontani di darsi un romantico destino vagabondo, imbianchino, giostraio,
manovale, raccoglitore stagionale, per scoprire infine che la vita a
bassissimo profilo è anche noiosissima, che una domenica di pioggia lungo i
marciapiedi di Londra o di Anversa è identica a una domenica di pioggia in
via Monferrato
17
.
E nel 1953, lasciata con qualche riluttanza la vita «bohème»
18
povera ma libera
in giro per l’Europa, è ufficialmente redattore a Torino presso la casa editrice
Einaudi, dove si concentrano personaggi come Calvino, Bobbio, Bollati,
Ponchiroli, Mila, Antonicelli, Luciano Foà, Cases, Renato Solmi, attorno al
proprietario Giulio. Per l’Einaudi, Fruttero traduceva autori inglesi già dal ’50.
Nell’anno in cui entra in via Biancamano, compone anche il radiodramma Una
donna uccisa per deduzione, poi pubblicato sul periodico milanese “Teatro
d’oggi”, nel 1955. Su richiesta di Lucio Ridenti, della rivista teatrale “Il dramma”,
traduce Gli sposi della Torre Eiffel, un balletto di Jean Cocteau. Queste scritture
15
Ivi, p. 32.
16
Ivi, p. 10.
17
Ivi, p. 12.
18
Ivi, p. 28.
11
dimostrano un’influenza e una predisposizione teatrale sulla e della produzione
frutteriniana e l’attitudine dell’intellettuale alla sperimentazione di diverse forme
letterarie ed espressive. E ancora, traduce Vanity Fair di Thackeray, per il quale
Luigi Firpo gli offre «un compenso forfettario irripetibile»
19
. L’amico Claudio
Gorlier racconta anche dell’impegno di Fruttero nel campo giornalistico e rivela la
sua propensione per la scrittura nel senso più ampio del termine, declinata quindi
a vari livelli:
Quando scriveva su “L’Avanti”, Calvino mi disse che non capiva come mai
nessun grande giornale si fosse accorto della sua bravura. Aveva un grande
talento ma si pensava che fosse solo di tipo giornalistico, mentre in realtà
era qualcosa di più generale, di più ampio. Lui scrisse già allora un racconto
che si chiamava Ladri di libri per la rivista “Il Ponte” a cui collaboravamo.
La storia parla di un gruppo di amici che entra in diverse librerie per fregare
dei libri
20
.
Lucentini, intanto, lavora come consulente dello «Struzzo», facendo lo scout di
scrittori francesi, da Parigi; cinque anni dopo, anche lui si trasferisce nel
capoluogo piemontese insieme alla moglie Simone. Spiega lo storico Angelo
D’Orsi che Torino, nel secondo dopoguerra «è ancora classificabile come una
capitale culturale»
21
, grazie al raccoglimento di intellettuali di livello
internazionale presso la casa editrice Einaudi. Nel periodo del dopoguerra, inoltre,
la casa torinese vede il passaggio della guida da Vittorini a Calvino, due figure di
primo piano nel panorama culturale italiano. Dal 1957 Lucentini lavora fianco a
fianco con Fruttero e, dall’anno seguente, iniziano ad interessarsi e poi ad
occuparsi insieme di fantascienza, curando antologie. Di fronte al successo
raggiunto, viene loro proposto da Alberto Mondadori di prendere le redini
dell’antologia “Urania”, ma Einaudi ne chiede l’esclusiva, e la coppia preferisce
traslocare a Milano, pur continuando a lavorare da Torino.
19
Ivi, p. 11.
20
Giovanni Straniero, Mauro Barletta, Lucentini & Lucentini, cit., p. 99.
21
Ivi, p. 16.
12
Arriva nel 1968 il primo libro scritto insieme, Il libro dei nomi di battesimo
22
,
poi ristampato nel 1998 in una versione aggiornata e con il titolo ritoccato Il
nuovo libro dei nomi di battesimo. L’opera raccoglie le varie tipologie di nomi,
suddivise in maschili e femminili (nomi di santi e sante, di origine classica greca e
romana, della mitologia, biblici), corredate di notizie storiche, ma accompagnate
da consigli dal tono scherzoso: evitare di creare spiacevoli accostamenti di nomi e
cognomi (Fermo Andante, Guido Piano). Con questo primo scritto, Fruttero e
Lucentini si esercitano nel gioco “letterario” che contiene un risvolto serio,
didattico, e a cui ritorneranno negli anni a venire. Nato quasi per caso dopo varie
ricerche per trovare i nomi per i protagonisti dei loro libri, il volume fornisce un
quadro del patrimonio onomastico italiano consultabile per semplice curiosità
anche da chi non si accinga a trovare un nome per il proprio figlio.
Attratti dall’idea di realizzare un’opera a quattro mani, Fruttero e Lucentini
compongono una raccolta di liriche, che esce tre anni più tardi, intitolata
L’idraulico non verrà
23
. Le due scritture sono ben distinguibili: quattordici poesie
di Fruttero sono alternate dal poemetto didascalico Epigrafica e metafisica di
Lucentini. L’ispirazione era nata in una villa ottocentesca della suocera di
Fruttero, nella campagna piemontese, grazie all’episodio di un rubinetto guasto e
dell’idraulico Silvino che non era reperibile
24
. Il fatto di apparente banalità aveva
avuto il merito di far innamorare Fruttero della lingua italiana, di fargli
sperimentare personalmente come «le parole pote[ssero] essere un’altra cosa»
25
. E
partendo da una Coca Cola di notte, da una zanzara, dalle rane di Vercelli - facili
luoghi comuni -, aveva iniziato a scrivere raffinate poesie.
22
Carlo Fruttero, Franco Lucentini, Il libro dei nomi di battesimo, Mondadori,
Milano 1968.
23
ID., L’idraulico non verrà, Mario Spagnol, Mondadori 1971.
24
Taglietti Cristina, «Silvino non c’è». E tutto diventò poesia, “Il Corriere della
Sera”, 25 luglio 2009, p. 27.
25
Ivi, p. 27.
13
L’anno successivo viene pubblicato il primo romanzo e il primo di cinque gialli,
La donna della domenica
26
. Vede così la luce la firma F&L, la quale continuerà
ad alternare alla produzione poliziesca oggetto di tesi, tutte le attività culturali,
giornalistiche, televisive, svolte insieme o singolarmente nel corso degli anni. Con
le sue 200.000 copie vendute in poco tempo e le sue diciotto traduzioni in tutto il
mondo, il romanzo ottiene il premio di “Libro dell’anno” a New York
27
.
Apprezzato e contestato dalla critica nostrana è seguito nel 1979 da un altro best
seller, il giallo A che punto è la notte
28
.
A pochi mesi dal primo grande successo, e grazie alla notorietà che ne è
derivata, Fruttero e Lucentini cominciano a gestire una rubrica su “La Stampa”,
l’«Agenda di F&L». Nel 1973, «un articolo di costume»
29
, che trae spunto da un
fatto di cronaca - il dittatore libico Muhammar Gheddafi in conferenza stampa
davanti a 200 giornalisti occidentali nella capitale francese – fa infuriare il leader.
Partendo dall’introduttiva e anaforica espressione “pare che”, F&L procedono per
assurdi quanto comici elenchi di fatti improbabili che vanno sottilmente a
delineare un accostamento tra la posizione dell’Europa verso Hitler tra il 1933 e il
1939 e quella attuale nei confronti del presidente nordafricano. La reazione
sdegnata di Gheddafi e del suo portavoce italiano, l’ambasciatore Taher Munir
Burschian, si spinge addirittura alla minaccia dell’economia italiana, in particolare
della Fiat, che conta interessi nei Paesi arabi, e richiede il licenziamento del
direttore del giornale Arrigo Levi e dei due scrittori (ma nessuno perderà il posto).
Nonostante la risposta della coppia
30
riporti l’articolo alla dimensione umoristica,
26
Carlo Fruttero, Franco Lucentini, La donna della domenica, Mondadori, Milano
1972.
27
A Fruttero e Lucentini il “Libro dell’anno”, “La Stampa”, 8 novembre 1972, p.
7.
28
Carlo Fruttero, Franco Lucentini, A che punto è la notte, Mondadori, Milano
1979.
29
ID., Pare che, “La Stampa”, 12 dicembre 1973, cit., p. 3.
30
ID., Polemica su un “leader” con due umoristi torinesi, “La Stampa”, 18
dicembre 1973, p. 5.
14
solo dopo un intenso lavoro diplomatico, nell’estate del 1974, la questione viene
archiviata, e con riserve verso il quotidiano torinese.
L’episodio non impedisce ai due intellettuali di pubblicare il libro satirico
L’Italia sotto il tallone di F&L
31
, che inaugura il genere della fantapolitica,
dimostrandosi di nuovo innovativi (dopo la scelta della fantascienza) in campo
culturale. Gli autori immaginano che il Pentagono voglia acquistare i loro elzeviri,
gli ELZ4: questi vengono fatti poi prigionieri da Gheddafi in Libia, dove sono
costretti dal dittatore e dalla nonna di lui a lanciare elzeviri contro la propria
patria; sbarcati in Italia marciano su Roma per prendere il potere, e il nuovo stato
è quindi organizzato sotto il PNF&L. Evidenti sono i riferimenti al ventennio
fascista e, riproponendo in chiave satirica una dittatura vera e propria, i due
condottieri-letterati la fondano ideologicamente su La donna della domenica
(istituzione dell’Ordine al Merito alla Donna e trasmissione obbligatoria da parte
della Rai dello sceneggiato tratto dal romanzo, alternata dalla messa in onda di
programmi sportivi).
Sullo sfondo degli anni ’70, in cui si avvicendano momenti critici e turbolenti
nella storia politica italiana, segnata dalle stragi senza colpevoli, da voci di colpi
di stato, Fruttero e Lucentini si distinguono per la loro critica ironica ma
impietosa verso conformismo, vizi e mode del tempo
32
. I luoghi comuni diventano
un inevitabile bersaglio nelle loro opere: la presa di mira si incorpora nella poetica
del duo, che ne fa uso non solo nel genere satirico, genere elettivo della critica
sociale, ma anche nel giornalismo, nei romanzi gialli, e in televisione, come si
noterà in seguito. Tra l’altro, nel ’94 il libro è stato ricordato perché conteneva la
parola «reciclaggio»
33
, a dimostrazione della sua attualità.
31
ID., L’Italia sotto il tallone di F & L, Mondadori, Milano 1974.
32
Giovanni Straniero, Mauro Barletta, Lucentini & Lucentini, cit., p. 109.
33
Giulio Nascimbeni, Riciclaggio anzi rifiutologia, “Il Corriere della Sera”, 13
febbraio 1994, cit., p. 30.
15
Sulla scia di quest’opera, che nel 1974 vince il Premio della Satira, seguiranno
altri scritti del medesimo genere. Pubblicato dalla Mondadori nel 1975, Il
significato dell’esistenza
34
è una storia presentata a puntate sul neonato “Il
Giornale Nuovo”, su richiesta del direttore Indro Montanelli. Gli autori si mettono
qui alla prova ricercando il significato dell’esistenza, appunto, attraverso
un’inchiesta giornalistica che si trasformerà in un’avventura fatta di rapimenti,
sparizioni, incontri con spie sovietiche, pastori anglicani, indigeni, e così via.
Sempre in clima politico, nel 1976 Fruttero e Lucentini si candidano (soprattutto
per sostegno ideologico
35
) alla Camera dei Deputati, accettando la proposta del
Pri, Partito repubblicano italiano
36
. Proprio in prossimità delle elezioni e ancora
all’insegna della fantapolitica escono I segreti del lavandaio cinese
37
, una novella
umoristica con chiare allusioni allo scenario politico: il «capitano Lam Alphey»
indaga sull’assassinio della Lira, scoprendola in realtà solo depressa, e che può
rinvigorire con una cura a base d’edera (simbolo del partito).
Dai primi due polizieschi della coppia, ambientati a Torino e sempre con il
commissario Santamaria a capo delle indagini, ci si aspettava la nascita di una
serie. Questa non arriva, perché nel 1983 vede la luce Il palio delle contrade
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Carlo Fruttero, Franco Lucentini, Il significato dell’esistenza, Mondadori,
Milano 1975.
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Guido J. Paglia, Giuseppe Sangiorgio, Fruttero e Lucentini nel pri Cravero (dc)
e Cardetti (psi), “La Stampa”, 9 giugno 1976, p. 4.
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Fruttero otterrà 2.756 preferenze e Lucentini 2.149, piazzandosi al terzo e
quarto posto tra i candidati del partito; l’unico eletto sarà Giorgio La Malfa, con
15.279 voti. Indicativa della considerazione della serietà di alcuni politici italiani è
la battuta ironica di Lucentini: «Saremo l’unico parlamentare ad avere in sé due
correnti politiche precostituite: per il momento siamo d’accordo, ma potremmo
anche scegliere atteggiamenti diversi, per esempio uno al governo con i comunisti,
l’altro no. Per non dire della possibilità di esercitare uno contro l’altro la pratica di
franco tiratore» ([…] In un’intervista dicono che in caso di vittoria chiederanno
di occupare lo stesso seggio a turno), in Lucentini & Lucentini, cit., p. 253.
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Carlo Fruttero, Franco Lucentini, I segreti del lavandaio cinese, Mondadori,
Milano 1976. In un primo momento l’operetta venne pubblicata in “La Voce
Romana”, 12 giugno 1976.