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CAPITOLO 1
1 LA SITUAZIONE ENERGETICA
MONDIALE E NAZIONALE
Questo capitolo presenta un’introduzione alla situazione
energetica mondiale e a quella italiana, focalizzandosi
sulla produzione di energia elettrica da nucleare.
Sarà presentato lo scenario energico mondiale con
l’evoluzione della domanda (§ 1.1) e saranno trattate le
caratteristiche della tecnologia nucleare con
presentazione della situazione del nucleare nel mondo (§
1.2). Infine, verrà presentata la situazione energetica
italiana, con descrizione della storia del nucleare in Italia
e prospettive future della tecnologia (§ 1.3).
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1.1 LA SITUAZIONE ENERGETICA MONDIALE
Lo sviluppo industriale e l‘incremento demografico, elementi caratteristici del XX secolo, hanno
richiesto sempre maggiore quantità di energia che se da un lato, con profonde sperequazioni, ha
permesso ad oggi la sostenibilità dei suddetti processi , dall‘altro ha reso evidenti i limiti e criticità
di tali sorgenti sia in termini di disponibilità, rendimento ed effetti ambientali.
La situazione energetica mondiale impone la necessità di urgenti decisioni rivolte ad assicurare il
corretto approvvigionamento e la razionale utilizzazione delle fonti energetiche al fine di sostenere
lo sviluppo dei processi industriali e demografici caratterizzati da trend già definiti.
Questo capitolo si propone di fornire una breve introduzione all‘attuale scenario energetico
mondiale soffermandosi in particolare sulla realtà italiana. L‘analisi delle tradizionali fonti per la
produzione di energia saranno confrontate con tecnologie più innovative in particolare quella
nucleare. Il termine nucleare, anche nella sua accezione energetica è stato sempre interpretato dalle
popolazioni come strumento finalizzato per scopi bellici. Hiroshima e Nagasaki forniscono i primi
scenari di distruzione di massa dove l‘energia nucleare è protagonista. Le immagini di tanto
scempio si sono impresse nei cuori e nelle menti dell‘umanità favorendo negli anni successivi
tutte quelle forze che, sia per motivi idealistici, politici od economici si opponevano
all‘ utilizzazione del nucleare anche in ambito energetico. Il timore di ulteriori pericoli di conflitto
nucleare, che ha pervaso il mondo nel periodo della guerra fredda, ha reso ancora più avversi gli
animi verso un simile strumento sia esso in mano a questo o a quel potente. Ulteriori eventi , quali
Chernobyl e Three Mile Island, hanno incrementato il sentimento avverso a tale forma di energia.
Queste poche righe di riflessione tendono ad evidenziare come l‘approccio all‘energia nucleare per
una corretta analisi scientifica rivolta alla sua utilizzazione, deve prescindere da coinvolgimenti
emotivi derivanti da testimonianze che pur incontestabili, prendono in considerazione solo l‘uso
errato di tale strumento.
E‘ abbastanza frequente sentir dire che il pianeta diventa sempre più piccolo, considerazione
ovviamente riferita al minor tempo di percorrenza delle distanze grazie ai moderni mezzi di
trasporto e di comunicazione ma anche al minor spazio disponibile pro capite. Quest‘ultimo è da
ricondurre alla rapida crescita demografica che ha visto, nel corso del XX secolo quadruplicare la
popolazione mondiale. Lo sviluppo tecnologico/industriale unitamente all‘aumento della
popolazione ha mutato profondamente gli stili di vita e con esse anche l‘ esigenze primarie che nel
mondo moderno non corrispondono più a quelle rivolte esclusivamente ad assicurare la
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sopravvivenza. La conseguenza di queste variate condizioni e stili di vita è da ricercarsi
nell‘incremento di richiesta energetica che nel XX secolo è stata pari a 16 volte quello del secolo
precedente
1
e nella rilevazione di concentrazioni maggiori di CO2 nell‘atmosfera. Un‘analisi a più
breve periodo evidenzia che dal 2000 ad oggi, all‘ aumento della popolazione del 12% è
corrisposto una richiesta di materie prime energetiche maggiore del 20% ed un consumo di energia
elettrica del 44% (Fig.1.1). Le materie prime utilizzate per produrre energia elettrica, forma di
energia maggiormente richiesta per la sua versatilità, facilità di trasporto, ed ampia utilizzazione,
sono fondamentalmente combustibili fossili (carbone, olio combustibile, e gas naturale),
responsabili, insieme ad altri gas (come ad esempio il metano) dell‘immissione di anidride
carbonica e quindi di quell‘impatto sul clima terrestre denominato effetto serra.
Figura 1.1: Evoluzione della produzione complessiva di energia elettrica mondiale (EIA, 2008)
I combustibili fossili costituiscono la materia prima per la produzione di energia e contribuiscono a
fornire oltre il 75% della crescita del consumo energetico globale nel periodo 2007 – 2030 (Fig.
1.2).
1
Department of Biology, New York University, 2006)
36
Figura 1.2: Evoluzione della domanda energetica per combustibile (IEA, 2009)
Il carbone continuerà in tale periodo a fornire il maggior contributo con un tasso di crescita più
elevato, seguito dal gas e dal petrolio. L‘ immediata necessità quindi non si può limitare ad
assicurare per il futuro esclusivamente un soddisfacente approvvigionamento energetico ma questo
deve essere strettamente coniugato con un rigoroso controllo e gestione delle immissioni di CO2.
Dal periodo pre-industriale ai giorni nostri la concentrazione di anidride carbonica nell‘atmosfera ha
subito un incremento del 35% (da 275 ppm a 370 ppm). Le ipotesi per il futuro, secondo il
Department of physics and Astronomy, University of California, 2006, se non verranno presi
provvedimenti prevedono ,entro questo secolo, che la concentrazione dell‘anidride carbonica
supererà le 550 ppm
2
, livello che, valutato mediante i moderni modelli climatologici, incrementerà
ulteriormente il riscaldamento terrestre con le ben note conseguenze.
La potenza primaria utilizzata nel mondo ha un valore di circa 12 TW, di cui l‘85% deriva da
combustibili fossili. Ipotizzando uno scenario futuro, dove il miglioramento delle condizioni di
vita dei paesi in via sviluppo risulta abbastanza realistico , mantenere un livello di emissione entro il
valore di 550 ppm richiederebbe la disponibilità a metà di questo secolo di una potenza esente da
emissioni pari a 15 TW
3
.
2
Dati del Department of Physics and Astronomy, University of California, Irvine, CA92697, USA
3
Dati del Department of Atmospheric Sciences, University of Illinois at Urbana-Champaign, Urbana, IL 61801, USA
37
Figura 1.3: Evoluzione della domanda di energia con previsione fino al 2030 (IEA, 2009)
Non c‘è da gioire se nel 2009 si è rilevato un evidente decremento dei gas disciolti nell‘ambiente in
quanto il fenomeno è da ricondurre al brusco arresto congiunturale che specialmente in ambito
europeo ha visto la chiusura di un numero consistente di attività produttive. Si tratta dell‘ effetto
positivo di un processo economicamente nefasto di vaste proporzioni che tutto il mondo si augura
possa ben presto concludersi. Il downsizing delle emissioni inquinanti nel 2009 ha fatto sì di
rendere possibile il target concordato tra i vari paesi, definito in una riduzione del 20% rispetto al
1990 nelle emissioni del gas serra entro il 2020. Il decremento rilevato a fine 2009 nei 27 paesi Ue è
stato superiore al 17%, registrando un‘accelerazione tra il 2008-2009 che ha permesso in tale
periodo la riduzione vicina al 7% (fonte: sito internet EEA-Agenzia europea per l‘ambiente).
L‘interpretazione dei dati positivi riscontrati non possono essere correlati esclusivamente alla crisi
economica ma anche all‘introduzione di processi virtuosi come la diffusione di tecnologie rivolte a
produrre energia con fonti alternative e pulite. Ad avvalorare questo ulteriore affermazione
contribuiscono i dati forniti da EEA che tra il 2008-2009 hanno stimato un incremento
nell‘utilizzazione dell‘energie alternative pari all‘ 8% mentre nello stesso periodo il consumo di
combustibile fossile è diminuito del 5,5%.
Si riporta di seguito la graduatoria dell‘inquinamento in Europa in riferimento alle emissioni di gas
serra in milioni di tonnellate (Dati 2008 - Elaborazione 2010, Fonte EEA)
1. Germania: 958.061
2. Gran Bretagna: 628.206
38
3. Italia: 527.026
4. Spagna: 405.740
5. Polonia: 395.558
Sono quindi questi dati che devono fungere da linee guida per orientare la produzione dell‘energia
occorrente per l‘immediato futuro. La riduzione delle emissioni non può essere considerata una
direttiva da contemplare ma da osservare rigorosamente e non solo dai paesi industrializzati
(protocollo di Kyoto). L‘obiettivo di riduzione del 5% dell‘inquinamento, da raggiungere entro il
2012 previsti dal protocollo di Kyoto è, secondo Environmental Investigation Agency, un obiettivo
insufficiente perché condiviso dai paesi industrializzati ma non da quelli in via di sviluppo che in
termini di emissioni nel prossimo futuro saranno i maggiori protagonisti.
La sintesi di quanto sopra esaminato e commentato si traduce nell‘urgenza di attuare in tempi brevi
quanto già ritenuto necessario e condiviso a livello scientifico cioè l‘adozione sempre crescente di
impianti esenti da emissioni di gas-serra. Le soluzioni end-of-pipe rivolte alla cattura della CO2
emessa a posteriori delle attività produttive forniscono sicuramente un contributo che può essere
accettato solo in via transitoria, finalizzato ad attendere soluzioni più adeguate rivolte a sostenere lo
sviluppo a lungo termine. Il ricorso alle fonti energetiche pulite ed alternative a quelle classiche
dalla solare, eolica, fotovoltaica,oceanica termica e mareale al nucleare nelle forme di fissione e
fusione sarà l‘impegno che ogni paese dovrà assumersi in modo responsabile per consentire un
mondo non peggiore alle prossime generazioni. Non si può nascondere che le tecnologie che
supportano la produzione di energia utilizzando le citate fonti godano di ugual sviluppo e
rendimenti omogenei. La maggior parte di esse devono ancora essere oggetto di ricerca e sviluppo
per rendere possibile la loro utilizzazione ancor oggi non conveniente per la ridottissima densità di
potenza per unità di superficie. Per quanto concerne le tecnologie solari ed eolica, tra le preferibili
in riferimento all‘assenza di emissioni inquinanti, presentano la ben nota discontinuità che non le
rende idonee a fornire il base load. Nell‘intento quindi di perseguire l‘obiettivo di disporre nel giro
di una o due generazioni, di una potenza primaria esente da emissioni, in grado di fornire in modo
costante supporto allo sviluppo sostenibile, l‘unica opzione sperimentata è da ricercare nell‘ energia
nucleare da fissione. L‘altra tipologia di energia derivante da fusione ancor oggi non ha raggiunto
quelle condizioni operative sufficienti a rendere la sua realizzazione prontamente utilizzabile. Le
difficoltà tecniche ancora presenti e gli ingenti investimenti che richiede la sua realizzazione
rendono questa tecnologia economicamente non interessante almeno a breve/medio termine.
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La presenza di una situazione climatologica strettamente legata all‘effetto serra, gli alti costi dei
combustibili fossili, l‘impossibilità odierna di fare affidamento sulla continuità della fornitura di
energia derivante da fonti rinnovabili, sono le motivazioni in base alle quali molti vedono
nell‘energia nucleare parte della soluzione del problema energetico unitamente a quello ambientale
confortato da un costo del kWh interessante e non volatile.
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1.2 IL NUCLEARE
L‘energia fornita dalla fissione nucleare è destinata principalmente per la produzione di energia
elettrica. Il procedimento di fissione è ottenuto dall‘isotopo 235 dell‘Uranio-235 il cui nucleo, se
colpito da un neutrone, si frammenta in due costituenti più leggeri, con successiva emissione di 2/3
neutroni (fissione nucleare), che possono urtare altri nuclei di Uranio-235 provocandone la fissione
(reazione a catena). La fissione prodotta da 1 kg. Di Uranio-235 fornisce energia in quantità pari a
quella estratta dalla combustione di 3000 tonnellate di carbone.
Questa enorme quantità di energia è caratterizzata da :
Spazi necessari ad impianti nucleari, per una data potenza, inferiori a quelli utilizzati per
fonti rinnovabili
Peso e volume del combustibile nucleare trascurabile al confronto di quello fossile
Peso e volume dei rifiuti nucleari circa uguali a quelli del combustibile, risultano molto
radioattivi ma stoccabili e rigorosamente monitorabili (a differenza dei prodotti di reazione
dei combustibili fossili per i quali tali attività non risultano realizzabili)
Le peculiarità descritte unitamente alla maggiore economicità del ciclo di produzione, orientarono
verso questa fonte energetica le scelte dei paesi più industrializzati negli anni sessanta e settanta del
XX secolo, periodo denominato ―prima era del nucleare‖. Verso la fine dello stesso secolo due
incidenti quali Three Mile Island (USA 28/3/1979) e Chernobyl (URSS 26/4/1986) scossero
l‘opinione pubblica mondiale suscitando perplessità e critiche, favorendo l‘attività frenante degli
antinuclearisti.
Prescindendo da questi due casi, dei quali solo Chernobyl è da ricordare non solo per le sue vittime
ma anche per la struttura dell‘impianto non conforme alle norme di sicurezza necessarie, si può
rilevare l‘assenza di ulteriori eventi.
Sicuramente il termine nucleare, anche se in un contesto di produzione di energia elettrica, come
già espresso nelle prime righe di questo capitolo, non ha goduto della simpatia dei popoli fin dai
suoi albori e gli incidenti descritti hanno ulteriormente influito negativamente ai fini della sua
accettazione.
I rischi che si corrono ai giorni di oggi producendo l‘energia con la tecnologia a fissione nucleare
sono sicuramente di gran lunga inferiori a quelli che giornalmente si affrontano nel produrre la
stessa energia con combustibili fossili e in alcuni casi anche con fonti rinnovabili come
l‘idroelettrica. L‘affermazione è suffragata dai dati riferiti all‘ estrazione e trasporto del carbone per
41
i quali l‘umanità paga un tributo giornaliero di quasi 50 vite, mentre la produzione idroelettrica ha
richiesto nella storia il sacrificio di 26 mila persone per inondazione a causa della rottura della diga
di Banqiao Reservoir Dam in Cina e di ulteriori 145 mila per la conseguente epidemia che ha
originato, senza voler conteggiare gli 11 milioni di sfollati e i danni a quasi 6 milioni di edifici .
L‘Italia dal canto suo sempre in ambito idroelettrico è stata testimone di due nefasti eventi quali i
1917 morti per l‘incidente del Vajont (9/10/1963) e i 356 per quello precedente di Gleno
(1/12/1923).
La triste elencazione non è rivolta a sminuire i due incidenti nucleari ma a fornire un quadro più
completo dei reali rischi che l‘umanità affronta quotidianamente in termini di sicurezza nella
produzione dell‘energia con le fonti tradizionali, che vanno ad aggiungersi all‘inquinamento
atmosferico dalle stesse prodotto, più noto per la sua diffusione mediatica, come ―effetto serra‖.
L‘arresto nella realizzazione di nuove centrali nucleari, rilevato negli ultimi decenni in occidente,
non è da ricondurre alla insufficiente sicurezza riscontrata nelle centrali in esercizio. L‘applicazione
di rigorosi protocolli di sicurezza rappresenta l‘elemento fondamentale, comune a tutti i processi di
progettazione, realizzazione ed esercizio di un impianto nucleare. In occidente già nella fase iniziale
del programma per gli impieghi civili dell‘energia nucleare, fu data massima priorità alla ricerca e
progettazione di sistemi di controllo e dispositivi di sicurezza, riservando a tale settore 1/3
dell‘investimento totale necessario alla realizzazione della centrale nucleare. Sono motivazioni di
ordine economico e di politica industriale ad originare la stasi realizzativa in ambito nucleare.
Alla fine della crisi economica degli anni ‘70, la riduzione del prezzo del petrolio e più in generale
di tutti i combustibili fossili e la privatizzazione di infrastrutture strategiche tra cui quelle
energetiche, cambiarono gli orientamenti del mondo imprenditoriale privato. Furono pertanto
privilegiate le tecnologie che richiedevano minori investimenti iniziali e promettevano utili a breve
termine.
La realizzazione di nuovi impianti nucleari era ritenuta un investimento ad alto rischio, protratto
per tempi eccessivamente lunghi unitamente ad una serie di rischi economici legati all‘incertezza
dei processi autorizzativi, alla delicata gestione dei rifiuti radioattivi, alla inadeguata tutela da parte
delle amministrazioni pubbliche.
Nel 2008 il numero di impianti nucleari in esercizio risultano 439 per una potenza pari a 372.234
MWe. Ulteriori 35 impianti per una potenza di 29.278 MWe (fonte: Sito IAEA) erano in
costruzione.
42
Questi reattori forniscono circa il 16% del consumo mondiale di elettricità, pari al 25% del
fabbisogno dei soli paesi OECD, e al 35% se si considera solo l‘Unione Europea.
Tabella 1.1: Numero di reattori operativi e in costruzione per tipologia nel 2008 (fonte: sito IAEA)
Figura 1.4: Numero di reattori operativi nel mondo nel 2008 (fonte: sito IAEA)
Alla fine del triennio successivo il parco esistente registra un saldo positivo di 3 unità (da 436 a
439) che fornisce un incremento di potenza erogata di 0,73% (da 372234 a 374958 MWe).
NPP Operational Under Construction
Type No. of Units
Total
MW(e)
No. of Units Total
MW(e)
BWR 94 85287 2 2600
FBR 2 690 2 1220
GCR 18 9034 0 0
LWGR 16 11404 1 925
PHWR 44 22390 4 1298
PWR 265 243429 26 23235
Total: 439 372234 35 29278
43
Notevole l‘aumento rilevato nel numero degli impianti in costruzione che da 35 nel 2008
raggiungono i 65 al gennaio 2011. Come si può notare la percentuale maggiore è collocata in Russia
e in oriente.
44
Country
In operation Under construction
Number
Electr. net
output
MW
Number
Electr. net
output
MW
Argentina 2 935 1 692
Armenia 1 375 - -
Belgium 7 5,926 - -
Brazil 2 1,884 1 1,245
Bulgaria 2 1,906 2 1,906
Canada 18 12,569 - -
China
Mainland
Taiwan
13
6
10,048
4,980
27
2
27,230
2,600
Czech Republic 6 3,722 - -
Finland 4 2,716 1 1,600
France 58 63,130 1 1,600
Germany 17 20,490 - -
Hungary 4 1,889 - -
India 20 4,391 5 3,564
Iran - - 1 915
Japan 54 46,823 2 2,650
Korea, Republic 21 18,665 5 5,560
Mexico 2 1,300 - -
Netherlands 1 487 - -
Pakistan 2 425 1 300
Romania 2 1,300 - -
Russian Federation 32 22,693 11 9,153
Slovakian Republic 4 1,792 2 782
Slovenia 1 666 - -
South Africa 2 1,800 - -
Spain 8 7,514 - -
Sweden 10 9,303 - -
Switzerland 5 3,238 - -
Taiwan 6 4,980 2 2,600
Ukraine 15 13,107 2 1,900
United Kingdom 19 10,137 - -
USA 104 100,747 1 1,165
45
Total 442 374,958 65 62,862
Tabella 1.2: Figura 1.6: Nuclear power plants worldwide, in operation and under construction (fonte: sito IAEA
Jan 19, 2011)
Figura 1.5: Number of reactors in operation, worldwide, Jan 19, 2011 (IAEA 2011, modified)
Figura 1.6: Nuclear power plants under construction, Jan 19, 2011 (IAEA 2011, modified)
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1.3 LA SITUAZIONE ENERGETICA E IL NUCLEARE IN
ITALIA
Il nucleare non è la panacea a tutte le problematiche nel campo energetico ma sicuramente è
l‘elemento più importante nel mosaico delle sorgenti alternative ai tradizionali combustibili fossili,
e concreta risposta ad alcune criticità prima fra tutte l‘inquinamento atmosferico. Se il contributo
dell‘energia nucleare a livello mondiale sarà strategica per il futuro, per l‘Italia sarà fondamentale.
Il nostro paese non disponendo di sufficienti fonti energetiche in grado di fornire alla nazione uno
sviluppo sostenibile che gli permetta di mantenere un adeguato livello di competitività nello
scenario del mercato internazionale è costantemente dipendente da forniture extraterritoriali. Tale
situazione pone il paese in una costante situazione ad alto rischio che diventa massima nel caso di
un‘eventuale emergenza nel settore energetico.
Figura 1.7 Grado della dipendenza energetica dall’estero anno 2008 (dati Autorità Energia, estrapolazione
Enerdata ott-2010)
Anno 2008 Italia Francia Germania Spagna
Regno
Unito
EU-27
Importazioni nette 158 140,4 210,4 124,9 57,4 1012,5
Consumo primario 177 266,6 334,6 140,6 209 1754
Dipendenza estera (importazioni
nette/consumo primario)
89,30% 52,70% 62,90% 88,90% 27,40% 57,70%
Tabella 1.3: Grado della dipendenza energetica dall'estero anno 2008 (dati Autorità Energia, estrapolazione
Enerdata ott-2010)