2
e proteine che vengono a loro volta radicalizzate, con conseguenti
gravi alterazioni funzionali.
Il danno da radicali liberi appare implicato nello sviluppo di
numerose malattie, quali aterosclerosi (Stringer M.D. et al., 1989),
danno da ischemia – riperfusione (McCord J.M., 1985), artrite
reumatoide (Lunec J. et al., 1981) e alcuni tipi di cancro (Connors
T.A. et al., 1989).
Le cellule hanno sviluppato una serie di meccanismi di difesa dal
danno ossidativo che si basano su sistemi enzimatici (superossido
dismutasi, catalasi, glutatione perossidasi) definiti antiossidanti
primari, o su scavenger non enzimatici di basso peso molecolare in
grado di bloccare i radicali liberi (glutatione, vitamina E, vitamina C,
carotenoidi, catechine) definiti antiossidanti secondari.
Si può quindi definire stress ossidativo la perturbazione
nell’equilibrio tra pro-ossidanti e antiossidanti a favore dei primi,
con conseguente danno a livello cellulare.
1.2 Specie reattive dell’ossigeno
Buona parte dello stress ossidativo di derivazione endogena
nasce a livello intracellulare dalla riduzione incompleta dell’ossigeno
molecolare mentre passa attraverso la catena di trasporto respiratoria
nella membrana mitocondriale interna.
Le cellule viventi, per generare energia, ossidano enzimatica-
mente i principi nutritivi (in particolare lipidi e carboidrati); ciò
comporta una riduzione dell’ossigeno ad acqua. Per effettuare questa
trasformazione, l’ossigeno molecolare viene sottoposto ad una serie
di riduzioni e produce una serie di intermedi radicalici. Questi sono
altamente instabili e reattivi e sono usualmente indicati in letteratura
come “specie reattive dell’ossigeno” o ROS (reactive oxygen
species). La loro formazione (e i problemi di tossicità che ne
conseguono) si ha solamente quando l’ossigeno molecolare è
impossibilitato a ricevere contemporaneamente i quattro elettroni di
cui necessita per la riduzione ad acqua.
3
Esistono diverse specie conosciute di ROS che si formano
durante la riduzione dell’ossigeno (fig. 1.1) fra cui le più studiate
sono:
− radicale superossido
− perossido di idrogeno
− radicale idrossile
− ossigeno singoletto
+ e
-
O
2
+ e
-
O
2
-
• H
2
O
2
perossido
+ 2H
+
di idrogeno
radicale + e
-
superossido
radicale •OH + OH
-
ione
idrossile ossidrile
+ e
-
+ H
+
+ H
+
H
2
O H
2
O
Figura 1.1 Formazione dei radicali dell’ossigeno.
1.2.1 Radicale superossido O
2
-
•
Il radicale superossido si può formare (Cestaro B., 1994):
1) per interazione dell’O
2
con elettroni che occasionalmente
sfuggono alla catena respiratoria, soprattutto nel passaggio
ossido-riduttivo tra CoQ e citocromi a livello degli enzimi
NADH-ubichinone reduttasi e ubichinone-citocromo C reduttasi;
4
2) nel corso di ossidazioni metallo-dipendenti di molecole quali
adrenalina, noradrenalina e alcuni composti tiolici;
3) per produzione diretta nel corso di alcune reazioni enzimatiche
specifiche catalizzate ad esempio dalle xantine ossidasi,
triptofano diossigenasi e indolamine diossigenasi.
Questo radicale è fortemente reattivo e citotossico, in quanto,
comportandosi come energico ossidante, attacca un ampio numero di
substrati per completare i propri orbitali (Mitscher L.A. et al., 1997).
Il danno che può causare, però, è minimizzato dalla
compartimentalizzazione biologica, poiché il radicale superossido
non è in grado di attraversare la membrana mitocondriale,
dall’attività dell’enzima protettivo superossido dismutasi (SOD) che
lo converte a perossido di idrogeno [1], da composti come la
vitamina A, in grado di sequestrarlo.
2 O
2
-
• + 2 H
+
+ 2 e
-
→ H
2
O
2
+ O
2
[1]
1.2.2 Perossido di idrogeno H
2
O
2
Dalla reazione di dismutazione [1] si forma perossido di
idrogeno che non è normalmente tossico, in quanto viene
rapidamente neutralizzato dagli enzimi catalasi [2] e glutatione
perossidasi [3].
H
2
O + 2 e
-
+ 2 H
+
→ 2H
2
O [2]
H
2
O
2
+ 2GSH → 2H
2
O + GSSG [3]
Il perossido di idrogeno si può formare, oltre che dalla reazione
[1], anche direttamente a livello di microsomi, perossisomi e
mitocondri. E’ presente all’interno della cellula in concentrazioni
variabili tra 10
-9
e 10
-7
M, e il rischio ad esso associato è dovuto alla
sua capacità di attraversare velocemente le membrane cellulari,
diffondendo in altri distretti dove può attivare processi perossidativi.
5
1.2.3 Radicale idrossile HO•
Una molecola di superossido O
2
-
• ed una molecola di perossido
di idrogeno possono combinarsi per formare una molecola di
ossigeno, un radicale idrossile HO• ed uno ione ossidrile, secondo la
reazione di Haber-Weiss [4], catalizzata da ioni Fe
2+
o Cu
+
.
O
2
-
• + H
2
O
2
→ O
2
+ HO• + OH
-
[4]
Il radicale idrossile si può formare anche dalla scissione del
perossido di idrogeno generato nella reazione [1]. La reazione è
favorita dal calore o da radiazioni ionizzanti, ma avviene anche in
condizioni fisiologiche con interazione diretta fra H
2
O
2
e ferro,
secondo la reazione di Fenton [5].
H
2
O
2
+ Fe
2+
→ HO• + OH
-
+ Fe
3+
[5]
Per la produzione del radicale idrossile è fondamentale la
presenza di ferro allo stato di Fe
2+
, mentre il metallo è normalmente
legato a proteine di trasporto e di deposito (transferrina, ferritina), o
a proteine funzionali (emoglobina, mioglobina). Per rendere libero il
ferro, è sufficiente la presenza dello ione superossido [6] o un
abbassamento del pH dovuto, ad esempio, alla produzione di acido
lattico (ischemia o anossia).
Fe
3+
+ O
2
-
• → Fe
2+
+ O
2
[6]
Il radicale idrossile generato nelle reazioni [4] e [5] è, fra i
radicali dell’ossigeno, la molecola più tossica perché altamente
reattiva e priva di ogni meccanismo di inattivazione endogena
(Whitehead T.P. et al., 1992). Costituisce l’agente responsabile della
fase iniziale dei processi perossidativi che avvengono a livello dei
tessuti dell’organismo. HO• è in grado infatti di collidere e
danneggiare tutte le macromolecole cellulari: proteine, acidi nucleici,
glicosaminoglicani e soprattutto gli acidi grassi poliinsaturi dei
fosfolipidi di membrana.
6
1.2.4 Ossigeno singoletto
1
O
2
Questa forma chimica dell’ossigeno non è un vero e proprio
radicale libero (Kasha M. et al., 1979), come si evidenzia dalla sua
configurazione elettronica, semplificata come (π
*
2p
x
)
2
, (π
*
2p
y
)
0
in
cui tutti gli elettroni di valenza hanno spin opposti. Differisce dallo
stato fondamentale (tripletto) dell’ossigeno molecolare nell’inver-
sione di direzione dello spin di un elettrone nell’orbitale di valenza
più esterno. Questa specie si rivela un importante ROS: infatti da
studi in vitro è emerso che
1
O
2
può nuocere ai sistemi viventi
ossidando diverse molecole organiche quali lipidi di membrana,
proteine, acidi nucleici, nucleotidi, carboidrati e tioli (Straight R. et
al., 1985). Sono stati individuati quattro principali meccanismi di
reazione:
1) reazioni di addizione con il doppio legame carbonio-carbonio
nelle olefine insature per formare idroperossido;
2) reazioni di addizione con sistemi di dieni coniugati (reazione di
Diels-Adler) per formare endoperossidi ciclici;
3) reazioni con composti fenolici per formare idroperossidienoni;
4) reazioni di trasferimento di energia che trasformano
1
O
2
in
3
O
2
con composti quali carotenoidi, bilirubina, tocoferolo, fenoli,
complessi del nichel e ioni (Foote C.S., 1979).
1
O
2
si può formare in seguito ad esposizione a luce ultravioletta
(320-380 nm) o durante l’attivazione dei macrofagi. L’azione della
NADPH ossidasi produce il radicale superossido [7] che dismuta per
formare perossido di idrogeno [1]. L’enzima mieloperossidasi dei
macrofagi catalizza la riduzione del perossido di idrogeno per
formare l’ossidante acido ipocloroso [8]. Quest’ultimo reagisce con
H
2
O
2
per formare ossigeno singoletto [9] (Khan A.U. et al., 1963).
NADPH + 2 O
2
→ 2 O
2
-
• + H
+
+ NADP
+
[7]
H
2
O
2
+ Cl
-
→ HOCl + OH
-
[8]
7
H
2
O
2
+ HOCl →
1
O
2
+ H
2
O + Cl
-
+ H
+
[9]
L’ossigeno singoletto sembra si formi anche durante la
perossidazione lipidica, dando sviluppo di chemiluminescenza.
1.3 Il danno ossidativo
Le principali strutture, cellulari ed extracellulari, suscettibili
all’azione dei radicali liberi sono (fig. 1.2) :
1) acidi nucleici
2) proteine
3) carboidrati
4) lipidi
mitocondrio
membrana
Figura 1.2 Bersagli cellulari ed extracellulari dei radicali liberi.
NUCLEO
COLLAGENE
DNA
LIPIDI
ACIDO
IALURONICO
CITOSOL
PROTEINE
8
1.3.1 Acidi nucleici
Nell’ambito dei danni cellulari causati dalle specie reattive
dell’ossigeno, quello al DNA è potenzialmente il più pericoloso
poiché, con la replicazione, queste molecole possono preservare e
moltiplicare le conseguenze del danno cellulare.
Quasi tutte le macromolecole danneggiate sono soggette a
sostituzione e riparazione, ma non sempre il meccanismo è accurato.
Le più frequenti alterazioni ossidative delle basi del DNA
riguardano l’inserimento dell’ossigeno nel doppio legame e il
distacco delle basi azotate dagli zuccheri. Se le basi danneggiate
vengono rimosse e riparate prima della divisione cellulare, non ci
sarà alcun danno permanente. Se invece il sistema di riparazione è
soggetto ad errori, la generazione successiva riceverà una molecola
di DNA difettosa in cui una base azotata è deleta o sostituita da una
base impropria (Mitscher L.A., 1997).
Esempi di danni agli acidi nucleici sono: formazione di legami
intermolecolari DNA-DNA, o DNA-proteine, e modificazioni
ossidative delle basi azotate. Le più sensibili sono le basi
pirimidiniche citosina e timina, che possono andare incontro a
saturazione o apertura dell’anello con idrossilazione di quest’ultimo.
Questo implica la perdita dell’aromaticità e della planarità,
determinando distorsioni nell’architettura del DNA. L’ossidazione
della timina può portare alla formazione dei cosiddetti “dimeri di
timina” (fig. 1.3).
Fig. 1.3 Dimerizzazione di residui di timina.
9
Le alterazioni del DNA conducono infine a mutagenesi (Ames
B.N., 1983) e carcinogenesi (Floyd R.A., 1990).
E’ stato inoltre suggerito che l’alterazione del DNA sia, in parte,
responsabile del processo di invecchiamento (Fraga C.G. et al.,
1990), del diabete mellito (Dandona P. et al., 1996), di alcune
malattie infiammatorie (Ames B.N., 1983) e di alcune malattie
epatiche (Sipowicz M.A. et al., 1997).
1.3.2 Proteine
Anche le proteine sono un bersaglio per i radicali liberi, i cui
danni possono essere distinti in reversibili ed irreversibili: tra i primi
vi è l’ossidazione dei gruppi tiolici e della metionina a solfossido; tra
gli irreversibili, la rottura dell’anello dell’istidina e del triptofano,
l’idrolisi del legame peptidico in presenza di prolina. Quest’ultimo
evento danneggia particolarmente il collagene, ricco di prolina ed
idrossiprolina.
I gruppi SH- dei residui di cisteina delle proteine sono fra i più
esposti alle collisioni radicaliche: i radicali tiili (RS•) che si formano
possono dimerizzare o ossidarsi a RSO
2
, provocando danni alla
struttura e alla funzionalità delle proteine stesse.
In particolare possono venire attaccate proteine con funzione
enzimatica, come la fosfofruttochinasi ed il complesso I della catena
respiratoria mitocondriale, di importanza fondamentale per la
produzione di energia per la cellula (Cestaro B., 1994). Una
diminuita efficienza energetica porta ad una riduzione della
biosintesi “ex-novo” di macromolecole (proteine, glicoproteine,
acidi nucleici e fosfolipidi) provocando un rallentamento nei
processi riparativi di componenti di membrana. Come conseguenza,
si ha un irrigidimento delle membrane che si aggiunge a quello
dovuto alla perossidazione degli acidi grassi. La minore fluidità di
membrana determina:
• ridotta funzionalità di proteine enzimatiche e recettoriali;
• variazione della permeabilità;
• ridotta efficienza delle pompe ATP-asiche per il Ca
2+
.
10
Quest’ultimo fenomeno induce un aumento sia del Ca
2+
sia del
K
+
endocellulare che a sua volta porta all’attivazione delle
fosfolipasi A
2
, A
1
, C, D e della digliceride lipasi. Questi enzimi
stimolano un aumento del catabolismo delle membrane e perciò la
liberazione di acidi grassi facilmente ossidabili.
L’ossidazione delle proteine sembra essere inoltre responsabile,
almeno in parte, di patologie quali l’aterosclerosi, il danno da
ischemia-riperfusione e l’invecchiamento (Berliner J.A. et al., 1996;
Stadman J.A., 1992).
1.3.3 Carboidrati
I radicali liberi reagiscono rapidamente con i carboidrati
estraendo facilmente atomi di idrogeno: desossiribosio, ribosio,
proteoglicani ed eteropolisaccaridi (acido ialuronico) possono venire
degradati mediante attacco ossidativo. Ciò nuoce soprattutto ai
proteoglicani, molecole di elevato peso molecolare che fanno parte
del parenchima tissutale, i quali vanno incontro a frammentazione e
depolimerizzazione con danno strutturale e funzionale irreversibile.
1.3.4 Lipidi
L’azione ossidativa a carico dei lipidi viene considerata dannosa
quando procede con un meccanismo radicalico a catena definito
lipoperossidazione. I principali bersagli di questo fenomeno sono gli
acidi grassi poliinsaturi, che sono presenti in elevate concentrazioni
nei fosfolipidi delle membrane cellulari.
La perossidazione lipidica si sviluppa attraverso tre fasi
consequenziali (fig. 1.4):
− inizio
− propagazione
− terminazione.
11
LH
X
Iniziazione
XH
O
2
L
•
LOOH
Propagazione
LO
2
• LH
LO
2
• LH
Terminazione
Prodotti stabili Prodotti stabili
Fig. 1.4 Schema generale delle reazioni di perossidazione
lipidica.
Il processo è iniziato dal radicale idrossile, che cattura un atomo
di idrogeno da un carbonio metilenico nella catena polialchilica
dell’acido grasso:
Iniziazione LH +
•
OH → L
•
+ H
2
O [10]
Il radicale così formatosi (L
•
) tende a stabilizzare la sua struttura
con la formazione di dieni coniugati (fig. 1.5). Questi, essendo uno
dei primi prodotti della perossidazione lipidica, ne rappresentano
pertanto un indice primario.
12
Fig. 1.5 Formazione dei dieni coniugati.
In condizioni aerobiche un acido grasso con un elettrone spaiato
subisce un riarrangiamento molecolare con O
2
per generare un
radicale perossilipidico (LOO
•
) [11].
Propagazione L
•
+ O
2
→ LOO
•
[11]
Questo prodotto è altamente reattivo e può dar luogo a due
diverse reazioni (Gatè L. et al., 1999):
− il gruppo perossilico può ciclizzare e formare un lipoperossido
ciclico, da substrati quali l’acido arachidonico ed eicosa-
pentaenoico (fig. 1.6). Il prodotto ciclico così ottenuto può
successivamente frammentarsi e dar luogo a catene alifatiche
contenenti due gruppi carbonilici formando composti come la
malonildialdeide (MDA), una dialdeide altamente reattiva
(Draper H. et al., 1990). Questa può reagire con gruppi aminici
liberi di proteine, fosfolipidi o acidi nucleici (Halliwell B. et al.,
1989) formando legami covalenti stabili tipo basi di Schiff che
inducono alterazioni strutturali di tali molecole biologiche. I
legami crociati proteina–MDA–fosfolipide, proteina–MDA–
proteina o fosfolipide–MDA–fosfolipide causano infatti diminu-
zione del grado di libertà e della possibilità di movimento delle
molecole stesse, con perdita di fluidità della membrana come
effetto ultimo.
13
Figura 1.6 Formazione di idroperossidi e perossidi ciclici
dall’acido arachidonico.
14
− i radicali possono anche catturare molecole di idrogeno dagli
acidi grassi adiacenti per formare un lipide idroperossido,
inducendo la propagazione della perossidazione lipidica [12].
Propagazione LOO
•
+ LH → LOOH + L
•
[12]
Il radicale L
•
può propagare ulteriormente le reazioni di
perossidazione: dopo la fase di iniziazione [10] si hanno pertanto le
fasi di propagazione dei processi di perossidazione [11], [12].
La frammentazione e le lesioni molecolari degli acidi grassi
insaturi dei fosfolipidi portano alla destrutturazione della membrana
cellulare, alla diminuzione della sua fluidità, alla perdita delle
normali interazioni lipidi-lipidi e lipidi-proteine e alla formazione di
regioni idrofile nel core idrofobo.
In figura 1.7 sono riportati gli eventi che si verificano in una
membrana in seguito ad un processo perossidativo a carico di un
fosfolipide contenente un acido grasso poliinsaturo: l’attacco del
radicale R
•
in presenza di O
2
trasforma l’acido grasso poliinsaturo
del fosfolipide in perossilipide.
Figura 1.7 Modello di danno perossidativo a carico di un
fosfolipide poliinsaturo di membrana.
15
Il gruppo perossilico così formatosi è molto più idrofilico di
quello originario e tende a portarsi nella regione superficiale del
bilayer ripiegando ad U la catena acilica dell’acido grasso.
Questo nuovo assetto determina un aumento dell’ingombro, con
conseguenti alterazioni strutturali e funzionali della membrana.
Inoltre, la nuova configurazione del legame estereo, tra il glicerolo
del fosfolipide e il carbossile del perossilipide, facilita l’attività della
fosfolipasi A
2
di membrana che idrolizza il fosfolipide perossidato a
lisofosfolipide e acido perossilipidico libero, comportando un
ulteriore danno alla struttura e alla funzionalità della membrana
(Cestaro B., 1994).
Si possono avere inoltre fenomeni di alchilazione di gruppi
funzionali critici di proteine (gruppi -SH) da parte di prodotti
aldeidici derivanti dalla perossidazione, con rottura dei legami
peptidici o formazione di ponti disolfuro (-S-S-) intramolecolari. In
tal modo si possono inattivare enzimi, sistemi recettoriali, proteine
essenziali per l’omeostasi cellulare e svariate altre, quali le proteine
del citoscheletro (actina e tubulina) e i canali del calcio.
La terza ed ultima fase del processo di perossidazione è la
terminazione, in cui si ha la formazione di composti stabili a partire
da più radicali o per opera di molecole aventi la funzione di
interrompere la reazione a catena: tra esse il tocoferolo, il più
importante nelle membrane cellulari.
1.4 Stress ossidativo e stati patologici (Cestaro B., 1994)
Molte comuni malattie sembrano implicare come concause le
specie reattive dell’ossigeno (ROS) ed i radicali liberi. In particolare
alcuni studi ne hanno messo in evidenza la relazione con mutagenesi,
cancerogenesi ed invecchiamento (Chen Q., Ames B.N. et al., 1995;
Halliwell B. et Gutteridge J.M.C., 1990). Specie chimiche contenenti
ossigeno parzialmente ridotto verrebbero spesso prodotte in cellule
aerobie in modo incontrollato, inducendo modificazioni irreversibili
(fig. 1.8). Le patologie correlate, più o meno direttamente, alla
presenza di radicali liberi sono indicate in tabella 1.1.