1 Introduzione
L’obiettivo di questo lavoro di tesi, maturato all’interno di un progetto sviluppato in
collaborazione tra INFN
1
e Ansaldo Nucleare
2
(programma RIACE [INFN06]), è la
realizzazione di un prototipo dimostrativo finalizzato al monitoraggio on-line di scorie
radioattive a breve-medio termine. A tale proposito, la proposta DMNR (Detector Mesh for
Nuclear Repositories) è nata per offrire un sistema distribuito, robusto, affidabile, granulare e
basato su dispositivi a basso costo.
In ambito internazionale si definisce rifiuto radioattivo qualsiasi sostanza (in forma solida,
liquida o gassosa), derivante da pratiche o interventi umani per la quale non sia previsto
ulteriore utilizzo, che contenga o sia contaminata da radionuclidi a concentrazioni o livelli di
radioattività superiori alle quantità permesse, stabilite dalle autorità competenti. [IAEA10]
Per scorie nucleari s’intende indicare il combustibile esausto originatosi all’interno dei reattori
nucleari nel corso del loro esercizio. Esse rappresentano un sottoinsieme dei rifiuti radioattivi,
a loro volta suddivisibili in base al livello di attività in tre categorie: basso, intermedio e alto.
[ANPA26]
La pericolosità dei rifiuti radioattivi decresce con il passare del tempo poiché ogni specie
decade seguendo una legge esponenziale. Sfortunatamente il tempo necessario affinché una
data specie risulti non essere più dannosa per l’uomo e per l’ambiente, può variare da poche
ore ad anni, per i rifiuti industriali e medicali, per arrivare a decine di migliaia di anni per
quelli derivanti dallo smantellamento di reattori a fissione e armi nucleari.
1
L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare è l’ente italiano che promuove, coordina ed effettua la ricerca
scientifica nel campo della fisica nucleare, subnucleare e astro particellare, nonché lo sviluppo tecnologico
necessario alle attività in tali settori. [INFN]
2
Ansaldo Nucleare s.p.a. è un’azienda italiana che opera nel settore nucleare, realizzando centrali nucleari di
terza generazione. [ANN]
7
I rifiuti a medio e breve termine vengono attualmente concentrati e confinati in fusti per
essere stoccati all’interno delle strutture che li hanno prodotti, oppure trasportati in depositi
superficiali dedicati allo stoccaggio; per i rifiuti a lungo termine invece si prevedono dei
magazzini geologici come cave sotterranee o l’interno delle montagne.
Lo smantellamento delle centrali nucleari e lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi da esse
prodotti, pone a livello mondiale un argomento di discussione attuale: il monitoraggio delle
scorie a breve, medio e lungo termine.
Qualunque sia la disposizione topologica o la struttura fisica dei bidoni di stoccaggio, sarebbe
un grosso vantaggio poter misurare il tasso di radioattività intorno a ciascuno di essi; ciò
permetterebbe, oltre ad avere un monitoraggio continuo della situazione complessiva, di
verificare prontamente un danno alla struttura del bidone dovuto ad un eventuale cedimento
strutturale.
Questo obiettivo potrebbe già oggi essere raggiunto utilizzando i classici rivelatori di
radioattività a tubo Geiger-Muller, ma il costo di tale soluzione sarebbe proibitivo. Le
procedure odierne di monitoraggio prevedono controlli periodici, ad opera di operatori
specializzati o robots dotati di strumenti di misura adeguati, cui si aggiungono misurazioni
ambientali effettuate all’interno dei depositi.
Il progetto DMNR [DMNR] ha permesso lo studio di un nuovo tipo di rivelatore di radiazioni
ionizzanti, che presenta caratteristiche simili ai contatori Geiger-Muller (ma a differenza di
questi risulta essere notevolmete più economico e versatile) e che può essere replicato
sottoforma di griglia intorno ad ogni singolo bidone.
Ciascun rivelatore consiste di una fibra ottica realizzata con scintillatore plastico, con
accoppiati alle due estremità due fotosensori al silicio (SiPM) di ultima generazione, capaci di
rivelare i deboli segnali luminosi prodotti dall’interazione con la radiazione incidente, e
convertirli in impulsi elettrici veloci.
In questo modo è possibile posizionare griglie di sensori intorno a ciascun bidone e registrare
costantemente l’attività emessa, al fine di misurare in tempo reale il tasso di radiazione
istantaneo e così registrare lo storico in un apposito Data Base.
Nell’ambito di DMNR è stata sviluppata sia l’elettronica di front-end che il sistema di
conteggio eventi su piattaforma FPGA, per gestire il flusso dati proveniente dai sensori sul
campo. Tale apparato, inoltre, è integrato da un sistema di trasmissione dati ridondante e da
una console con interfaccia grafica ed immagazzinamento dati. [ANIMMA09] [ICENES09]
[IPRD08]
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1.1 Natura della ricerca
La tecnologia delle fibre scintillanti e dei fotorivelatori, si basa su una consolidata esperienza
maturata in ambito INFN per la rivelazione delle particelle. In tale esperienza rientra anche la
realizzazione di sistemi elettronici e informatici per il trattamento, l’elaborazione e la
registrazione dei dati in tempo reale, direttamente derivante dalla tradizionale consuetudine
alla realizzazione di analoghi apparati nell’ambito di esperimenti di fisica nucleare e delle alte
energie.
I rivelatori della radiazione emessa dai fusti contenenti i rifiuti radioattivi, sono fibre ottiche
realizzate con scintillatore plastico (produce fotoni nella lunghezza d’onda del visibile al
passaggio di radiazioni ionizzanti), ai cui capi sono fotoaccoppiati due SiPM, Silicon
Photomultiplier, ossia fotomoltiplicatori al silicio di nuova generazione, con sensibilità di
rivelazione al singolo fotone
3
.
Figura 1
Generazione del segnale elettrico sul
SiPM alla ricezione di un fotone
Figura 2
Disposizione delle fibre intorno il fusto e coincidenza
dei segnali elettrici ai capi di ogni fibra scintillante
3
Diversamente dai fotomoltiplicatori tradizionali (PMT o Photomultiplier Tubes), costruiti con tubi a vuoto, i
SiPM sono prodotti direttamente da un wafer di silicio impiantando in esso matrici di microcelle lette in parallelo
ciascuna delle quali è un (Avalanche Photodiode o APD) che lavora in modalità . diodo Geiger
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L’impulso elettrico in uscita dal SiPM ha un’ampiezza proporzionale al numero di fotoni
rivelati provenienti dalla fibra (Figura 1). Tali fotosensori sono sensibili al singolo fotone, in
grado quindi di rivelare l’esigua quantità di luce rilasciata nella fibra della radiazione
interagente con essa.
Con questa configurazione, quando si ha un evento di scintillazione indotto dal passaggio di
radiazione ionizzante (principalmente radiazione γ), un certo numero di fotoni viene guidato
verso le estremità della fibra, entro un intervallo di poche decine di nanosecondi.
La coincidenza dei due impulsi elettrici conseguenti, regolata su una finestra temporale legata
al tempo massimo di percorrenza della luce, permette inoltre di ridurre drasticamente gli
eventuali segnali spuri dovuti al fondo. Figura 2.
Ponendo una opportuna griglia di fibre intorno a ciascun fusto da monitorare, è possibile
misurare in tempo reale la radiazione emessa dal fusto stesso in ogni sua parte, e registrare su
files tutte le informazioni sull’attività emessa da ciascun fusto monitorato.
Qualora si dovessero verificare delle anomalie, consistenti ad esempio nell’apertura, anche di
piccole crepe, nella superficie dei fusti, a seguito di reazioni chimico-fisiche indotte alla
radiazione emessa dai rifiuti si riscontrerebbe un aumento nel tempo dei tassi di conteggio.
Questo permetterebbe di identificare, con prontezza e decisione, la zona ove poter intervenire
per eventuali operazioni di ripristino.
Figura 3
Coincidenza e conteggio eventi
su tecnologia FPGA
Figura 4
Reti di comunicazioni dati
10
La misura del tasso di conteggio della radiazione incidente su ciascuna fibra, è possibile
grazie all’implementazione su tecnologia FPGA
4
di una batteria di contatori. Le informazioni
su ogni bidone vengono poi impacchettate con dati aggiuntivi e inviate in ridondanza, tramite
via seriale cablata e wireless, al sistema che si occuperà della supervisione del sito.
1.2 Rivelazione raggi γ
Come già accennato, il singolo rivelatore consiste in una fibra ottica scintillante di tipo
plastico, accoppiata agli estremi a due SiPM.
L’efficienza luminosa della fibra, ossia la produzione di fotoni al passaggio di radiazione
ionizzante, è pari a
energia
fotoni
MeV
4
10
. L’efficienza di intrappolamento dei fotoni nella fibra
varia dal 3.5% al 6%, e considerando anche un fattore di attenuazione esponenziale della luce
che si propaga, la quantità di fotoni che arriva alle estremità è dell’orine di qualche decina.
t
1
t
2
Figura 5
Evento produzione di luce
-d x d
Il segnale luminoso, generato dalla radiazione all’interno della fibra, viene guidato dalla fibra
ai suoi capi, ai quali arriverà negli istanti di tempo t
1
e t
2
rispettivamente (Figura 5).
Conoscendo la velocità di propagazione della luce sulla fibra v, parametro noto, è possibile
determinare la posizione d’impatto x, in un sistema di riferimento che pone lo zero al centro
della fibra stessa, tramite la relazione:
2
2 1
t t
v x
.
Questa semplice tecnica risulta però di difficile attuazione perché la produzione di fotoni da
parte della fibra non è istantanea, segue una legge statistica esponenziale che introduce quindi
4
Field Programmable Gate Array, dispositivi digitali la cui funzionalità è programmata via software con
linguaggi di descrizione hardware (VHDL, Verilog).
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indeterminazione, per questo tipo di fibra è circa 2 ns diviso la radice del numero di fotoni
rilevati: un’indeterminazione pari a 2 ns porterebbe ad una risoluzione spaziale pari a 40 cm.
La soluzione proposta non intende effettuare misure di tempo per la determinazione della
posizione d’impatto, si vuole invece implementare un sistema di monitoraggio statistico a
breve-lungo termine, grazie al quale è possibile ricostruire una visione tridimensionale della
radiazione emessa dai bidoni.
La struttura di rivelatori intorno ai bidoni sarà dunque composta da una griglia di fibre,
disposte in una configurazione anulare-longitudinale. Il passo tra le fibre corrisponderà alla
precisione spaziale richiesta per la localizzazione.
La struttura di questa tesi di laurea è stata suddivisa in tre sezioni, ciascuna delle quali
mostrerà nel dettaglio i seguenti argomenti:
DETECTOR: sviluppo del sistema elettronico di conteggio eventi e invio dei dati;
MESH: sviluppo della logica di acquisizione, elaborazione e presentazione dati;
NUCLEAR REPOSITORIES: realizzazione pratica dei rivelatori oggetto di studio,
seguita da risultati sperimentali.
In conclusione una vasta appendice.
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DETECTOR
I capitoli seguenti affronteranno nel dettaglio la realizzazione del sistema di acquisizione e
trasmissione dati.
La scelta di utilizzare logiche programmabili FPGA è stata dettata dalla volontà di utilizzare
sistemi elettronici economici e affidabili, ma allo stesso tempo performanti e versatili.
Oggi esistono al mondo diversi produttori di FPGA di ottima qualità, di sicuro la scelta non
poteva che convergere su uno dei tre maggiori vendor
5
.
Per lo sviluppo del sistema di acquisizione è stata utilizzata una development board Altera
DE1 con FPGA della famiglia Cyclone II, di sicuro un prodotto con ottimo rapporto qualità-
prezzo.
Tutti i moduli sono stati scritti in VHDL, linguaggio di descrizione hardware che permette di
tradurre, in linguaggio di programmazione, il comportamento desiderato per i moduli
elettronici.
La scelta del VHDL risulta essere vincente, nell’ottica di proporre un sistema indipendente da
un particolare vendor di dispositivi: se in futuro si rendesse necessaria la migrazione su altra
piattaforma ciò sarebbe possibile, ricompilando su nuovo target e rimappando i pins del
dispositivo, senza alterare la struttura del programma.
Il sistema non è stato sovraccaricato di funzioni, al contrario si è scelto di far compiere
all’FPGA una sola mansione: contare per ogni rivelatore, composto da una fibra scintillante
accoppiata a due SiPM, il numero di eventi dovuti a radiazione. Tale quantità, integrata sul
periodo di tempo in cui è stata registrata, permette a destinazione di ricavare il tasso di
radiazione istantaneo registrato dai singoli rivelatori.
Il protocollo di trasmissione adottato è lo UART, standard de facto per la comunicazione tra
dispositivi elettronici, che ha permesso un’immediata verifica della bontà delle trasmissioni,
verso console remota.
5
Altera [ALT], Xilinx [XIL], Actel [ACT]
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Sono stati testate sia la trasmissione classica RS-232, utilizzata dai vecchi modem e stampanti
seriali, che la sua versione industriale RS-422, che con segnalazione elettrica differenziale
risulta più adatta per ambienti con rumore elettromagnetico elevato.
Sono attualmente sotto studio ulteriori modalità di trasmissione: RS-485 che permetterà il
collegamento full-duplex di più dispositivi sullo stesso bus; Ethernet che con la sua versatilità
renderà semplice l’indirizzamento dei dispositivi da remoto; ZigBee che permetterà di avere
un canale di comunicazione via radio efficiente e con basso consumo energetico.
Queste modalità di trasmissione non saranno necessariemente in concorrenza tra loro poiché
si prevede di fornire il sistema di un doppio canale di trasmissione dati, ridondanza che
permette a destinazione di verificare l’integrità dei dati ricevuti.
La fase prototipale iniziale è stata caratterizzata da tanti piccoli traguardi nella realizzazione
dei singoli moduli. Allo stato attuale il sistema è quasi totalmente parametrizzato per la scelta
dei valori caratteristici di progetto (numero canali da monitorare, dimensione dei buffer di
contenimento dati, risoluzione temporale, finestra coincidenza per i segnali in ingresso) da
scegliere in fase di compilazione; altri sono modificabili a run time tramite switches presenti
sulla board (intervallo di invio dati, baud rate di trasmissione, id dispositivo).
La presentazione dettagliata dei vari moduli, rispecchia l’approccio di tipo bottom-up che si è
scelto di seguire nella progettazione completa del sistema.
Perché utilizzare gli FPGA nei sistemi embedded
Figura 6
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Strumento di sviluppo efficace per incrementare la produttività
Con i tempi di sviluppo odierni tutto ciò che permette una riduzione dei tempi di
produzione risulta essere un vantaggio competitivo nella corsa al mercato. I sistemi di
sviluppo su piattaforma FPGA permettono una veloce fase di prototipazione, sviluppo e
messa in opera di sistemi embedded, riducendo così il time-to-market.
Figura 7
Il parallel design flow riduce il time-to-market
Protezione dell’investimento sul software contro l’obsolescenza dell’hardware
Ogni campo dell’industria è in qualche modo soggetto all’obsolescenza dei dispositivi che
utilizza, in particolar modo quelli che hanno un ciclo di vita molto lungo (automotive,
militare, industriale, aerospaziale, medico).
In ogni sistema embedded il costo maggiore degli investimenti è dettato dallo sviluppo del
software che, a meno di conoscere a priori il design definitivo, è sempre vulnerabile
all’obsolescenza dell’hardware. [ALTa]
Questo fenomeno si paga inevitabilmente in termini di tempo, denaro e risorse di
sviluppo.
Per lo sviluppo del modulo di rivelazione si è utilizzato la development board Altera DE1,
su cui è montato un FPGA Altera EP2C20, appartenente alla famiglia Cyclone II.
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Figura 8
La development board Altera DE1
Sulla board è presente il seguente hardware :
FPGA Altera Cyclone II 2C20
Altera Serial Configuration device – EPCS4
USB Blaster (on board) per la programmazione; sono supportati i modi JTAG e
Active Serial (AS)
512 KB SRAM
8 MB SDRAM
4 MB Flash memory
SD Card socket
4 pulsanti pushbutton
10 toggle switches
10 LEDs rossi
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8 LEDs verdi
3 oscillatori al quarzo: 50 MHz, 27 MHz, 24 MHz
CODEC audio 24 bit (qualità CD) con jacks line-in, line-out e microfono
DAC VGA con connettore VGA 25 poli
RS-232 transreceiver con connettore 9 poli
Due slot di espansione a 40 pin
Figura 9
Block diagram
Configurare il Cyclone II FPGA
La board DE1 contiene una chip seriale EEPROM che immagazzina i dati di configurazione
per il Cyclone II FPGA. Questa configurazione viene automaticamente caricata dal chip
sull’FPGA ogni volta che la board viene accesa. Utilizzando il software di sviluppo (Altera
Quartus II) è possibile programmare l’FPGA in due modi [ALTb]:
JTAG Programming: In questo modo, così chiamato seguendo lo standard IEEE Joint
Test Action Group, il bit stream di configurazione è caricato direttamente sull’FPGA.
Il dispositivo manterrà la configurazione per tutto il tempo che la board sarà
alimentata ; la configurazione andrà persa allo spegnimento.
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Figura 10
Schema JTAG configuration
AS Programming: In questo modo, chiamato Active Serial programming, il bit stream
di configurazione è caricato sul chip EEPROM Altera EPCS4 che assicura il
salvataggio non volatile. L’informazione è mantenuta anche in mancanza di
alimentazione esterna, così da essere automaticamente ricaricata sull’FPGA
all’accensione successiva.
Figura 11
Schema AS configuration
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