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EXTENDED ABSTRACT
Riassunto
Per l‟analisi della capacità produttiva di un‟azienda del settore tessile, nell‟elaborato
viene definito un indice di efficienza che riduca, parallelamente, la potenzialità teorica e
il tempo di apertura dell‟impianto.
Viene poi introdotta una procedura per la progettazione del layout, che verrà applicata
per completare la valutazione della riduzione dei siti produttivi dell‟azienda oggetto di
studio.
Introduzione
L‟attuale situazione di crisi del settore tessile, ha portato un‟azienda operante nel
distretto pratese alla scelta di valutare la riduzione dei suoi siti produttivi, con
l‟obiettivo di ottimizzare le risorse a disposizione.
Per effettuare tale valutazione è necessario individuare il collo di bottiglia della
produzione e determinare la capacità produttiva dell‟impianto.
Si rivela inoltre necessaria una revisione del layout degli stabilimenti, che dovrà essere
tale da poter ospitare alcune attività oggi suddivise nei vari siti produttivi, ma di cui non
si potrà fare a meno nella nuova configurazione.
L‟attività di tirocinio, della durata di circa tre mesi, e l‟elaborato presentato, sono quindi
finalizzati a questo studio.
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Metodi
La capacità produttiva dell‟impianto (CP) è stimabile come il prodotto tra la potenzialità
produttiva (P
T
) del collo di bottiglia, il tempo di apertura dell‟impianto (T
A
) e un indice
di efficienza che tenga conto delle riduzioni del tempo disponibile per la produzione e,
parallelamente, della potenzialità teorica. Tale indice sarà espresso come una revisione
dell‟Overall Equipment Efficiency (OEE).
CP = P T ∙ T A ∙ OEE [0.1]
La metodologia dell‟OEE è stata proposta da Nakajima (1989) come indice per la
valutazione delle azioni intraprese sotto il paradigma Total Productive Maintenance
(TPM). L‟OEE viene espresso come prodotto di tre indici (fig.31): disponibilità (A),
efficienza delle prestazioni (P) e indice di qualità (Q), suddividendo le inefficienze
dell‟impianto in sei tipi di perdite:
- Perdite per inattività (downtime losses):
1) Perdite per guasti dei macchinari.
2) Perdite per setup e regolazioni; si manifestano quando termina la
produzione di un lotto e inizia il successivo.
- Perdite di velocità (speed losses):
3) Perdite per tempi morti (idle time) e fermate minori.
4) Riduzioni di velocità: differenza tra velocità di progetto e effettiva.
- Perdite di qualità (quality losses):
5) Perdite per scarti e rilavorazioni;
6) Riduzioni di rendimento; si presentano nella prima fase di produzione,
dall‟avviamento della macchina fino alla sua stabilizzazione (start-up
losses).
OEE = A ∙ P ∙ Q [0.2]
Alcuni autori hanno criticato la bontà dell‟OEE nel modo in cui è stato definito da
Nakajima (1988). Secondo Jeong e Phillips (2001), la definizione di OEE proposta in
precedenza non è infatti appropriata per le industrie di tipo capital-intensive, poiché
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analizza le perdite a partire dal tempo di carico, il quale non include altre perdite di
tempo come quelle dovute a manutenzione programmata, ferie, etc.
Secondo Braglia et al. (2009) invece, applicando l‟OEE così definito, si manifestano dei
problemi nel momento in cui non si riescono a collocare le inefficienze della linea nelle
sei grandi perdite.
I vari autori propongono quindi nuove classificazioni delle perdite, strutturate in modo
da includere tutte le inefficienze dell‟impianto (fig.32 e 33).
Per la progettazione del layout, le procedure più utilizzate in letteratura sono quella di
Apple e quella del Systematic Layout Planning (SLP).
La procedura di Apple include la progettazione dell‟intero processo produttivo, a partire
dal dimensionamento degli impianti di produzione e di servizio, dei sistemi di
movimentazione e delle strutture ricettive, fino ad arrivare alla costruzione di un layout
e alla sua effettiva realizzazione.
La procedura SLP è invece più circoscritta alla reale pianificazione del layout, che viene
suddivisa in undici step (fig. 41). I passaggi principali sono: raccolta dei dati sulla
produzione; analisi dei flussi di materiale e delle relazioni fra le attività; studio degli
spazi necessari e disponibili; sviluppo e valutazione delle alternative di layout.
Risultati
L‟OEE e la distribuzione delle perdite definite dagli autori sopra citati, non si adatta
completamente al nostro studio, ovvero l‟analisi della capacità produttiva.
Si definisce quindi il Total Overall Equipment Efficiency (TOEE) come prodotto tra
quattro fattori: efficienza di carico (loading, L), disponibilità (availability, A), efficienza
delle prestazioni (performance efficiency, E
P
) e indice di qualità (quality rate, Q). Ogni
fase del processo presenta particolari tipi di perdite. Le inefficienze possono essere
comunque suddivise in quattro categorie, corrispondenti ai quattro indici (fig.35):
1) Fermate per cause esterne alla macchina (CE): include tutti i tempi in cui la
macchina non è programmata per produrre.
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Partendo dal tempo di apertura dell‟impianto (T
A
), definiamo quindi il tempo di carico
(T
C
) e l‟efficienza di carico (L) come:
T C = tempo di apertura – tempo per cause esterne = T A – CE [0.3]
L =
T
A
−CE
T
A
=
T
C
T
A
[0.4]
2) Fermate misurabili (FM): comprende i tempi in cui la macchina è programmata
per produrre, ma in realtà non produce.
Definiamo così il tempo operativo (T
O
) e la disponibilità (A):
T O = tempo di carico – tempo per guasti e setup = T C – FM [0.5]
A =
− =
[0.6]
3) Perdite di velocità: include qualsiasi problema per cui la macchina non possa
lavorare alla sua velocità di progetto o ideale.
Tali perdite di tempo non sono misurabili. L‟efficienza delle prestazioni (E
P
) sarà quindi
calcolabile come rapporto tra velocità effettiva e velocità di progetto (o ideale) della
macchina. Definiamo così il tempo operativo netto (T
ON
) e E
P
come:
T ON = tempo operativo – tempo per fermate non misurabili [0.7]
E P =
velocità effettiva
velocità ideale
=
T
ON
T
O
[0.8]
4) Tempo per scarti e rilavorazioni: comprende le perdite di tempo dovute alla
produzione di unità non conformi, ovvero scarti e rilavorazioni, che si
manifestano entro il processo analizzato, non a valle dello stesso.
Definiamo quindi il tempo a valore aggiunto (T
VA
) e l‟indice di qualità (Q) come:
T VA = tempo operativo netto – tempo per scarti e rilavorazioni [0.9]
Q =
T
VA
T
ON
[0.10]
Il Total Overall Equipment Efficiency (TOEE) risulta quindi essere pari a:
TOEE = L ∙ A ∙ E P ∙ Q =
[0.11]
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La raccolta dei dati necessari per la determinazione della potenzialità e per il calcolo
degli indici di efficienza per le varie fasi del processo, data la carenza di valori di
progetto a disposizione, è stata effettuata, quando possibile, con misurazioni dirette. In
caso di impossibilità di realizzare tali misurazioni, sono state richieste le informazioni
necessarie al responsabile di produzione, ai capireparto e agli operatori.
La procedura utilizzata per la progettazione del layout si suddivide fondamentalmente in
tre macrofasi (fig.48):
1. Raccolta e analisi dei dati (tab.23): vengono raccolte le informazioni riguardo i
flussi di materiale e le relazioni tra le attività, gli spazi necessari per i vari reparti
e gli spazi disponibili negli stabilimenti. In questa fase risulta di fondamentale
importanza l‟analisi del layout preesistente.
2. Ricerca delle possibili soluzioni: mediante l‟utilizzo di un software vengono
effettivamente dimensionati i reparti ed eseguito il disegno geometrico degli
stabilimenti. Si creano quindi delle alternative valide di layout, cercando di
perseguire il più possibile obiettivi prefissati (obiettivi legati ai costi, alle
prestazioni del sistema logistico-produttivo e di natura organizzativo-
gestionale).
3. Scelta della soluzione migliore: per ogni alternativa si valuta quindi il grado di
raggiungimento degli obiettivi. Tale valutazione viene effettuata con due metodi
qualitativi:
a. Lista dei vantaggi e degli svantaggi di ogni soluzione.
b. Valutazione a punteggio.
Per la soluzione che ottiene un punteggio maggiore viene quindi sviluppato il
layout di dettaglio, definendo l‟esatta posizione delle macchine all‟interno delle
aree, le postazioni di lavoro, i sistemi di sicurezza da adottare, etc.
Discussione
Con la chiusura di uno dei due stabilimenti nei quali si effettua, in parallelo, la prima
parte del processo produttivo dell‟azienda (filatura cardata), dopo aver individuato il
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collo di bottiglia della produzione, che corrisponde alla fase con potenzialità effettiva
minore, si trova, con la formula seguente, una capacità produttiva (CP
1
) di 548.000 kg
all‟anno.
CP = P mix [kg/h] ∙ T A [h/anno] [0.12]
Con P
mix
si indica la potenzialità effettiva di mix del collo di bottiglia, ovvero calcolata
in base alla combinazione delle quantità effettivamente prodotte, e con T
A
il tempo di
apertura annuale dell‟impianto, ipotizzato pari a 48 settimane, 7 giorni su 7, 24 ore su
24. Il mix di prodotti è relativo alla produzione del periodo che va dal 01/05/08 al
31/04/09.
Si valuta quindi il potenziamento del collo di bottiglia, che consentirebbe così di
sfruttare le massime prestazioni delle fasi a monte e a valle dello stesso. Con le
modifiche proposte, la nuova capacità produttiva (CP
2
) viene stimata in circa 646.000
kg all‟anno, con un aumento rispetto a CP
1
di circa il 18%. Confrontando il valore CP
2
con la produzione effettivamente realizzata nel periodo sopra indicato, pari a 724.488 kg
(CP
0
), osserviamo come la differenza non sia affatto eccessiva.
Data l‟attuale situazione di crisi del settore e la probabile riduzione della richiesta di
prodotti da parte del mercato, non è affatto detto che nei prossimi anni si necessiti di
una produzione pari a CP
2
, né tantomeno a CP
0
. I benefici della nuova soluzione si
trasformerebbero in un risparmio dei costi di manodopera (tab.21). Ad esempio, nel
caso limite di una produzione annua pari a CP
1
, si ha un risparmio di 110 turni all‟anno
per la fase di cardatura e di 436 turni per la filatura. I costi da sostenere per le modifiche
proposte sarebbero in tal modo ammortizzabili in pochi anni.
Il valore di CP
2
trovato, date le ipotesi effettuate, assume naturalmente il significato di
una stima. A seconda della dimensione dei lotti e della loro sequenza in produzione,
possiamo quindi introdurre uno scenario pessimistico e uno ottimistico. La capacità
produttiva sarà quindi compresa in un intervallo che va dai 610.000 ai 670.000 kg
all‟anno. Per ottenere tale risultato saranno però necessari degli importanti cambiamenti
nell‟organizzazione della produzione, dovendo difatti produrre in un unico stabilimento
ciò che in precedenza veniva suddiviso in due impianti.
I nuovi layout degli stabilimenti rimanenti permettono l‟accoglimento di tutte le attività
necessarie alla produzione. L‟unica problematica è rappresentata da una riduzione della
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ricettività del magazzino di filato, comunque risolvibile con una migliore
organizzazione dello stesso e una corretta gestione della produzione.
Conclusioni
Nell‟elaborato è stato definito un indice di efficienza, costruito sulla base dell‟Overall
Equipment Efficiency (OEE), adatto all‟analisi della capacità produttiva di un‟azienda
operante settore dell‟industria tessile. Tale indice può essere applicato, con alcune
modifiche soprattutto nella distribuzione delle perdite, anche ad industrie di altri settori.
Risulta infatti difficile definire un indice univoco, data la complessità delle informazioni
da raccogliere e le specificità di ogni impianto.
E‟stata poi introdotta una procedura per la progettazione del layout degli stabilimenti,
per cui risulta di fondamentale importanza la conoscenza approfondita del sistema
produttivo e del layout preesistente.
CAPITOLO 1: INTRODUZIONE
CAPITOLO 1 INTRODUZIONE
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In Italia, tra i settori maggiormente colpiti dalla crisi finanziaria ed economica
internazionale, c‟è sicuramente quello dell‟industria tessile. Il distretto pratese ne è un
chiaro esempio: l‟attività produttiva è ai minimi storici, sia a causa delle difficoltà
congiunturali, sia per la forte concorrenza delle imprese dei Paesi emergenti.
L‟azienda oggetto del nostro studio, caratterizzata da un ciclo produttivo verticalmente
integrato e rappresentando quindi un‟eccezione per il distretto, si inserisce proprio nel
contesto sopra citato.
Le difficoltà incontrate soprattutto nell‟ultimo anno, hanno portato l‟azienda alla
decisione di valutare la riduzione dei suoi siti produttivi, con l‟obiettivo di ottimizzare
le risorse a disposizione. In questo elaborato si cercherà quindi di analizzare la capacità
produttiva degli impianti posti più a monte nel ciclo produttivo aziendale.
Sarà quindi necessario individuare il collo di bottiglia della produzione, valutando la sua
potenzialità produttiva teorica e quella effettiva. Per passare da potenzialità teorica ad
effettiva verrà introdotto un indice di efficienza, costruito sulla base del metodo
dell‟Overall Equipment Efficiency (OEE). Questa tecnica, nata come supporto per la
valutazione delle azioni intraprese sotto il paradigma Total Productive Maintainance
(TPM), necessita di alcune modifiche per essere applicata al nostro studio. L‟indice
dovrà infatti includere tutte le perdite di efficienza che vanno a ridurre la produzione a
partire dal tempo di apertura dell‟impianto e, parallelamente, la potenzialità teorica.
L‟obiettivo sarà quindi quello di valutare la differenza tra la capacità produttiva
dell‟azienda nella nuova configurazione rispetto ai valori storici di produzione.
Si cercherà poi di capire quali possono essere i margini di miglioramento, così da
minimizzare tale differenza.
Per completare l‟analisi, sarà necessario collocare all‟interno degli stabilimenti
rimanenti alcune attività svolte nello stabilimento di cui si prospetta la chiusura,
cercando di mantenere i livelli di capacità produttiva prefissati.
L‟approccio più utilizzato in letteratura per la progettazione del layout è sicuramente la
procedura Systematic Layout Planning (SLP). L‟approfondita conoscenza del processo
produttivo e la numerosità dei vincoli imposti dal management, ci porteranno alla
definizione di una procedura meno rigida e più qualitativa del SLP.
CAPITOLO 1 INTRODUZIONE
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L‟elaborato è così strutturato: nel capitolo 2 viene introdotto il settore in cui opera
l‟azienda oggetto di studio, ovvero quello dell‟industria tessile, con un approfondimento
sul distretto pratese. Nel capitolo 3 viene presentato il Lanificio Paultex srl, ponendo
maggiormente l‟attenzione sul processo di produzione della lana cardata, descrivendo
gli impianti presenti in azienda, e sulle motivazioni della scelta di valutare la chiusura di
uno degli stabilimenti.
Nel capitolo 4 viene eseguita un‟attenta revisione della letteratura riguardante la tecnica
dell‟OEE, introducendo così il contenuto del capitolo 5, in cui si definisce l‟indice di
efficienza adatto all‟analisi della capacità produttiva; nella seconda parte del capitolo 5
viene descritta l‟applicazione del metodo ai processi aziendali che, per il nostro fine, lo
richiedono. Dopo aver calcolato la potenzialità produttiva delle varie fasi ed aver
individuato il collo di bottiglia della produzione, nel capitolo 6 viene effettuata una
stima della capacità produttiva dell‟impianto; si analizzano quindi i miglioramenti che si
potrebbero apportare al processo, in modo da ottenere una capacità produttiva maggiore.
Per completare la valutazione, è necessario riorganizzare il layout degli stabilimenti: nel
capitolo 7 viene così introdotto il concetto di layout e spiegate le motivazioni, gli
obiettivi e i metodi utilizzati in letteratura per la sua progettazione; nel capitolo 8 viene
invece definita la procedura utilizzata per la ristrutturazione del layout nel Lanificio
Paultex e costruite le varie soluzioni.
Nel capitolo 9 vengono quindi riesaminati i metodi utilizzati ed effettuate delle
considerazioni finali sui risultati raggiunti; nella seconda parte del capitolo vengono
invece evidenziati vari approfondimenti su alcuni aspetti dei processi aziendali, che si
potrebbero sviluppare in futuro.
CAPITOLO 2: IL SETTORE
DELL’INDUSTRIA TESSILE
CAPITOLO 2 IL SETTORE DELL‟ INDUSTRIA TESSILE
22
Nonostante l‟avvento della globalizzazione l‟Italia ricopre ancora un ruolo primario nel
contesto internazionale dell‟industria tessile. Nel 2004 l‟export italiano rappresentava il
7,6% di quello mondiale. Il settore tessile, che rappresenta gran parte della produzione
degli input dell‟industria dell‟abbigliamento, dei prodotti tessili per arredamento e dei
tessili tecnici, rappresenta in Italia, con decine di migliaia di imprese, con più di
300.000 addetti e con un‟incidenza di circa il 2% sul PIL nazionale, uno dei settori più
importanti dell‟industria italiana. E‟ caratterizzato da una forte connotazione
distrettuale. Quasi il 90% delle nostre imprese tessili è infatti situato in cinque regioni:
Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana (SMI-ATI, 2006)
1
.
Oltre al distretto di Prato, che approfondiremo meglio nel seguito della trattazione, si
ricordano in particolare il distretto tessile di Como, specializzato nella produzione della
seta, quello di Carpi nel comparto della maglieria e della confezione, il distretto di Asse
Sempione, con una produzione prevalente di cotone, e il distretto di Biella.
Quest‟ultimo è ritenuto centro tra i maggiori e più qualificati dell‟industria laniera
mondiale, con produzione di tessuti per abbigliamento in lana e altre fibre pregiate
(cachemire, alpaca, mohair), comprendendo, oltre ai filati pettinati e cardati, anche
cotone, poliestere, acrilico e nylon, avendo così la capacità di produrre tutte le possibili
combinazioni di miste destinati alla tessitura e alla maglieria.
Tab. 1 Quote di mercato dei principali concorrenti mondiali nel settore tessile. Dal
1990 al 2000, si osserva una crescita dei paesi asiatici a discapito di quelli europei
(Fonte: WTO International Trade Statistics).
1990 2000
Cina 6,9% 10,2%
Corea del sud 5,8% 8,1%
Italia 9,1% 7,6%
Taiwan 5,9% 7,4%
Germania 13,5% 7,0%
1
Smi-Ati, 2006. L‟industria tessile-moda in Italia. Rapporto 2005/2006.
CAPITOLO 2 IL SETTORE DELL‟ INDUSTRIA TESSILE
23
2.1 Il distretto tessile di Prato
L‟area del distretto tessile pratese, che comprende, oltre al comune capolougo, i comuni
di Cantagallo, Carmignano, Montemurlo, Poggio a Caiano, Vaiano e Vernio nella
provincia di Prato, Agliana, Montale, Quarrata nella provincia di Pistoia, Calenzano e
Campi Bisenzio nella provincia di Firenze, è specializzata nella produzione di filati per
maglieria, tessuti per abbigliamento e altri articoli tessili (tessuti a pelo, spalmati, non
tessuti) per l‟industria dell‟abbigliamento, delle calzature, dell‟arredamento e per altri
impieghi tecnici.
2.1.1 Storia del distretto
L‟attività laniera caratterizza l‟economia pratese già dal XIII secolo, grazie
all‟abbondanza di risorse naturali (fiorente pastorizia, ampia disponibilità di acqua
corrente). Fin dalle sue origini, l‟industria tessile pratese è caratterizzata da una
specializzazione nella produzione di stoffe di lana ordinaria di qualità medio bassa, da
una forte scomposizione e suddivisione del ciclo manifatturiero e da una spiccata
proiezione al commercio internazionale.
Fino ai primi decenni del XX secolo si è conservata in modo pressoché immutata questa
fisionomia. Solo nel periodo fra le due guerre si assiste ad un mutamento del sistema
che porta all‟affermarsi di imprese di grandi dimensioni a ciclo verticalmente integrato.
Verso la fine degli anni quaranta, a causa di una crisi di mercato che colpisce il distretto,
il modello organizzativo subisce una nuova modifica che porta ad una decomposizione
del ciclo produttivo e alla scomparsa quasi totale delle grandi aziende.
A partire dai primi anni sessanta il distretto, sotto l‟impulso del “boom” economico,
entra in una fase estremamente favorevole, testimoniata anche dal fatto che il numero di
addetti, nel trentennio che va dai primi anni cinquanta ai primi anni ottanta, aumenta da
25.000 a 60.000 unità, con la nascita di tantissime imprese di piccole dimensioni.
Questo particolare sistema organizzativo si dimostra competitivo fino alla metà degli
anni ottanta, quando l‟industria tessile pratese, come del resto anche quella del nord
Europa (Nord Pas Calais in Francia, Tilburg in Olanda, Aquisgrana in Germania,
Inghilterra nord-occidentale), subisce un forte ridimensionamento causato
CAPITOLO 2 IL SETTORE DELL‟ INDUSTRIA TESSILE
24
dall‟alleggerimento del peso medio dei tessuti dei vestiti, dovuto soprattutto al
diffondersi del riscaldamento nelle abitazioni. Tutto ciò ha portato le imprese pratesi
alla ricerca di una differenziazione dell‟offerta sul mercato.
Si passa così ad un miglioramento della qualità dei tessuti in lana cardata a cui viene
accompagnata, dalla fine degli anni ottanta, una quota consistente di articoli in lana
pettinata, cotone, viscosa, lino e seta, che hanno consentito al sistema di recuperare
competitività fin dai primi anni novanta. Tra il 1991 e il 1996, infatti, il valore della
produzione tessile di Prato aumenta del 46,5%, con un aumento delle esportazioni del
61%. Questa tendenza alla differenziazione viene accompagnata con il passare degli
anni all‟accrescimento del contenuto immateriale e di servizio dei prodotti offerti e
all‟accorciamento del ciclo produttivo svolto nel distretto, anche allo scopo di ridurre i
tempi di consegna
2
. In questo contesto si assiste alla riduzione, fra il 1991 e il 2001,
degli addetti alla filatura e tessitura (rispettivamente del 31,2% e del 7,9%) e
all‟aumento dell‟occupazione nelle lavorazioni di finissaggio. Nel frattempo inizia a
prendere sempre più spazio a Prato l‟industria delle confezioni, formata soprattutto da
aziende cinesi.
Nel nuovo millennio lo sviluppo economico in Asia, soprattutto in Cina, è divenuto più
rapido, riducendo le quote di mercato dei paesi sviluppati. L‟industria tessile europea,
ed in particolare quella italiana e quindi quella pratese, è entrata in un periodo di
recessione che, accentuato dall‟attuale grave crisi finanziaria ed economica
internazionale, arriva fino ai giorni nostri.
2
Per un‟analisi dell‟evoluzione economica di Prato dagli anni „90 ad oggi si veda (Gabi Dei Ottati, 2009).
CAPITOLO 2 IL SETTORE DELL‟ INDUSTRIA TESSILE
25
Fig. 1 Quote delle esportazioni mondiali di prodotti tessili, dal 1999 al 2007.
Rispetto alla Tab.1 si nota un ancora maggiore incremento della produzione in Cina
e un progressiva diminuzione in Italia e Germania (Gaby dei Ottati, 2009).
2.1.2 La filiera produttiva
Abbiamo visto nel paragrafo precedente come, sin dalle sue origini, l‟industria tessile
pratese sia caratterizzata da una forte decomposizione del ciclo produttivo tra le varie
aziende, in prevalenza di piccole dimensioni e specializzate su una singola fase del
processo. Si assiste di conseguenza alla formazione di rapporti consolidati tra aziende
appartenenti a differenti livelli della filiera; la gestione della supply chain è solitamente
in mano ai lanifici, i quali si occupano della progettazione dei campionari di tessuto e
della loro commercializzazione. La natura delle materie prime, la qualità e la varietà dei
prodotti da ottenere, esigono la messa in atto di cicli tecnologici differenziati e
l‟impiego di diversi tipi di attrezzature. Si possono tuttavia distinguere cinque macrofasi
comuni a tutti i tipi di lavorazioni dell‟industria tessile:
1. Produzione della fibra: le materie prime, naturali, artificiali o sintetiche,
vengono trasformate in fibre adatte alle successive lavorazioni.
2. Filatura: è l‟insieme delle operazioni con le quali è resa possibile la
trasformazione della fibra in filato.
3. Tessitura: è il processo che consente di trasformare il filato in tessuto mediante
l‟intreccio dei filati ottenuto o su macchine da maglieria o su telai (tessitura
ortogonale ordito-trama).