V
Prefazione
La banca è un’istituzione cardine dei sistemi economici nazionali
ed internazionali: rappresenta il luogo in cui si incontrano la domanda di
credito e l’offerta di risparmio. Il suo ruolo principale è quello di allocare
in modo efficiente il risparmio, finanziando i soggetti più meritevoli,
ovvero quelli in grado di investire in progetti capaci di generare maggior
valore economico fungendo, in tal modo, da volano per lo sviluppo
economico.
Negli ultimi due anni, si è verificata una profonda crisi finanziaria
che ha turbato gli equilibri economici internazionali, mettendo in seria
difficoltà, non solo il mondo delle istituzioni finanziarie, ma anche le
imprese, ed ha dato inizio ad una fase di recessione economica
globale, che ancora oggi non sembra conclusa.
Dal 1929 ad oggi, di crisi finanziarie se ne sono verificate molte e
anche gravi, ma quella scoppiata negli Stati Uniti, patria del capitalismo
occidentale, circa due anni fa, presenta particolari caratteristiche, che
hanno colto totalmente impreparati non solo le autorità politiche
internazionali, ma anche gli addetti ai lavori, ovvero le istituzioni
finanziarie ed economiche internazionali.
Innanzitutto, ha sorpreso la rapidità con cui la crisi si è diffusa:
nata come “la crisi dei mutui sub-prime”, scoppiata nel settore
immobiliare, ha contagiato in pochi mesi l’intero mondo finanziario, per
ripercuotersi poi anche sull’economia reale.
A tutto ciò va poi aggiunta la straordinaria portata globale che ha
caratterizzato tale crisi. Era già un’evidenza diffusa che le barriere tra le
diverse economie nazionali fossero ormai sempre più labili ed
evanescenti, ma che esistesse una correlazione così intensa tra tutte le
economie nazionali è emerso solo con la crisi e la propagazione dei
suoi effetti. Si era, infatti, abituati a parlare di crisi dei mercati finanziari
dell’America Latina, dei mercati asiatici: crisi con effetti sicuramente
VI
globali, ma che perdevano intensità, allontanandosi “dall’epicentro” del
fenomeno, mentre in questo caso le conseguenze si sono ripercosse
con grande intensità su tutte le economie mondiali.
Infine, è stata assolutamente imprevedibile la pervasività degli
effetti della crisi, che, come già detto, non solo si è diffusa rapidamente
in diversi settori e tra diverse economie nazionali, ma ha fatto emergere
numerose contraddizioni nel sistema finanziario internazionale, al punto
che sono state messe in discussione le grandi istituzioni del settore e le
regole che lo hanno disciplinato fino all’avvento della crisi.
Le banche, come più in generale, tutte le istituzioni finanziarie,
hanno risentito della crisi, e anche laddove non vi è stata la necessità di
interventi da parte dei governi nazionali per sfuggire alla minaccia di
fallimento, hanno comunque visto la propria situazione patrimoniale
gravemente compromessa.
In questo scenario si collocano le diverse iniziative, nazionali ed
internazionali, di revisione delle regole che disciplinano il settore
bancario.
In Europa, il 1° gennaio 2007, è entrato in vigore il Nuovo
Accordo di Basilea, più noto come “Basilea 2”: un set di regole volte a
promuovere l’adozione da parte delle banche di più solide prassi per la
gestione del rischio. La crisi, però, mettendo a dura prova il settore
bancario, ha favorito l’emergere di alcuni limiti di questa
regolamentazione, richiedendo alle autorità competenti di rivederla e
trovare soluzioni per le criticità emerse.
Il 17 dicembre 2009, il Comitato di Basilea ha così posto in
pubblica consultazione due nuovi documenti, Strengthening the
resilience of banking sector e International framework for liquidity risk
measurement, standards and monitoring, che delineano le principali
aree di intervento nelle regole del settore bancario, al fine di
aumentarne la resistenza durante periodi di stress come quello appena
vissuto.
VII
Gli elementi chiave dei documenti proposti dal Comitato di
Basilea sono:
• il miglioramento della qualità, della consistenza e della
trasparenza del patrimonio di vigilanza delle banche;
• l’aumento della quantità di capitale a copertura del rischio
di credito;
• l’introduzione di misure volte ad attenuare la pro-ciclicità
delle regole di “Basilea 2”;
• l’introduzione di un limite all’indebitamento delle banche
(leverage ratio);
• l’introduzione, infine, di un liquidity ratio, per una gestione
più attenta del rischio di liquidità.
L’entrata in vigore del nuovo set di regole, denominato Basilea 3,
è prevista entro la fine del 2012, con un periodo di transizione, che
permetta alle banche di adottare gradualmente le nuove regole.
Accanto ai lavori del Comitato di Basilea, che si sono concentrati
esclusivamente sulle modifiche degli aspetti regolamentari, si collocano
quelli del Gruppo de Larosière, finalizzati principalmente alla revisione
del sistema di vigilanza bancaria europeo.
Regolamentazione e vigilanza sono due facce della stessa
medaglia: infatti, una vigilanza competente non può risolvere le carenze
della politica di regolamentazione finanziaria, ma, senza un’attività di
vigilanza competente e ben congegnata, anche le buone politiche di
regolamentazione rischiano di essere inefficaci. E’ quindi necessario
che entrambe siano opportunamente sviluppate.
Il settore bancario è oggetto di una regolamentazione e di una
vigilanza ad hoc in quanto l’attività bancaria è ritenuta di pubblico
interesse perché principalmente incentrata sulla raccolta di mezzi
finanziari tra le famiglie, ovvero cittadini spesso non pienamente
consapevoli del rischio che si assumono.
VIII
Le regole e la vigilanza fungono, quindi, da garanzie agli occhi
dei cittadini e pertanto è necessario che contribuiscano a prevenire ed
evitare crisi del settore bancario, allo scopo di evitare che le famiglie
perdano, non solo, nei casi più gravi, i risparmi affidati alle banche, ma
anche la fiducia che essi ripongono nelle istituzioni finanziarie stesse ed
in quelle preposte alla loro sorveglianza.
Tale evenienza, infatti, può avere conseguenze molto gravi
poiché la perdita di fiducia nelle istituzioni bancarie da parte dei cittadini
può originare un circolo vizioso, nel quale, il mancato deposito dei
risparmi da parte delle famiglie, si traduce in minori finanziamenti alle
imprese, quindi, minori investimenti da parte di quest’ultime e , infine,
una minore crescita dell’intera economia nazionale.
Per quanto detto finora, il presente lavoro mira ad analizzare le
banche alla luce della crisi finanziaria che tanto le ha scosse, le nuove
regole che ne disciplineranno l’operato e i nuovi assetti strategici ed
organizzativi che ne deriveranno.
Il primo capitolo analizza sinteticamente la crisi finanziaria, le sue
cause e le sue conseguenze, soffermandosi in particolare sui limiti della
regolamentazione bancaria emersi in seguito alla crisi.
Il secondo capitolo approfondisce, invece, il contenuto dei
documenti di consultazione redatti dal Comitato di Basilea e le principali
modifiche che questi apporteranno alle attuali regole.
Il terzo capitolo si sofferma sulla vigilanza bancaria, così come
prevista dalla legge italiana, da Basilea 2 e le proposte di modifica
avanzate dal Gruppo de Larosière. In particolare analizza la proposta,
avanzata dal Gruppo, di affiancare alla vigilanza microprudenziale, che
guarda ai singoli istituti finanziari, una vigilanza macroprudenziale, che
guardi invece ai rischi sistemici, comuni a più istituti finanziari. Una delle
grandi lezioni della crisi è, infatti, proprio l’aver evidenziato la forte
correlazione presente nel settore bancario e la necessità di una
vigilanza adeguata.
IX
Infine, il quarto capitolo è una riflessione sull’evoluzione del
rapporto banca-impresa. Questo rapporto è di vitale importanza non
solo per i due soggetti che sono estremamente dipendenti l’uno
dall’altro, ma anche per l’intera economia, in quanto come già detto, le
banche finanziando i progetti d’investimento delle imprese possono
favorire lo sviluppo economico dell’intero sistema Paese. Per questo
motivo, il momento di difficoltà che sta attraversando il settore bancario
in seguito alla crisi si ripercuote anche sul mondo delle imprese.
In conclusione del capitolo e dell’intero elaborato, inoltre si
delineano alcuni tratti (mission, vision, strategia, ecc.) di quella che
potrà essere la “nuova banca” alla luce degli insegnamenti dettati dalla
crisi e delle nuove regole che in futuro ne disciplineranno l’operato.
A conclusione del lavoro, desidero ringraziare il prof. Fabio
Fortuna per la disponibilità dimostrata in ogni momento di questo
importante percorso e, in particolar modo, per la capacità di accendere
nei suoi studenti il desiderio di nuova conoscenza e di crescita
intellettuale, grazie alla passione e dedizione con cui svolge il suo ruolo
di docente.
40
CAPITOLO II
ANALISI DEI DOCUMENTI DI CONSULTAZIONE
PROPOSTI DAL COMITATO DI BASILEA
41
1. La nuova definizione di patrimonio di vigilanza
Il Comitato di Basilea, il 17 Dicembre 2009, come accennato nel
capitolo precedente, ha posto in pubblica consultazione due
documenti
(1)
: Strengthening the resilience of banking sector e
International framework for liquidity risk measurement, standard and
monitoring
(2)
, con l’obiettivo di raccogliere pareri sugli interventi di
modifica da apportare alle regole di Basilea 2 resi necessari ed
opportuni dalla crisi finanziaria.
Una delle maggiori priorità dei lavori di riforma della normativa di
Basilea 2 è quella di migliorare la qualità, la consistenza e la
trasparenza del patrimonio di vigilanza delle banche. Infatti, durante la
crisi, l’intero sistema bancario internazionale ha sofferto proprio a causa
dell’inadeguatezza qualitativa del proprio patrimonio di vigilanza. Il
(1)
I due principali strumenti di partecipazione impiegati dal Comitato di Basilea
sono le consultazioni pubbliche e le simulazioni, chiamate Quantitative Impact Studies
(QIS). Accanto ai documenti di consultazione prima citati, il Comitato di Basilea ha
predisposto anche un apposito QIS per valutare il possibile impatto delle proposte
esposte nei due documenti. Il QIS è rivolto agli operatori del settore bancario.
Tuttavia, i partecipanti non hanno alcun contatto diretto con il Comitato, in quanto
consistono in raccolte di dati che vengono gestite dalle autorità di vigilanza nazionali,
le quali sono incaricate di mantenere i rapporti con gli operatori che partecipano alla
simulazione e si occupano di collezionare le risposte da essi fornite. Le banche sono
semplicemente chiamate a rispondere, in base ai risultati ottenuti dall’applicazione
degli standard elaborati dal Comitato, a dei formulari prestampati. I quesiti su cui essi
devono esprimersi sono individuati dallo stesso Comitato e non è previsto che essi
possano fornire osservazioni oppure dati ulteriori.
Maggior libertà quanto al contenuto delle osservazioni che i partecipanti possono
sottoporre all’attenzione del Comitato è offerta dalle procedure di notice and comment
o consultazioni pubbliche. Il Comitato pubblica le bozze di documenti per ricevere
commenti da parte di banche, associazioni e altre parti interessate. Anche per le
procedure di notice and comment, tuttavia, è pur sempre il Comitato di Basilea a
decidere se e quando richiedere l’intervento dei soggetti interessati dagli atti in corso
di elaborazione. Sia per i QIS che per le consultazioni pubbliche, il Comitato non ha
poi nessun obbligo di tener conto delle informazioni ed osservazioni raccolte, oppure
di motivare le proprie scelte.
Cfr. G. BERTEZZOLO, La regolazione globale della vigilanza bancaria: il Comitato
di Basilea (BCBS), in S. BATTINI (a cura di), La regolamentazione globale dei mercati
finanziari, op. cit., pag. 28-29.
(2)
COMITATO DI BASILEA PER LA SUPERVISIONE BANCARIA, Strengthening
the resilience of the banking sector, Consultative document, op. cit.
COMITATO DI BASILEA PER LA SUPERVISIONE BANCARIA, International
framework for liquidity risk measurement, standard and monitoring, op. cit.
42
risultato di ciò sono stati gli ingenti aiuti economici da parte degli Stati e
delle altre istituzioni internazionali a supporto del sistema bancario.
La principale causa di questa carenza qualitativa del patrimonio
di vigilanza delle banche è legata alla sua attuale definizione (di cui si è
parlato nel capitolo I, paragrafo 3.1) che presenta alcune imperfezioni:
• le rettifiche normative, nella maggior parte dei casi, non
sono state previste in deduzione dal common equity (core
Tier 1), ma dall’intero Tier 1 o dal Tier 1 e Tier 2
(3)
; ciò ha
permesso a molte banche durante la crisi di avere dei
buoni ratio di Tier 1, nonostante di fatto disponessero di
un basso core Tier 1, se considerato al netto delle
rettifiche e deduzioni. Come noto, è il core Tier 1 a
garantire un maggior assorbimento delle perdite in
un’ottica di continuità aziendale (going concern).
• Il modo in cui le rettifiche e le deduzioni vengono applicate
nei diversi Paesi aderenti a Basilea 2 è sostanzialmente
diverso, in quanto influenzato dai diversi sistemi contabili
nazionali.
• Scarsa trasparenza delle informazioni fornite dalle banche
sul patrimonio di vigilanza che risultano spesso
insufficienti e carenti per quanto riguarda, soprattutto, la
composizione dello stesso.
(3)
Il Comitato di Basilea, nei documenti in esame, ha ridefinito queste
configurazioni di capitale rispetto a quanto previsto dalla normativa attualmente
vigente, soprattutto, per quanto riguarda gli elementi che possono costituirle; se ne
parlerà in maniera più ampia nel prosieguo dell’elaborato, tuttavia, per una maggiore
chiarezza espositiva: “in sintesi, secondo la nuova disciplina, gli elementi del
patrimonio di vigilanza sarebbero: 1) patrimonio di base (Tier 1) a copertura delle
perdite in un’ottica di continuità aziendale, composto a sua volta di common equity
(core Tier 1), in quota preponderante, ed elementi addizionali; 2) patrimonio
supplementare (Tier 2) a copertura delle perdite in caso di liquidazione.” Cfr. F.
CANNATA - M. QUAGLIARIELLO, La riforma regolamentare proposta dal Comitato di
Basilea: una visione d’insieme, in <<Bancaria>>, n. 2, 2010.
43
Questi difetti nella definizione del patrimonio di vigilanza delle
banche hanno contribuito al verificarsi di situazioni in cui alcune
banche, nonostante presentassero elevati livelli di Tier 1, in realtà,
possedevano core Tier 1 molto bassi, considerando le deduzioni da
applicare al Tier 1 previste da Basilea 2. Quando la crisi si è inasprita,
gli utili ritenuti dalle banche sono diminuiti e questo ha inciso
direttamente sul core Tier 1, peggiorando ulteriormente la situazione
delle banche. Tutto ciò ha creato sfiducia riguardo la capacità del Tier 1
di riflettere adeguatamente la solidità patrimoniale. Si è iniziato a
preferire altri indicatori, come ad esempio il “tangible common equity”
(ovvero il patrimonio netto contabile al netto delle immobilizzazioni
immateriali ed in particolare dell’avviamento).
Le proposte del Comitato di Basilea per rafforzare la qualità del
patrimonio di vigilanza delle banche mirano, soprattutto, a garantire
stabilità e sostenibilità di lungo periodo all’intero settore bancario.
Inoltre, affinché la loro entrata in vigore non accentui ulteriormente, nel
breve periodo, lo stato di stress del settore bancario è stato previsto un
periodo di transizione (grandfathering).
1.1 Gli obiettivi e gli elementi chiave
Gli obiettivi che hanno guidato il Comitato di Basilea nella
redazione del documento in esame sono
(4)
:
• il patrimonio di base (Tier 1) dovrebbe aiutare la banca a
sopravvivere ad eventuali shock. A tal fine è necessario,
innanzitutto, rafforzare il core Tier 1, che costituisce la
parte di qualità migliore del patrimonio di base,
(4)
COMITATO DI BASILEA PER LA SUPERVISIONE BANCARIA, Strengthening
the resilience of the banking sector, Consultative document, op. cit.
44
ammettendo che possano rientrare nella sua
composizione solo elementi che non aumentino il grado di
leverage della banca e che non minaccino il suo regolare
funzionamento nei periodi di crisi (come ad esempio le
azioni ordinarie). Maggiormente critica è la questione
riguardante la restante parte del Tier 1 e su ciò che potrà
costituirlo. In passato sono stati inseriti nel Tier 1
strumenti finanziari innovativi, che ne hanno abbassato il
costo, sacrificandone, tuttavia, la qualità.
• Le deduzioni devono essere applicate alle componenti del
patrimonio di vigilanza adeguate. In generale, infatti, tali
rettifiche dovrebbero essere effettuate sul core Tier 1 per
due motivi:
1. se un elemento del bilancio non ha un livello di
qualità adeguato è giusto che non venga incluso nel
core Tier 1, che è chiamato a rappresentare la parte
migliore del capitale;
2. le rettifiche andrebbero fatte sulla componente del
capitale che contiene la voce più rappresentativa
del bilancio, ovvero l’utile.
Entrambi questi accorgimenti impedirebbero situazioni in
cui la banca presenta elevati valori del Tier 1, ma bassi
valori del common equity (core Tier 1) .
• Il patrimonio di vigilanza deve essere semplice e
armonizzato tra le diverse giurisdizioni nazionali. Il
numero di Tiers e sub-tiers nel patrimonio di vigilanza
deve essere chiaramente definito. Inoltre, Tier 1 e Tier 2
necessitano di due definizioni univoche: il primo dovrebbe
rappresentare il capitale in grado di assorbire le perdite in
un’ottica di continuità aziendale (going corcern), mentre il
45
Tier 2 dovrebbe rappresentare il capitale in grado di
coprire le perdite in un’ottica di liquidazione (gone
concern).
• Le componenti del patrimonio di vigilanza dovrebbero
essere chiaramente identificate; questo permetterebbe al
mercato e agli organi di vigilanza una più agevole
valutazione della solidità patrimoniale delle banche,
nonché confronti tra operatori appartenenti a diversi
ordinamenti giuridici.
1.2 Nuova composizione del patrimonio di vigilanza
Come ricordato nel primo capitolo, l’Accordo di Basilea 2
(5)
prevede che il patrimonio di vigilanza delle banche sia costituito da tre
componenti: patrimonio di base (Tier 1), patrimonio supplementare (Tier
2) ed, infine, il Tier 3, costituito da prestiti subordinati a breve e medio
termine, destinato a coprire unicamente il rischio di mercato.
La proposta in esame apporta a questa configurazione del
patrimonio di vigilanza due modifiche sostanziali: innanzitutto, distingue,
all’interno del Tier 1, il common equity o core Tier 1, che costituisce la
parte preponderante del patrimonio di base, nonché quella di qualità più
elevata. Il common equity dovrà essere costituito esclusivamente da
azioni ordinarie
(6)
e riserve di utile e le deduzioni dovranno essere
applicate a questa componente del patrimonio di vigilanza.
(5)
Cfr. COMITATO DI BASILEA PER LA VIGILANZA BANCARIA, Convergenza
internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali, op. cit.
(6)
La maggior parte delle proposte del Comitato di Basilea sono rivolte alle
istituzioni finanziarie che adottano la forma giuridica di joint stock companies: <<Joint
stock companies are defined as companies that have issued common shares,
irrespective of whether these shares are held privately or publically. These will
represent the vast majority of internationally active banks>>, assimilabile alle società
per azioni, nell’ordinamento italiano. Tuttavia, sono previsti nei diversi casi anche degli
46
Per garantire la qualità e la consistenza di questa configurazione
di capitale, il core Tier 1, il Comitato di Basilea ha stilato un elenco di
criteri di valutazione per le azioni e gli altri strumenti finanziari da
ammettere come sue componenti. Questi stessi criteri serviranno,
anche, per valutare gli strumenti ammissibili nel common equity nel
caso di società che non emettono azioni o quote, come ad esempio le
società cooperative.
Nella restante parte del Tier 1 saranno ammessi strumenti atti a
coprire le perdite in un’ottica di going concern e che presentano le
caratteristiche di subordinazione, non cumulabilità dei dividendi o dei
coupons e nessun incentivo al rimborso anticipato.
La composizione del Tier 2 sarà semplificata. Verranno eliminate
le sotto categorie e saranno previsti dei criteri per la computabilità degli
strumenti finanziari in questa voce del patrimonio di vigilanza: tutti gli
strumenti di Tier 2 dovranno essere subordinati ai depositanti e agli altri
creditori ed avere una scadenza (maturity) non inferiore a cinque anni.
Infine, il Tier 3 sarà eliminato per assicurare che la qualità del
capitale posto a garanzia del rischio di mercato sia uguale a quella del
capitale a garanzia dei rischi operativi e di credito.
adattamenti per quegli intermediari finanziari che assumono una diversa forma
giuridica: <<The criteria also apply to non joint stock companies, such as mutuals,
cooperatives or savings institutions, taking into account their specific constitution and
legal structure. The application of the criteria should preserve the quality of the
instruments by requiring that they are deemed fully equivalent to common shares in
terms of their capital quality as regards loss absorption and do not possess features
which could cause the condition of the bank to be weakened as a going concern
during periods of market stress. Supervisors will exchange information on how they
apply the criteria to non joint stock companies in order to ensure consistent
implementation>>. Cfr. COMITATO DI BASILEA PER LA VIGILANZA BANCARIA,
Strengthening the resilience of banking sector. Consultive document, op. cit.
47
Fig. 2.1: Requisiti patrimoniali minimi in Basilea 2 e in Basilea 3
Capital requirements Additional
macroprude
ntial overlay
Common Equity Tier 1 Capital Total Capital Counter-
cyclical
Buffer
In
percentage
of risk-
weighted
assets
Minimum Conservatio
n buffer
Required Minimum Require
d
Minimum Require
d
Range
Basel 2 2 - - 4 - 8 - -
Basel 3
New
definition
and
calibration
4,5 2,5 7 6 8,5 8 10,5 0 - 2,5
Fonte: rielaborazione personale – COMITATO DI BASILEA PER LA VIGILANZA
BANCARIA, Group of Governors and Heads of Supervision announces higher global
minimum capital standards, Settembre 2010.
1.3 Criteri per l’inclusione nel common equity
Uno strumento di capitale da includere nel common equity deve
possedere tutti i seguenti requisiti:
1 Represents the most subordinated claim in liquidation of the bank.20
Entitled to a claim of the residual assets that is proportional with its share of issued
capital, after all senior claims have been repaid in liquidation (ie has an unlimited
2 And variable claim, not a fixed or capped claim).
Principal is perpetual and never repaid outside of liquidation (setting aside
discretionary repurchases or other means of effectively reducing capital in a
3 discretionary manner that is allowable under national law).
The bank does nothing to create an expectation at issuance that the instrument will
be bought back, redeemed or cancelled nor do the statutory or contractual terms
4 provide any feature which might give rise to such an expectation.
Distributions are paid out of distributable items (retained earnings included). The
level of distributions are not in any way tied or linked to the amount paid in at
issuance and are not subject to a cap (except to the extent that a bank is unable to
5 Pay distributions that exceed the level of distributable items).
There are no circumstances under which the distributions are obligatory. Non
6 payment is therefore not an event of default.
Distributions are paid only after all legal and contractual obligation have been met
And payments on more senior capital instruments have been made. This means
That there are no preferential distributions, including in respect of other elements