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INTRODUZIONE
La produzione del pollame all‟interno di capannoni inizia dopo gli anni ‟50, con
l‟avvento della vitamina D
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di sintesi, con la finalità di proteggere gli animali dai
predatori, controllarne le patologie e per attuare maggiori misure di controllo su
parametri in grado di influenzare ed uniformare il prodotto.
Questa tipologia e modalità di produzione nel corso dei decenni ha subito progressivi
miglioramenti che hanno coinvolto la componente genetica degli animali allevati, le
conoscenze sulle esigenze nutrizionali e, più in generale, l‟alimentazione ed infine le
strutture di allevamento, fattori tutti che hanno portato, nel loro complesso, ad un
notevole processo di integrazione e industrializzazione dell‟intera filiera produttiva.
La produttività della filiera avicola così impostata deve molto alle caratteristiche
biologiche delle specie avicole, particolarmente favorevoli ad una razionalizzazione
delle modalità di allevamento e al miglioramento genetico.
I polli sono animali di piccola taglia, facili da maneggiare sia nel corso
dell‟allevamento che durante la macellazione. Lo sviluppo dell‟incubazione artificiale,
che ha permesso di dividere le unità di incubazione da quelle per l‟allevamento con
notevoli miglioramenti della condizione sanitaria, lo sviluppo delle tecniche di
inseminazione strumentale e l‟ottimizzazione dei programmi luminosi hanno
permesso di ottenere risultati eccellenti in avicoltura.
Nel campo della nutrizione, le approfondite conoscenze sui fabbisogni nutrizionali
degli animali e sulle caratteristiche chimiche delle materie prime, ha permesso di
ridurne la eventuale tossicità e di migliorarne la digeribilità e l‟utilizzazione
consentendo l‟inserimento nella razione di una ampia varietà di alimenti vantaggiosi
dal punto di vista economico, grazie anche alla adattabilità del pollo.
Accanto alle migliorate prestazioni produttive a seguito di un calibrato apporto
aminoacidico e minerale si è conseguita una riduzione delle emissioni azotate e
fosforiche .
Dal punto di vista genetico, in virtù di una elevatissima prolificità la pressione di
selezione è notevole e permette di ottenere popolazioni di dimensioni utili per poter
attuare una appropriata valutazione genetica finalizzata alla selezione dei soggetti
migliori. Il progresso genetico è elevato per il ridotto intervallo generazionale.
Gli ibridi commerciali destinati alla produzione della carne hanno subito una selezione
finalizzata alla velocità di crescita che è aumentata sensibilmente consentendo la
riduzione dell‟età di macellazione (1 giorno per ogni
anno) (Beaumont e coll., 2004).
Il miglioramento genetico ha considerato anche gli
aspetti qualitativi della produzione, tra cui la resa in
carne, lo stato di ingrassamento, la qualità della
carne.
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Tale processo produttivo viene denominato “allevamento convenzionale” indicando
come tale tipologia produttiva provveda quasi interamente a soddisfare la domanda di
carne avicola e di uova.
E‟ bene inoltre ricordare che nel nostro Paese la produzione avicola ha subito un
sensibile incremento a partire dagli anni ‟60 fino ad oggi (tabella 1) così ripartito:
Tabella 1. Evoluzione delle produzioni avicole (UNA, 2005)
1965 2000
Produzione carni avicole (tonn.) 98.700 1.151.000
Produzione di uova (n. x 1000) 6.000.000 12.837.000
Il metodo convezionale risulta quindi essere quello più diffuso non solo in Italia, ma
anche negli altri paesi della comunità europea e nel resto del mondo ove vi sia un
discreto livello di industrializzazione.
1. PRODUZIONE AVICOLA ALTERNATIVA A QUELLA
CONVENZIONALE IN ITALIA E IN EUROPA
In anni relativamente recenti oltre al termine allevamento convenzionale sono
comparsi anche altri termini quali allevamento all‟aperto, free-range, biologico,
estensivo, alternativo, non convenzionale, ad indicare tipologie produttive che si
discostano da condizioni di allevamento particolarmente spinte ed intensive come
quelle convenzionali.
I termini più sopra indicati non sono sempre dei sinonimi, ma si riferiscono a sistemi
di allevamento talora piuttosto diversi tra loro, ma che hanno in comune la
caratteristica di una minore densità di capi per unità di superficie unitamente alla
possibilità di fruire di un pascolo esterno.
Le modalità produttive che si differenziano dalle convenzionali vengono generalmente
indicate come alternative che, come detto più sopra, comprendono diverse tipologie di
produzione che hanno la caratteristica di essere estensive o comunque meno intensive.
Queste ultime forniscono prodotti che possono essere identificati secondo le seguenti
denominazioni:
- prodotto certificato IGP, DOP, STG
- prodotto DOC
- prodotto Label Rouge e altri marchi
- prodotto biologico
Accanto a tali denominazioni ve ne possono essere altre che comunque identificano un
prodotto ottenuto con metodi estensivi più vicini alle pratiche di allevamento
tradizionali e che sono comprese entro disciplinari di produzione specifici.
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La diversificazione dell‟offerta nasce quindi dalla richiesta di una parte dei
consumatori di prodotti caratterizzati da una maggiore genuinità ottenuti in condizioni
più vicine alle vecchie pratiche di allevamento nel rispetto delle esigenze fisiologiche
ed etologiche degli animali.
La possibilità di maggiore movimento e libertà unitamente a crescite somatiche non
troppo forzate comporta una minore incidenza di patologie di varia natura e quindi di
trattamenti farmacologici che ne fanno, agli occhi del consumatore, un prodotto più
genuino e sano.
Va tuttavia osservato che la produzione alternativa ricopre un settore del mercato assai
variabile nell‟ambito dei diversi paesi in relazione a fattori di natura diversa tra cui
peraltro quello della gestione del marchio di qualità riconosciuto alle aziende
produttrici.
Inoltre, nonostante l‟allevamento biologico abbia avuto delle variazioni positive e
negative di consensi nel tempo, bisogna comprendere che la diffusione è stata
facilitata nei momenti di crisi delle produzioni convenzionali con eccessi di
produzione, e per effetto della globalizzazione dei mercati che vede le nostre piccole e
medie aziende partire in una posizione di svantaggio rispetto agli agricoltori di altri
paesi europei.
Il ruolo dell‟imprenditore agricolo si sta in questi anni trasformando sempre più in
“custode” del suolo e promotore di quelle produzioni, anche zootecniche, che possono
essere sostenute dall‟ambiente.
In particolare, dal punto di vista ambientale, alcuni studi (Castellini e coll., 2006)
hanno messo in luce che il costo energetico per Kg di carne prodotta è inferiore di
circa la metà a quello convenzionale con una rinnovabilità energetica doppia (figura
1). Ciò è reso possibile nella fase produttiva sia animale che vegetale dal mancato
utilizzo di molecole di sintesi, dall‟uso di diete particolari, dall‟uso di strutture leggere
e dal reimpiego aziendale delle deiezioni (Castellini e coll., 2006).
Kcal
0
500
1000
1500
2000
2500
3000
pollo
convenzionale
pollo biologico
importata non rinnovabile
rinnovabile
Figura 1. Energia solare (Kcal) necessaria per produrre un‟unità di prodotto (per 1 g
di pollo) (Castellini e coll., 2006)
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Accanto all‟avicoltura convenzionale ne esiste quindi, una alternativa che comprende
il comparto delle produzioni biologiche o quelle con marchio di qualità, ovvero
prodotti ottenuti nel rispetto di un disciplinare di produzione che, dopo il controllo di
organi competenti, possono avvalersi del riconoscimento finale e collocarsi sul
mercato con un prezzo superiore alle produzioni convenzionali.
In Italia la prima tipologia rappresenta l‟85,5% del totale, mentre la seconda che ha
contribuito alla sopravvivenza delle tradizioni, dei sapori, della biodiversità e della
cultura culinaria rappresenta il complementare 14,5% (Castellini e coll., 2006).
Il sistema di allevamento biologico è compreso nell‟ambito dell‟avicoltura alternativa
con un incidenza molto bassa inferiore all‟unità (figura 2a) (Castellini e coll., 2006).
Questo ultimo dato evidenzia lo scarso peso dell‟avicoltura biologica, che si riscontra
anche nel modesto numero di ricerche, ma che per questo, non preclude la possibilità
di nuove frontiere per soddisfare future esigenze che potranno emergere.
Figura 2a. Comparto avicolo italiano (Castellini e coll., 2006)
Italia
85,2%
3,4%
8,8%
1,7%
0,5%
convenzionale
controsessi
colorati
galletti
capponi
biologico
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Francia
74,0%
21,7%
4,3%
convenzionale
Label
AOC
Figura 2b. Comparto avicolo francese (Castellini e coll., 2006)
In Francia, dove le produzioni avicole tipiche e di qualità si sono fortemente
affermate, la situazione è ben differente da quella italiana (figura 2b); infatti
l‟avicoltura alternativa rappresenta il 26% del totale ed in particolare il 4,3% viene
raggiunto dall‟AOC (Appellations d‟Origine Controllé, equivalente della DOC
italiana), mentre il 21,7% dal marchio collettivo Label Rouge (marchio collettivo
creato nel 1965 per differenziare il prodotto alternativo da quello convenzionale).
In Italia le produzioni zootecniche realizzate con metodo estensivo sono così ripartite
(Sinab, 2006):
Specie N° Capi
bovini da latte e
carne
222.516
ovi-caprini 825.274
polli 977.537
suini 31.338
conigli 1.293
Tabella 2. Ripartizione produzioni zootecniche estensive in Italia (Sinab, 2006)
Per quanto attiene in particolare la situazione del Veneto, le indicazioni più recenti
riportano che nel 2001 il patrimonio avicolo biologico ammontava a 1.5-1.6 milioni di
capi, ripartiti tra broilers (1.1-1.2 milioni di capi) e galline ovaiole (380-400.000 capi)
(Veneto Agricoltura, 2005).
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I prodotti ottenuti da zootecnia alternativa si avvalgono di una certificazione, ossia di
un riconoscimento da parte di un ente terzo che garantisce l‟adozione da parte
dell‟azienda del sistema di allevamento dichiarato secondo un determinato protocollo
di produzione.
Qualunque sia il protocollo operativo per la produzione del pollo da carne allevato in
maniera non convenzionale, la differenza sostanziale rispetto il prodotto
convenzionale, risiede nel differente prezzo di vendita, che risulta superiore rispetto
alla tipologia convenzionale, come già detto, in quanto presenta, come elemento
comune, un allungamento più o meno sensibile del ciclo produttivo.
Gli animali infatti raggiungono l‟età di macellazione almeno 5 settimane più tardi
rispetto al tipo convenzionale, macellato mediamente tra 40 e 50 giorni di vita.
Dal punto di vista qualitativo la caratteristica principale che differenzia i due prodotti
è la tenerezza ed il sapore della carne, che risultano superiore, la prima, e meno
accentuato, il secondo, nel pollo convenzionale (Beaumont e coll., 2004).
Esistono tuttavia delle differenze tra le diverse tipologie produttive alternative che
possono essere finalizzate all‟ottenimento di un prodotto con caratteristiche realmente
percepibili dal consumatore o più semplicemente a fornire un produzioni ottenute nel
rispetto del benessere animale e tutela dell‟ambiente.
2. PRODOTTO CERTIFICATO IGP, DOP, STG
Questo tipo di certificazione nasce dall‟esigenza di tutelare e proteggere i patrimoni
agro-alimentari dei diversi Paesi membri della Comunità europea con la finalità di
poter far circolare liberamente in tutta la Comunità beni legalmente prodotti e
commercializzati in uno degli stati membri ed in regola con le normative sanitarie.
A tal fine si fa riferimento a due regolamenti (Veneto Agricoltura, 2004):
- regolamento CE 2081/92, relativo alla “protezione delle indicazioni geografiche e
delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari” secondo il quale si
sancisce il principio del legame esistente tra la qualità dei prodotti agroalimentari e la
loro zona di origine.
Per la tutela di un prodotto in relazione alla sua origine geografica, è necessario che
una determinata qualità, la reputazione o un‟altra caratteristica possa essere attribuita
in maniera indissolubile alla zona di provenienza.
- regolamento CE 2082/92 relativo alle attestazioni di specificità dei prodotti agricoli e
alimentari, finalizzato a riconoscere le caratteristiche specifiche e tradizionali di un
prodotto che lo distinguono nettamente da altri prodotti simili appartenenti alla stessa
categoria.
Nell‟ambito dello stesso regolamento è espressa la finalità di riconoscere la stretta
relazione tra le caratteristiche peculiari di un certo prodotto, indipendentemente dalla
provenienza e origine geografica, e l‟utilizzo di materie prime tradizionali, o una
composizione tradizionale o, ancora, un metodo di produzione e/o trasformazione del
tipo tradizionale.
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La denominazione di tali prodotti può essere utilizzata in tutta la comunità da coloro
che si adeguano ad un disciplinare di produzione “tradizionale” riconosciuto
dall‟Autorità nazionale competente e dalla Commissione Europea, indipendentemente
dalla zona di produzione o dallo stato membro di appartenenza.
A seconda del tipo di produzione, si può pertanto ottenere il riconoscimento (figura 3)
(Veneto Agricoltura, 2004):
- DOP (Denominazione di Origine Protetta) (CE 2081/92)
- IGP (Indicazione Geografica Protetta) ( CE 2082/92)
- STG (Specialità Tradizionale Garantita) (CE 2082/92)
Figura 3. Marchi utilizzati per le produzioni DOP, IGP e STG
(Veneto Agricoltura, 2004)
Di seguito sono riportati alcuni prodotti alimentari che hanno già ottenuto questo
riconoscimento ed altri che hanno presentato richiesta.
Tabella 3. Alimenti certificati di origine animale * (Veneto Agricoltura, 2004)
DOP IGP STG
Riconoscimento
ottenuto
- Asiago
- Monte veronese
- Montasio
- Grana Padano
- Provolone
- Taleggio
- Prosciutto veneto
berico-euganeo
- Casatella trevigiana
Piave
- Sopressa Vicentina
Nessun prodotto - Mozzarella
Riconoscimento
richiesto
- Gallo ruspante
- Miele integrale
vergine
*per i prodotti italiani i dati riportati si riferiscono all‟anno 2004
Come si può vedere dalla tabella 3, i prodotti a marchio DOP, IGP e STG relativi alla
territorio italiano e in particolare al Veneto, e di origine animale non sono molti, tutti
ottenuti dalla trasformazione del latte vaccino e della carne suina, e di questi solo uno
riferito al pollame che , nel 2004, ha chiesto il riconoscimento.
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3. PRODOTTO DOC
(DENOMINAZIONE DI ORIGINE CONTROLLATA)
Per quanto riguarda i prodotti avicoli, questi possono forgiarsi di certificazione DOC
limitatamente alla produzione del pollo di Bresse in Francia, ottenuto a terra e
alimentato con cereali e prodotti lattiero-caseari somministrati, questi ultimi, a livelli
pari al 10% (www.pouletbresse.com, 2007).
Si tratta più in generale di un prodotto che fa riferimento alla denominazione di un
paese, regione o località da cui trae origine il prodotto stesso e le cui qualità e
caratteristiche sono strettamente legate all‟ambiente geografico con i suoi fattori
naturali ed umani. Il metodo di produzione non fa riferimento solamente alla zona da
cui prende il nome, ma anche alle condizioni di allevamento (durata del ciclo, età alla
quale viene fatto pascolare ) e all‟origine genetica (Beaumont e coll., 2004).
4. PRODOTTO LABEL ROUGE E ALTRI MARCHI
Il pollo Label Rouge nasce nel 1965 per attestare una qualità superiore rispetto al
pollo convenzionale (Saveur, 1997); tale marchio è un marchio di filiera. La qualità
superiore deve essere individuabile dalla qualità sensoriale e da una valutazione
edonistica.
Il metodo di produzione (Beaumont e coll., 2004) prevede l‟utilizzo di tipi genetici a
crescita lenta che vengono macellati ad un‟età minima di 81 d. Si tratta quindi di una
produzione che rispetto all‟allevamento convenzionale prevede tempi di crescita
raddoppiati e densità di allevamento pari a 11 capi/mq.
I ricoveri coperti, per allevamento, non devono essere più di 4 e superare la superficie
di 400 m
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, e devono disporre di parchetti esterni.
Il mangime deve contenere almeno il 75% di cereali ed escludere tassativamente le
farine ed i grassi animali, così come gli antibiotici e fattori di crescita.
Il controllo del prodotto riguarda anche le modalità di trasporto, che deve essere
breve, e la qualità della carcassa.
Accanto a questa produzione in Italia vi sono altre tipologie produttive di tipo
alternativo che si avvalgono della certificazione volontaria riconosciuta da enti
certificatori come il CSQA (CSQA, 2006).
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5. PRODOTTO BIOLOGICO
Questa tipologia produttiva si differenzia dalla produzione Label perché, a differenza
di quest‟ultima, non deve fornire un prodotto con caratteristiche organolettiche
superiori, ma si limita a considerare le modalità di allevamento nel rispetto delle
esigenze fisiologiche, etologiche e comportamentali degli animali.
Il concetto di agricoltura biologica ha origine ai primi del „900 nell‟Europa centrale e
in particolare in Germania dove Rudolf Steiner ispira l‟agricoltura biodinamica, in
Inghilterra dove Sir Howard dà origine, dopo la seconda guerra mondiale,
all‟agricoltura organica e in Svizzera, negli anni ‟40, quando Hans Peter Rusch e H.
Muller definiscono il metodo dell‟agricoltura biologica (Sinab, 2006).
Dagli anni ‟60 il movimento si accresce a causa dei molti danni ambientali e in
relazione alla volontà dei consumatori di un‟alimentazione di qualità e genuinità
superiore ai sistemi convenzionali di allevamento.
Negli anni ‟70 si sviluppano i sistemi di controllo e di certificazione di questi prodotti
e solamente nel 1991 con il Reg. CE 2092 si ha il riconoscimento ufficiale e la
regolamentazione del metodo produttivo nonché della trasformazione e
commercializzazione del prodotto finale; il comparto zootecnico, escluso dal citato
regolamento, sarà normato con il Reg. CE 1804/99.
5.1. Regolamenti comunitari e nazionali
Le produzioni biologiche quindi sono normate dal regolamento CE n.1804/99 che
completa il regolamento CE n. 2092/91 relativo al metodo di produzione biologico di
prodotti agricoli e dal relativo recepimento italiano con il D. M. del 4 agosto 2000.
Il regolamento è suddiviso in 8 articoli che trattano dei diversi aspetti in cui si articola
la produzione e l‟allevamento di diverse specie di interesse zootecnico. Tale
regolamento comprende le specie bovina, suina, equina, ovicaprina e quelle avicole,
mentre per ora, non considera la specie cunicola.
In particolare il regolamento prende in esame i singoli aspetti di un ciclo produttivo,
che nel caso degli avicoli sono più sotto riassunti.
1) Principi generali
-le produzioni animali devono contribuire all‟equilibrio dei sistemi di produzione
agricola rispondendo alle esigenze di elementi nutritivi delle colture e migliorando la
sostanza organica del suolo; in tal modo si mantengono rapporti di complementarietà
fra terra, vegetali e animali;
-l‟allevamento praticato nel quadro dell‟agricoltura biologica è dunque una
produzione legata alla terra: per questo motivo l‟allevamento degli animali prevede
l‟uso di pascolo esterno.