5
Introduzione
La tesi si propone di analizzare la politica di cooperazione e di collaborazione adottata
dal Governo degli Stati Uniti durante l’amministrazione del Presidente John Fitzgerald
Kennedy nei confronti del Sudafrica. Tra gli obiettivi del lavoro assume importanza
l’analisi delle azioni intraprese dagli Stati Uniti che, durante gli anni della Guerra
Fredda, miravano a bloccare l’espansione della minaccia comunista mutando
progressivamente il loro approccio verso i paesi del terzo mondo che, dopo la fase della
decolonizzazione, avevano conquistato la propria indipendenza. Le strategie e le
iniziative messe in pratica dopo l’elezione del Presidente Kennedy, mostrarono come la
politica statunitense avesse intenzione di prendere una nuova strada, differente rispetto
all’amministrazione precedente del Presidente Eisenhower, una strada nella quale forte
era il desiderio di includere quelle popolazioni e quei paesi che in passato non avevano
minimamente interessato gli Stati Uniti. Ora si richiedeva e si sperava di poter ottenere
il loro appoggio per far sì che il “Grande Disegno” di Kennedy potesse prender vita e si
potesse in questo modo liberare il mondo dalla minaccia sovietica garantendo la libertà
a tutti i popoli della terra.
I livelli di cooperazione che si raggiunsero tra gli Stati Uniti e il Sudafrica, durante
l’amministrazione Kennedy, furono molto alti, fino a toccare un alto grado di
collaborazione mai raggiunto prima, anche perché gli Stati Uniti avevano sempre
lasciato alle potenze coloniali europee il compito o privilegio, se così si può dire, di
interessarsi a queste terre, loro possedimenti coloniali, in conseguenza al fatto che
inizialmente gli USA fossero attratti da altre zone del mondo. Una volta scoperta la
grande importanza strategica del Sudafrica e le sue enormi risorse minerarie,
l’attenzione statunitense si rivolse verso questo paese africano che poteva offrire una
base d’appoggio nella lotta contro il principale nemico, l’Unione Sovietica, permettendo
in questo modo di concludere accordi per la realizzazione di una base di monitoraggio
satellitare e missilistica, che avrebbe avuto scopi diagnostici, fondamentale in quanto il
Sudafrica si trova in un punto che mette in contatto l’Oceano Indiano e quello Atlantico
e quindi acquisiva grande importanza anche dal punto di vista del controllo navale.
Il tema della cooperazione tra Stati Uniti e Sudafrica sarà visto anche alla luce della
questione dei diritti umani che nel Sudafrica, a causa della politica di segregazione
razziale, l’apartheid, causava non pochi problemi, a livello internazionale, all’immagine
degli Stati Uniti, che tanto si battevano per le libertà e le uguaglianza dei popoli. Inoltre,
al fine di fornire diversi spunti di riflessione, il tema della collaborazione tra i due paesi
6
sarà visto anche alla luce di documenti contenenti scambi epistolari, telegrammi e
memorandum tra gli esponenti del Governo americano e quello sudafricano ma anche
attraverso le raccomandazioni espresse dalle Nazioni Unite verso il comportamento dei
due paesi così come le concrete misure adottate dagli Stati Uniti per prevenire
risoluzioni drastiche che avrebbero messo in difficoltà i loro rapporti di cooperazione
facendogli perdere un valido alleato nella lotta contro il comunismo.
Quello a cui mira la tesi è approfondire le motivazioni che spinsero il Presidente
Kennedy a cercare un accordo con il Sudafrica durante il periodo della Guerra Fredda,
in uno scenario che vedeva lo scontro tra i due colossi, gli Stati Uniti da una parte e
l’Unione Sovietica dall’altra. L’obiettivo della ricerca è capire perché Kennedy si sia
interessato ai paesi dell’Africa dopo la fase della decolonizzazione e perché in questi
paesi abbia concentrato le proprie risorse economiche, riversando finanziamenti e
inviando anche i suoi uomini in una terra così lontana e per quali motivi il Sudafrica
risultò di vitale importanza durante un periodo in cui la corsa agli armamenti sembrava
l’unico obiettivo possibile per mostrare la propria superiorità e per garantire la
sopravvivenza del mondo intero, evitando di cadere in un’ecatombe nucleare.
La ricerca si basa essenzialmente sulla documentazione ufficiale degli Stati Uniti, in
particolar modo sul U.S. Department of State, History of Foreign Relations of the
United States, durante il periodo dell’amministrazione di John F. Kennedy, con
riferimento al Volume XXI che tratta le relazioni americane con l’Africa, con principale
interesse verso il Sudafrica. La documentazione cartacea contenuta in questo volume,
mira a mettere in risalto la politica statunitense e le relazioni politiche, economiche e
militare tra i due paesi, mettendo in luce le differenze politiche esistenti in ciascun
Governo. Fondamentali per comprendere il quadro generale delle vicende trattate sono
stati inoltre l’opera di Odd Arne Westad
1
e Thomas Borstelmann
2
così come la
documentazione contenuta nel South Africa and the United States, di Kenneth
Mokoena
3
.
La tesi è strutturata in tre capitoli. Nel primo capitolo si cercherà di delineare il quadro
generale di quanto stava accadendo negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale,
la fase della decolonizzazione nei paesi africani che aveva portato poi al riconoscimento
delle loro indipendenze e come gli Stati Uniti abbiano cominciato a mostrare il loro
interesse verso i paesi del terzo mondo, spinti dalla necessità di un cambiamento della
propria politica ma anche per evitare che questi paesi entrassero nell’orbita sovietica
durante la Guerra Fredda mettendo a repentaglio le sorti del mondo.
Nel secondo capitolo verrà messa in evidenza l’importanza degli anni Sessanta nel
contesto africano, concentrando l’attenzione sul Sudafrica e verrà inoltre preso in analisi
il nuovo corso dalla politica statunitense con a capo John Kennedy, eletto
1
Odd Arne Westad , The global cold war : third world interventions and the making of our times,
Cambridge: Cambridge University Press, 2005.
2
Thomas Borstelmann, The cold war and the color line : American Race Relations in the Global Arena,
London : Harvard University Press, Cambridge, MA, 2003.
3
Kenneth Mokoena, South Africa and the United States: The Declassified History, “A National Security
Archive Documents Reader”, The New Press, New York, 1993.
7
trentacinquesimo Presidente degli Stati Uniti; si porterà alla luce il suo desiderio di
garantire la libertà a tutti i popoli, nel rispetto dei loro diritti civili, puntando a
proteggere i paesi di nuova indipendenza in Africa e, in particolar modo, concentrandosi
sul Sudafrica, spinto dal desiderio di contrastare l’ondata del comunismo.
Nel terzo e ultimo capitolo si affronterà il problema della ricerca della supremazia
nucleare che metterà a confronto le due superpotenze, americana da una parte e
sovietica dall’altra; si porterà alla luce come gli Stati Uniti mirassero a concludere un
accordo con il Sudafrica per la realizzazione di una base di monitoraggio missilistica e
satellitare con l’obiettivo di avere delle basi militari sparse per il mondo come punti
d’appoggio per la loro politica militare e la difesa da eventuali attacchi nucleari
dell’Unione Sovietica; infine si vedrà come la corsa agli armamenti si trasformerà in
una ricerca continua per limitare i test nucleari, a causa anche delle ripercussioni sulla
salute dovute a materiali radioattivi rilasciati dai lanci dei missili, arrivando a
concludere dei trattati che avrebbero cercato di porre fine alle sperimentazioni nucleari.
9
Capitolo Primo
La fine del secondo conflitto mondiale e gli anni della
Guerra Fredda
1.1 Gli anni della Decolonizzazione Africana
Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, il mondo si trovava diviso in due aree
d’influenza che vedevano protagonisti la potenza statunitense da una parte e quella
sovietica dall’altra.
L’inizio della Guerra Fredda, quale conseguenza diretta del secondo conflitto mondiale,
aveva poi spinto il processo di conquista coloniale del mondo, da parte delle potenze
europee, verso la sua conclusione.
In Africa il colonialismo era stato presentato dalle nazioni europee come una missione
civilizzatrice ma l’intento principale delle potenze coloniali era però mirato allo
sfruttamento delle risorse naturali del Continente Africano e l’obiettivo di costruire
delle infrastrutture si realizzò solamente in alcune delle regioni occupate; inoltre,
laddove si stabilirono comunità di origine europea, così come in Sudafrica, di cui si
parlerà più avanti, si vedrà come la popolazione locale fu in genere discriminata sia
politicamente che economicamente.
Molti africani, in seguito alla Seconda Guerra Mondiale, videro la perdita di quelli che
erano stati i loro storici legami coloniali con l’Europa e, dal sud del Mediterraneo,
questa Guerra era apparsa loro in larga parte come una vasta Guerra Civile Europea
4
.
Il secondo conflitto mondiale rivestì un ruolo decisivo per l’Africa dal punto di vista
strategico ed economico, perché portò, nel corso del conflitto, alla valorizzazione delle
basi militari e delle risorse economiche di questo enorme Continente e si situò come
interfaccia di due fronti principali, ossia quello dell’Atlantico da una parte e quello del
sud-est asiatico dall’altra
5
.
Le grandi nazioni che governavano sui paesi africani avevano adottato una politica di
tipo assolutistico che aveva come unico obiettivo quello di depredare le terre di queste
povere popolazioni senza riconoscere loro nessun diritto; i nazionalisti africani
osservavano molto attentamente come i maggiori poteri coloniali nel loro Continente,
esercitati dalla Gran Bretagna, dalla Francia e anche dal Belgio, condannassero gli
sforzi della Germania di dominare su gli altri popoli e ciò che li lasciava maggiormente
4
Thomas Borstelmann, The cold war and the color line : American Race Relations in the Global Arena,
London : Harvard University Press, Cambridge, MA, 2003, p. 40.
5
Bernard Droz, Storia della decolonizzazione nel XX secolo, Bruno Mondadori, Milano, 2007, p. 179.
10
costernati era l’apparente sorpresa degli Europei al successo del fascismo che agli occhi
degli africani appariva poi non così tanto differente dal colonialismo
6
.
Gli stati coloniali erano, in molti casi, delle creazioni geografiche e amministrative
artificiali, nelle quali convivevano etnie e culture diverse tra di loro.
Tra le due guerre mondiali erano inoltre sorti dei movimenti o partiti nazionalisti che
andavano ad aumentare il sentimento nazionale e il desiderio di indipendenza, ma la
fragilità dei vari movimenti nazionali stava nel fatto che la rivendicazione
dell’indipendenza era il frutto di quelle élites intellettuali e professionali che
collaboravano con la potenza coloniale nell’amministrare e nello sfruttare le risorse,
ragion per cui, dopo l’indipendenza, la lingua e i confini del precedente stato coloniale
si sono mantenuti, in molti casi, uguali
7
.
La Seconda Guerra Mondiale accelerò il processo di risveglio dei popoli africani e le
principali potenze coloniali, come la Francia e la Gran Bretagna, le quali avevano
partecipato al conflitto mondiale e ne erano uscite vittoriose, non furono più in grado di
mantenere il controllo sui propri imperi coloniali perché erano ora impegnate nella
ricostruzione interna dei propri paesi.
L’enorme acceleramento del processo di decolonizzazione apportato dal secondo
conflitto mondiale non poteva essere previsto; con l’insistenza sulla non ancora
raggiunta “maturità” all’indipendenza, si poté ritardare il ritiro delle potenze coloniali
dal Continente e, di conseguenza, si può dire che la decolonizzazione accelerò perché
spinta da numerosi fattori come ad esempio il processo di modernizzazione introdotto
dalla madrepatria
8
.
Con la parola decolonizzazione si intende quella sequenza di atti politici, a volte pacifici
ma più spesso conflittuali e, non di rado militari, mediante i quali i territori e i paesi che
si trovavano sotto la dominazione europea riuscirono ad ottenere l’indipendenza
9
.
La decolonizzazione non significò semplicemente il ritiro della potenza coloniale dalla
colonia, bensì la fissazione di nuovi rapporti tra le due, sulla base della parità di
condizione e di autodeterminazione
10
; fu una miscela di singole politiche nazionali e di
internazionalismo e quest’ultimo era rappresentato sia dalle pressioni politiche
esercitate dagli Stati Uniti, sia dalle opinioni e decisioni internazionali.
Giocarono un ruolo molto importante anche le domande di riforme e di protesta contro
una dominazione coloniale capricciosa e, ancor più decisiva fu la lotta per
l’indipendenza in queste colonie
11
.
In tutta la storia della decolonizzazione, fondamentale fu la funzione del nazionalismo
che conviveva con fenomeni di culturalismo, affondando le radici nella tradizione, nelle
6
T. Borstelmann, Op. cit., p. 40.
7
Raymond Betts, La decolonizzazione, Nuova ed. Il Mulino, Bologna 2007.
8
Rudolf Von Albertini, La decolonizzazione, Società Editrice Internazionale, Torino, 1971, p. 854.
9
R. Betts, Op. cit., p. 153.
10
Rudolf Von Albertini, Op. cit., p. 853.
11
R. Betts, Op. cit., p. 56.
11
regioni locali, nella memoria storica della popolazione, in funzione anticoloniale e
antioccidentale
12
.
Nel XX secolo si è quindi assistito al risveglio della coscienza nazionale in popoli che
per secoli erano vissuti alla dipendenza di altre potenze. La nascita di nazioni
indipendenti è stata possibile grazie al profondo sentimento di nazionalismo sorto in
questi paesi nei quali si rivendicava una vita nazionale indipendente e fu proprio questa
la forza che portò alla presa di coscienza nazionale dell’Africa
13
.
La fine del colonialismo europeo in Africa fu un processo rapido, un movimento di
autonomia delle colonie che condusse all’indipendenza di gran parte del Continente in
un arco di tempo che va dalla Seconda Guerra Mondiale sino agli inizi degli anni
Sessanta e proprio questo periodo viene generalmente definito l’ ”anno dell’Africa”.
Sarà proprio intorno agli anni Sessanta che si assisterà all’acutizzarsi della Guerra
Fredda e, con l’emergere delle due superpotenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, le quali
non avevano avuto un passato coloniale, comincerà anche la fase della
decolonizzazione. Per la precisione, è verso il 1950 che ebbe inizio la spinta
autonomistica delle popolazioni delle colonie africane che volevano l’indipendenza
dalla madrepatria e chiedevano di poter decidere il proprio destino attraverso
insurrezioni e movimenti di protesta nei quali si intrecciavano rivendicazioni politiche,
economiche e sociali.
Per riassumere, le cause della decolonizzazione, esclusi per il momento i movimenti
culturali, furono:
1. La volontà di emancipazione delle colonie, in quanto queste avevano avuto un ruolo
importante nella Guerra Mondiale e i popoli coloniali miravano alla conquista dei diritti
sociali e politici che ancora non possedevano.
2. La perdita di prestigio e l’indebolimento delle potenze coloniali, Francia e Gran
Bretagna in primis, che iniziarono a perdere il loro ruolo principale di colonizzatori
dopo il secondo conflitto mondiale.
3. Il ruolo degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica, i grandi vincitori del conflitto
mondiale, che avevano delegittimato l’esistenza degli imperi coloniali e avevano
contribuito alla proclamazione degli stati indipendenti.
Definendo il processo di emancipazione dei popoli colonizzati definiamo dunque la
decolonizzazione come un fenomeno nazionale o internazionale, alimentato dalla
formazione di partiti, da proteste di massa, dalla nascita di nazioni, da grandi rivalità tra
12
G. P .Calchi Novati, La decolonizzazione, Loescher, Torino 1983, p. 196.
13
Ibidem.
12
stati, che si verificò quando la dominazione europea in Africa stava ormai volgendo al
termine
14
.
La decolonizzazione del Continente Africano mostrò limiti strutturali, connaturati alla
sua storia e allo sfruttamento coloniale a cui fu sottoposto e la conquista
dell'indipendenza si risolse spesso in una nuova forma di dipendenza economica e
politica nei confronti dei vecchi colonizzatori.
Alla base della decolonizzazione c'era un'ideologia di "liberazione" ossia la presunzione
che l'indipendenza dovesse portare comunque alla liberazione delle classi oppresse; si
trattava di un vero e proprio movimento di solidarietà da parte dei popoli soggetti alla
dominazione coloniale, che aveva come finalità il difendere o riconquistare la propria
indipendenza e dignità
15
.
L’indipendenza nazionale mirava alla realizzazione di una società libera dallo
sfruttamento dell’uomo sull’uomo, una società che realizzasse pienamente quelle che
erano le aspirazioni delle masse sfruttate durante la fase del colonialismo e che
raggiungesse la libertà in modo che si potesse parlare di indipendenza reale e quindi
completa
16
.
L’apogeo della decolonizzazione si può collocare intorno alla metà degli anni
Cinquanta, periodo in cui i paesi di nuova indipendenza vengono prepotentemente alla
ribalta, esibendo una loro politica e obbligando le grandi potenze a tener in maggior
conto le loro richieste
17
.
Le colonie divennero quindi stati africani indipendenti, con proprie strutture politiche ed
economiche, governate da un ceto dirigente indigeno europeizzato. Era così avvenuta la
decolonizzazione, cioè la fine degli imperi coloniali, poiché la madrepatria riconosceva
l’indipendenza alle colonie, ma, una volta ottenuta questa indipendenza, i nuovi stati
africani cominciarono ad avere grandi difficoltà interne e la causa principale era dovuta
a quei problemi portati dallo sfruttamento del colonialismo europeo.
Tra questi problemi interni ricordiamo:
Le forti disuguaglianze sociali (nelle zone rurali poco sviluppate vivevano le masse
contadine, povere ed analfabete)
L’arretratezza economica (che ostacolava il pieno sviluppo dell’economia africana in
ogni settore)
Le tensioni interne a carattere etnico (molti stati africani avevano ereditato dal
colonialismo anche i confini e ciò causava la mancanza di unità etnica)
Le nuove forme di governo, spesso autoritarie, che andavano a formarsi, riuscivano a
mantenersi in vita grazie all’appoggio di imprese straniere, appartenenti alle ex-potenze
14
R. Betts, Op. cit., p. 153.
15
Calchi Novati, Op. cit., p.180.
16
Ivi, p. 225.
17
Ivi, p. 249.
13
colonizzatrici dell’Africa ma, in misura maggiore, grazie all’influenza delle due nuove
superpotenze comparse sulla scena politica mondiale dopo il conflitto mondiale,
favorendo l’instaurarsi di un nuovo tipo di supremazia che si basava sull’influenza nella
politica interna dei nuovi stati e sulla sudditanza economica di questi ultimi, in cambio
dell’appoggio finanziario e militare ai nuovi capi per il mantenimento dei delicati
equilibri interni; infatti i governi africani concedevano alle grandi potenze economiche
di sfruttare le risorse dei propri paesi a loro vantaggio.
1.2 Il ruolo degli Stati Uniti nella fase di Decolonizzazione del
Continente Africano e l’interesse verso il Sudafrica
La fine del colonialismo europeo in Africa fu un processo rapido, come si è visto, e
quello che colpisce è la velocità con cui si è svolta poi la decolonizzazione, portando
conseguentemente le colonie africane all’indipendenza.
L’Africa rappresentò l’interfaccia di due fronti principali, quello Atlantico da una parte
e quello del sud-est asiatico dall’altro; in questo modo le basi militari e le risorse
economiche del Continente acquistarono maggior valore
18
.
Dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, l’effetto immediato del conflitto
fu il decollo dell’aviazione e l’ascesa delle due grandi superpotenze, Stati Uniti ed
Unione Sovietica, che cominciarono a dominare la scena politica mondiale.
Gli Stati Uniti in quel momento godevano di una reputazione lusinghiera sia per i
principi riguardo l’emancipazione dei popoli che avevano enunciato nella Carta
Atlantica e in quella delle Nazioni Unite, sia per gli incoraggiamenti al panafricanismo
da parte dell’amministrazione Roosevelt
19
.
Gli americani non avevano mai avuto una diretta connessione coloniale con l’Africa.
Durante la Guerra Mondiale avevano contribuito alla sconfitta del regime Nazista
combattendo ufficialmente sotto un credo antifascista, includendo tra le loro forze
armate un certo numero di soldati neri. Gli Stati Uniti volevano aprirsi nuove strade
commerciali verso territori che sarebbero stati controllati prevalentemente dai
funzionari coloniali di Londra, Parigi, Lisbona e Bruxelles ma dietro il loro benessere, il
potere e la buona retorica, vi erano delle ombre: così come il governo americano e la
maggioranza bianca trattava gli afro-americani “a casa”, nello stesso modo avrebbero
fatto con le popolazioni dalla pelle scura all’estero
20
.
Gli Stati Uniti praticavano la discriminazione razziale nel loro paese e tale notizia era
giunta sino le colonie africane attraverso una varietà di risorse come quelle in possesso
delle potenze coloniali, Francia e Gran Bretagna, per esempio ascoltando le trasmissioni
18
B. Droz, Op. cit., pp. 179-180.
19
Ibidem.
20
T. Borstelmann, Op. cit., p. 40-41.
14
radio o attraverso la propaganda della Germania durante la guerra e quella del Partito
Comunista dopo o ancora attraverso il ritorno a casa dei soldati che avevano combattuto
le battaglie all’estero e persino da quanto raccontavano gli studenti africani dopo esser
rientrati dai soggiorni nei collage americani
21
.
Le vicine relazioni di lavoro tra gli ufficiali americani con le autorità coloniali e i coloni
bianchi aveva mostrato come non fosse propriamente corretto parlare di un impegno da
parte loro per raggiungere l’uguaglianza; erano pochi gli americani che immaginavano
un futuro nel quale gli africani avrebbero potuto autogovernarsi e, le attitudini razziali
bianche, si combinavano con le considerazioni economiche e strategiche per consolidare
il primato degli europei sulle priorità africane. Gli americani neri, al contrario,
supportavano fortemente l’indipendenza delle colonie in Africa e, allo stesso modo dei
nazionalisti africani, una volta terminata la Seconda Guerra Mondiale, erano emersi con
una buona determinazione con il fine di liberare loro stessi dal fardello
dell’ineguaglianza
22
.
Se l’America mostrava questi problemi, dall’altra parte l’Europa e i suoi imperi
coloniali non svolgevano più un ruolo di importanza primaria verso il Continente
Africano e, a metà del XX secolo, l’antica tattica coloniale che si basava sulla
diplomazia delle cannoniere, sembrava oramai bizzarra e superata dalla presenza della
bomba atomica
23
.
L’Africa usciva dall’esperienza coloniale in una situazione di grave crisi economica,
politica e sociale e infatti, nonostante gli stati africani disponessero di cospicue risorse
naturali, pochi avevano i mezzi finanziari per sviluppare le proprie economie.
La decolonizzazione per questi paesi aveva finito per acquistare una portata ben più
vasta della mera emancipazione politica, in quanto si era tradotta in uno sforzo poderoso
diretto a recuperare e a sviluppare in modo autonomo i propri valori originari.
Le colonie africane raggiunsero l’indipendenza che tanto desideravano in tempi rapidi e
lo stesso ambiente internazionale era sempre meno propenso alla perpetuazione del
dominio coloniale, inoltre gli Stati Uniti avevano incoraggiato le potenze coloniali a
liberarsi dalle colonie
24
.
A giocare un ruolo fondamentale fu proprio la superpotenza americana che non aveva
mai avuto una vera e propria tradizione coloniale e, fino agli anni Sessanta, la
Rivoluzione e la Decolonizzazione Africana che l’accompagnò era rimasta in secondo
piano nella lista degli affari esteri americani
25
.
Tra i territori verso i quali concentrò il suo interesse la potenza statunitense vi era il
Sudafrica, che merita maggior attenzione per la difficile situazione politica nella quale
si trovava dal 1948, sotto il regime di segregazione razziale, l’Apartheid e che, durante
21
Ibidem.
22
Ibidem.
23
R. Betts, Op. cit., p. 34.
24
Bernard Droz, Op. cit.. La minaccia di penetrazione sovietica e la minaccia comunista era ancora
inesistente ma l’Unione Sovietica avrebbe mostrato a breve il suo interesse per quest’area.
25
Odd Arne Westad , The global cold war : third world interventions and the making of our times,
Cambridge : Cambridge university press, 2005, p. 131.
15
gli anni della decolonizzazione, grazie alla politica antirazziale dell’ONU, vide il
riconoscimento, seppur lento, dei diritti civili alle popolazioni “nere”; l’artefice della
lotta politica fu l’African National Congress (ANC), il cui leader era Nelson Mandela.
Durante gli inizi della Guerra Fredda il Sudafrica era l’unico paese in cui la
segregazione razziale era stata stabilita per legge
26
.
Nelson Mandela aveva preso coscienza dell’inferiorità del popolo nero negli anni che
precedevano la Seconda Guerra Mondiale e, grazie al suo carisma e alla sua capacità di
leadership, cominciò a divenire il simbolo dell’ANC; nel 1955, con la formulazione del
Freedom Charter, ossia il manifesto per un Sudafrica libero e antirazziale, la risposta
del Governo fu la messa al bando del partito che cominciò una vita di clandestinità,
sconvolgendo la vita di Nelson Mandela che verrà poi localizzato e arrestato dal
governo sudafricano in seguito alle informazioni fornite dalla CIA, finendo in carcere
per ventisette anni
27
. Tra le accuse vi era quella di viaggi illegali all’estero, incitamento
allo sciopero, accuse di sabotaggio contro l’esercito e gli obiettivi del governo più altri
crimini equivalenti al tradimento
28
.
Durante la prigionia di Mandela vennero arrestati anche altri importanti capi dell’ANC.
L'imputazione includeva il coinvolgimento nell'organizzazione di azione armata, in
particolare di sabotaggio, del cui reato Mandela si dichiarò colpevole e la cospirazione
per aver cercato di aiutare gli altri paesi ad invadere il Sudafrica, reato del quale
Mandela si dichiarò invece non colpevole. Per tutti i successivi anni, il leader africano
fu sempre maggiormente coinvolto nell'opposizione all'apartheid, e lo slogan "Nelson
Mandela Libero" divenne l'urlo di tutte le campagne anti-apartheid del Mondo.
Il Freedom Charter era il programma ufficiale a cui faceva riferimento l’ANC e i suoi
punti principali erano: il suffragio universale; l’uguaglianza dei diritti per tutti i gruppi
nazionali e razziali; la messa al bando nazionale della discriminazione razziale o di
colore; la ricchezza nazionale che doveva essere “restituita al popolo”; la ricchezza
mineraria; la proprietà delle banche e delle industrie di monopolio da trasferire nel
popolo; revoca delle restrizioni alla proprietà della terra su base razziale; l’uguaglianza
davanti alla legge; pieni e uguali diritti umani per tutti; l’abolizione della
discriminazione sulla base del colore nelle occupazioni e nei sindacati; essere educati al
fine di insegnare ai giovani ad amare la loro gente, la loro cultura e onorare la
fratellanza umana, la libertà e la pace
29
.
Gli Stati Uniti facevano leva sul concetto della libertà dei popoli e sul principio di
autodeterminazione degli stessi e questo ispirò poi le attività dell’Organizzazione delle
Nazioni Unite, l’ONU, anche se tra gli obiettivi vi era pure quello di allargare le proprie
zone di influenza in questi territori africani di nuova indipendenza e di poter usufruire
inoltre delle risorse primarie che questi paesi offrivano, andando incontro a quelli che
26
Ivi, p. 133.
27
Ibidem.
28
George C. Herring, From Colony to Superpower. U.S. Foreign Relations since 1776, The Oxford
History of the United States, Oxford University Press, 2008, p.716-719.
29
Colin and Margaret Legum, South Africa: Crisis for the West, Pall Mall Press, London and Dunmow,
1964, p. 192.