Introduzione
Scopo di questo scritto è quello di fornire un breve quadro ricognitivo delle vi-
cende più importanti che si sono susseguite nel corso degli anni nell’ambito del
delicato e controverso argomento del rapporto tra contratti collettivi di diverso
livello.
null Difatti, al fine di comprendere al meglio l’attuale assetto contrattuale, è ne -
cessario fornire dapprima delle informazioni di carattere generale sui periodi
più risalenti e sule modalità con cui furono allora affrontate le questioni più de-
licate; solo in seguito, si può dedicare attenzione sugli avvenimenti più recenti,
in modo da riuscire a individuare analogie e differenze. Conseguentemente, al-
l’interno del suddetto lavoro, si è optato proprio per una tale scelta espositiva: il
primo capitolo concerne infatti un’analisi generica non solo dei periodi contrat-
tuali che si sono di volta in volta alternati, ma in particolare degli accordi inter-
confederali maggiormente rilevanti realizzatosi a partire dagli anni ‘60 fino ai
nostri giorni.
null Andando avanti, il secondo capitolo della dissertazione si occupa, in primo
luogo, della ripartizione delle competenze tra primo e secondo livello contrat-
tuale nel Protocollo del 1993 – il quale può essere definito un vero e proprio sal-
do punto di riferimento non solo per le parti sociali, ma anche per la dottrina –
e, in secondo luogo, delle soluzioni giurisprudenziali nel caso di deroghe peg-
giorative al contratto nazionale. A questo riguardo, bisogna specificare che una
delle problematiche strettamente collegate alla questione dei rapporti tra con-
tratti collettivi di diverso ambito è proprio quella relativa alle deroghe peggio-
rative, che il contratto di secondo livello può effettuare nei confronti del contrat-
to di primo livello. La situazione è aggravata dal fatto che, nel nostro ordina-
mento, non è stata trovata ancora una soluzione univoca al riguardo, né da parte
della dottrina, né dalla parte della giurisprudenza – tutto ciò è acuito dal fatto
che manchi un sistema legislativo chiaro al riguardo –, con la conseguenza che
il contratto decentrato ben può derogare, anche in peius, il contratto nazionale.
Tale possibilità derogatoria-modificativa non viene messa in discussione dagli
esperti del diritto del lavoro – dal momento che, all’interno del nostro ordina-
mento, non sono rinvenibili principi contrari –; tuttavia, la questione si compli-
ca quando le deroghe sono talmente ampie da mettere in discussione il rapporto
intercorrente tra i due livelli contrattuali, oppure – questione ancora più delica-
ta –, quando il contratto di secondo livello oltrepassa gli spazi di intervento
messi a disposizione dal contratto di primo livello; al riguardo, difatti, non è
prevista alcuna sanzione sul piano giuridico. Si può certamente dire che per-
mettere al contratto territoriale e/o aziendale di derogare al contratto nazionale
determini uno spostamento del baricentro del sistema contrattuale a favore del-
la contrattazione decentrata; il che, conseguentemente, crea una nuova riparti-
zione delle competenze tra i contratti collettivi di diverso ambito.
null Infine, il terzo capitolo affronta le più recenti vicende giuridico-sindacali av -
venute negli ultimi mesi, ossia l’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e
l’articolo 8 della legge 148 del 2011. Questi due ultimi atti, in particolare, pon-
gono diversi problemi pratici e giuridici, a partire dalla loro reciproca e ipoteti-
ca inconciliabilità; tuttavia, senza anticipare troppo quello che si dirà ampia-
mente nel corso del suddetto scritto, mentre l’accordo interconfederale presenta
come indubbia nota positiva la firma congiunta dei tre sindacati – dopo un bur-
rascoso periodo fatto di accordi separati (basti pensare alla vicenda Fiat) durato
all’incirca due anni –, l’articolo 8 della legge sembra, al contrario, collocarsi al di
fuori del sistema previsto dalla volontà delle parti sociali e in visibile contrasto
con i principi costituzionali.
null Oltre alla questione delle deroghe peggiorative, verranno trattate altre pro -
blematiche strettamente connesse all’argomento-principe del seguente scritto:
quella dell’efficacia generale del contratto collettivo – istituto “impervio” che ha
però sicuramente contribuito ad incrementare il dibattito dottrinale – e quella
della rappresentatività del sindacato nel settore privato. Con riguardo alla prima
tematica, il problema è sempre lo stesso: essendo il contratto collettivo un con-
tratto di diritto comune, quale trattamento normativo-economico verrà applica-
to ai lavoratori iscritti ai sindacati dissenzienti o ai lavoratori non iscritti ad al-
cun sindacato? In questo senso, si cercherà di dare risposta, anche mediante le
nuovi previsioni, e collettive e legislative. Con riguardo al secondo punto, la
questione – in parte risolta dall’accordo interconfederale – risulta (ancora) pro-
blematica sotto alcuni profili: esiste un obbligo a contrattare per il datore di la-
voro? Oppure, il “pericolo” dei contratti a firma separata viene scongiurato, alla
luce di questa nuova previsione collettiva? Queste e altre domande cercheranno
di essere risolte nel corso del seguente elaborato.
I
IL CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE DI
CATEGORIA E IL CONTRATTO AZIENDALE:
FUNZIONE ED EVOLUZIONE
1.1. Premessa
Il tema della contrattazione collettiva è sempre stato di grande interesse tra i
giuristi
1
, non solo per la sua importanza prettamente giuridica, ma anche per il
suo rilievo e impatto sociale, dal momento che coinvolge molteplici interessi.
null Scopo di questo capitolo sarà, dunque, quello di illustrare, attraverso una ri -
cognizione storica, i diversi ruoli che la contrattazione collettiva ha di volta in
volta assunto, nonché i differenti problemi ad essi correlati
2
.
null Una prima osservazione: il contratto collettivo è il risultato di un complesso
di attività che prende il nome di contrattazione collettiva. Ciò comporta che il
10
1
Gli autori contemporanei sono soliti citare i seguenti testi come utili a ricostruire le origini del-
la contrattazione collettiva: G. MESSINA “I concordati di tariffa nell'ordinamento giuridico del lavo-
ro”, in «Riv. dir. comm.», 1904; E. REDENTI, “Il contratto di lavoro nella giurisprudenza dei probiviri”,
in «Riv. dir. comm.», 1905; F. CARNELUTTI, Teorie del regolamento collettivo nei rapporti di lavoro,
Cedam, Padova, 1936; F. MANCINI, La responsabilità contrattuale del prestatore del lavoro, Giuffré,
Milano, 1957; G. PERA, Fondamento ed efficacia del contratto collettivo di diritto comune, in «Scritti in
onore di Calamandrei», vol. V , Cedam, Padova, 1958; F. SANTORO-PASSARELLI,”Autonomia collet-
tiva”, «voce dalla Enciclopedia del Diritto», 1959, p.369 ss; F. MANCINI, Le commissioni interne nel
sistema delle relazioni industriali, Il Mulino, 1965, p. 1130 ss; M. PERSIANI, Saggio sull’autonomia
privata e collettiva, Cedam , Padova 1972; G. GIUGNI, Il sindacato rappresentativo nello Statuto dei
lavoratori, in «RGL«, 1973, Parte I, p. 305 ss; L. MENGONI, I diritti e le funzioni dei sindacati e dei
rappresentanti sindacali nell’impresa, Jus, 1974, p. 381 ss; L. MENGONI , “Legge e autonomia collettiva,
in «Mass.giur.lav.», 1980, p. 692 ss; G. PERA, Un libro e un dibattito sulle fonti del diritto del lavoro, in
«MGL», 1981, p. 528 ss; M. RUSCIANO, Il contratto collettivo, in P . Rescigno, (diretto da), Trattato di
diritto privato, XV , Torino 1986, pp. 112 ss.
2
Si cercherà, in breve, di mostrare in che misura i cambiamenti storici, sociali e giuridici hanno
influito sulle funzioni e sui contenuti del contratto collettivo.
contratto collettivo «non è un documento che può essere studiato isolatamente
dal contesto di relazioni industriali vigente in un certo momento storico, in un
determinato paese o in una determinata area produttiva»
3
. Lo studio del con-
tratto collettivo, perciò, non può prescindere dallo studio della contrattazione
collettiva, da cui esso si origina e si evolve; nel corso degli anni, il primo, inteso
come esito della seconda, ha notevolmente accresciuto le sue funzioni
4
.
null La contrattazione collettiva costituisce lo strumento attraverso il quale i sin -
dacati dei lavoratori e le associazioni dei datori di lavoro, o il singolo datore di
lavoro, definiscono congiuntamente il regime dei loro futuri rapporti di lavoro,
e individuali e collettivi. null null null Dunque, la contrattazione collettiva costituisce, sia «il metodo di composi -
zione del conflitto industriale»
5
che il modo con il quale il sindacato tutela gli
interessi dei soggetti che da esso vengono rappresentati
6
.
null La contrattazione collettiva può verificarsi attraverso due diversi modelli: il
primo si realizza quando il processo contrattuale si articola in scadenze più o
meno regolari, cosicché i rapporti tra le parti possono essere definiti discontinui
(c.d. crisis bargaining); il secondo, invece, si realizza quando i rapporti tra le
parti sono permanenti e, dunque, regolari, tali da permettere una continua si-
stemazione delle norme collettive al cambiamento delle circostanze produttive e
tecnologiche (c.d. continuous bargaining)
7
. Più specificamente, all’interno del
11
3
G. GIUGNI, voce «Contratti collettivi di lavoro», in «Enciclopedia Giuridica Treccani», p. 14
4
Per approfondimenti sulle funzioni e il ruolo del contratto collettivo e la sua stretta interdipe-
denza con il concetto dell’autonomia sindacale si veda M. RUSCIANO, Contratto collettivo e
autonomia sindacale, UTET, Torino 2003.
5
Per conflitto industriale si intende il conflitto di interessi tra lavoratori e datori di lavoro. Di
questa opinione G. GIUGNI, Diritto sindacale, Cacucci, Bari 2010, p. 157.
6
Ibid.
7
Si veda l’impostazione di G. GIUGNI (in voce «Contratti collettivi di lavoro», cit. e Diritto sindaca-
le, cit.)
nostro ordinamento, malgrado si manifesti a cadenza periodica, la contrattazio-
ne collettiva è un processo continuo e di progressivo adattamento e migliora-
mento delle condizioni economiche e normative dei lavoratori.
null In Italia, il contratto collettivo costituisce (e ha sempre costituito) l’unico
modo per garantire un trattamento economico minimo inderogabile ai singoli
lavoratori, al fine di ridurre la concorrenza tra di essi.
null Attualmente, il contratto collettivo, al pari della contrattazione collettiva,
presenta una “morfologia” molto diversa rispetto al passato, dal momento che
esso ha acquisito una serie di funzioni nuove e sconosciute, rispetto a quelle che
aveva originariamente, che ne hanno arricchito notevolmente i contenuti
8
.
null Risalendo alle origini della contrattazione collettiva – al fine di comprendere
l’evoluzione delle funzioni del contratto collettivo –, tramite l’emanazione della
legge n. 563 del 1926 (e il relativo regolamento di attuazione R.D. n. 1130 del
1926; legge 20 marzo 1930, n. 206; legge 163/1934)
9
, il contratto collettivo venne
dotato di un’efficacia reale
10
dal momento che esso era sovraordinato al contratto
individuale, il quale, dunque, non poteva modificare in peius il primo. Diversa-
mente, nei primi decenni del ‘900, con l’affermarsi dell’ordinamento liberale,
l’efficacia del contratto collettivo fu soltanto obbligatoria e, quindi, la sanzione
utilizzata, nel caso di contratto individuale contenente clausole meno favorevoli
12
8
Seguirà una ricostruzione del ruolo che il contratto collettivo ha assunto a partire dai primi del
‘900 fino ai giorni nostri.
9
G. SANTORO-PASSARELLI, Diritto sindacale, Laterza, Bari 2007, p. 96
10
In assoluto il primo che dichiarò l’inderogabilità del contratto collettivo – e che spiegò il rap-
porto tra aderente e associazioni sindacali firmatarie in forza dell’istituto privatistico della rap-
presentanza – fu P . Lotmar (nel suo scritto “I contratti di tariffa tra datori e prestatori di lavoro”).
Come meglio detto da G. GIUGNI, in voce «Contratti collettivi di lavoro», cit., p. 2, bisogna dire che
l’ordinamento tedesco adottò, fin da subito, una soluzione legislativa chiara che sanciva la sosti-
tuzione automatica delle clausole difformi al contratto collettivo, evitando, di conseguenza,
molte complesse questioni che invece l’Italia dovette affrontare (poiché il primo intervento legi-
slativo ci fu nel 1926).
per i lavoratori rispetto al contratto collettivo, era costituita dal semplice risar-
cimento del danno
11
che il datore di lavoro doveva alla controparte sindacale.
L’efficacia reale venne ripresa, verso la fine del secondo ventennio del 1900, dal-
l’ordinamento corporativo, il quale consentì al contratto individuale di preve-
dere clausole difformi rispetto al contratto collettivo, ma a condizione che que-
ste fossero, da un lato, migliorative delle condizioni economiche dei lavoratori
e, dall’altro, giustificabili da una qualità della prestazione di lavoro o del presta-
tore di lavoro, c.d. funzione uniformante dei trattamenti economici. Con l’emana-
zione del codice civile, il contratto corporativo venne inserito nella categoria
delle norme corporative e, conseguentemente, nel novero delle fonti del diritto;
per garantire ai lavoratori la continuità dei trattamenti economici previsti dai
contratti corporativi fu deciso, mediante l’adozione del decreto legislativo lun-
gotenenziale 369 del 1944, di mantenere in vigore i contratti corporativi esisten-
ti, «salvo le successive modifiche».
null Con la Carta costituzionale del 1948, il contratto collettivo ritorna ad essere
inserito nell’area dell’autonomia privata. I padri costituenti cercarono di risol-
vere, tramite l’art. 39, il problema dell’efficacia dei contratti collettivi; infatti, il
principio della libertà sindacale, di cui la libertà di contrattazione collettiva è
corollario, (conferiva e) conferisce un’efficacia erga omnes al contratto collettivo
tramite un procedimento che attribuisce ai sindacati, legittimamente registrati,
il potere di stipulare i suddetti contratti con efficacia generale per tutti gli ap-
partenenti alla categoria. Questa efficacia erga omnes avrebbe dovuto essere per-
13
11
In tal senso G. Messina; il contributo di questo autore fu molto importante, dal momento che
fu il primo giurista ad occuparsi dello studio del contratto collettivo, “importando” in Italia lo
studio di Lotmar. Tuttavia Messina ritenne che, nel caso di clausole difformi al contratto collet-
tivo da parte del contratto individuale, la sola sanzione applicabile dovesse essere di natura ob-
bligatoria.
seguita, come afferma l’art. 39, quarto comma cost.
12
, tramite la costituzione dei
sindacati in rappresentanze unitarie e proporzionali al numero degli iscritti; tut-
tavia, come sappiamo, a distanza di anni, tale procedimento non ha mai trovato
applicazione
13
, vuoi per ragioni tecniche, – dal momento che era difficile deli-
mitare, non in maniera autoritativa, la categoria dei soggetti ai quali applicare la
disciplina collettiva –, vuoi per ragioni politiche, come ne è riprova il contrasto
molto acceso dei sindacati minoritari, soprattutto della CISL, rispetto all’appli-
cazione di tale norma che riconosceva e, in un certo senso “legittimava”, la su-
periorità numerica degli iscritti della CGIL
14
.
null Dopo i tentativi del legislatore di supplire alla mancata applicazione del
quarto comma dell’art. 39 della Costituzione, tramite l’emanazione della legge
741/1959
15
– detta legge Vigorelli –, che delegava l’esecutivo a emanare decreti
aventi il contenuto dei contratti collettivi, al fine di attribuire ad essi efficacia
generale – e che superò anche il vaglio della Corte costituzionale, la quale però
dichiarò la incostituzionalità
16
della legge di proroga –, il contratto collettivo
dovette trovare altri modi per estendere la sua efficacia.
14
12
Per approfondimenti si veda M. D’ANTONA, Il quarto comma dell’art. 39 della Costituzione, oggi.,
in «DLRI», 1998, p. 665 ss.
13
Oltre alle ragioni che si stanno per indicare, altri fattori che influirono sulla mancata attuazio-
ne dell’articolo in questione furono, da un lato, la perdita di importanza della questione dell’ef-
ficacia erga omnes di fronte ad una tendenziale generalizzazione degli effetti dei contratti collet-
tivi e, dall’altro, l’affermarsi di un «sistema sindacale di fatto». In tal senso si veda G. GIUGNI,
voce «Contratti collettivi di lavoro», cit., p. 4
14
In tal senso, G. SANTORO-PASSARELLI, cit., p. 97
15
Intitolata «Norme transitorie per garantire minimi di trattamento economico e normativo ai
lavoratori».
16
La Corte costituzionale, con sentenza n. 106 del 19 dicembre 1962 (in www.giurcost.it), dichia-
rò la incostituzionalità della legge di proroga della legge Vigorelli poiché, non presentando più
il carattere della eccezionalità e della transitorietà, essa mirava a diventare permanente e a stabi-
lizzare un meccanismo di estensione dell'efficacia soggettiva del contratto collettivo diverso
dall’art 39 della Costituzione e conseguentemente in contrasto con esso. «Si constatò in altre
parole che la contrattazione sia una realtà molto diversa dalla contrattazione» (espressione usata
da G. GIUGNI, in voce «Contratti collettivi di lavoro», cit., p. 5).
null Il contratto collettivo, denominato contratto collettivo di diritto comune, data la
sua natura privatistica e la sua collocazione nell’area dell’autonomia privata,
può essere annoverato tra i contratti atipici, secondo la definizione che viene da-
ta dall’art. 1322 c.c
17
. Il contratto collettivo di diritto comune era ed è dunque
espressione di autonomia privata e non può essere annoverato tra le fonti del
diritto obiettivo.
null Nel corso dei vari decenni, il contratto collettivo ha notevolmente arricchito
le sue funzioni. La più antica e tipica funzione è quella normativa
18
che si esplica
tramite l’adozione di clausole sui minimi del trattamento economico e normati-
vo per i contratti individuali di lavoro in corso o ancora da stipularsi. Tale fun-
zione presenta due peculiarità: in primo luogo, il contratto collettivo determina
non solo il contenuto delle prestazioni di lavoro che si applicheranno in futuro
nei rapporti tra datore e lavoratori, ma anche il contenuto delle prestazioni in
corso; in secondo luogo, una delle parti che stipula il contratto è necessariamen-
te un soggetto collettivo
19
. La parte imprescindibilmente collettiva è quella che
rappresenta i lavoratori perché, se da un lato è vero che il contratto collettivo
può essere siglato anche dal singolo imprenditore – è il caso degli accordi
aziendali –, dall’altro, altrettanto non può dirsi per la parte dei lavoratori, cosic-
ché, per essi, il contratto collettivo verrà stipulato da un soggetto, l’associazione
sindacale, sempre diverso da quello che invece firma il contratto individuale,
ossia il singolo lavoratore. Accanto a quella normativa, al contratto collettivo
vengono riconosciute altre funzioni: prima tra tutte la funzione obbligatoria, che
15
17
Al contrario non possono applicarsi le norme che il codice civile aveva previsto per i contratti
corporativi.
18
I primi a dare tale definizione furono G. Messina e E. Redenti, come ricorda G. GIUGNI, in vo-
ce «Contratti collettivi di lavoro», cit., p. 7.
19
In tal senso si veda: G. GIUGNI, Diritto sindacale, cit., p. 135; G. SANTORO-PASSARELLI, Diritto
sindacale, cit., p.98
ha lo scopo di disciplinare i rapporti intercorrenti tra i soggetti che hanno sotto-
scritto il contratto collettivo; le clausole obbligatorie, quindi, attengono ai vari
doveri, obblighi e responsabilità attribuibili alle organizzazioni sindacali e im-
prenditoriali
20
. Ancora diversa è la funzione gestionale, consistente nella risolu-
zione di un problema di gestione aziendale. Accanto a queste, vi è la funzione
compositiva di conflitti giuridici, in forma transattiva (mediante transazioni) o ac-
certativa (mediante accordi di interpretazione di clausole ambigue)
21
. Infine, vi
sono la funzione regolamentare delegata, quando la legge attribuisce al contratto
collettivo funzioni diverse da quella normativa
22
, e la funzione istituzionale, ossia
quando «alcune clausole obbligatorie costituiscono enti bilaterali per la gestione
di alcuni istituti contrattuali»
23
. Dunque, il contratto collettivo è formato da una
parte normativa e una parte obbligatoria
24
; è chiaro che le differenze tra le clau-
sole normative e le clausole obbligatorie comportano effetti giuridici diversi
25
.
Dalla parte normativa in senso stretto si distingue anche la parte economica, re-
lativa ai trattamenti retributivi dei lavoratori
26
.
16
20
In questo senso si vedano: G. GIUGNI, Diritto sindacale, cit., p. 145-146; G. SANTORO-PASSAREL-
LI, Diritto sindacale, cit., p. 105-106
21
G. GIUGNI, Diritto sindacale, cit., p.146-147
22
G. SANTORO-PASSARELLI, Diritto sindacale, cit., p. 107
23
G. GIUGNI, Diritto sindacale, cit., p.146-147
24
La prima è volta a stabilire, come visto, i minimi del trattamento economico e normativo e
regola le diverse fasi del rapporto individuale di lavoro; la seconda è composta da clausole che
regolamentano i rapporti tra i soggetti collettivi firmatari del contratto collettivo.
25
In particolare, gli effetti giuridici derivanti da inadempimento delle clausole obbligatorie
comportano una responsabilità del soggetto collettivo nei confronti della propria associazione –
il più delle volte consistente in sanzioni endo-associative – o una responsabilità del soggetto
collettivo o del singolo datore nei confronti dell’altra parte stipulante – costituita alternativa-
mente dal ricorso all’autotutela sindacale o all’autorità giudiziaria.
26
Al termine di questa analisi sulle funzioni del contratto collettivo emerge che, oggi, il quadro
dei compiti ad esso attribuibili è molto più complesso, dal momento che oltre alla funzione
normativa se ne affiancano molte altre che non consentono più di ridurre «la causa del contratto
collettivo alla funzione normativa». In questo senso G. GIUGNI, Diritto sindacale, cit., p. 147.
null Quanto finora detto riguarda e il profilo delle modalità con cui si svolge la
contrattazione collettiva e il profilo dell’evoluzione – storica e dei contenuti –
del contratto collettivo; diverso è, invece, il profilo attinente alla sua struttura.
null Per struttura contrattuale si intende l’insieme dei livelli nei quali si articola la
contrattazione collettiva, le loro relative funzioni e i rapporti intercorrenti tra
ciascuno di essi
27
. In Italia, la struttura contrattuale è articolata su tre diversi li-
velli negoziali: interconfederale, nazionale di categoria e decentrato
28
.
null Il livello negoziale più elevato e più ampio è quello degli accordi interconfe -
derali. Essi non hanno una scadenza periodica e determinata, tant’è che vengo-
no stipulati dalle confederazioni sindacali e datoriali quando queste lo ritenga-
no più utile e necessario, al fine di regolamentare singoli istituti
29
. La struttura
di vertice, nel nostro ordinamento è dunque la confederazione, organismo in-
tercategoriale competente a stipulare i suddetti accordi
30
.
null Il perno del nostro sistema contrattuale è il contratto collettivo nazionale di
categoria. Esso viene stipulato a «periodicità fissa»
31
; i soggetti legittimati a sti-
pulare i contratti collettivi nazionali di categoria sono, appunto, le federazioni
17
27
In particolare, oggetto precipuo del presente lavoro è la strutturazione verticale e in diversi
livelli della contrattazione collettiva e, nello specifico, la problematica relativa ai rapporti tra di
essi.
28
G. GIUGNI, Diritto sindacale, cit., p. 158
29
Ad esempio: licenziamenti individuali o collettivi e indennità di contingenza, in passato, e
RSU e assetti contrattuali, recentemente
30
La confederazione – se si accoglie l’impostazione della confederazione intesa come associa-
zione delle associazioni – può essere definita come «associazione di terzo (o quarto) grado», dal
momento che riunisce in sé i vari sindacati nazionali delle diverse categorie che, a loro volta,
raggruppano al proprio interno i sindacati regionali, che a loro volta inglobano i sindacati pro-
vinciali della stessa categoria: è questa la struttura verticale del sindacato. Si veda G. SANTO-
RO-PASSARELLI, Diritto sindacale, cit., p. 42
31
G. GIUGNI, Diritto sindacale, cit., p. 158. A tal riguardo, mentre nel Protocollo del 1993, il rinno-
vo avveniva ogni quattro anni per la parte normativa e ogni due anni per la parte economica,
attualmente, a partire dall’Accordo sulla riforma degli assetti contrattuali del 2009, di cui più
avanti illustrerò ampiamente i contenuti, è diventato, e ritornato, triennale, sia per la parte nor-
mativa che per quella economica.
nazionali di categoria. Nel settore privato, l’ambito di categoria, che general-
mente coincide con uno o più settori produttivi affini (ad esempio: l’alimentare,
il metalmeccanico, il chimico), è determinato dal contratto stesso, nel senso che
è il contratto nazionale che, per ciascuna categoria, fissa non solo i minimi di
trattamento economico-normativo per i singoli lavoratori, ma stabilisce anche il
quadro delle relazioni tra le organizzazioni sindacali stipulanti
32
.
null Infine, il contratto decentrato è stipulato o a livello territoriale, generalmente
provinciale (come ad esempio nei settori dell’edilizia, dell’agricoltura e del
commercio) oppure regionale (come nel settore dell’artigianato), ovvero a livel-
lo aziendale, il quale corrisponde alla singola impresa, ma può essere anche di
livello superiore, ossia per gruppo di imprese, o di livello inferiore, cioè di stabi-
limento o di reparto d’azienda
33
. La funzione del contratto decentrato è gene-
ralmente quella di integrare e completare la disciplina del contratto nazionale,
migliorando gli standard economico-normativi
34
ovvero risolvendo problemi
gestionali.
null Da questo quadro sintetico emerge che la struttura contrattuale può essere
definita centralizzata quando è dominante, in riferimento alle competenze e alle
materie regolate, il livello più esteso, ossia quello interconfederale o quello na-
zionale di categoria. Al contrario, la struttura contrattuale è decentrata quando
prevale il livello contrattuale più ristretto, cioè quello territoriale o aziendale.
Diversamente si definisce bipolare la struttura contrattuale in cui coesistono en-
18
32
G. GIUGNI, Diritto sindacale, cit. p. 158
33
Ivi p. 159
34
Da intendersi come i trattamenti complessivi applicabili ai rapporti individuali e collettivi di
lavoro.
trambi i livelli negoziali, i quali hanno competenze e funzioni sì ampie e rile-
vanti, ma distinte e autonome
35
.
null L’analisi storica che seguirà nei prossimi paragrafi evidenzia i fattori – come
ad esempio, la struttura del sistema produttivo e delle organizzazioni di rap-
presentanza delle imprese, la situazione del mercato del lavoro e l’andamento
del ciclo economico – che influenzano la scelta per un regime contrattuale cen-
tralizzato, decentrato o bipolare.
19
35
G. GIUGNI, Diritto sindacale, cit., p. 159