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CAPITOLO 1
Gli Exchange Traded Funds: caratteristiche e
peculiarità
1 Cosa sono gli ETF
Gli Exchange Traded Funds, meglio conosciuti dal grande pubblico con l’acronimo ETF,
possono essere definiti, con traduzione letterale del termine, “fondi quotati sul mercato”.
Tale definizione deriva dal fatto che questi strumenti non sono altro che una particolare
categoria di “Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio” (OICR) – Fondi
Comuni di Investimento aperti o SICAV – a gestione passiva
2
- il cui obiettivo è quello di
replicare più fedelmente possibile un indice di mercato (Benchmark) e le cui quote o azioni
hanno la peculiarità di essere negoziate direttamente in borsa come semplici titoli azionari.
Come per qualsiasi strumento quotato su un mercato regolamentato, infatti, è possibile in
ogni momento della seduta di negoziazione comprare o vendere le azioni di un ETF al
prezzo corrente di mercato, di conseguenza l’investitore può monitorare costantemente
l’andamento del proprio investimento e, come per qualsiasi fondo comune d’investimento,
con una sola transazione, acquistare un paniere di titoli più o meno diversificato, che
presenta le medesime caratteristiche di composizione in termini di asset e bilanciamento
del relativo benchmark.
Come si può intuire, l’acquisto di un ETF consente di investire in uno strumento con
caratteristiche di diversificazione del portafoglio del tutto analoghe a quelle di un fondo
2
Anche se una delle evoluzioni degli ultimi tempi è quella degli ETF a gestione attiva o semi-attiva il
cui obiettivo è quello di replicare benchmark costruiti ad hoc secondo metodologie di selezione dei titoli
basate sui fondamentali aziendali piuttosto che su analisi statistica. Il primo di tali strumenti fu emesso negli
Stati Uniti del Marzo del 2008, ma fu sottoposto a liquidazione dopo poco tempo nell’Ottobre del medesimo
anno.
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comune, al quale bisogna poi sommare i vantaggi connessi alla loro maggiore trasparenza
e flessibilità.
Trasparenza in quanto la formazione del prezzo e la composizione del paniere dei titoli in
portafoglio corrisponde costantemente a quella del benchmark di riferimento, anche se ciò
non è sempre vero come avremo modo di sottolineare quando si parlerà di ETF di seconda
e terza generazione basati su contratti Swap, flessibilità poiché la negoziazione continua
sul mercato secondario delle azioni consente di conoscere, istantaneamente, l’esatto valore
delle quote dell’ETF, a differenza delle quote di un qualsiasi fondo comune tradizionale la
cui valorizzazione avviene soltanto a fine seduta, e viene spesso comunicata agli investitori
privati solo dopo due giorni lavorativi per mezzo degli organismi di stampa.
La negoziazione sul mercato di borsa, inoltre, accresce l’efficienza consentendo di
intervenire tempestivamente e di ottimizzare il tempo intercorrente tra il momento della
contrattazione e l’effettiva realizzazione dell’operazione, e di ottenere così migliori
performance o, in caso di crolli repentini del mercato, di limitare eventuali perdite che
potrebbero maturare a causa di più elevati tempi di esecuzione degli ordini, evitando la
cosiddetta sottoscrizione al buio
3
.
Gli ETF presentano, d’altra parte, alcuni vantaggi anche rispetto ai titoli azionari con i
quali condividono la caratteristica di negoziabilità sul mercato di borsa: la diversificazione
del portafoglio dell’ETF consente di ottenere benefici, sia in termini di costi di transazione
che di tempi di esecuzione, cui un investitore sarebbe costretto a sopportare nel caso in cui
acquistasse separatamente ogni singolo titolo incluso nel paniere che compone il
benchmark.
In definitiva, si può affermare che la peculiarità degli Exchange Traded Funds consiste nel
racchiudere, in un unico strumento finanziario, la trasparenza e la flessibilità proprie dei
3
Per sottoscrizione al buio, si intende il fatto che quando un investitore intende sottoscrivere un fondo
comune tradizionale e si reca allo sportello non sa con certezza a quale prezzo avverrà la sua sottoscrizione in
quanto il NAV giornaliero verrà determinato con 1-2 giorni di ritardo. Gli ETF, che sono fondi quotati in
tempo reale evitano questo problema.
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titoli azionari e l’elevata diversificazione e l'assenza del rischio emittente tipica dei fondi
comuni di investimento
4
.
La strategia d’investimento che caratterizza gli ETF è abbastanza semplice, infatti, non
richiede la presenza di un gestore che operi in modo discrezionale alcuna attività di ricerca
e selezione dei titoli; ciò comporta che la rotazione del portafoglio di un ETF risulta essere
molto bassa ed avviene in corrispondenza dei ribilanciamenti periodici del benchmark di
riferimento, ciò si traduce in costi di gestione annui molto bassi – solitamente compresi tra
lo 0,05% e l’1% del Net Asset Value (NAV) – e implica l’assenza di commissioni di
entrata, di uscita o di performance. Il vero motivo del basso costo va ricercata nella totale
assenza di gestori da remunerare.
Gli ETF, esattamente come i fondi comuni, possono distribuire periodicamente agli
investitori i proventi derivanti dallo stacco dei dividendi dei titoli in portafoglio, in questo
caso saremo in presenza di ETF a distribuzione, nonché reinvestirli in caso di ETF ad
accumulazione.
Alcuni intermediari offrono la possibilità, anche per gli ETF, di inserire ordini allo
scoperto o a margine, come per i titoli azionari. E’, tuttavia, recente l’introduzione di
numerosi ETF che permettono di assumere posizioni ribassiste o a leva su un’ampia
gamma di indici di mercato. Tali strumenti si sono rivelati utili in particolare presso la
categoria degli investitori istituzionali, quali gli Hedge Funds che, durante la crisi
finanziaria del 2008, hanno visto ridotta o del tutto preclusa, da parte delle società di
gestione dei mercati regolamentati, la possibilità di realizzare investimenti allo scoperto su
numerosi strumenti finanziari con conseguente difficoltà nell’attuazione di operazioni
speculative o di copertura sui propri portafogli.
In definitiva, non è raro sentir parlare degli ETF come di strumenti adatti ad una classe di
investitori più “evoluti”, ovvero, soggetti che attuano le proprie scelte di investimento con
maggiore consapevolezza e indipendenza, senza dover delegare a terzi la gestione dei
propri patrimoni, come invece avviene attraverso l’acquisto dei fondi d’investimento attivi,
che affidano l’amministrazione di un patrimonio comune a più soggetti, ad un “gestore”,
4
Cfr. C. Mazzola e U. Fuso, (2004) “Investire in ETF. La sfida ai fondi comuni e alle gestioni”
Franco Angeli Editore, pag. 16.
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senza per altro avere alcuna garanzia che egli riuscirà ad ottenere performance
sistematicamente superiori rispetto a quelle del mercato.
Secondo il punto di osservazione, gli ETF possono essere visti alternativamente, come
titoli azionari se si vogliono enfatizzare le caratteristiche di strumento finanziario
acquistabile discrezionalmente dall'investitore direttamente sul mercato di borsa o, come
fondi comuni se ne vogliano enfatizzare le caratteristiche di prodotto venduto/consigliato
dalla rete di distribuzione. Tuttavia una cosa certa e non trascurabile, per la comprensione
degli strumenti, è che uno può contenere l’altro e non viceversa.
2 Cenni Storici: gli ETF dalle origini ad oggi
Gli ETF come numerosi altri strumenti finanziari sono il frutto dell’evoluzione dei mercati
e della regolamentazione degli stessi, delle esigenze degli investitori, nonché, delle crisi
che hanno colpito in passato il panorama finanziario mondiale e, tuttavia, rappresentano la
maggiore innovazione che l’industria finanziaria abbia proposto negli ultimi vent’anni agli
investitori in alternativa al risparmio gestito. Pertanto, per poter capire le ragioni del loro
successo, è necessario comprendere da dove nasce l’idea sottostante questo tipo di
strumento finanziario.
La nascita e lo sviluppo della teoria sottostante i moderni ETF è collocabile intorno alla
fine degli anni 70 del secolo scorso. Fino a quel momento, l’intera storia del mercato
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azionario era caratterizzata dalle analisi volte alla selezione delle migliori opportunità
d’investimento nel tentativo di massimizzare il profitto
5
. Questa tendenza subì un duro
colpo con la pubblicazione, nel Maggio del 1970, di un articolo, dal titolo “Efficient
Capital Markets: A Review of Theory and Empirical Work”
6
, scritto da Eugene Fama.
Secondo la teoria di Fama, se i mercati sono efficienti l’investitore può attendersi in media
una performance dai propri investimenti pari a quella del mercato, ciò indica che sarà
impossibile per tale soggetto realizzare performance migliori rispetto a quelle del mercato
nel suo complesso.
Ed è proprio intorno alla fine degli anni 70 e l’inizio degli anni 80 che si colloca lo
sviluppo dei primi portfolio trading (o program trading), ovvero strumenti che
consentivano di negoziare un intero portafoglio, spesso costituito dalle azioni incluse in un
indice di mercato, con un singolo ordine inviato ad una delle maggiori società di
brokeraggio.
In contemporanea alla nascita di questi strumenti, nello stesso periodo, si assiste al lancio
del primo futures sull’indice S&P 500, ciò diede la possibilità di negoziare portafogli di
titoli azionari per mezzo di contratti futures, consentendo, peraltro solo agli investitori
istituzionali, la possibilità di negoziare portafogli di mercato.
Come prevedibile l’interesse suscitato da questo genere di strumenti, fece crescere la
necessità di offrire prodotti del tutto simili anche per le istituzioni di piccole dimensioni
nonché per il mercato degli investitori privati.
La risposta a tale esigenza arrivò con l’introduzione nel 1989 degli “Index Participation
Shares” (IPS); tali strumenti – quotati sulla Philadelphia Stock Exchang
7
con il nome di
“Cash Index Participations” (CIPs), e presso l’American Stock Exchange con il nome di
5
A questo proposito si rimanda ai concetti della moderna teoria di portafoglio sviluppati da
Markowitz ed introdotta nel 1952 con un articolo apparso sul Journal of Finance dal titolo “Portfolio
Selection”.
6
Secondo quanto proposto da Fama, non è possibile realizzare extra-rendimenti rispetto alla
remunerazione ritenuta equa per una data azione, ciò significa non dovrebbe essere possibile ottenere
rendimenti aggiuntivi mediante la semplice attività di compravendita di titoli in quanto i prezzi delle attività
finanziarie ad ogni momento includono almeno tutta l’informazione pubblicamente disponibile e pertanto i
loro movimenti sono dovuti all’arrivo sul mercato di nuova informazione per definizione non prevedibile con
anticipo.
7
Ora conosciuta col nome di NASDAQ OMX PHLX.
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“Index Participation Shares” (IPS) - consentivano di replicare sinteticamente i rendimenti
di alcuni indici di riferimento. L’IPS sull’indice S&P 500 risultò essere il più scambiato tra
quelli offerti sul mercato.
Questi strumenti anche se scambiati sul mercato alla stregua delle azioni, possedevano
alcune caratteristiche che li accomunavano con i futures, ed è proprio tale peculiarità che
spinse la Chicago Mercantile Exchange (CME) e la Commodity Futures Trading
Commission (CFTC) a sporgere denuncia presso la corte federale di Chicago, la quale, li
assimilò a dei contratti futures illegali e ne dispose la chiusura o il trasferimento delle
negoziazioni in un’apposita borsa abilitata alla negoziazione dei contratti futures. Tale
sentenza portò alla sospensione delle negazioni degli IPS ed alla loro graduale chiusura,
nonchè all’inizio della ricerca di un valido sostituto che potesse essere liberamente
negoziato come le azioni.
Nel corso del 1990, prodotti simili agli IPS furono introdotti in Canada sulla Borsa di
Toronto. Denominati “Toronto Stock Exchange Index Participations” (TIPS), erano
strumenti basati su ricevute di deposito (warehouse receipt) relative alle azioni costituenti
l’indice di riferimento; avevano inizialmente l’obiettivo di replicare l’andamento
dell’indice delle blue chips canadesi, il TSE 35, e successivamente il TSE 100
8
.
Per evitare che i TIPS potessero essere considerati alla stregua di surrogati dei contratti
Futures, fu impiegata la struttura del Trust
9
, il cui Trustee designato era State Street Trust
Company Canada. Tale struttura, consentiva a questi strumenti di essere negoziati sul
mercato come i tradizionali titoli azionari. Caratteristiche di questi strumenti erano i
bassissimi costi di gestione, pari allo 0,05%, e un’elevata efficienza fiscale determinata
dalla limitata distribuzione di capital gains, derivanti in gran parte dalla vendita dei titoli in
garanzia in concomitanza con i ribilanciamenti periodici dell’indice di riferimento o dello
stacco di dividendi straordinari di elevato importo automaticamente reinvestiti nel TIPS.
8
Il primo dei due strumenti, il Toronto 35 Index Participations (TIPS 35), fu lanciato sulla TSE nel
Marzo del 1990, mentre, il Toronto 100 Index Participation Units (HIPs) fu lanciato sul mercato alcuni anni
dopo il 25 Settembre 1995 (Fonte: Toronto Stock Exchange).
9
Il Trust è un rapporto in virtù del quale un dato soggetto, denominato trustee, gestisce un patrimonio
che gli è stato trasmesso da un altro soggetto, denominato settlor, per uno scopo prestabilito, nell’interesse di
uno o più beneficiari o per un fine specifico. I beni del Trust rappresentano un patrimonio separato sia
rispetto a quello del trustee, sia rispetto a quello del settlor.
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I TIPS furono vittime incolpevoli del proprio successo, e la scarsa abilità degli emittenti e
dei gestori nel far fronte ai costi comportò nei primi anni 2000 la liquidazione del loro
portafoglio o la cessione e la conversione delle Unit, le quote del TIPS, in azioni del 60
stock index di Barclays Global Investors (BGI) a discrezione degli investitori.
Data la somiglianza tra gli attuali ETF e i TIPS, i quali come i primi potevano essere
venduti allo scoperto o acquistati a margine, il Canada è considerato da molti come il vero
luogo di nascita di tali strumenti.
Mentre in Canada i TIPS spopolavano, sia tra gli investitori istituzionali sia tra i privati,
grazie anche alle opportunità di arbitraggio e hedging offerte dai derivati correlati, negli
Stati Uniti, la ricerca di una valida alternativa agli IPS, portò allo sviluppo di due nuovi
prodotti legati a portafogli azionari: il SuperTrust e l’SPDR.
Il SuperTrust era un prodotto piuttosto complesso, che per le sue caratteristiche si
collocava a metà strada tra un fondo comune d’investimento aperto e un titolo azionario,
operante sotto la doppia struttura del trust e del fondo comune. La sua creazione da parte di
Leland O’Brien e Rubinstein Associates (LOR) è legata all’applicazione concreta del concetto di
Supershares sviluppato da Hakansson
10
.
Affinché il SuperTrust potesse essere concretamente autorizzato, era necessario creare un
fondo indicizzato, un Exchange Traded Fund, quotato sul mercato di borsa che avesse la
capacità di rimborso delle quote. Pertanto la LOR nel 1990 si assunse l’oneroso e arduo
compito di chiedere alla Securities and Exchange Commission (SEC) l’autorizzazione alla
creazione di un ETF, che potesse garantire il SuperTrust, e che sostanzialmente ricalcasse
la composizione e la struttura dell’indice S&P 500. L’Index Trust SuperUnit, questo è il
nome che fu dato all’ETF, e il SuperTrust furono così avviati alle negoziazioni nel 1993
dopo l’emanazione da parte della SEC di un atto, il “Super Trust Order”
11
, che concedeva
10
Per ulteriori approfondimenti, fare riferimento a HAKANSSON, Nils H., “Welfare Aspects of
Options and Supershares”, Journal of Finance, vol. 33, pp. 759-776, June 1978. Si veda anche
HAKANSSON, Nils H., “The Purchasing Power Fund: A New Kind of Financial Intermedi-ary”, Financial
Analysts Journal, vol. 32, pp. 49-59, November/December 1976 e ROSS, Steve A., “Options and Effi-
ciency”, Quarterly Journal of Economics, pp. 75-89, 1976.
11
L’Investment Company Act Release n. 17809, denominato non a caso il “Super Trust Order”, che
garantì esenzioni in materia di regolamentazione riguardo le Unit Investment Trust, le regole in materia di
società di investimento e quelle relative alla vendita e allo scambio di azioni.
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a LOR specifiche esenzioni dall’Investment Company Act del 1940. Tuttavia, il fondo si
rivelò troppo complesso per il mercato e fu definitivamente liquidato nel 1996.
Beneficiando del Super Trust Order, l’American Stock Exchange LLC (AMEX), attraverso
la controllata PDR Services LLC, il 23 gennaio 1993 lanciò sul mercato quello che è
considerato il primo vero e proprio ETF della storia, lo Standard & Poors Depository
Receipt (SPDR) Trust, subito ribattezzato “Spider”. Lo strumento, ancora oggi quotato sul
segmento NYSE Arca del New York Stock Exchange (NYSE), che nell’ottobre del 2008
ha acquisito il business di AMEX, rappresenta un chiaro esempio di risposta creativa alle
crescenti difficoltà in cui versava quest’ultima istituzione nei primi anni 90 a causa della
crescente concorrenza del NASDAQ
12
.
Fu Nathan Most ad ideare lo Spider grazie alle competenze maturate nel settore delle
commodity, dove, è prassi consolidata quella di depositare le merci presso società
fiduciarie in cambio dell’emissione di ricevute di deposito (depositary receipt) che ne
rappresentano i relativi diritti proprietari. La struttura scelta per la costruzione dello
“Spider” era quella dello Unit Investment Trust che forniva vantaggi sia in termini di
semplicità organizzativa ed operativa che di costo.
Il successo di questo strumento è dimostrato dal fatto che, a diciassette anni di distanza
dalla sua quotazione sull’AMEX, lo “Spider” è l’ETF quotato negli Stati Uniti che
presenta il maggior controvalore di Asset in gestione
13
.
Sempre nel 1993, Morgan Stanley, sfruttando la meno restrittiva normativa
lussemburghese, in materia di emissione di titoli, creò ed iniziò a negoziare proprio su
questo mercato gli “Optimized Portfolios as Listed Securities” (OPALS), strumenti
principalmente rivolti agli investitori istituzionali e legati ai diversi indici di Morgan
Stanley Capital International (MSCI).
12
Lo stesso Nathan Most, che insieme a Steven Bloom, è il padre dello “Spider” ha affermato: << Non
conosco nessuno strumento finanziario, se non gli Exchange Traded Funds, la cui genesi debba essere
ricondotta principalmente alla necessità di una borsa valori di trovare qualcosa da scambiare sul mercato>>.
(Cfr. j. Wiandt, “Exchange Traded Funds”).
13
Secondo i dati contenuti nel report mensile pubblicato dal Global ETF Research and Implementation
Strategy Team di BlackRock a fine febbraio 2010 gli AUM gestiti dall’SPDR S&P 500 ammontavano a oltre
70 miliardi di Dollari.
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Grazie allo sviluppo degli OPALS e alla più flessibile regolamentazione lussemburghese,
Morgan Stanley maturò un’importante esperienza su tecniche di investimento che,
successivamente, furono applicate agli ETF autorizzati alle negoziazioni dalla SEC negli
USA e sottoposti ad una regolamentazione più restrittiva.
Nel 1995 la SEC autorizzò la quotazione del Mid Cap SPDR, del tutto analogo per struttura
allo Spider tranne che per il bechmark di riferimento, l’indice S&P Mid Cap 400
rappresentativo delle 400 migliori società statunitensi a media capitalizzazione.
Nel 1996, Morgan Stanley in collaborazione con Barclays Global Investors e l’AMEX, nel
tentativo di offrire anche ai piccoli risparmiatori statunitensi un prodotto analogo agli
OPALS, lanciò 17 ETF autorizzati dalla SEC e denominati “World Equity Benchmark
Shares” (WEBS)
14
. Tali strumenti, strutturati sotto forma di Investment Company
15
,
avevano come riferimento i maggiori indici azionari nazionali di diversi paesi.
Dopo il successo riscosso dallo Spider, che consentiva agli investitori statunitensi di
acquistare con una sola transazione l’indice S&P 500, nel 1998 l’AMEX lanciò un nuovo
ETF, denominato Dow DIAMONDS
16
, legato ad un altro importante indice azionario, il
Dow Jones Industrial Average.
L’anno successivo State Street Global Advisor, in collaborazione con Merrill Lynch,
introdusse 9 ETF, denominati “Select Sector SPDR”, ciascuno focalizzato su uno specifico
settore tra quelli compresi nell’indice S&P 500
17
.
Nel 1999 è la volta di un ETF, il “NASDAQ- 100 Index Tracking Stock” (noto come Cubes
o QQQ)
18
, legato ad un altro importante indice di mercato statunitense il NASDAQ-100,
rappresentativo delle 100 principali società non finanziarie quotate sul Nasdaq.
14
Barclays Global Investors, sussidiaria di Barclays Plc., fu designato come fund manager ed in
seguito all’emissione di ulteriori ETF nel 2000 ribattezzò il business in iShares, successivamente ceduto nel
giugno del 2009 a BlackRock.
15
Che a differenza della struttura tipo Unit Investment Trust conferiva maggiore flessibilità ed
efficienza in termini di reinvestimento dei dividendi.
16
Rinominato nel 2007 SPDR Dow Jones Industrial Average ETF Trust.
17
In realtà le 9 società del settore delle Telecomunicazioni furono accorpate a quelle del settore
dell’Information Technology.
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Nel Novembre 1999, compare il primo ETF anche presso la Borsa di Hong Kong, il
“Tracker Fund of Hong Kong”
19
, gestito da State Street Global Advisors Asia Ltd e legato
all’andamento dell’indice Hang Seng.
Il 21 luglio 2001 Il NYSE annuncia l’estensione, con decorrenza 31 luglio 2001, degli
Unlisted Trading Privileges (UTP)
20
ai tre maggiori ETF ivi quotati, ovvero: il Nasdaq 100
Index Tracking Stock (QQQ), lo Standard & Poor’s Depositary Receipts (SPY) e il Dow
Industrial DIAMONDS (DIA). Questo annuncio risulta di particolare importanza in quanto
per la prima volta nella sua storia il NYSE estende gli UTP a strumenti quotati sul mercato
azionario
Con l’inizio del nuovo millennio si assiste all’espansione del mercato degli ETF anche al
di fuori degli Stati Uniti, in particolare in Europa, dove, l’11 aprile del 2000 l’Exchange-
Traded Fund Co.
21
lanciò i primi due ETF del vecchio continente sulla Deutsche Boerse;
gli strumenti denominati “Listed Diversified Return Securities” (LDRS)
22
, di li a poco,
vennero quotati in cross-listing anche sulla Borsa di Zurigo. L’obiettivo di questi ETF era
quello di replicare gli indici Dow Jones STOXX 50 e Dow Jones EURO STOXX 50.
Il 28 aprile dello stesso anno Barclays Global Investors (BGI) introdusse “l’iShares FTSE
100” sul segmento extra MARK del London Stock Exchange.
Nell’ottobre del 2000 è la volta della Stockholm Stock Exchange che da il avvia alle
contrattazioni del primo ETF, mentre, nel corso del mese di gennaio 2001 le negoziazioni
sui primi “Trackers” vengono avviate anche sul segmento NextTrack del circuito NYSE
Euronext, prima a Parigi, poi ad Amsterdam ed infine a Bruxelles.
18
Il Cubes, sponsorizzato e gestito a partire dal 21 Marzo 2007 da Invesco PowerShares Capital
Management LLC, società del gruppo Invesco Ltd., quotato sull’AMEX fino al 2004, è stato spostato sul
Nasdaq, dove ha assunto il nuovo codice:QQQQ.
19
Nel 1998 il governo di Hong Kong acquisì un consistente portafoglio di azioni delle società
nazionali per sostenere il tasso di cambio nazionale durante la Crisi Finanziaria Asiatica. Per ridurre al
minimo l’impatto sul mercato, che la loro vendita avrebbe creato, il governo decise di lanciare un’offerta
pubblica di vendita sulle azioni dell’ETF.
20
Gli Unlisted Trading Privileges, letteralmente privilegi di negoziazione per strumenti non quotati,
sono essenzialmente il diritto, riconosciuto dal Securities Act emanato dal congresso nel 1934 dopo il crollo
del 1929 per far fronte alla grande depressione, di scambiare i titoli quotati in una qualsiasi delle borse
nazionali statunitensi in parallelo anche in uno o più degli altri mercati.
21
Società del gruppo Barclays successivamente conferita nel business iShares.
22
Gli LSDR erano gestiti da Merrill Lynch.
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In Italia, bisogna attendere fino al 25 settembre 2002 per assistere alla quotazione dei primi
ETF; affianco ai due LDRS sugli indici Dow Jones STOXX 50 e Dow Jones EURO
STOXX 50, gestiti da Exchange-Traded Fund Co. viene quotato da parte di Lyxor
International Asset Management il DJ Euro Stoxx 50 Master Unit.
Da qui in avanti, la competizione su questo mercato diventa sempre più serrata grazie
all’ingresso dei più importanti player internazionali, solo per citarne due Credit Suisse
23
e
Deutsche Bank
24
, e all’emissione di strumenti sempre più sofisticati e focalizzati su asset
class, settori o aree geografiche difficilmente raggiungibili, in particolar modo, da parte dei
piccoli risparmiatori.
Il 26 luglio 2002 Barclays Global Investors quotò sull’AMEX i primi quattro ETF legati al
mercato del reddito fisso, in replica dei tre indici di Lehman Brothers sui Treasury Bond
con diverse scadenze, comprese tra 1 e oltre 20 anni, e un indice di Goldman Sachs su
obbligazioni corporate.
Il 2003 è l’anno del primo “Exchange Traded Commodity” (ETC), strumenti che investono
su indici di materie prime
25
. Lo strumento, denominato “Gold Bullion Securities”, che
seguiva i movimenti di prezzo dell’oro fu creato da ETF Securities in collaborazione con il
World Gold Council e fu quotato sulla Borsa Australiana.
Il 2005 è invece l’anno dell’arrivo sull’AMEX del primo ETF monetario, “l’Euro
Currency Trust” di Rydex Investments, che rappresenta solo il primo di una lunga serie di
ETF che negli Stati Uniti e in Europa forniscono rendimenti legati ai movimenti delle
principali valute internazionali.
23
Che nel marzo del 2001 ha quotato sulla Swiss Exchange il primo ETF legato all’indice SMI.
24
La Banca tedesca ha fatto il proprio ingresso su questo mercato nel corso del gennaio 2007
attraverso la piattaforma db x-trackers, ed il lancio sulla Deutsche Boerse dei primi 8 ETF.
25
A differenza degli ETF, gli ETC sono garantiti direttamente dalla materia prima nella quale
investono, piuttosto che dal portafoglio di azioni costituenti il benchmark. Gli ETC, inoltre, non sono fondi
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Nel 2007 Borsa Italiana inaugura il mercato telematico ETFplus
26
, creato appositamente
per ospitare le negoziazioni degli strumenti che replicano un benchmark o singole materie
prime.
Il 2007 segna la nascita dei primi ETF strutturati, strumenti che non si limitano più a
replicare fedelmente il proprio benchmark di riferimento ma consentono di accedere a
particolari strategie di investimento quali, la possibilità di sfruttare la leva finanziaria
(Leveraged ETF), proteggersi dai ribassi del mercato di riferimento (ETF protective put) o
ancora di puntare con o senza leva sui ribassi del mercato di riferimento (ETF Short).
Come si evince da questo breve excursus storico, gli ETF dalle loro origini fino ai nostri
giorni hanno acquisito sempre maggiore popolarità, sia tra gli investitori istituzionali che
tra i privati
27
, e ciò è chiaramente visibile dai dati riportati nel grafico sottostante che
presenta l’evoluzione del mercato in termini di strumenti quotati e asset in gestione.
26
Al suo debutto su ETFplus erano quotati 108 ETF e gli emittenti erano 6: EasyETF, Lyxor,
Deutsche Bank, iShares, Crédit Agricole e Nasdaq stock market. Il segmento degli ETC è nato nella seconda
metà di aprile 2007
27
Secondo i dati esposti in un report, elaborato da BlackRock, celebrativo dei 10 anni dalla quotazione
del primo ETF sul mercato europeo, il tasso di crescita composto annuo del mercato degli ETF è pari al
58,1% negli Stati Uniti, al 53,1% in Canada e al 90,5% in Europa.