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Introduzione
La storia dell’arte ci ha insegnato ad apprezzare le opere nella loro dimensione artistica, ma
raramente si è soffermata su un aspetto che è da sempre il motore della creazione di beni:
l’esistenza di un sistema di domanda e offerta che costituisce la struttura di un “mercato” di
compravendita.
Nonostante nei secoli scorsi rappresentasse un aspetto del tutto naturale del processo
artistico, se non la base dello stesso, essendo la fonte di sostentamento di chi creava, nel
tempo sono nati movimenti di protesta verso quella che è stata definita la
“commercializzazione dell’arte”, in realtà da sempre presente e conosciuta.
Molti artisti, nel ‘900, si sono battuti contro questo concetto ritenuto alla stregua di un
problema etico, ma nessuno di questi è riuscito a placare il processo che ha portato in
superficie quello che oggi definiamo impropriamente “mercato dell’arte”.
Questa evoluzione ha avuto fondamento nell’idea che l’arte potesse diventare un buon
investimento, non solo estetico, ma anche finanziario. Le crisi economiche che hanno
caratterizzato l’ultimo secolo hanno permesso di creare intorno alle opere d’arte una
reputazione di bene rifugio in grado di tenere al riparo dalle fluttuazioni dei mercati i
risparmi di una vita e, perchØ no, di ricavarne anche un profitto rivendendo l’opera ad un
prezzo superiore di quello dell’acquisto.
In questa sede si analizzerà la struttura di questo mercato (Capitolo 1), che si compone di
soggetti molto diversi tra loro ma con ruoli ben precisi e peculiarità proprie.
In primis, gli attori della domanda e dell’offerta sono principalmente soggetti che, a seconda
dell’intenzione, si pongono come compratori e venditori. Storicamente, sono rappresentati
dai collezionisti che, in tutto il mondo, si sono sempre posti come “mecenati” dell’era
moderna, e hanno permesso la crescita del mercato, che non è però limitato ai privati amanti
dell’arte.
Anche attori istituzionali intervengono nelle dinamiche di domanda e offerta, e hanno svolto,
soprattutto negli ultimi decenni, un ruolo di importanza non minore: si farà riferimento alle
istituzioni pubbliche, alle aziende ed istituti bancari, ed ai musei che, soprattutto nei paesi
anglosassoni, sono soggetti attivissimi sul mercato.
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Il lato dell’offerta si distingue da quello della domanda perchØ composto da un'unica
categoria di attori: gli artisti. Genio e sregolatezza, sono i protagonisti indiscussi del mondo
dell’arte e, negli ultimi anni, si sono mostrati anche abili venditori delle proprie creazioni.
Tra i due fuochi della domanda e dell’offerta, il mercato dell’arte è costituito da soggetti
intermediari che sono i promotori degli scambi.
Si tratta storicamente di due principali categorie: la prima è quella delle gallerie e dei
mercanti privati, mentre la seconda è rappresentata dalle case d’asta, il cui business è
dominato dai giganti Christie’s e Sotheby’s, le eterne rivali che dominano da sempre il
mercato delle aste pubbliche mondiali.
Figura I Il posizionamento della consulenza rispetto al mercato dell'arte
Dall’inizio del nuovo millennio, si sono imposti però altri operatori la cui importanza è in
continua e forte ascesa: gli art advisors. Questi soggetti sono cresciuti con lo sviluppo del
mercato dell’arte nell’ottica dell’investimento finanziario e, vista la fortuna di cui ha goduto
il mercato nei primi anni 2000, si sono ritagliati una fetta importante di business.
Il servizio di art advisory è fornito, da una parte, da alcune banche e destinato ai propri
clienti, mentre dall’altra da società di consulenza sviluppate sul web e accessibili a tutti.
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Viene quindi analizzata la struttura e il funzionamento di questo mercato atipico e il suo
sviluppo che lo ha portato ad essere considerato la nuova frontiera dell’investimento.
Questa nuova vocazione dell’arte ha attratto capitali ed interesse non solo per le sue
potenzialità finanziarie, ma anche per lo sviluppo di un nuovo business di consulenza a
supporto alle decisioni di investimento.
In questo panorama, si inseriscono le società di consulenza del mercato dell’arte (Capitolo
2) che, nate alla fine degli anni ’90, si sviluppano come aziende del settore dot.com facendo
leva su database proprietari contenenti i risultati delle aste pubbliche e ponendosi come
gestori di un network – anche virtuale – tra gli operatori di mercato.
Di queste, sono analizzati i casi di due, ad oggi, tra le principali società di consulenza che
fanno riferimento al mercato mondiale: la prima di queste è Artprice, azienda francese
fondata da Thierry Ehrmann che fa del suo vasto database dei risultati d’asta il suo punto di
forza; la seconda è Artnet, fondata dal gallerista Hans Neuendorf e divisa tra le sue principali
sedi in Germania e Stati Uniti che – in continuità con l’attività del suo fondatore - punta
maggiormente sulla creazione del network di operatori di mercato.
Entrambe sono quotate in borsa (rispettivamente a Parigi e Francoforte) e presentano aspetti
distintivi – descritti nell’analisi - dei corsi azionari.
Nell’ambito del mercato italiano (Capitolo 3), la società di consulenza leader è ArsValue.
L’Italia rappresenta una percentuale sicuramente limitata del mercato mondiale, ma è una
realtà interessante che è analizzata nelle sue particolarità: ArsValue si pone su questo
mercato come consulente indipendente, e ha sviluppato il proprio modello di business
concentrandosi nelle attività di supporto alle decisioni di investimento, offrendo servizi sia
ad investitori istituzionali che a piccoli collezionisti interessati al mercato.
Queste tre società agiscono nel settore della consulenza offrendo servizi di base simili, un
database dei risultati delle aste e una piattaforma virtuale dedicata ai soggetti operanti sul
mercato, ma hanno sviluppato una strategia di azione che, per ognuna, è diversa e
complementare.
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Capitolo 1: Domanda e offerta
1. La domanda
Nei secoli passati, la domanda di opere d’arte è provenuta in gran parte da soggetti
intenzionati al mecenatismo e mossi dalle piø disparate ragioni (amore per le arti, volontà di
esibire la propria ricchezza, celebrazione di vittorie…): questi soggetti si studiano nei libri di
storia dell’arte, soprattutto perchØ hanno permesso per molto tempo la sopravvivenza degli
artisti.
In epoca piø recente, i soggetti della domanda si sono ampliati e diversificati. Possiamo
identificare principalmente tre categorie di atteggiamenti presenti oggi sul mercato:
1. I mecenati: rappresentano i committenti d’arte, agiscono quindi nel mercato primario,
avendo diretto contatto con gli artisti. Si pongono nel mercato soprattutto in veste di
“talent scout”
2. I collezionisti puri: operano nel mercato secondario e rappresentano soggetti molto
diversi tra loro. Possono essere singoli soggetti privati (collezionisti nel senso classico
del termine), ma anche aziende, enti di ogni genere, banche, musei. La motivazione che
spinge all’acquisto questi soggetti è di carattere principalmente emozionale e culturale
3. Gli speculatori: fanno riferimento anch’essi al mercato secondario, ma sono mossi
soprattutto dall’obiettivo della generazione di un profitto. Sono soggetti che si sono
affacciati sul mercato in un tempo piuttosto recente, motivati proprio dall’affermazione e
dalla crescita del settore, che ha reso possibile la creazione di un sistema che può essere
valutato come profittevole
La distinzione tra queste tipologie non è stringente nØ netta, e molto spesso si possono
trovare nello stesso soggetto diverse di queste anime.
In particolare, l’anima del “mecenate” appartiene a diversi soggetti che si pongono come
attori sia della domanda che dell’offerta: si pensi, ad esempio, a Charles Saatchi, grande
collezionista d’arte ma anche forte sostenitore degli artisti emergenti. Tra i “produttori”,
l’artista Michelangelo Pistoletto ha fondato “Cittadellarte-Fondazione Pistoletto” per
promuovere l’arte, l’architettura, l’educazione, anche organizzando concorsi per giovani
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artisti al fine di “ portare operativamente l'intervento artistico in ogni ambito della società
civile”
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Nel mercato di oggi troviamo quindi come attori della domanda:
• Collezionisti privati
• Gallerie d’arte
• Istituzioni pubbliche
• Aziende ed istituti bancari
• Musei
Per quanto riguarda l’offerta di beni artistici, questa è proposta da diversi soggetti, molti dei
quali coincidono con quelli della domanda: i collezionisti privati, come le aziende, hanno la
facoltà di acquistare opere come di rivenderle sullo stesso mercato, per avere liquidità da
investire in nuove opere oppure per ricavarne un profitto.
Lo stesso vale per i musei, seppur con limitazioni e controversie dovute alle legislazioni
nazionali.
Tendenzialmente, però, i principali soggetti che si pongono come produttori sul mercato
sono gli artisti stessi.
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Cfr. www.cittadellarte.it
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1.1. I collezionisti privati
1.1.1. La nascita del collezionismo moderno
I collezionisti privati rappresentano una categoria di soggetti in grado di influenzare
realmente il corso della storia artistica e del suo mercato: scelgono opere che incontrano il
gusto personale e garantiscono la propria scelta investendo il proprio denaro.
Storicamente, debuttano sulla scena e si sviluppano con l’affermarsi della borghesia
commerciale, soprattutto olandese e fiamminga, nel corso del XVII secolo.
Nei Paesi Bassi del Seicento, non a caso, nascono anche la Borsa di Rotterdam e diversi
prodotti finanziari che permettevano di speculare sulle partite di aringhe ancora da pescare o
sui bulbi di tulipano da seminare.
Il clima puritano permetteva inoltre di valutare la ricchezza come uno stato di grazia e non,
come da tradizione cattolica, conseguenza di azioni peccaminose: è quindi in questo contesto
che le classi emergenti e piø agiate arricchiscono gli interni delle proprie case di mobili,
decorazioni e quadri, ridotti nel formato classico adottato per le sale di chiese o palazzi
nobiliari, per essere meglio collocati e trasportati.
Variano anche i soggetti: non piø temi religiosi o ispirati alla vita dei santi, ma raffigurazioni
di paesaggi, nature morte, interni domestici. Di questo rinnovamento ne hanno fatto la
propria bandiera artisti come Rembrandt e Vermeer, maestri indiscussi di un genere che sarà
caratteristica peculiare dell’aerea fiamminga per oltre un secolo.
La rivoluzione industriale ha spostato l’asse del collezionismo verso l’area anglosassone, a
partire dall’Inghilterra dei capitalisti della catena di montaggio: questi nuovi soggetti sono
riusciti ad accumulare proprietà, benessere e agiatezza introducendo una caratteristica nuova
nei collezionisti, ovvero un potere d’acquisto senza precedenti nella storia della borghesia.
Il mercato dell’arte trova quindi la sua capitale in Parigi, dove numerosi artisti poveri e
sconosciuti riescono a vivere grazie al cambio-merce e all’apporto di tanti piccoli
commercianti. Questi stessi artisti saranno tra i maggiori del XIX secolo.
I grandi imperatori francesi iniziano ad appassionarsi al collezionismo d’arte dopo la
rivoluzione del 1848 e si impongono come nuovi mecenati: acquistano gli olandesi del
Seicento ma anche opere di artisti viventi. Grandi mecenati saranno anche i magnati della
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finanza e dell’industria francese che faranno affidamento sia ai consigli dell’Accademie
Francaise, sia al proprio intuito.
La Francia ha visto sbocciare il fenomeno del collezionismo anche tra personaggi non
particolarmente ricchi, come Ernest Hoschedè, proprietario di un ristorante dove invitava
spesso Manet, Sisley e Pisarro, o Caillebotte, artista lui stesso, che aveva intuito
l’importanza degli impressionisti. Caillebotte aveva raccolto una quantità importante di
dipinti impressionisti che, alla sua morte, ha lasciato allo Stato francese: quest’ultimo,
giudicando i dipinti impressionisti di scarso valore, ha rifiutato, con poca lungimiranza, la
generosa donazione.
Il pasticcere parigino Eugene Muerer ha incaricato Renoir della decorazione del suo
negozio, oltre ad aver scambiato con un’ignara cliente una torta saint-honorè con un Pisarro
che la signora aveva vinto alla lotteria di quartiere.
Ma il collezionista piø geniale e meno dotato economicamente è stato Victor Choquet,
impiegato di dogana, che spendeva quasi tutto il suo stipendio per acquistare a poco prezzo
capolavori di cui quasi nessuno aveva ancora compreso il valore artistico e commerciale.
Alla sua morte, la sua collezione è stata venduta all’asta: comprendeva anche trentadue
Cezanne, undici Manet e undici Renoir.
Grandi collezionisti sono andati affermandosi anche negli Stati Uniti, dove lo sviluppo della
rete ferroviaria ha portato l’economia americana a trasformarsi da agricola in industriale.
Dopo il 1880, i ricchissimi finanzieri ed industriali d’oltreoceano hanno fortemente
intensificato i loro acquisti d’arte a Parigi, facendo crescere le quotazioni degli
impressionisti.
Con l’ingresso della pittura europea nel mercato americano inizia l’epoca delle
supervalutazioni.
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1.1.2. I collezionisti nel ‘900: esempi illustri negli Stati Uniti
Il ‘900 ha visto svilupparsi in modo deciso la pratica del collezionismo, anche grazie al
fiorire del mercato ed alla sua forte espansione in tutto il mondo.
Molti sono stati i magnati che hanno deciso di investire in arte grosse somme di denaro e che
hanno creato importantissime raccolte, spesso confluite in grandi musei.
Un esempio illustre è stato sicuramente quello della famiglia Guggenheim: dapprima,
Solomon, erede di una grossa fortuna creata dal padre e dal nonno grazie all’industria
mineraria.
La moglie Irene Rothschild lo ha spinto ad acquistare diverse opere d’arte e gli ha trasmesso
la sua passione per l’arte contemporanea: consigliati dalla giovane pittrice Hilla Rebay,
hanno girato l’Europa per acquistare Chagall, Kandinsky, ma anche Bonnard e Cezanne.
Nel 1937 Solomon Guggenheim ha costituito una fondazione a suo nome e creato, due anni
piø tardi, il “Museum of non-objective painting”, che nel 1959 viene trasferito nella famosa
sede progettata da Frank Lloyd Wright a New York.
Successivamente, si sono aggiunte alla collezione originale altre collezioni private, come
quella di Justin K. Tannhauser, Karl Nierendorf o Giuseppe Panza di Biumo, permettendo al
museo di ampliare il suo campo di pertinenza.
Solomon non è stato l’unico Guggenheim della storia del collezionismo, ma ha visto una
degna erede nella nipote Penny. Protagonista della vita mondana e culturale di Parigi, ha
iniziato a collezionare, soprattutto arte astratta e surrealista, seguendo i consigli di Marcel
Duchamp. Sposata con l’artista Max Ernst, è costretta a trasferirsi negli Stati Uniti con lo
scoppio della Seconda Guerra Mondiale. A New York viene a contatto con artisti come
Rothko, Motherwell e Pollock: a quest’ultimo, passa uno stipendio e lo prende sotto la sua
ala protettiva.
Con la fine della guerra, Penny torna in Europa e si stabilisce a Pallazzo Venier dei Leoni a
Venezia, residenza che trasforma in un museo.
Un altro importante collezionista americano è stato l’industriale Paul Getty, magnate
dell’industria petrolifera. Getty ha accumulato una grande raccolta di reperti archeologici e
opere d’arte, confluite nel museo che ha creato a Los Angeles.
Grande collezionista è stato anche il mercante d’arte italiano Leo Castelli, costretto ad
emigrare negli Stati Uniti a causa delle leggi razziali nel 1941.
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In questi anni, il centro mondiale dell’arte si era spostato da Parigi a New York, consentendo
a Castelli di instaurare rapporti con personalità come Penny Guggenheim, De Kooning e
Pollock. La sua strategia si è fondata sull’importanza delle nuove generazioni: ha così
supportato la Pop Art di Rauschenberg e Johns, e ha fondato una galleria nel quartiere
“squattrinato” di Soho per essere piø vicino ai nuovi talenti ed alle nuove energie creative.
La consacrazione in Europa è arrivata con la vittoria di Rauschenberg alla Biennale di
Venezia del 1964, attraendo intorno a Castelli sempre nuove personalità, da Oldenburg a
Warhol, da Rosenquist a Kosuth.
Scrive Gillo Dorfles di Castelli: "Non ho mai conosciuto critici migliori dei galleristi di
talento, forse perchØ non riesco ad ammettere che una persona qualsiasi si possa mettere a
comprare e vendere delle opere d’arte se non ha sensibilità per farlo. Ma negli ultimi tempi
mi capita spesso di pensare che sarebbe tutto molto diverso se i galleristi imparassero il vero
segreto del mio amico Leo Castelli: l’amore per l’arte".