1. Definizione di un museo
L’ICOM (International Council of Museums)
ICOM – Il Consiglio internazionale dei musei è l’organizzazione internazionale
dei musei e dei professionisti museali impegnata a preservare, ad assicurare la
continuità e a comunicare il valore del patrimonio culturale e naturale mondiale,
attuale e futuro, materiale e immateriale. Riunendo più di 199.000 aderenti presenti
nei 5 continenti, l’ICOM costituisce una rete internazionale di comunicazione e di
confronto per i professionisti museali di tutte le discipline e tutte le specialità. Essi
partecipano alle attività dell’Associazione, che si svolgono a livello locale e
internazionale, attraverso convegni, pubblicazioni, momenti di formazione, gemellaggi
e la promozione dei musei. Creato nel 1946, all’indomani della Seconda guerra
mondiale, per iniziativa di Chauncey J. Hamlin, Presidente dell’AAM (American
Association Museums), con l’obiettivo di diffondere la reciproca conoscenza fra le
culture come base comune per la pace, l’ICOM è un’organizzazione senza fini di lucro,
in gran parte finanziata dalle quote dei suoi aderenti e grazie al sostegno di diversi
organismi pubblici e privati. Organizzazione non governata (ONG), l’ICOM è associato
all’UNESCO e gode dello status di organismo consultivo presso il Consiglio economico
e sociale delle Nazioni Unite. La Segreteria e il Centro d’informazione dell’ICOM hanno
sede a Parigi presso la Maison de l’UNESCO e assicurano il coordinamento delle
attività e dei programmi a livello internazionale.
Lo Statuto dell’ICOM
Lo Statuto dell’ICOM è stato adottato dalla 16a Assemblea generale dell’ICOM
(L’Aja, Olanda, 5 settembre 1989) ed è stato modificato dalla 18° Assemblea generale
dell’ICOM (Stavanger, Norvegia, 7 luglio 1995) e dalla 20° Assemblea generale
(Barcellona, Spagna, 6 luglio 2001). Lo Statuto dell’ICOM è stato riveduto nel triennio
2001-20004.
Articolo 3
Finalità e poteri dell’ICOM:
1. Finalità dell’ICOM sono:
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a) promuovere e sostenere l’istruzione, lo sviluppo e la gestione professionale dei
musei di tutte le categorie;
b) far meglio conoscere e comprendere la natura, le funzioni e il ruolo dei musei al
servizio della società e del suo sviluppo;
c) organizzare la cooperazione e l’aiuto reciproco fra i musei e i professionisti
museali nei diversi paesi;
d) rappresentare, difendere e promuovere gli interessi di tutti i professionisti
museali senza eccezione;
e) far progredire e diffondere la conoscenza nell’ambito della museologia
e di altre discipline relative alla gestione e alle attività del museo.
2. Per conseguire tali obiettivi, l’ICOM può intraprendere ogni azione giudicata
legittima, idonea e necessaria, che gli consenta di esercitare le proprie funzioni.
Definizione di Museo secondo l’ICOM
Articolo 2. Definizioni
1. Il museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro, al servizio della
società e del suo sviluppo. E’ aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano
le testimonianze materiali dell’umanità e del suo ambiente: le acquisisce, le
conserva, le comunica e, soprattutto, le espone ai fini di studio, educazione e
diletto .
2. Questa definizione di museo deve potersi applicare senza alcuna limitazione
dipendente dalla natura dell’amministrazione responsabile, dagli ordinamenti locali,
dal sistema di funzionamento o dall’indirizzo della collezioni dell’istituzione interessata.
Sempre l’art. 2 dello Statuto dell’ICOM prosegue affermando che tale
definizione è applicabile indipendentemente dalla natura dell’ Amministrazione
responsabile, da statuti territoriali, dal sistema di funzionamento dall’indirizzo delle
collezioni dell’istituzione cui si riferisce e prevede che essa possa essere applicata a:
I. siti e monumenti naturali, archeologici e etnografici e i siti e i
monumenti storici che abbiano natura di museo per le loro attività di
acquisizione, di conservazione e di comunicazione delle testimonianze
materiali dei popoli e dei loro ambienti;
II. le istituzioni che conservano delle collezioni e presentano campioni
viventi di vegetali o animali, come gli orti botanici e i giardini zoologici,
gli acquari e i vivaria;
III. centri scientifici e planetari;
8
IV. e gallerie d’arte che svolgono attività espositiva no-profit, gli istituti
di conservazione e le gallerie d’esposizione dipendenti dalle biblioteche e
dagli archivi;
V. parchi naturali;
VI. le organizzazioni museali nazionali, regionali o locali, le
amministrazioni pubbliche responsabili di musei come sopra definite;
VII. le istituzioni e le organizzazioni senza scopo di lucro che conducono
attività di ricerca, educative, di formazione, di documentazione o altro,
collegate ai musei e alla museologia;
VIII. i centri culturali e altre entità che facilitano la conservazione, la
continuazione e la gestione di risorse tangibili e intangibili del patrimonio
(patrimonio reale e attività creative digitali);
IX. ogni altra istituzione che il Consiglio esecutivo, su parere del
Comitato consultivo, consideri come avente parte a tutte le
caratteristiche di un museo, o che offra ai musei e al loro personale i
mezzi per fare ricerca nel campo della museologia, dell’educazione e
della formazione.
Museum Association UK (MA)
La MA è la più antica associazione di musei del mondo. E’ stata costituita nel
1889 da un piccolo gruppo di musei per attendere agli interessi di musei e di gallerie.
Oggi è sempre un’organizzazione indipendente dal governo, condotta dai suoi membri
composti da singoli musei, professionisti, istituzioni e gruppi (corporate members). La
MA ha oggi approssimativamente 5.000 soci individuali, 600 soci istituzioni, 250
gruppi (corporate members). Le attività della MA sono fornire informazioni attraverso
il suo sito web e le sue pubblicazioni, fare azioni di gruppo e stabilire standards etici
attraverso il suo apposito dipartimento oltre ad offrire programmi completi per
membri e candidati per migliorare le loro carriere in musei o gallerie. Inoltre, la MA
promuove una serie di eventi sui temi del museo e organizza una conferenza annuale
sul dibattito in atto e sulle politiche che riguardano musei e gallerie.
Definizione di Museo secondo la MA
“ Museums enable people to explore collections, for inspiration, learning and
enjoyment. They are institutions that collect, safeguard and make accessible artefacts
and specimens, which they hold in trust for society ”.
9
“I musei mettono in condizione il pubblico di esaminare nel dettaglio le loro
collezioni ai fini di ispirazione, apprendimento e giovamento/divertimento. Sono
istituzioni che collezionano, salvaguardano/tutelano e rendono accessibili
artefatt/testimonianze materiali (man made objects) e esempi di natura, custoditi
per/a beneficio della società/comunità.”
American Association of Museums (AAM)
Fondata nel 1906 e sostenuta dal Governo Federale, l’AAM è dedicata alla
promozione dell’eccellenza all’interno della comunità dei musei. Attraverso
raccomandazioni, educazione professionale, scambio di informazioni, accreditamento,
linee guida sui correnti standards professionali di qualità, l’AAM assiste il personale dei
musei, le direzioni e i volontari da un capo all’altro degli USA per un miglior servizio al
pubblico. L’AAM è l’unica organizzazione a rappresentare l’intera gamma dei musei, i
professionisti e il personale volontario (no-paid staff) che lavora per e con i musei.
L’AAM oggi rappresenta più di 16.000 membri: 11.500 professionisti e volontari, 3.100
istituzioni e 1.700 gruppi (corporate members), I membri individuali comprendono la
gamma delle professioni impiegate nel museo quali direttori, curatori, registrars,
educatori, exibit designers (museografi), responsabili delle relazioni pubbliche,
responsabili dello sviluppo (development officers), gestori della sicurezza, trustees
(amministratori, fiduciari) e volontari. Grazie a più di 3.100 membri istituzionali, ogni
tipo di museo è rappresentato: musei d’arte, storici, scientifici, militari e marittimi,
(youth museums), così come acquari, zoo, giardini botanici, arborei, siti storici e
centri scientifici e tecnologici.
D. Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 T.U. delle disposizioni legislative in material di beni
culturali e ambientali, a norma dell’art. 1 della L. 8 ottobre 199, n. 352.
Art. 99. Apertura al pubblico di musei, monumenti, aree e parchi archeologici,
archivi e biblioteche . (L. 23 luglio 1980, n. 502, art. 1 sostituito dalla L. 27 giugno
1985, n. 332, art. 1; D.P.R. 5 luglio 1995, n. 417, art. 27; D.M. 11 dicembre 1997, n.
507, art. 5, comma 1).
1. L’apertura al pubblico dei musei, dei monumenti, delle aree e dei parchi
archeologici statali, degli archivi di stato, e delle biblioteche pubbliche statali è
disposta e regolamentata dal ministero.
2. Ai fini del comma 1 si intende per:
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a) museo : struttura comunque denominata organizzata per la conservazione, la
valorizzazione e la fruizione pubblica di raccolte di beni culturali;
b) area archeologica : sito su cui insistono i resti di un insieme edilizio
originariamente concluso per funzione e destinazione d’uso complessiva;
c) parco archeologico : ambito territoriale caratterizzato da importanti evidenze
archeologiche e dalla compresenza di valori storici, paesaggistici o ambientali,
attrezzato come museo all’aperto in modo da facilitarne la lettura attraverso
itinerari ragionati e sussidi didattici.
D. Lgs 21 gennaio 2004 n. 42 Codice dei Beni culturali e del paesaggio
TITOLO II, Fruizione e valorizzazione
CAPO I, Fruizione dei beni culturali
SEZIONE I, Principi generali
Articolo 101
Istituti e luoghi della cultura
1. Ai fini del presente codice sono istituti e luoghi della cultura i musei, le
biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi
monumentali.
2. Si intende per:
a) “ museo ”, una struttura permanente che acquisisce, conserva, ordina ed espone
beni culturali per finalità di educazione e di studio;
b) “ biblioteca ”, una struttura permanente che raccoglie e conserva un insieme
organizzato di libri, materiali e informazioni, comunque editi o pubblicati su
qualunque supporto, e ne assicura la consultazione al fine di promuovere la
lettura e lo studio;
c) “ archivio ”, una struttura permanente che raccoglie, inventaria e conserva
documenti originali di interesse storico e ne assicura la consultazione per
finalità di studio e di ricerca;
d) “ area archeologica ”, un sito caratterizzato dalla presenza di resti di natura
fossile o di manufatti o strutture preistorici o di età antica;
e) “ parco archeologico ”, un ambito territoriale caratterizzato da importanti
evidenze archeologiche e dalla compresenza di valori storici, paesaggistici o
ambientali, attrezzato come museo all’aperto;
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f) “ complesso monumentale”, un insieme formato da una pluralità di fabbricati
edificati anche in epoche diverse, che con il tempo hanno acquisito, come
insieme, una autonoma rilevanza artistica, storica o etnoantropologica.
3. Gli istituti ed i luoghi di cui al comma 1 che appartengono a soggetti pubblici
sono destinati alla pubblica fruizione ed espletano un servizio pubblico.
4. Le strutture espositive e di consultazione nonché i luoghi di cui al comma 1 che
appartengono a soggetti privati e sono aperti al pubblico espletano un servizio
privato di utilità sociale.
12
2. Introduzione
La direzione che la discussione sugli standard e la loro elaborazione nel nostro
paese prenderà nei prossimi periodi dipenderà anche in larga misura da che cosa si
intenderà sviluppare come “standard” e quindi anche dal significato che al termine si
attribuisce.
Intendendo come “ sistema di standard ” la soglia minima che un museo deve
raggiungere per poter essere considerato come tale e quindi godere di certi vantaggi,
in primo luogo di ordine finanziario, si fanno corrispondere al termine standard una
pluralità di significati, intendendolo ora come requisito, ora come raccomandazione,
ora come descrizione di una procedura condotta in modo ottimale, ora come linea
guida.
Nella letteratura specifica, viene definito “ standard di qualità ” il valore atteso
per un determinato indicatore.
Esistono due momenti distinti che procedono l’individuazione degli standard: in
primo luogo l’identificazione dei “ fattori di qualità ”, vale a dire di quegli elementi
rilevanti per la percezione della qualità del servizio da parte dell’utente (es:
tempestività, accessibilità, accoglienza, ecc.), ma, nel caso dei musei, anche di quegli
elementi che garantiscono la qualità del servizio in sé, e non solo rapportato agli
utenti (es: cura delle collezioni, professionalità del personale, livello delle attività di
studio e ricerca intraprese). In secondo luogo l’individuazione di indicatori , cioè dei
criteri di misura che si riferiscono ai singoli fattori di qualità, e che normalmente si
esprimono sotto forma numerica o di rapporti (es: totale dei costi del museo diviso il
numero dei visitatori; numero oggetti interattivi fuori servizio diviso numero totale
degli oggetti interattivi in mostra), ma nel caso dei musei vanno più appropriatamente
sviluppati dal punto di vista qualitativo.
Secondo Margherita Sani 1
, nella riflessione italiana sugli standard in ambito di
musei, sono stati saltati i due passaggi preliminari alla individuazione degli standard
stessi, vuoi perché si sconta la mancanza di un dibattito approfondito su quali siano i
fattori di qualità propri di un museo, vuoi perché c’è stata una scarsissima
elaborazione di indicatori di performance da parte dei musei stessi, sintomo di una
cultura della “ non valutazione ” propria della pubblica amministrazione e forse delle
1
M. Negri – M. Sani (a cura di) “Museo e cultura della qualità”, CLUEB, Bologna 2001.
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istituzioni culturali in particolare, soprattutto laddove valutare equivale non tanto a
raccogliere dati (es: n° di visitatori), quanto a confrontarsi in modo più sostanziale
con l’impatto che un’iniziativa ha con il destinatario in termini di apprendimento,
interesse, curiosità risvegliate, ecc.
Nel mondo anglosassone la produzione di indicatori nel settore culturale è stata
vastissima a partire dall’inizio degli anni ’90, anche se la loro diffusione ha incontrato
una certa resistenza da parte delle organizzazioni coinvolte.
Nel caso degli anni si è tuttavia registrato un passaggio significativo da
strumenti di misura quantitativi a indicatori qualitativi, il che ha resi più adeguati alle
effettive esigenze degli enti che devono utilizzarli.
Nel nostro paese si è avviato da qualche anno un dibattito sugli standard
museali che ha visto il realizzarsi di alcuni momenti di incontro dai quali si può
affermare che è stata raggiunta una convergenza di punti di vista su alcune questioni.
Il lavoro di introduzione degli standard sarebbe riduttivo se venisse finalizzato
esclusivamente all’erogazione di finanziamenti; le politiche di finanziamento regionali
devono essere evidentemente correlate agli standard, ma secondo modalità che
incoraggiano e favoriscono la crescita complessiva del sistema museale regionale in
termini qualitativi; gli standard non devono essere una norma che si sovrappone a
quelle già esistenti, ma devono diventare parte di un modo di lavorare, e quindi
tradursi in obiettivi che gli operatori museali sentono come propri e intimamente legati
ai processi di miglioramento delle strutture in cui operano; l’individuazione di standard
comporta la necessità di adeguamento delle professionalità degli operatori, che vanno
ridisegnate alla luce dei nuovi requisiti.
Definizione degli standard e delle professionalità sono due momenti di uno
stesso processo che non possono andare disgiunti, pena il fallimento dell’intera
operazione; il processo di definizione degli standard, per poter dare esiti positivi, deve
essere fortemente partecipato e richiede, oltre che un coordinamento tra Stato e altre
amministrazioni, un forte coinvolgimento degli stessi destinatari (musei), per impedire
che i parametri sviluppati vengano sentiti come sovrimposti e privi di una loro ragione
d’essere sia teorica, che pratica.
I punti elencati lasciano insolute una serie di questioni. La prima riguarda chi
determina, con quale metodo e con il concorso di quali soggetti, l’individuazione degli
standard . La questione riguarda il procedimento scelto per l’individuazione degli
standard, il metodo di lavoro che ci si intende dare, nel tentativo da un lato di
mantenere alta la rappresentatività dei musei in questo processo, e dall’altro di
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garantire forme di scambio con le altre amministrazioni per raggiungere almeno
standard equiparabili.
Il secondo ordine di argomenti riguarda il formato che si vorrà dare agli
standard.
Si è detto che il termine indica un requisito facilmente individuabile, che si può
dimostrare di avere o non avere senza possibilità di contestazione, sia linee guida,
raccomandazioni o indicazioni di buone pratiche.
Questo aspetto è particolarmente delicato, in quanto una maggiore discorsività
degli standard richiede ovviamente sistemi di verifica più articolati, che entrino nel
merito delle prassi di lavoro, e che presuppongono una competenza specifica di
soggetti valutatori/certificatori.
Un altro aspetto riguarda la flessibilità degli standard che devono essere
adattabili a situazioni diverse, tipologie di musei, istituti di dimensioni, caratteristiche
e vocazioni differenti, tuttavia devono mantenere una certa stabilità nel tempo, per
evitare di essere sostituiti con eccessiva frequenza.
La forma finale che gli standard assumeranno impatta in modo fondamentale
sul terzo ordine di problemi, che riguarda il processo di certificazione , vale a dire le
modalità secondo le quali si vorrà strutturare il percorso di accreditamento (passaggi,
tempi, soggetti coinvolti). Particolarmente critica è l’individuazione del soggetto
validatore anche perché è eccessivo caricare le Regioni di compiti che vanno dalla
individuazione degli standard, all’affiancamento dei musei nel processo di
accreditamento, alla verifica del raggiungimento degli obiettivi.
Come si è visto, il modello inglese sottolinea l’importanza per i musei di sentirsi
valutati da “pari”. Si può pensare allora ad un gruppo di professionisti che lavorano
nei musei, “prestati” al momento di verifica e preparati appositamente a questo
compito.
In Italia assistiamo ad un momento di definizione degli standard museali,
rispetto ai quali però manca ancora molto: manca la cultura della programmazione,
della dichiarazione di obiettivi chiari, misurabili, della valutazione intesa come
predisposizione di piani che prevedono al loro interno strumenti di verifica e indicatori;
manca una letteratura di base, semplice e di facile consultazione (assimilabili ai
manuali prodotti dalla Museums and Galleries Commision), cui rimandare e che
sostenga i musei nel raggiungimento degli standard obiettivo. A questo riguardo
possiamo citare il progetto editoriale della Regione Piemonte. Nel novembre 2003 la
Regione Piemonte ha presentato un piano di lavoro per la definizione a livello
regionale degli standard museali, in applicazione dell’Atto di indirizzo approvato nel
15
2001 dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali. Il 2004 ha visto l’avvio del lavoro
delle commissioni e la definizione degli standard per alcuni ambiti e nel settembre
2005 sono stati pubblicati i primi due volumi, che intendono essere non un testo
normativo, ma una serie di opuscoli che hanno il compito di informare, di evidenziare
le possibili contestualizzazioni e interpretazioni dello standard e di fornire un primo set
di strumenti utilizzabili per raggiungere obiettivi di qualità, un repertorio di così,
esperienze e stratagemmi che potrebbero ispirare al singolo museo il modo di
rispondere adeguatamente agli obiettivi di qualità indicati e non solo a livelli di
standard minimo. Il primo volume è dedicato ai “Rapporti con il pubblico” mentre il
secondo alle “Strutture e sicurezza ”.
Gli standard vengono intesi, quindi, come strumento di dialogo e di
negoziazione delle modalità e delle condizioni da mettere in campo per il
raggiungimento di obiettivi di qualità realistici, adeguati e sostenibili da parte dei
musei e delle amministrazioni locali.
D’altro canto non si tratta esclusivamente di raccomandazioni, di indicazioni
generali, di buone intenzioni, bensì di un complesso di azioni, di obiettivi di riferimento
e di procedure che contengono al loro interno gli strumenti per la misurazione del
raggiungimento dei livelli di qualità indicati come minimi indispensabili e come
obiettivi di adeguato funzionamento.
L’ambizione è di strutturare un sistema dotato di una sua plasticità,
ovvero informato dalla capacità di adattarsi in modo intelligente al caso specifico,
individuando nel caso concreto gli obiettivi di qualità raggiungibili e indicandone
procedure, tappe, risultati acquisibili e misurabili. La vera scommessa sta nella
costruzione di un sistema di regole la cui efficacia e applicabilità prescinda da una
rigidità prescrittivi uniformemente distribuita, pur mantenendo il carattere normativo
e di indirizzo operativo tutt’altro che sovrastrutturale.
Bisogna trovare comunque una strada che consenta di mettere appieno tutti
questi aspetti, creando un sistema che non penalizzi i musei più piccoli e bisognosi di
sostegno nel percorso di accreditamento ma che rappresenti per loro un’occasione di
crescita e al tempo stesso incoraggi i musei più avanzati a procedere in un continuo
miglioramento delle proprie attività, mettendo a disposizione strumenti di
autovalutazione di facile utilizzo e a basso costo 2
.
L’esperienza più che decennale del Registration Scheme sembra indicare per il
futuro la strada dell’autovalutazione, affiancata da momenti di verifica condotti da
2
Si veda ad esempio la versione on-line del Modello Qualità totale proposto alle piccole e medie imprese: http://icot.it/apqi e il
questionario di autovalutazione Benchmarking; vedi anche il case study pubblicato sul sito CHNTO:
www.chnto.co.uk/management/pages/wmrmc.htm
16
“pari” e l’utilizzo di strumenti modulari, in grado di adattarsi a realtà diverse e di
riconoscere la qualità in tutti gli ambiti di attività di un museo, anche quelli meno
visibili, ma che, al pari di altri dotati di più immediata riconoscibilità, concorrono alla
realizzazione di un servizio culturale di alto livello scientifico e di forte impatto sociale.
Recenti proposte regionali, quali quella del Piemonte e della Lombardia,
adeguandosi alla legislazione italiana hanno indicato il Questionario di autovalutazione
strumento necessario attraverso il quale i musei sono chiamati ad analizzare la propria
situazione a partire dai requisiti minimi precedentemente individuati, portando così
alla luce punti di forza e punti di debolezza.
Ciò significa in sostanza il consolidamento di un processo di autodiagnosi dei
musei e l’utilizzo del sistema degli standard come strumento per la definizione della
programmazione e degli obiettivi di sviluppo . Il sistema degli standard fornirà in
questa fase l’insieme di regole, procedure e strumenti di intervento formalizzati e
condivisi sulla base del quale, nella loro autonomia, gli istituti museali potranno
definire gli obiettivi di sviluppo, le priorità e ricercare le risorse necessarie
compatibilmente con i criteri di allocazione delle risorse stabiliti a livello regionale,
entro un quadro di riferimenti definito, comunicabile e trasparente.
Avendo come base di riferimento i questionari di autovalutazione utilizzati dalla
AAM e dalla MGC e dopo averli confrontati con quelli formulati in Italia si può tentare
di elaborare un questionario di autovalutazione da prendere come modello unico
con le caratteristiche di essere flessibile e quindi adattabile alle realtà italiane così
diverse e atipiche che non potrebbero riconoscersi nella maggior parte delle strutture
museali inglesi e americane la cui caratteristica è quella di essere strutture progettate
ex-novo e quindi di non dover affrontare la realtà di adattarsi a strutture storiche con
caratteristiche ed esigenze particolari.
L’applicazione delle stesse regole nei musei locali e nei musei statali e la verifica
periodica dei livelli raggiunti potrà sicuramente favorire nel tempo un processo di
tendenziale “ uniformità ” dei servizi , offrendo così parametri di confronto molto utili
se si vuole realmente procedere a quell’azione di valorizzazione del patrimonio
culturale cui fa riferimento il Codice dei Beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 21
gennaio 2004).
17
3. Il museo come servizio pubblico
“Il museo si trova oggi ad un crocevia; sta perdendo le sue funzioni secolari ma
non smette mai di modernizzarsi e di attrezzarsi” 3
. E’ necessario appuntare la nostra
attenzione su questa considerazione prima di affrontare gli argomenti più
propriamente tecnici.
I ruoli del museo stanno profondamente mutando, le sue offerte non si limitano
più alla esposizione di patrimoni culturali, oggetti del passato, quadri, ma si stanno
diversificando fino a comprendere servizi che fino a pochi anni fa stentatamente
avremmo associato ad un luogo d’arte.
Se oggi la domanda culturale è cresciuta in modo sorprendente è perché l’idea
di benessere si associa non solo alla sicurezza sociale ed economica ma anche alla
fruibilità di beni simbolo rappresentati dall’arte, dai viaggi, dalle scienze, dalla storia.
Ecco allora che il pubblico di strutture come il museo aumenta, comprendendo strati di
popolazione con esigenze e livelli culturali diversi.
Presentare un’opera d’arte o esporre un quadro oggi non può più bastare.
Bisogna accattivare il visitatore offrirgli un’esperienza coinvolgente, confortevole,
entrare in comunicazione con lui, in modo che ritorni, che ripeta l’esperienza.
Non a caso scrisse Renzo Piano in relazione a quattro progetti immaginati per
Pompei e destinati a rivalutare la città e a interessare i suoi visitatori: “ Si potrebbe
dire che il tutto costituisce un misto fra Disneyland, che non deve essere un modello
culturale. Senza però rinunciare al pubblico né alla scienza, come spesso accade
quando si fa divulgazione poiché si presuppone che il pubblico sia stupido. No, il
pubblico può essere reso intelligente mediante l’interesse e l’interesse deriva dallo
spettacolo, dal suscitare la curiosità, dal fascino che si provoca con una buona regia
nella spiegazione del sapere” 4
.
Il pubblico, a parte quei pochi visitatori che vi si recano per l’arte piuttosto che
per l’evento, vede il museo come un edificio multiuso, vuole “ intrattenimenti culturali
a dimensione di discoteca e un buon caffé ” (Hugh Pearman).
In un museo si deve poter mangiare, studiare (in Gran Bretagna la storia viene
studiata e approfondita nei musei, non nelle scuole), ascoltare musica, assistere a
proiezioni e dibattiti, incontrare gente.
3
François Dagognet, Le musèe sans fin, Champ Vallon, Seyssel 1984, p. 11
4
A.A.V.V., Le isole del tesoro, Electa, Milano 1988
18
Negli Stati Uniti, poi, si fa di più, e non c’è da meravigliarsene, gli americani
sono pionieri nello sperimentare nuove realtà. Negli ultimi anni stanno prendendo
piede nei musei d’oltreoceano attività periferiche alquanto curiose (il regresso delle
fonti di finanziamento ne costituisce la causa principale).
La hall dell’High Museum di Atlanta, progettata da Richard Meier, per esempio,
viene utilizzata per i matrimoni. La nuova parte aggiunta al Metropolitan Museum of
Art di New York di Kevin Roche si affitta per ricevimenti e feste e il personale del
museo si occupa di fiori, buffet, musica.
Il museo è insomma diventato un potente “ medium di comunicazione sociale ” 5
e
come tale richiede una visibilità nuova e spazi adeguati alle rinnovate esigenze che
facciano leva su un’architettura forte, eclatante, che attiri, incuriosisca, stimoli
coinvolga e non sia fossilizzata sulla ripetizione o sulla variazione di un tipo.
Negli ultimi anni hanno svolto questa funzione il Centre Pompidou di Parigi
(1977), il Guggenheim di Bilbao, il Croningen sull’isola artificiale del Verbindings
Kanaal, (1989-1994), i science centres dalle architetture futuribili.
Si tratta di strutture che non hanno nulla del tradizionale edificio monumentale
di un tempo, carico di messaggi scoraggianti e inibitori, spazio chiuso, selettivo,
elitario, progettato esclusivamente per contenere i suoi oggetti e non per ospitare i
loro visitatori.
Paul Valèry, che amava poco le istituzioni, descrisse così le sensazioni provate
all’ingresso di un museo: “ La mia voce cambia e si stabilizza su un volume appena più
alto che in chiesa, ma molto più basso del normale. Ben presto non so più che cosa
sono venuto a fare in questa solitudine, che ha qualcosa del tempio e del salotto, del
cimitero e della scuola ” 6
.
Il nuovo museo ribalta questa immagine negativa perché deve essere un
organismo vivo, funzionale. I suoi modelli, lungi dall’essere i palazzi del XIX secolo,
devono avvicinarlo ai “ centri commerciali vicino alle autostrade” 7
.
E’ paradossale ma in questa nuova prospettiva l’originaria funzione del museo e
cioè l’esposizione di oggetti, sembra passata in secondo piano. In effetti lo spazio
destinato alle esposizioni è notevolmente diminuito in questi anni, mentre si è dilatato
il numero delle raccolte da mostrare al pubblico che è passato da 9:1 a 1:2
8
. A questo
hanno fornito soluzioni intelligenti alcuni progetti architettonici che, eliminando i
tradizionali spazi espositivi permanenti e fissi, hanno dato vita a soluzioni innovative
5
Luca Basso Peressut, Musei, Architetture 1990-2000, Federico Motta, Milano 1999, p. 40.
6
François Dagonet, Le musèe sans fin, Champ Vallon, Seyssel 1979.
7
Peter Eisenman, Il Wexner Center for Visual Arts at Columbus, Ohio, in Musei, Electa, Milano 1999, p. 70.
8
Annalisa Dirozzi, Elementi di museotecnica, Edizioni Simone, Gruppo Editoriale Esselibri, Napoli 2003
19
per favorire la rotazione delle collezioni, quasi a confermare quanto profetizzato da Le
Corbusier: “ Il vero collezionista tiene i quadri in ordine in uno scomparto e appende al
muro il quadro che vuole guardare ” 9
.
E’ allora utile citare l’esempio del museo della collezione Menil a Houston di
Renzo Piano (1981-1987), dove le opere conservate nella cosiddetta Treasure House
posta sopra l’edificio, vengono di volta in volta, a turno, mostrate nella sala del piano
terra.
Al Guggenheim di New York la rotonda è sede di mostre temporanee, mentre
nelle sale della nuova ala sono collocate le esposizioni permanenti. Il progetto è stato
molto discusso e criticato, ma fa parte dell’evoluzione dei tempi.
Non c’è dubbio che questa tendenza sia auspicata e salutata con entusiasmo dai
responsabili museali, che vedono nella rotazione un modo efficace di attirare il
pubblico, che, incuriosito da collezioni sempre nuove, è spinto a visitare più volte lo
stesso museo.
Un’altra nuova realtà da considerare è quella relativa al proliferare di musei
specializzati, dove è considerato patrimonio culturale tutto ciò che è evidenza storica,
celebrazione sociale; ecco allora nascere il museo dell’informazione, delle automobili,
del design, della televisione, del cinema, della Coca-Cola (ad Atlanta), del Rock and
Roll (a Cleveland), della Route 66 (a Oklahoma).
Originali i musei posti in luoghi impervi e solitari, come il Centro Europeo di
Archeologia di Pierre-Louis Faloci (1991-1995) in Francia, tra le alture del Monte
Beuvray, uno dei Grands Projects promossi dal presidente François Mitterand; o il
Museo di Peter M ä rkli che ospita le sculture di Hans Jospehsohn, cui si accede solo
attraverso i campi nelle Alpi del Ticino.
Da citare infine i musei immersi nella natura, quasi a costituirne parte
integrante, come il museo del vulcano che Hans Hollein ha scavato fra le montagne
dell’ Auvergne francese: "Il progetto di Vulcania è una scultura ricavata neg li strati
della lava basaltica, e non c'è segno di confine fra edificio e paesaggio" (Hans Hollein);
il museo del legno di Tadao Ando nella foresta Mikata-gun in Giappone; il museo dei
dipinti preistorici nelle caverne di Niaux in Francia.
Quindi un museo, nella sua accezione più evoluta e moderna, deve essere in
grado di esercitare tutte le funzioni proprie della gestione dei beni culturali, che il
legislatore ha individuato nella tutela (attività dirette a conservare e proteggere i beni
culturali), gestione (attività diretta, mediante l’organizzazione di risorse umane e
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Le Corbusier, Vers una Architecture, Crès, Paris 1923
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