INTRODUZIONE Questa tesi è il frutto di un'esperienza di tirocinio svolta all' Antennina , Centro
terapeutico per ragazzi psicotici e autistici di Marghera, e testimonia il lavoro che ogni
giorno gli operatori svolgono al suo interno per dare un posto ai ragazzi ivi ospitati.
Il felice incontro con queste particolari Weltanschauungen mi ha dato l'occasione di
imparare tanto, sia sul piano formativo che, soprattutto, su quello umano. Il lavoro
quotidiano con l'autismo e la psicosi insegna più di quanto si possa imparare nei libri.
Avvicinarsi a questi soggetti, quasi in punta di piedi, mi ha permesso di cogliere
qualcosa delle loro modalità di esistenza: per quanto lontane dalla cosiddetta
“normalità”, restano pur sempre delle forme peculiari che permettono al soggetto
psicotico o autistico di essere nel mondo. Accompagnarli nell'elaborazione di un
particolare sapere e, al contempo, svuotarsi del proprio rende l'operatore una “guida che
segue”, portavoce e garante dell'enunciazione singolare del soggetto, perchè
quest'ultimo possa vivere essendo finalmente “qualcuno in qualche luogo”. Lavorare à
plusieurs significa mettere in gioco sè stessi in ogni istante, valorizzando quello che il
soggetto testimonia del suo esistere nel mondo, con una genuina curiosità e il dovuto
rispetto.
Tale contributo è articolato in quattro parti. Nella prima esporrò brevemente le
classificazioni nosologiche di Autismo e Psicosi, successivamente i maggiori modelli
interpretativi e gli interventi terapeutici e, infine, i contributi teorici psicoanalitici dei
modelli evoluzionista e strutturalista. Nel secondo capitolo verrà esplicitato
l'insegnamento di Jaques Lacan, psichiatra e psicoanalista francese, la cui teoria
rappresenta l'orizzonte conoscitivo sulla quale si fonda la pratica all' Antenna e
all' Antennina 112 nella cura della psicosi e dell'autismo infantile. Nella terza parte di
1
tale contributo presenterò gli snodi fondamentali che costituiscono la pratique à
plusieurs , nome coniato da Jacques-Alain Miller e tradotto in italiano “pratica a
diversi”, per il lavoro messo a punto in tanti anni di clinica con i bambini autistici e
psicotici da Antonio Di Ciaccia, presidente dell'Istituto Freudiano di Roma. Nell'ultimo
capitolo parlerò di tre ragazzi in cura all' Antennina , Arturo, Paolo e Lorenzo, delle loro
“visioni del mondo” e del lavoro che si è fatto e si continua a portare avanti con loro.
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1. CAPITOLO L'AUTISMO E LA PSICOSI IN LETTERATURA: I CONTRIBUTI TEORICI. Nessun soggetto può esistere senza l'Altro Nelle antiche società umane la follia era vista con una forte connotazione mistica, il
folle era colui i cui sintomi dovevano essere interpretati come dei segnali divini. La cura
della follia era infatti rimandata ai sacerdoti, che ne curavano le manifestazioni con riti
sacri e preghiere. Ad esempio, l'epilessia era chiamata morbo sacro . Nel medioevo, al
contrario, venne considerata una forma di possessione demoniaca: i folli furono messi al
rogo o esorcizzati. Nel Rinascimento invece vi fu da una parte una rivalutazione della
figura del folle, basti pensare all' “ Elogio alla follia ” di Erasmo da Rotterdam (1511) o
al romanzo di Cervantes “ Don Chiscotte della mancia ”, ritenuto un geniale affresco
della schizofrenia (1605), e dall'altra una stigmatizzazione: tra il XVI ed il XVII secolo,
il malato mentale, anche grave, benchè vivesse nel contesto sociale, tuttavia era
considerato una persona pericolosa; pertanto si cercò sempre di più di contenere il
fenomeno attraverso lo stigma che si applicò alla sua condotta. La pazzia venne inclusa
fra i vizi capitali ( Fede/Idolaiatria, Speranza/Disperazione, Carità/Avarizia,
Castità/Lussuria, Prudenza/Follia, Pazienza/Collera, Dolcezza/Durezza,
Concordia/Discordia, Obbedienza/Ribellione, Perseveranza/Incostanza ). In questo
modo la follia fu nascosta e ritenuta una piaga della società considerandola una forma di
devianza, i folli furono così incarcerati, rinchiusi in ospizi e per lo più ignorati. La
malattia mentale infatti, era considerata inguaribile e, soprattutto, incomprensibile.
Come conseguenza della premessa incomprensibilità dei fenomeni psichici associati a
un quadro clinico morboso, più tardi, in Francia, il medico Philippe Pinel riconobbe la
3
follia come una malattia ad eziologia organica e definì cinque malattie mentali: la
malinconia, la mania senza delirio, la mania con delirio, la demenza e l'idiotismo 1
. Egli
sosteneva che la cura del malato mentale era possibile solo in un luogo strutturato, al di
fuori di influenze esterne e con la presenza costante di un medico che seguisse
l’evoluzione della malattia. La cura divenne di fatto l’internamento. Gli strumenti
terapeutici utilizzati per ricondurre questi malati alla 'normalità' furono particolarmente
traumatici, volti a provocare uno shock: in queste strutture erano comuni docce
ghiacciate, diete sbilanciate, isolamento e contenzione fisica, purghe, salassi, oppio.
Pinel fu il primo che distinse il folle dal deviante in generale, aprendo la strada ad una
nuova epistemologia e, di fatto, ad una nuova disciplina, la psichiatria. Una svolta
paradigmatica si ebbe nell' 800 a Parigi, dove iniziarono nuovi studi sui pazienti isterici
tramite la pratica della ipnosi da parte di Jean Martin Charcot, che ebbe come allievo il
giovane Sigmund Freud. Tuttavia continuava ad essere dominante la considerazione del
solo aspetto organico della malattia mentale e si cominciò la sperimentazione di nuove
tecniche come l'elettroshock e la lobotomia.
Fu per l'opera di Sigmund Freud (1856-1939) che il malato di nervi 2
si riappropria del
suo status di persona dotata di una propria soggettività. Ancora prima di definire
patologica una forma di disturbo mentale, Freud pensa le nevrosi nei termini di una
relazione del soggetto con l'Altro, con il mondo esterno, con l'inconscio. I termini
nevrosi e psicosi designano delle modalità d'essere del soggetto umano 3
nel mondo , e
come tali non riducibili a una posizione specifica all'interno della differenziazione tra
normalità e devianza. Malgrado le eterogeneità che si possono rilevare nel suo
procedimento psicoanalitico, non si può non riconoscere a Freud “il merito grandissimo
di aver additato e sottolineato l'importanza della storia interiore: la prassi
1 P. Pinel, La mania: trattato medico-filosofico sull'alienazione mentale (1800), trad it. di F. Forte
Basso, S. Moravia, Marsilio Editori, Venezia, 1987.
2 La nozione di “malato di nervi” rimanda per associazione all'opera Memorie di un malato di nervi ,
autobiografia del presidente Daniel Paul Schreber, presidente della Corte d'appello di Dresda,
pubblicata nel 1903. L'opera, lucida raffigurazione del delirio del presidente, fu per Freud un ottimo
materiale di lavoro per l'indagine che al tempo conduceva sulla paranoia ( dementia paranoides ).
Freud descrive e interpreta il caso di Schreber solo sulla base delle sue dichiarazioni pubbliche, non
avendolo mai analizzato all'interno di un setting psicoanalitico classico.
3 Cfr. D. Cargnello Alterità e alienità. Introduzione alla fenomenologia antropoanalitica. Feltrinelli
Editore, Milano 1966.
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psicoanalitica altro non è in definitiva se non la sistematica ricostruzione, se pure da
un particolare punto di vista, di quel continuum di esperienza intime che segnano le
tappe e, nella loro successione, la traiettoria del testimoniarsi di un individuo proprio
in quanto e per quanto più essenzialmente lo individualizza, e non soltanto la mera
registrazione anamnestica delle vicissitudini attraverso cui è trascorso” 4
. Alcuni
fenomenologi contemporanei, tra i quali Biswanger, Borgna e Benedetti hanno studiato
la sofferenza mentale considerandola come una modalità ontologica dell'umano nel
mondo 5
, sovvertendo la rappresentazione propria della ragione classica del soggetto
come unità sostanziale e dell'io come sua espressione principe. La corrente
fenomenologica è fondata teoricamente sull'assunto comune delle lezioni di Hegel,
Husserl e Heidegger 6
, i quali esplicano la funzione del riconoscimento dell'Altro come
fondante la costituzione stessa della soggettività umana e dell'idea dell'intenzionalità
della coscienza, dell'essere-nel-mondo come dimensione ontologica dell'esistenza. Lo
stesso Lacan degli anni '30 e '40 fa propria questa visione del soggetto mettendo il
soggetto in un rapporto di causalità psichica con l'Altro del linguaggio e della Cultura
questo risponde alla domanda di riconoscimento del soggetto 7
e solo successivamente,
come descrive Lacan nel Seminario XI, inscrive nella struttura del soggetto la sua
fondamentale divisione, la sua mancanza strutturale 8
. Da qui, le modalità di iscrizione
significante dell'Altro nel cuore dell'inconscio del soggetto, ci rivelano la struttura dei
disturbi dei nostri pazienti.
4 Ivi , p. 130-131.
5 Ibid .
6 Le tre “H” (Hegel, Husserl e Heidegger appunto) hanno operato, nell'orizzonte culturale degli anni '30
e '40 una vera e propria critica radicale alla funzione sintetico-costitutiva dell'io. Con la dialettica
hegeliana e il superamento di ogni solipsismo egologico, il fondamento husserliano dell'intenzionalità
della coscienza e la costruzione ontologica di Heidegger in Essere e tempo , si avvia la concezione,
fatta propria da J. Lacan, di un uomo ontologicamente “ aperto all'alterità, non avviluppato su se
stesso, ma costantemente in relazione all'Altro, nel mondo appunto”. Cfr. A. Di Ciaccia, M. Recalcati
J. Lacan , Bruno Mondadori, Milano 2000.
7 Il desiderio umano è ontologicamente intersoggettivo e, come tale, ha bisogno, per essese soddisfatto,
del riconoscimento del desiderio dell'Altro. Per uno sviluppo di questi temi si rimanda al capitolo
secondo di questa trattazione.
8 Qui Lacan definirà di luogo dell'Altro come avente un'”azione letale” sul soggetto dell'incoscio, in
contrasto con il principio di mediazione dell'Altro come luogo del riconoscimento, teorizzato nei
precedenti scritti. Per questi argomenti, cfr. J. Lacan Il seminario. Libro XI. I quattro concetti
fondamentali della psicoanalisi. 1964 , Einaudi, Torino 1979.
5
1. Storia e classificazioni di psicosi e autismo. 1.1 Leo Kanner La parola autismo deriva dal greco autòs che letteralmente significa “lo stesso” e sta ad
indicare quella particolare modalità di distacco dal mondo e dalle relazioni sociali e un
ritiro nella vita interiore. Il termine fu coniato da Bleuer nel 1911 e definito come
“ distacco dalla realtà accompagnato dalla predominanza della vita interiore ” 9
.
L'autismo era allora considerato come un sintomo principale di una malattia specifica:
la schizofrenia.
Il primo studioso a parlare di “autismo” come di una specifica sindrome
psicopatologica 10
, fu Leo Kanner (1894-1981) nel 1943 e più specificatamente egli si
occupò di autismo infantile precoce 11
, mutuando il termine autismo da Bleuler. Nel
1945, quando Kanner descrisse alcuni bambini autistici, la caratteristica che li
accomunava maggiormente era il loro ritirarsi dal mondo. Venivano descritti dai genitori
come bambini che erano sempre stati “auto-sufficienti”, “felicissimi se lasciati soli”,
“chiusi come un guscio”: spesso questi bambini erano infatti socialmente ritirati, tanto
che il motivo della consultazione era il sospetto di una sordità. Un altro fattore comune
a questi bambini era la mancata acquisizione di un linguaggio simbolico, oppure la
capacità di pronunciare qualche parola che non veniva però utilizzata per fini
comunicativi (per esempio, la maggior parte dei bambini parlanti era ecolalica). Un altra
caratteristica ricorrente descritta da Kanner era la preoccupazione ossessiva per il
mantenimento dell'immutabilità degli ambienti, degli oggetti o delle loro routine
(Kanner parla di Sameness , letteralmente stessità 12
): il bambino trae godimento nel
mantenere costante l'ordine degli oggetti, la sequenza di alcune azioni (come l'andare a
dormire o il mettersi a tavola), ordine che solo lui può cambiare. La stessa padronanza si
9 E. Bleuler, Dementia Praecox oder Gruppe der Schizophrenien, Leipzig , 1911, trad. it. Dementia
praecox o il gruppo delle schizofrenie , La Nuova Italia scientifica, Roma 1985.
10 L. Kanner, Disturbi autistici e contatto affettivo, Psicoterapia e scienze umane, XXIII/2-3, 1989.
11 L. Kanner, Early Infantile Autism , Journal of Pedriatics, n.25, pp. 211-217.
12 Trad. it. da A. Ceccarelli, G. Kanzà, P. Kanzas, Autismo e sameness. Studio sulla struttura della
relazione autistica , ETS, Pisa 1993, p.9.
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avverte nei confronti del loro corpo al quale è applicato un battito costante, come se
fosse anch'esso un oggetto come gli altri. Il rapporto con le persone sembra invece
arido, privo di interesse e di un normale contatto affettivo. Ciò che accomuna gli
autistici di Kanner e i bambini che ho conosciuto all' Antennina è proprio questa
diffidenza e questa apperente indifferenza nei confronti di questo Altro maiuscolo 13
,
troppo invadente, troppo prepotente da cui il bambino autistico deve assolutamente
difendersi, a costo di elevare tra sè e l'Altro una barriera immaginaria che permette di
sottrarsi al contatto.
Il grande merito di Kanner è stato quello di aver considerato l'autismo per la prima volta
come una sindrome a sè stante, con una serie di sintomi caratteristici, aprendo così un
varco verso una comprensione reale e non puramente classificatoria di una serie di
disarmonie dello sviluppo che per lungo tempo erano finite sotto l'etichetta diagnostica
di schizofrenia infantile , insufficienza mentale , oligofrenia . Inoltre, la novità di questa
ipotesi sta nell'aver rilevato che i bambini autistici, pur presentando un quadro
tipicamente deficitario, non sono accomunabili ai bambini insufficienti mentali, dato il
presupposto che la sfera intellettiva dei primi sia in qualche modo indenne rispetto a
quella dei secondi.
Infine, con la sua analisi, Kanner fu il primo a prendere le distanze dall'impostazione
tipica della neuropsichiatria infantile, che attribuisce, secondo un modello teorico
organicista, la causa del disturbo a un danno cerebrale innato. Infatti, Kanner, alla
domanda sull'eziologia dell'autismo, pone la questione se sia più determinante una causa
organica rispetto ad una causa ambientale: da alcuni studi fatti nel 1955 sulle famiglie
dei bambini ai quali era stato diagnosticato l'autismo, Kanner deduce che nell'indole dei
genitori, troppo impegnati in attività letterarie, artistiche o di astrazione scientifica ma
limitati nel loro reale interesse e affetto verso le persone, potrebbero essere rintracciati i
fattori eziopatologici all'origine della malattia psichica del figlio 14
. Tutta la storia
13 L'Altro maiuscolo è ciò che J. Lacan nel Seminaio II (1954-1955) e ne L'istanza della lettera (1957)
categorizza per indicare non l'altro dell'intersoggettività bensì l'Altro dell'ordine simbolico, della
Cultura e del linguaggio, un ordine sovraindividuale che determina l'individuo.
14 Cfr. L. Kanner, L. Eisenberg, Notes on the follow-up studies of autistic children , in Psychopathology
7
sull'autismo sarà caratterizzata da una certa ambivalenza circa l'eziologia del disturbo:
alcune dottrine sposano una visione meccanicistica che considera l'autismo una malattia
a causa organica; altre invece prediliggono un'eziologia a base psicologica. Tuttavia
quasi tutti gli autori concordano nell'accettare una genesi multifattoriale del disturbo,
ossia si rintraccia più di un fattore eziologico che abbia influenzato la patogenesi del
disturbo. Di conseguenza si prevede un approccio terapeutico globale che coinvolga,
insieme al terapeuta, la coppia genitoriale e l'ambiente scolastico, e, inoltre, in cui si
possano praticare diversi approcci terapeutici, dalla terapia psicologica, alla
farmacoterapia, alla logopedia.
1.2 Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, APA
Il DSM IV, il manuale diagnostico dell'American Psychiatric Association 15
, nella sua
quarta edizione del 1994, propone la diagnosi su una struttura multiassiale. Le
descrizioni dei quadri clinici corrispondono all'enunciazione di una serie di sintomi,
all'interno di un'ottica descrittivo-comportamentale, per tanto la valutazione si basa
quasi esclusivamente sul rilevamento del comportamento di fatto. Si tratta dunque di
una modalità di descrizione semplice, utile per un confronto a livello statistico. Le
psicosi dell'infanzia sono definite sotto la categoria dei Disturbi generalizzati dello
sviluppo, che comprende:
• Disturbo autistico • Disturbo di Asperger • Disturbo disintegrativo della fanciullezza • Disturbo di Rett • Disturbo generalizzato dello sviluppo non altrimenti specificato of childhood , Grune and Stratton, 1955, New Jork.
15 American Psychiatric Association, DSM-IV, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali ,
Masson, Milano, 1995.
8
Il disturbo autistico corrisponde a quello che in altre classificazioni è chiamato autismo
infantile precoce e autismo di Kanner . Secondo il DSM i criteri diagnostici per il
disturbo autistico sono:
A. un totale di 6 (o più) voci da (1), (2) e (3), almeno due al punto (1) e uno in ciascuno
(2) e (3):
1. Compromissione qualitativa dell'interazione sociale, manifestata con almeno due dei
seguenti:
marcata compromissione di svariati comportamenti non verbali, come lo
sguardo diretto, l'espressione mimica, l'espressione corporea e I gesti che regolano
l'interazione sociale;
incapacità di sviluppare delle relazioni con i coetanei adeguate al livello di
sviluppo;
mancanza di ricerca spontanea nella condivisione di gioie, interessi e obiettivi
con altre persone;
mancanza di reciprocità sociale ed emotiva.
2. Compromissione qualitativa della comunicazione, manifestata con almeno uno
dei seguenti:
ritardo o totale mancanza nello sviluppo del linguaggio parlato;
in soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione della capacità di
iniziare o sostenere una conversazione con altri;
uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo o linguaggio eccentrico;
mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di giochi di imitazione
sociale adeguati al livello di sviluppo.
3. Modalità di comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipati,
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