4
INTRODUZIONE
Quello delle radio-telecronache è un mondo che mi ha sempre affascinato, già fin
quando, da piccolo, mi ritrovavo, senza nemmeno accorgermene, a raccontare ad alta
voce le partite che giocavo con i primi videogiochi, rigorosamente tutti di calcio.
Dovendo dunque scegliere un argomento per la mia prova finale, ho pensato a quello
che più d’ogni altra cosa mi piacerebbe fare nella vita, il telecronista calcistico appunto.
Per questo ho deciso di sfruttare l’opportunità per entrare più a fondo in questo mondo
che ho sempre ammirato ma mai studiato, cercando di conoscerne la storia e l’attualità,
le caratteristiche e le peculiarità, anche ripercorrendo le carriere dei grandi personaggi
che hanno contribuito a sviluppare questa professione.
L’elaborato si divide in due parti, la prima dedicata alla radio e la seconda alla
televisione.
I due percorsi sono strutturati nello stesso modo: tre parti, riguardanti rispettivamente la
storia delle radio-telecronache calcistiche in Italia, le caratteristiche peculiari di
entrambe, i profili di alcuni dei più grandi radio-telecronisti che hanno segnato (o
ancora stanno segnando) la storia e lo sviluppo di questa affascinante professione.
Ma andiamo con ordine.
La storia delle radiocronache parte il 25 marzo del 1928, con la prima di esse in assoluto
nella storia calcistica italiana. Si tratta del racconto di una gara tra Italia e Ungheria fatto
da Giuseppe Sabelli Fioretti, noto redattore, all’epoca, della “Gazzetta dello sport”.
Vengono poi ripercorse tutte le tappe fondamentali di questa storia ormai quasi
centenaria: l’avvento del vero “inventore” di questo mestiere, Nicolò Carosio, nel 1932,
il suo rapporto con il Fascismo imperante, l’inizio delle radiocronache dei secondi tempi
delle partite di Serie A nel ’33, le due vittorie mondiali del ’34 e del ’38, il dopoguerra,
la gloriosa redazione radiocronache della Rai diretta inizialmente da Vittorio Veltroni,
la nascita di Tutto il calcio minuto per minuto nel 1960 e i successivi sviluppi della
trasmissione fino ai giorni nostri.
Il secondo capitolo è invece di carattere più tecnico e prende in considerazione le
caratteristiche e le peculiarità delle radiocronache e dei radiocronisti. Inizialmente viene
operata una distinzione fra la cronaca di un’intera partita e quella tipica di Tutto il calcio
minuto per minuto, definibile a interruzioni o a rimbalzo di linea. Si passa poi ad altri
5
aspetti, come la trasmissione e la creazione di immagini tipica del racconto calcistico
radiofonico, il linguaggio, le caratteristiche che un buon telecronista deve possedere.
Questa parte della trattazione si avvale particolarmente delle citazioni dirette delle
parole degli esperti, primi fra tutti i radiocronisti stessi.
La parte dedicata alla radio si conclude ripercorrendo le carriere dei grandi radiocronisti
del passato (solo uno, Alfredo Provenzali, opera ancora oggi nel settore). Primi di tutti
sono Nicolò Carosio e Sandro Ciotti, ma in maniera meno approfondita vengono anche
raccontate le vite degli altri cinque (il primo è Ciotti) facenti parte dei “Magnifici sei” di
Tutto il calcio minuto per minuto: Enrico Ameri, Roberto Bortoluzzi, Claudio Ferretti,
Alfredo Provenzali e Ezio Luzzi.
La storia telecronistica calcistica italiana inizia invece ufficialmente il 24 gennaio del
1954, con la prima diretta dallo stadio di San Siro di Italia – Egitto, raccontata da Carlo
Bacarelli, Nicolò Carosio e Vittorio Veltroni.
Nell’elaborato si susseguono poi tutti i momenti più importanti, dall’avvio della
telecronaca di un tempo di una gara di Serie A nel ’60 alla fine del monopolio Rai con
l’avvento soprattutto delle reti Fininvest e di Telemontecarlo.
Da qui partono dei percorsi separati:
Quello della Rai, dove Carosio viene prima affiancato e poi sostituito da Nando
Martellini. È una storia fatta di passaggi di consegne che continueranno con Bruno
Pizzul e poi con il trio odierno formato da Marco Civoli, Gianni Cerqueti e Stefano
Bizzotto. Le reti Fininvest, l’inizio della programmazione calcistica incentrata
soprattutto sulle coppe europee e l’avvento di bravi telecronisti come Bruno Longhi e
Sandro Piccinini. Il tutto per poi approdare alla rivoluzione del digitale terrestre.
Telemontecarlo, con la concorrenza alla Rai possibile grazie alla sede estera e alla
conseguente adesione all’Eurovisione. Si parla anche dei suoi maggiori telecronisti,
Luigi Colombo e Massimo Caputi, della sua chiusura e della trasformazione in La7. Il
panorama del satellitare, la nascita di Telepiù e successivamente di Stream fino ad
arrivare alla loro fusione in Sky Italia, dove confluiscono anche i telecronisti di
entrambe tra cui ottime figure professionali come Fabio Caressa, Massimo Marianella,
Maurizio Compagnoni e Massimo Tecca. Una fusione che dà inoltre il via ad una
massiccia programmazione calcistica e a tante nuove assunzioni per il racconto delle
6
partite. Infine Sportitalia, la sua recentissima storia, le figure che vi sono passate e
l’aspetto odierno.
La seconda parte dedicata alla televisione, come per la radio, prende in considerazione
le caratteristiche e le peculiarità del mezzo e dei suoi protagonisti: la preparazione di
una telecronaca, la sua conduzione, il paragone con la radiocronaca, il grado di
coinvolgimento emotivo del cronista, il linguaggio e le caratteristiche che deve
possedere. Anche in questo caso, molte saranno le testimonianze dirette degli esperti e
dei professionisti del mestiere. Infine vengono trattate alcune questioni tecniche come il
rapporto del telecronista con la regia, i diversi modelli di telecronaca, il racconto della
gara fatto dallo studio invece che dallo stadio e la “seconda voce”.
L’ultima parte è ancora dedicata ai protagonisti. Nel particolare si parla della carriera di
due grandi telecronisti del passato, il compianto Nando Martellini e il pensionato Bruno
Pizzul, per chiudere con uno dei più famosi e bravi telecronisti del momento, Fabio
Caressa, eletto quasi al rango di eroe nazionale dopo la vittoria azzurra ai Mondiali
tedeschi del 2006.
A concludere il tutto una testimonianza diretta: quella di Stefano Benzi, telecronista di
oltre 4000 partite di calcio, che dopo aver lavorato alcuni anni a Sportitalia è ora il
direttore della piattaforma italiana di Eurosport. Si tratta di un’intervista diretta, che ho
realizzato incontrando Stefano nella sede milanese di Eurosport Italia.
7
PARTE PRIMA: LA RADIO
1. LA STORIA
1.1 Le prime radiocronache: prestiti ed esperimenti
Il 25 marzo del 1928 fu un giorno molto importante nella storia dell’Italia calcistica: per
la prima volta, infatti, la nazionale giocava una partita a Roma (in quello che all’epoca
era lo stadio del Partito nazionale fascista) e per la prima volta gli azzurri batterono
l’Ungheria, dominatrice ai tempi del panorama europeo (mondiale non è dato dirlo,
visto che la prima Coppa Rimet, l’antenato del Mondiale, venne giocata solo due anni
più tardi).
Ma venendo a ciò che più ci interessa, quella data fu storica anche perché per la prima
volta in Italia una partita di calcio fu raccontata in diretta attraverso la radio, sulle
frequenze di quell’antenata della Rai che ai tempi si chiamava Eiar (Ente italiano per le
audizioni radiofoniche).
Dietro al microfono non c’era Nicolò Carosio (che si è soliti ritenere il primo
radiocronista calcistico d’Italia) bensì Giuseppe Sabelli Fioretti, autorevole firma della
“Gazzetta dello sport” che alcuni anni più tardi sarebbe divenuto il direttore del
“Corriere dello sport”, accompagnato da Enrico Segantini.
Sabelli Fioretti e Segantini erano quel giorno dei radiocronisti improvvisati, al pari di
tutti coloro che si succedettero fino all’avvento del primo grande maestro e
radiocronista di professione, Nicolò Carosio. Ai tempi delle prime radiocronache,
infatti, questo mestiere era ancora tutto da inventare e perciò l’Eiar pensò bene di
rivolgersi ai maggiori esperti del panorama calcistico del tempo e soprattutto ai redattori
dei principali quotidiani sportivi.
Oltre a Sabelli Fioretti e Segantini, ad improvvisarsi radiocronista davanti ad un
microfono ricordiamo anche una delle più grandi firme della stampa italiana, quel
Bruno Roghi che nella carriera collezionò la direzione di tutti e tre i maggiori quotidiani
sportivi nostrani, Gazzetta, Corriere e Tuttosport. Roghi commentò il 28 aprile del 1929
l’incontro svoltosi a Torino tra Italia e Germania, terminato con la vittoria dei tedeschi.
E lo stesso Roghi fu anche protagonista della prima spedizione all’estero: l’11 maggio
8
del 1930, infatti, commentò insieme a Renato Casalbore (altra firma del giornalismo
sportivo cartaceo) un match tra Italia e Ungheria svoltosi a Budapest.
Oltre ai prestiti dalla carta stampata, l’altra peculiarità delle prime radiocronache fu un
certo carattere sperimentale, normale trattandosi di una novità.
Uno degli esperimenti più famosi fu quello tentato il 16 giugno del 1929 quando la Stias
(Società trasmissioni istantanee avvenimenti sportivi) trasmettè in diretta un incontro tra
la Roma e il Milan Club in un modo davvero singolare, così descritto da Paolo Ferretti:
uno speaker descrive le azioni dei giocatori in campo pronunciando
dei numeri che corrispondono alle caselle di una tavoletta, che
riproduce il campo da gioco e che l’ascoltatore avrà acquistato presso
le sedi dell’Eiar, necessaria per individuare la zona del terreno di
gioco dove si svolge l’azione e, dunque, per seguire la partita.
1
C’erano dunque due persone dietro al microfono: il radiocronista che raccontava la
partita e lo speaker che, sfruttandone le pause, riferiva i numeri corrispondenti alla zona
del campo dove si svolgeva l’azione. In seguito il campo da gioco diviso in riquadri
numerati inizio anche ad essere stampato su dei giornali specializzati. Questo
esperimento, tra l’altro, non rappresentò una novità assoluta nel panorama europeo, dato
che già qualche anno prima era stato tentato in Inghilterra. Il sistema era indubbiamente
ingegnoso e originale, ma anche un po’ troppo complicato. Per questo la sua durata fu
decisamente breve.
1.2 L’avvento di Nicolò Carosio
Nei primi anni le radiocronache calcistiche riguardarono esclusivamente gli incontri
della nazionale. La Federazione temeva infatti che la trasmissione in diretta delle partite
del campionato (divenuto a girone unico nel 1929) avrebbe fatto diminuire l’afflusso di
gente negli stadi, con conseguenti danni economici per le società.
Questa situazione non durò molto a lungo, dato che già nel 1933, alla vigilia della
Coppa Rimet organizzata dall’Italia, cominciò quello che ben presto sarebbe divenuto
un appuntamento fisso: la radiocronaca del secondo tempo di una partita di Serie A,
1
P. Ferretti, Giornali e giornalisti, in Dizionario del calcio italiano, vol. II, a cura di M. Sappino, Baldini
& Castoldi, Milano 2000, p. 1955.
9
rigorosamente tenuta nascosta fino a poco prima dell’inizio della stessa sempre per
ragioni economiche.
Questo cambiamento coincise con l’esordio sulle frequenze Eiar di colui che legherà per
sempre il proprio nome alla storia delle radiocronache calcistiche italiane: Nicolò
Carosio.
La storia di Carosio inizia da una partita di campionato tra la Juventus e il Torino, dopo
alcuni anni di esperimenti sui campi di periferia e negli studi dell’Eiar. Durerà fino ai
Mondiali del 1970 quando, in seguito ad una presunta frase razzista pronunciata in
diretta (fatto mai provato), la Rai gli darà il benservito.
Interessante, per quanto riguarda i suoi primi anni da radiocronista, il rapporto con il
regime fascista, imperante a quel tempo. Ecco come ce lo descrive Nicola Porro:
Lo sport di regime fra le due guerre […] ha agito come potente
complemento di una strategia propagandistica di ispirazione
carismatica, basata sul rapporto plebiscitario, personale e diretto, fra i
leader e le masse. La radio, per le sue caratteristiche tecniche (essere
«pura voce») e per la sua agilità strumentale, ha costituito il veicolo
principale […], interessando un pubblico che, attraverso l’eccitazione
del sentimento e dell’emozione, viene spinto a identificarsi con la
nazione in quanto comunità immaginata. Non è un caso che la diretta
radiofonica, associata per decenni alla voce narrante di Nicolò Carosio
e ai suoi talvolta fantasiosi racconti, abbia conosciuto un decollo in
termini di popolarità in occasione dei Mondiali di calcio del 1934,
svoltisi in Italia. In quell’occasione si allestiscono gruppi di ascolto
pubblici in cui il contagio emozionale indotto dall’evento ha modo di
manifestarsi visibilmente, a edificazione di un sentimento patriottico –
politicamente redditizio per il regime fascista – che ha bisogno di
incarnarsi in una comunità tangibilmente percepibile.
2
Carosio era molto probabilmente consapevole di questo suo ruolo, ma non per questo si
può sostenere con certezza che lo svolgesse in nome di una convinta adesione agli ideali
del Fascismo. In molti casi, infatti, il suo stile è in linea con la politica del regime per
una sua personale inclinazione verso un tipo di telecronaca che Sandro Ciotti definirà
«vibrante e appassionata»
3
.
In altre occasioni, inoltre, è proprio lui a raccontare come alcune espressioni siano il
frutto d’imposizioni dello stesso regime:
2
N. Porro, Lineamenti di sociologia dello sport, Carocci editore, Roma 2001, p. 138.
3
S. Ciotti, Quarant’anni di parole, Rizzoli, Milano 1997, p. 103.
10
Rete, angolo, a quel tempo non si potevano plagiare le lingue
straniere, bisognava fare da sé. Io per la prima volta invece di “hands”
dissi “mani”. Era per necessità, sennò l’ufficio stampa del partito
faceva l’ira di Dio.
4
Abbiamo citato i Mondiali (o meglio la Coppa Rimet) del 1934. Carosio, infatti, dopo
aver firmato il proprio esordio accanto alla nazionale il Capodanno del 1933 a Bologna,
è ovviamente il protagonista dei racconti della Rimet svoltasi proprio in Italia l’anno
successivo. Per questa occasione, l’Eiar si rinnova, inaugurando il centro
radiotrasmittente di Prato Smeraldo, dotato di potentissime antenne in grado di
raggiungere il Nord e il Sud America e l’Estremo Oriente. I costi sono ovviamente
molto elevati e il nostro ente radiofonico, coprendo la manifestazione con una serie di
servizi esclusivi in diretta per nove nazioni, chiede alle stesse Argentina, Belgio,
Francia, Germania, Olanda, Spagna, Svizzera e Ungheria (la nona era l’Italia) la
ragguardevole (per allora) cifra di diecimila lire per godere dei diritti di trasmissione.
L’ammortizzazione dei costi non sarà però molto riuscita, dato che l’offerta verrà
accettata dalla sola Olanda, evidentemente troppo sicura del successo finale (andato
invece poi all’Italia).
1.3 Il dopoguerra e la stagione d’oro della redazione
radiocronache
Dopo la tragica parentesi della Seconda guerra mondiale, il campionato di calcio riprese
a pieno regime e anche la Rai (divenuta tale nel 1944) tornò a raccontare tutte le
domeniche il secondo tempo di una partita di Serie A, con una novità. Accanto a
Carosio c’era infatti Mario Ferretti, conosciuto come la voce del ciclismo di Coppi e
Bartali. Altra novità, che durerà fino alla stagione 1955-56, fu che il radiocronista di
turno, alla fine dell’incontro trasmesso dava lettura, talvolta anche con molto ritardo
rispetto al fischio finale dell’arbitro, dei risultati delle altre partite, senza però leggere
interamente i risultati della “Schedina” per non fare pubblicità alla Sisal, la società che
all’epoca gestiva il primo Totocalcio.
4
P. Ferretti, Op. Cit., p. 1956.