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Introduzione
Questo lavoro si pone l’obbiettivo di descrivere e analizzare la comunicazione web
di tutte le aziende dolciarie italiane inscritte alla propria associazione di categoria.
Viene mantenuto come focus di ricerca il solo mercato italiano benché alcune di
queste imprese operino, anche con lodevole successo,nei mercati esteri.
Nello specifico viene analizzata la comunicazione esterna dell’impresa attraverso il
proprio sito web e la comunicazione partecipativa attraverso l’utilizzo di alcuni
strumenti offerti dal Web 2.0; in particolare dunque si esaminerà Facebook, Twitter,
YouTube e i blog, per la parte riguardante il Web 2.0 e l’ottimizzazione nei motori di
ricerca, l’usabilità, l’interazione e i contenuti per quanto riguarda il sito web. Occorre
puntualizzare che gli aspetti valutati, soprattutto per la parte riguardante i siti web,
benché approfondita non è del tutto esaustiva in quanto ogni sito web meriterebbe
un’indagine qualitativa a se.
I dati sono stati ottenuti utilizzando il metodo di indagine desk ovvero ricercando
direttamente online i caratteri rilevati. La raccolta del corpus di dati è avvenuta
attraverso schede di analisi create ad hoc per ogni macrosettore e utilizzando
specifici servizi online. Durante l’elaborazione dei dati, per taluni aspetti, si è
preferito anche scomporre il campione studiato in classi di fatturato per evitare
alcune errate generalizzazioni.
Nel primo capitolo viene analizzato il mercato dolciario in Italia partendo dalle
suddivisioni per prodotto venduto. Successivamente si espone una sintesi storica dei
vari prodotti dolciari, che si scoprirà essere strettamente legata al nostro Paese da
nord a sud, includendo naturalmente la citazione di alcune aziende storiche italiane.
Verso la fine del capitolo si concretizzerà l’importanza attuale di questo settore
attraverso una sintetica ma esaustiva analisi economica.
Nel secondo capitolo vengono sinteticamente presentati i vari caratteri indagati.
Successivamente viene esposto il campione scelto, suddividendo le aziende per
numero di addetti, fatturato conosciuto, tipologia di prodotti trattati e regione di
appartenenza. Proseguendo nella lettura si tratterà nuovamente, in modo dettagliato e
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attraverso alcune considerazioni di carattere generale, ogni singolo parametro
analizzato. In questa sezione viene spiegato, ove necessario, anche il metodo pratico
della rilevazione per singola variabile.
Nel terzo capitolo vengono presentati i risultati considerati più rilevanti, partendo
dalla comunicazione partecipativa delle aziende per arrivare alla trattazione del sito
web. In questi paragrafi vengono esposti i dati, dapprima in forma aggregata e poi in
base alle classi di fatturato individuate. Si cercherà poi di individuare alcune
correlazioni tra i parametri relativi al web 2.0 e altri parametri che solitamente
denotano l’efficacia della comunicazione web aziendale. Infine verranno presentate
tre PMI del settore dolciario che risultano essere particolarmente attive nei social
network.
L’elaborato si conclude con alcune considerazioni connesse a particolari aspetti
trattati nell’indagine. Si cercherà dunque, alla luce dei dati raccolti, di delineare un
utilizzo tipo dei social media e del proprio sito web da parte delle aziende del settore
dolciario, nella consapevolezza che ogni singola azienda merita un’analisi
approfondita e circostanziata a se stante.
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1 Il mercato dolciario in Italia
1.1 Una prima ripartizione
Secondo la recente classificazione delle attività economiche ATECO 2007
1
• Produzione di gelati senza vendita diretta al pubblico
il
mercato dolciario rientra nel codice attività “C – Attività Manifatturiere” e “G –
Commercio all’ingrosso e al dettaglio” e può essere individuato essenzialmente in
cinque macrocategorie:
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• Produzione di pasticceria fresca
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• Produzione di fette biscottate, biscotti, prodotti di pasticceria conservati
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• Produzione di cacao in polvere, cioccolato, caramelle e confetterie
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• Commercio al dettaglio di pasticceria, dolciumi, confetteria
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L’Istat scende poi in maggior dettaglio ma che, per semplificazione, non si andrà qui
a riportare.
Troviamo inoltre un’altra ripartizione che guarda al settore dolciario dal punto di
vista soprattutto industriale. In questa seconda suddivisione, a cura dell’A.i.d.i.
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1
Il sistema ATECO 2007 è la nuova classificazione delle attività economiche entrata in vigore il 1°
gennaio 2008 che permette alla statistica ufficiale, al mondo fiscale e camerale di utilizzare un’unica
classificazione. Tale sistema costituisce la versione nazionale della nomenclatura europea, NACE
rev.2, pubblicata sull'Official Journal il 30 dicembre 2006 (Regolamento CE n.1893/2006 del PE e del
Consiglio del 20/12/2006)
, non
vengono considerate tutte le attività esclusivamente commerciali o che fanno parte
della catena distributiva. Vengono individuate così quattro macro aree produttive a
loro volta suddivise per prodotto. Possiamo riassumerle nel seguente modo:
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Attività 10.52
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Attività 10.71.20
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Attività 10.72.00
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Attività 10.82.00
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Attività 47.24.20
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A.i.d.i. (Associazione Industrie Dolciarie Italiane) è l'organizzazione che, dal 1967, a completamento
del processo di riunificazione delle strutture associative esistenti, rappresenta e tutela le aziende
italiane produttrici di confetteria, cioccolato e prodotti a base di cacao, biscotti e prodotti dolci da
forno, gelati, dessert e pasticceria industriale. Le aziende associate all'A.i.d.i. costituiscono l'85% del
valore complessivo della produzione nazionale nel settore dolciario.
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• Area cioccolato che comprende tavolette, cioccolatini, creme da spalmare,
uova di cioccolato, snack al cioccolato, altri prodotti e i semilavorati;
• Area prodotti da forno che comprende fette biscottate, cracker e biscotti
salati, biscotti, lievitati di ricorrenza, merendine, torte e brioche;
• Area confetteria che include caramelle e pastiglie, liquerizia, gomme da
masticare, marroni canditi, gelatine di frutta, torrone e confetti;
• Area gelati che contiene i gelati da passeggio, gelati da asporto e gelati sfusi;
Per lo studio in questione si preferisce utilizzare questa seconda categorizzazione.
1.2 Cenni storici
1.2.1 Il cioccolato
Secondo alcune ricerche botaniche, si presume che l’albero del cacao crescesse
spontaneamente già nel 6000 a.C. nei bacini dell’Orinoco e del Rio delle Amazzoni.
I primi coltivatori furono i Maya, intorno al 1000 a.C. seguiti dai Toltechi e dagli
Aztechi. Oltre a essere l’ingrediente di una bevanda riservata alle classi privilegiate,
chiamata xocoatl, nella società azteca il cacao fungeva anche da moneta di scambio.
La civiltà europea ebbe un primo contatto con la pianta e i frutti del cacao nel 1502
grazie a Cristoforo Colombo nel corso del suo quarto viaggio esplorativo. Al ritorno
infatti egli portò con sé alcuni semi di cacao da mostrare ai regnanti ma diede poca
importanza alla scoperta, probabilmente non particolarmente colpito dal gusto amaro
della bevanda. Solo grazie a Hermán Cortés, arrivarono in Spagna, nel 1528, i primi
sacchi con i semi di cacao, suscitando l’interesse nei botanici dell’epoca. Passarono
ancora diversi anni prima che la bevanda raggiungesse il successo in Europa, quando
cioè gli ordini monastici spagnoli, depositari di una lunga tradizione di miscele e
infusi, cominciarono ad aggiungere la vaniglia e lo zucchero per correggerne la
naturale amarezza. Il primo carico documentato di cioccolato verso l'Europa, a scopo
commerciale, viaggiò nel 1585 su una nave da Veracruz a Siviglia. Per tutto il
Cinquecento il cioccolato rimase un’esclusiva della Spagna che ne incrementa
notevolmente la coltivazione.
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Agli inizi del Seicento il cacao arriva in Toscana per merito del commerciante
fiorentino Francesco d’Antonio Carletti. Nel 1606 in Italia il cioccolato veniva
prodotto nelle città di Firenze e Venezia successivamente, grazie a Emanuele
Filiberto di Savoia, arrivò anche a Torino. Nel 1615 viene introdotta la bevanda in
Francia, grazie alle nozze di Anna d’Austria con Luigi XIII e in breve tempo divenne
una moda negli ambienti aristocratici di Parigi e di tutta Europa. Nel 1650 inizia la
commercializzazione del cioccolato in Inghilterra dove veniva servito negli stessi
locali in cui era servito il caffè. Verso la fine del secolo gli abili navigatori olandesi
riuscirono a strappare agli spagnoli il controllo mondiale e il predominio
commerciale sul cacao.
Nonostante il dibattito dell’epoca sui benefici del cacao, tra avversi e sostenitori (i
primi ritenevano l'alimento dannoso alla salute perché risvegliava ira, agitazione,
lussuria, e lasciava un abbondante residuo terroso sul fondo delle tazze, i secondi
invece sostenevano che si trattava di un vero farmaco ricostituente, antidepressivo,
capace di rendere vigili e favorire gli sforzi) nel corso del Settecento prevalse la
schiera degli amatori della cioccolata, anche se risultava ancora una mistura farinosa
dal retrogusto oleoso. Soprattutto gli appartenenti alle classi elitarie, nel corso di una
giornata tipo, ne consumava a tutte le ore. Anche nella Venezia del tempo le
botteghe del caffè erano anche botteghe della cioccolata dove si potevano trovare
sempre nuove versioni della ricetta. La Gazzetta Veneta del 1760 ne documenta
l'ormai enorme diffusione. Gli artigiani torinesi, istituirono anche una scuola del
cioccolato da dove uscì, tra gli altri, anche François-Louis Cailler fondatore della
prima fabbrica di cioccolato. La produzione torinese di cioccolata raggiunse al tempo
circa 250 Kg al giorno e veniva esportata principalmente in Austria, Svizzera,
Germania e Francia.
Nel corso dell’Ottocento ci furono numerose invenzioni tecnologiche che, oltre a
migliorare la meccanizzazione, il gusto e la qualità della cioccolata stessa, portarono
all’affermazione del cioccolato solido. Nel 1802 il genovese Bozelli mise a punto
una macchina per raffinare la pasta di cacao e miscelarla con zucchero e vaniglia.
Nel 1819 François-Louis Cailler automatizzò parte della produzione, riducendo
notevolmente il prezzo del cioccolato; successivamente inventò un composto di
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cioccolato morbido e adatto a essere trasformato in tavolette. Nel 1828 l’olandese
Van Houten brevettò un metodo per estrarre il grasso del cacao ottenendo così il
burro di cacao e il cacao in polvere, più facilmente miscelabili in acqua, meno amari
e di colore più scuro. Nel 1852, a Torino, Pier Paul Caffarel creò il Givu (mozzicone
in dialetto piemontese) un cioccolatino nel quale una parte di cacao viene sostituita
con le nocciole. Nel 1865, in occasione del Carnevale di Torino il Givu Caffarel,
detto anche Gianduiotto, prende il nome di “Gianduia 1865”. Nel 1875 Daniel Peter,
grazie anche all’aiuto di Henri Nestlé, unisce al prodotto il latte in polvere dando così
origine alle tavolette di cioccolato al latte. Rodolphe Lindt, nel 1879 a Berna,
sviluppò un procedimento che gli consentì di produrre il primo cioccolato fondente.
Nel XIX secolo nascono le prime importanti fabbriche di cioccolato, i cui marchi
sono famosi ancora oggi; tra i principali ricordiamo Caffarel, Majani, Pernigotti,
Venchi e Talmone in Italia mentre Cailler, Suchard, Lindt e Tobler in Svizzera.
Agli inizi del Novecento grazie all’ingegno dei maestri cioccolatieri e
all’intraprendenza di giovani e meno giovani imprenditori, nascono nuove industrie
del cioccolato, tra queste ricordiamo Novi (1903), Perugina (1907), Peyrano (1920),
Streglio (1924) e Unica (1924). Nel 1923 Franklin Clarence Mars, un artigiano di
Chicago, inventa la barretta di cioccolato denominata Milky Way, successivamente
dona la ricetta al figlio Forrest Mars che nel 1932 ne cambia il nome, diventando così
la famosa barretta Mars. Nel 1942 nasce la Ferrero che ad oggi si colloca al 4º posto
per grandezza di fatturato fra le industrie dolciarie mondiali, dopo Nestlé, Kraft
Foods e Mars.
All’epoca, tuttavia, il cioccolato nelle sue varie forme restava un prodotto di élite con
un mercato ristretto alle classi più abbienti. In Italia l’elevato costo delle materie
prime e l’alta imposizione fiscale non consentirono ai produttori di abbassare i prezzi
di vendita fino agli anni Settanta. I quegli anni, gli ormai molti prodotti al cioccolato,
iniziarono ad entrare nelle case degli italiani arrivando nel tempo ad essere una voce
di spesa abituale per un numero sempre maggiore di persone.