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INTRODUZIONE
“Infine un’immagine mi si presentò alla mente, mentre stavo lavando le vetrine della
caffetteria… le vetrine consistevano di tre porte scorrevoli di vetro racchiuse da un
vetro anti-tempesta. Per lavare l’interno della vetrina, dovevo inserirmi tra le porte
scorrevoli. Le porte si richiusero mentre stavo lavando i pannelli interni, e rimasi
imprigionata tra due vetri…mentre ero intrappolata da queste vetrine, era praticamente
impossibile comunicare attraverso il vetro.
Essere autistica è come essere intrappolata in questo modo. Le vetrine simboleggiano il
mio sentimento di disconnessione e mi hanno aiutato a convivere con l’isolamento…”
Temple Grandin, 1995 (pp. 20-36)
Se mi chiedessero di pensare a delle caratteristiche prettamente umane sicuramente
penserei, tra le altre, al linguaggio, alla nostra intenzionalità comunicativa, alla nostra
capacità di attribuire agli altri stati mentali e di comportarci di conseguenza, alle nostre
relazioni interpersonali, e il nostro essere profondamente sociali.
Tutte queste caratteristiche fanno parte della nostra quotidianità e della nostra vita
talmente tanto che se non ci fermiamo a riflettere a riguardo, quasi non ce ne rendiamo
conto, sono degli “automatismi” per noi, le utilizziamo da sempre e con estrema facilità.
I bambini con Disturbo dello Spettro Autistico o con Disturbo Pervasivo dello Sviluppo
hanno forti deficit nello sviluppo di queste abilità.
Alcuni di loro non sviluppano mai il linguaggio, e quelli che lo sviluppano fanno
veramente fatica ad utilizzarlo come canale di comunicazione, non capiscono le
relazioni che intercorrono tra le persone e non sono in grado di attribuire stati mentali
agli altri. Sono avulsi da tutto ciò, potrebbero essere definiti come degli osservatori da
altri pianeti che osservano le interazioni sociali tra le persone, senza riuscire a
comprenderle intuitivamente, anzi è proprio così che si definì la Dottoressa Temple
Grandin, affetta dalla Sindrome di Asperger, in una famosa intervista al neurologo
Oliver Sacks, dal cui commento prese il titolo per il suo libro: “Un antropologo su
Marte” del 1998.
L’obiettivo della mia tesi è indagare se alla base dei deficit della comunicazione verbale
e non verbale, e quindi se alla base dei deficit delle relazioni sociali dell’autismo, che
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accomunano l’eterogeneità di questi vari complessi disturbi, potrebbe essere presente
una scarsa o anomala lateralizzazione cerebrale.
Per fare questo nel primo capitolo ho cercato di spiegare cosa è la lateralizzazione
cerebrale, mettendo in evidenza le funzioni lateralizzate più studiate e mettendo in
evidenza l’importanza dell’integrazione tra i due emisferi, cercando anche di delineare
un percorso storico e i balzi di conoscenza maggiori. Ho cercato inoltre di mettere in
luce la relazione tra lateralizzazione emisferica e lateralità periferica.
Nel secondo capitolo ho introdotto i Disturbi dello Spettro Autistico, focalizzando in
particolare sulla triade del comportamento autistico. Ho poi tracciato lo sviluppo della
comunicazione verbale e non verbale in bambini con sviluppo tipico per effettuare un
confronto con i deficit e le anomalie invece presenti nei bambini autistici.
Un’ultima parte del secondo capitolo l’ho riservata alla descrizione della Teoria della
Mente di Alan Leslie, di Simon Baron-Cohen e Uta Frith, che fanno risalire le difficoltà
in ambito sociale e comunicativo a un deficit metarappresentativo.
Infine nel terzo capitolo ho esplicato come ormai l’autismo sia considerato un disturbo
di origine biomedica e mostrato alcune delle varie ricerche che associano l’autismo a
problemi di lateralizzazione e di integrazione emisferica. In ultimo ho illustrato il nostro
compito sperimentale, nel quale abbiamo utilizzato prove di dominanza laterale della
mano, dell’occhio e del piede per indagare la lateralizzazione cerebrale.
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CAPITOLO 1: LA LATERALIZZAZIONE CEREBRALE
1.1 LA LATERALITÀ O DOMINANZA LATERALE
Nell’ambito della neurofisiologia si parla di dominanza laterale o lateralità per la
preminenza di organi o di aree appaiate e disposte specularmente nella parte destra e
sinistra del corpo. (Galimberti,2006).
Non esiste una lateralità, ma diverse lateralità: neurologica, periferica, cognitiva.
La lateralità periferica è l’espressione delle asimmetrie funzionali osservate a livello di
occhio, mano, piede. Queste asimmetrie si evidenziano nella predominanza di un
elemento sul proprio omologo,in movimenti spontanei o finalizzati. Si parla ad esempio
di dominanza oculare e dominanza acustica in ordine alla maggior acutezza visiva o
uditiva, di manulateralità per la preferenza dell’uso della mano destra o sinistra. La
dominanza laterale ha il suo opposto nell’ambilateralità con cui si designa l’uguaglianza
morfologica e funzionale delle due parti.
La lateralità neurologica o lateralizzazione emisferica è la specializzazione di un
emisfero rispetto all’altro nel controllo di determinate funzioni. Così ad esempio,
mentre le funzioni sensoriali, percettive e motorie trovano diffusa rappresentazione in
entrambe gli emisferi, quelle linguistiche, nelle persone destrimani, presentano una
lateralizzazione nell’emisfero sinistro.
La lateralità cognitiva è il riflesso di un’asimmetria cerebrale che sta alla base della
specializzazione emisferica. Si parla di bimodalità dei due emisferi, individuando
nell’emisfero sinistro una specializzazione per le funzioni razionali, analitiche e logiche
con conseguente stile operativo che riguarda l’azione nel mondo esterno e
l’acquisizione di informazioni in modo sequenziale e temporalmente ordinato, e
nell’emisfero destro una specializzazione per l’intuizione, l’immaginazione, la ricezione
dei modelli di relazione con conseguente capacità orientativa e acquisitiva secondo
modalità globali e olistiche. Nelle nostre azioni adottiamo di volta in volta lo stile
cognitivo più appropriato alla situazione, anche se esistono per costituzione personale o
per educazione delle preferenze nell’impiego delle due modalità. Le stesse possono
essere, nei vari soggetti, integrate o attive in termini di opposizione.
La constatazione, infine, che i bambini mostrano una minor specializzazione emisferica
rispetto agli adulti, suggerisce che la dominanza emisferica può essere parte di un
criterio per la valutazione dello sviluppo, così come la constatazione che i due emisferi
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elaborano informazioni in modi abbastanza diversi può essere un criterio per valutare
l’influenza della dominanza emisferica nelle differenze individuali.
1.2 LA LATERALIZZAZIONE CEREBRALE
Siamo una specie altamente evoluta, in grado di attuare una vasta gamma di relazioni
complesse e di varia natura: possiamo cooperare, competere, scambiare informazioni,
costruire teorie sul funzionamento della nostra mente e su quella altrui.
Una sofisticata rete di meccanismi neurocognitivi ci rende unici nelle nostre espressioni
più umane ed evidenzia le peculiarità del nostro “cervello sociale” (Frith, 1999;
Adolphs, 2003; Siegel, 1999, 2009; Cozolino, 2006; Kandel, 2005; Gazzaniga, 2008).
Se osserviamo il cervello nella sua globalità non possiamo fare a meno di notare le sue
due parti, divise e collegate tra loro dal corpo calloso e la commessura anteriore.
E’ noto che l’emisfero sinistro è in connessione motoria e sensitiva con la parte destra
del corpo, e l’ emisfero destro con la parte sinistra.
Infatti le vie efferenti motorie, che hanno origine dalla corteccia cerebrale, prima di
raggiungere il midollo spinale, o si incrociano all’ altezza del bulbo e discendono nel
cordone controlaterale del midollo, oppure lo fanno in successivi livelli midollari, per
cui vanno ad innervare la metà controlaterale della muscolatura somatica, e lo stesso
discorso vale per le vie afferenti.
Ma oltre questa suddivisione “areale”, esiste una suddivisione o, meglio ancora, una
specificità funzionale dei due emisferi, in considerazione del fatto che, per determinate
funzioni, uno esercita un ruolo preminente sull’altro.
E’ necessario chiarire però che quanto detto non vuole fare intendere una prevalenza o
superiorità di un emisfero sull’altro, in quanto dal punto di vista fisiologico le
interdipendenze dei due emisferi cerebrali sono tali che la dominanza di una metà
cerebrale sull’ altra non è totale né assoluta. Dunque i due emisferi funzionano in modo
complementare e non isolatamente, avendo uno un ruolo relativamente più marcato in
base al tipo di funzione presa in considerazione e l’altro il contemporaneo e parziale
concorso nell’attuazione della funzione considerata (esempio: l’emisfero sinistro
controlla gli aspetti motori, logici, e simbolici del linguaggio, mentre il destro risponde
per la risonanza emotivo - affettiva che la parola ha nell’esperienza umana).
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In sostanza, più che di dominanza emisferica, è preferibile parlare di specializzazione,
nella misura in cui “entrambi gli emisferi sono dominanti a turno a seconda della
funzione cognitiva considerata” (F. Pizzo,2004).
Oggi ci sono dati ed evidenze a riguardo del fatto che le funzioni cognitive superiori
sono lateralizzate, gli esperti conoscono quali sono i contributi di ogni emisfero per tali
funzioni e addirittura come vengono apportati, ma arrivare fin qui è stato, come spesso
accade nella scienza un percorso abbastanza tortuoso e non mancante di ostacoli.
Cercherò di riportare con la miglior chiarezza che mi sia possibile alcune delle tappe più
significative di questo percorso, almeno quelle riguardanti le funzioni più studiate.
1.2.1 Il linguaggio
Una delle caratteristiche più straordinarie delle funzioni corticali complesse negli esseri
umani è la capacità di associare simboli arbitrari a significati specifici, ciò permette di
esprimere pensieri ed emozioni a noi stessi e agli altri per mezzo del linguaggio.
In verità le conquiste della cultura umana dipendono ampiamente da questa funzione e
una persona che per una ragione o per l’altra non riuscisse a sviluppare questa capacità
in giovane età avrebbe una vita gravemente limitata.
Le osservazioni cliniche condotte su pazienti con lesioni a carico di specifiche regioni
corticali indicano che le capacità linguistiche dell’encefalo umano dipendono
dall’integrità di diverse aree specializzate delle cortecce di associazione nei lobi
temporale e frontale.
Oggi noi sappiamo che nella maggioranza delle persone queste fondamentali funzioni
linguistiche sono localizzate nell’emisfero sinistro; infatti i collegamenti tra i suoni delle
parole e i loro significati sono rappresentati prevalentemente a livello della corteccia
temporale sinistra, mentre i circuiti alla base dei comandi motori che coordinano la
produzione di discorsi sensati si trovano soprattutto nella corteccia frontale sinistra.
Già Paul Pierre Broca descrisse nel 1861 l’area di Broca, ossia l’area motrice del
linguaggio, localizzata nella zona inferiore e posteriore dell’emisfero frontale sinistro,
adiacente alla zona occupata dalla corteccia motrice (giro precentrale) che controlla i
movimenti necessari per articolare le parole, i movimenti mimici facciali e quelli della
fonazione.
Carl Wernicke descrisse nel 1874 l’area di Wernicke localizzata nella parte postero-
superiore del lobo temporale sinistro, vicino la corteccia uditiva primaria (giro
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temporale superiore), e comprende il centro per la comprensione del linguaggio udito.
Le aree di Broca e di Wernicke sono connesse da un fascio di fibre detto fascicolo
arcuato.
La rappresentazione del linguaggio è nettamente separata dai circuiti coinvolti nel
controllo motorio di bocca, lingua, faringe e laringe, ovvero di quegli organi che
producono i suoni verbali; è inoltre separata dai circuiti responsabili della percezione
uditiva delle parole pronunciate e della percezione visiva delle parole scritte, due
funzioni che hanno sede rispettivamente nella corteccia uditiva primaria e in quella
visiva primaria.
La base nervosa del linguaggio va oltre queste fondamentali funzioni motorie e
sensoriali in quanto ha a che fare con un sistema di simboli, pronunciati e ascoltati,
scritti e letti o, nel caso della lingua dei segni, espressi mediante gesti e percepiti
visivamente. Possiamo dunque dire che l’essenza del linguaggio risiede nella
rappresentazione simbolica.
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Nonostante questa prevalenza del lato sinistro, il contenuto emotivo (affettivo) del
linguaggio è ampiamente controllato dall’emisfero destro. Gli studi condotti su
individui affetti da sordità congenita hanno ulteriormente dimostrato che le aree
corticali che governano il linguaggio dei segni sono le stesse di quelle che organizzano
la comunicazione tramite il parlare e l’ascoltare. Le regioni dell’encefalo sono dunque
specializzate per la rappresentazione e la comunicazione simbolica piuttosto che per il
linguaggio parlato e ascoltato come tale.
Nel caso del linguaggio emerge appunto con maggiore chiarezza la prova della
diseguale rappresentazione di una funzione cognitiva nei due emisferi cerebrali.
Infatti, è proprio studiando le facoltà linguistiche che l’aspetto della lateralizzazione è
stato messo in luce per la prima volta, dando anche origine all’idea fuorviante che
nell’uomo vi sia un emisfero realmente “dominante” sull’altro. Invece il vero significato
della lateralizzazione è quello di garantire un efficiente distribuzione delle funzioni
cognitive complesse tra i due emisferi e non certo quello di stabilire una superiorità di
un emisfero sull’altro.
1.2.2 Roger Sperry e gli esperimenti su pazienti split-brain
Fino agli anni 1960 le conoscenze relative alla localizzazione e alla lateralizzazione del
linguaggio erano basate in primo luogo sulle osservazioni condotte su pazienti con
lesioni cerebrali di diversa gravità, localizzazione ed eziologia.
Le inevitabili incertezze insite nei dati di tipo clinico permisero a parecchi scettici di
sostenere che la funzione linguistica (o altre funzioni cognitive complesse) avrebbe
potuto benissimo non essere lateralizzata (o anche solo localizzata) nell’encefalo.
La prova definitiva a supporto delle conclusioni dedotte sulla base delle osservazioni
neurologiche venne dallo studio di pazienti in cui il corpo calloso e la commessura
anteriore erano stati recisi allo scopo di curare gravi forme di epilessia non trattabili
altrimenti. Questi pazienti davano ai ricercatori l’opportunità di poter accertare le
funzioni dei due emisferi cerebrali indipendentemente, dal momento che i principali
fasci di fibre che stabiliscono il collegamento tra di essi sono stati interrotti.
I primi studi su questi pazienti, detti pazienti con il cervello diviso o pazienti split-brain,
furono eseguiti da Roger Sperry e dai suoi colleghi del California Institute of
Technology negli anni 1960-1970. Questi lavori permisero di stabilire fuori di ogni
dubbio la lateralizzazione emisferica del linguaggio e di dimostrare l’esistenza di molte
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altre differenze funzionali (tabella 1) tra gli emisferi destro e sinistro, e continuano a
rappresentare uno straordinario contributo alla comprensione dell’organizzazione
funzionale dell’encefalo.
Per valutare la capacità funzionale di ogni emisfero nei pazienti con il cervello diviso, è
indispensabile fornire informazioni a un solo lato dell’encefalo.
Ebbene, Sperry, Michael Gazzaniga (che dette un contributo fondamentale a questo
lavoro) e altri ricercatori misero a punto vari sistemi per soddisfare questa esigenza, il
più semplice dei quali consisteva nel chiedere al soggetto di identificare degli oggetti
usando ciascuna mano indipendentemente dall’altra e senza alcun ausilio visivo.
Dato che le informazioni somatosensoriali provenienti dalla mano destra sono elaborate
dall’emisfero sinistro e viceversa, chiedendo ai pazienti in studio di descrivere un
oggetto, manipolato con una mano o con l’altra, era possibile esaminare la capacità
linguistica del relativo emisfero. Procedure di questo tipo dimostravano chiaramente che
i due emisferi differiscono per quanto riguarda le loro capacità linguistiche.
Usando l’emisfero sinistro i pazienti split-brain erano in grado di dare un nome corretto
agli oggetti che stavano manipolando con la mano destra senza alcuna difficoltà.
Sorprendentemente, questi stessi pazienti non erano invece in grado di dare un nome
agli oggetti che tenevano nella mano sinistra. Usando l’emisfero destro, essi erano solo
in grado di dare una descrizione indiretta dell’oggetto, ricorrendo a parole e frasi
rudimentali piuttosto che al preciso simbolo lessicale relativo all’oggetto (per esempio,
“una cosa rotonda” in luogo di “una palla”); inoltre, alcuni di questi pazienti non erano
in grado di dare alcuna risposta su cosa stavano manipolando con la mano sinistra.
Un’altra tecnica per presentare informazioni visive ai due emisferi separatamente, la
presentazione tachistostopica, ha dimostrato inoltre che l’emisfero sinistro può
rispondere a comandi scritti, mentre l’emisfero destro può rispondere solamente a
stimoli di tipo non verbale (per esempio, istruzioni pittoriche o in alcuni casi istruzioni
scritte approssimative). Queste distinzioni riflettono differenze emisferiche più ampie
che possono essere riassunte dicendo che l’emisfero sinistro è, nella maggior parte delle
persone, specializzato per l’elaborazione di quegli elementi verbali e simbolici che sono
importanti nella comunicazione, mentre l’emisfero destro è specializzato
nell’elaborazione delle informazioni attinenti le funzioni spazio-visive ed emotive.
Gli studi ingegnosi che Sperry e colleghi condussero su pazienti split-brain posero
termine alla secolare controversia sulla lateralizzazione del linguaggio; nella maggior
parte delle persone l’emisfero sinistro è senza ombra di dubbio la sede delle principali