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1. Introduzione
Obiettivo generale di questo lavoro di tesi è lo studio e la caratterizzazione geolgico-tecnica delle
formazioni superficiali di una zona del bacino del Fosso della Colombera (affluente del fiume
Frigido) nella provincia di Massa Carrara e la successiva ricerca di correlazioni empiriche tra i
parametri acquisiti con dati geomorfometrici riconducibili all’energia del rilievo.
Le FS sono unità costituite da depositi sciolti o debolmente cementati nei quali la resistenza al
taglio è correlata essenzialmente alla composizione granulometrica, alla tipologia dei minerali
argillosi, ai parametri di plasticità, alla permeabilità etc.
La cartografia geologica e geomorfologica, la letteratura e studi geologico-tecnici indicano che una
quantità significativa di frane, soprattutto di neoformazione, si origina nelle “formazioni
superficiali”, “coperture” o “unità di copertura” in seguito nominate con la sigla FS. Nella
letteratura inglese tali unità sono citate come “superficial deposits” o anche “surficial formations” e
sono a scala cartografica sostanzialmente riconducibili al Pleistocene-Olocene.
Per effettuare un’analisi delle condizioni di stabilità dei pendii si dovrebbe disporre di una carta
geologica che rappresenti e distingua estensione, spessori e caratteristiche geologico-tecniche delle
FS.
Questo lavoro di tesi nasce dalla volontà di realizzare una cartografia geologico-tecnica con tali
caratteristiche e ricercare l’esistenza di una eventuale correlazione tra tipologie di FS, litologia,
forme del rilievo e caratteri geotecnici dell’area di studio, attraverso l’impiego di dati e cartografie
già esistenti integrati all’uso dei sistemi informativi geografici, della fotointerpretazione, della
fotogrammetria digitale e delle attività di campagna e di laboratorio.
In particolare, gli obiettivi specifici del lavoro sono i seguenti:
• Fotointerpretazione dei fenomeni franosi e delle FS;
• Rilevamento di campagna con prelievo di campioni e realizzazione di una carta delle FS;
• Esecuzione di prove di laboratorio sui campioni prelevati in sito;
• Studio geomorfometrico a partire dal modello digitale del terreno (MDT);
• Ricerca di correlazioni tra parametri geotecnici, geologici, geomorfometrici delle FS, con
l’obiettivo di una eventuale estrapolazione ad altre aree.
La prima parte del lavoro è stata incentrata sulla scelta della zona di studio e, quindi, sulla ricerca di
un bacino caratterizzato da geologia e geomorfologia già note e ben cartografate ma privo di uno
studio dettagliato delle FS.
Il bacino del fosso della Colombera è caratterizzato da formazioni litoidi di diversa natura ma
raggruppabili in tre principali gruppi litologici: una prevalentemente filladica (metarenarie e filladi),
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una in cui prevale la componente calcarea (marmi, dolomie) e una di origine vulcanica (porfiroidi e
prasiniti) come descritto nel capitolo 2.1.1 “Inquadramento geologico regionale”.
Il passo successivo, trattato nel capitolo 3, è stato il controllo dei fenomeni franosi e delle FS
rispetto a quanto riportato dalla cartografia esistente attraverso la tecnica di interpretazione
fotogeologica. Il capitolo 3 descrive anche la fase del rilevamento di campagna che ha permesso la
raccolta di informazioni geologiche e geomorfologiche trasferite, successivamente, all’interno di
una banca dati e la raccolta di campioni sottoposti alle analisi di laboratorio. Dall’esecuzione di
prove di permeabilità, determinazione della composizione granulometrica e dei limiti di Atterberg
sono stati ricavati una serie di parametri in modo diretto (frazioni granulometriche, limite di
liquidità, limite plastico indice di plasticità,) ed in modo indiretto (D60, D50, D15, coefficiente di
uniformità) che sono stati utilizzati per la ricerca di correlazioni con parametri geomorfometrici.
I parametri ottenuti in laboratorio sono stati poi analizzati in funzione della posizione dei campioni
lungo il versante, cioè lungo il percorso dallo spartiacque all’asta fluviale o al fondovalle.
A questo fine un’analisi spaziale sul MDT ha consentito la stima di tale posizione (Capitolo 4).
Mediante tecniche fotogrammetriche, (capitolo 4.3.1), è stato costituito un blocco fotogrammetrico
con il quale sono stati ulteriormente fotointerpretate e restituite in digitale le FS rilevate nelle fasi
preliminari del lavoro e successivamente corrette dopo il rilevamento di campagna.
Dal blocco fotogrammetrico e dai dati della CTR 1:10000 esistente, è stato ricavato il MDT, utile
per le fasi di interpretazione dei dati e per la valutazione dei parametri geomorfometrici (capitolo 4).
Nel capitolo 5 è esposta la fase di caratterizazione gologico-tecnica dei campioni prelevati in
campagna, mentre il capitolo 6 è dedicato allo studio delle correlazioni tra geomorfometria e
caratteristiche delle FS.
I capitoli 7 e 8 sono dedicati alla discussione critica dei risultati, alle considerazioni finali maturate
durante lo svolgimento di questa tesi e alla previsione di eventuali sviluppi futuri del lavoro.
2. Inquadramento geografico dell’area
Il lavoro di tesi è stato svolto nel versante occidentale del Monte Brugiana, dalla zona del crinale al
fondovalle occupato dal Fosso della Colombera, un affluente di destra del Fiume Frigido (Figura
1). La zona si estende a Nord della città di Massa ed interessa un’ area di circa 2,5 chilometri
quadrati e va da una quota di circa 140 m slm a 900 m slm. I centri abitati principali sono
Lavacchio, Bargana e Bergiola Maggiore, il resto dell’area è pressochØ disabitato e interamente
coperto da boschi di castagni e abeti.
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Figura 1. Bacino del Monte Brugiana (Antinori, 2005)
2.1. Inquadramento geologico
2.1.1. Inquadramento geologico regionale
L’area indagata ricade interamente nell’unità tettonica nota in letteratura come Unità di Massa.
Quest’ultima, insieme l’“Autoctono” auct, costituisce il complesso metamorfico delle Alpi Apuane
che rappresenta il livello strutturale piø profondo affiorante nella porzione interna dell’Appennino
settentrionale (Figura 2). L’Unità di Massa, posta in posizione geometricamente superiore rispetto
all’Unità delle Apuane, affiora esclusivamente nella porzione occidentale del massiccio. Essa è
costituita da un basamento Paleozoico e da una spessa e caratteristica sequenza vulcano-
sedimentaria del Trias medio descritta nel capitolo riguardante la stratigrafia.
Le geometrie di deformazione che caratterizzano l’Unità di Massa sono il risultato di due principali
eventi tettono-metamorfici, inquadrabili all’interno di una storia di deformazione progressiva
sviluppatasi attraverso gli stadi collisionali e post-colisionali che hanno caratterizzato l’evoluzione
tettonica della porzione interna dell’Appennino settentrionale (Carmignani & Kligfield, 1990). Nel
capitolo riguardante la tettonica verranno descritte nel dettaglio le geometrie di deformazione
associate alle due fasi deformative.
L’Unità di Massa e l’“Autoctono” auct. sono caratterizzate da un metamorfismo alpino con
paragenesi di facies scisti verdi con condizioni di pressione e temperatura stimate, rispettivamente,
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tra 0,6-0,8 GPa e 420-500 °C e tra 0,4-0,6 GPa e 350-450 °C (Di Pisa et al., 1985; Franceschelli et
al., 1986, 1997; Jolivet et al., 1998, Franceschelli & Memmi, 1999). I dati radiometrici disponibili
(K-Ar e Ar-Ar) forniscono età comprese tra i 27 e i 20 Ma per le prime fasi deformative D1,
mentre, gli stadi precoci della deformazione D2 si sviluppano a temperature superiori ai 250 °C tra
gli 11 e 8 Ma (Molli et al., 2002) .
2.1.2. Unità di Massa
L’Unità tettonica di Massa è rappresentata da un Basamento ercinico e da un potente Triassico
caratterizzato da rocce del Gruppo del Verrucano e del Ciclo sedimentario medio triassico ed affiora
nel versante sud occidentale del massicio apuano. La successione completa affiora nell’area di tesi,
nei versanti del M.te Brugiana a nord della città di Massa. Diversi autori nel passato hanno
sottolineato le analogie fra l’Unità tettonica di Massa, affiorante nell’area apuana e la Successione
metamorfica di Punta Bianca presso La Spezia (Zaccagna 1932; Elter et alii 1966; Passeri, 1985;
Rau et alii., 1985; Abbate et alii., 2005).
Passeri (1985) e Rau et alii. (1985) mettono in discussione l’attribuzione al Verrucano dei
metasedimenti terrigeni sottostanti i marmi di Punta Bianca. Questi depositi, molto immaturi sia dal
punto di vista composizionale sia dal punto di vista tessiturale, farebbero parte di un ciclo
sedimentario piø antico, ciclo che secondo Passeri sarebbe arealmente sviluppato e potente nella
zona di Massa (Gruppo del Monte Folgorito) (Ciarapica & Passeri 1982) anche denominato
successivamente “Formazione conglomeratica basale” della successione di Punta Bianca e “Gruppo
del Monte Folgorito” (Passeri, 1985) corrispondente all’“Unità A e B” del primo ciclo sedimentario
di Punta Bianca definito da Martini et alii, 1986).
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Figura 2. Schema tettonico e sezione geologica schematica dell’Appennino settentrionale a nord del fiume Arno
(E lter, 1960).
2.1.3. Stratigrafia
Le rocce che affiorano nell’Unità di Massa costituiscono una successione vulcano-sedimentaria
interpretata come testimonianza di un tentativo di rifting precursore di quello del Trias superiore-
Giurassico inferiore che porterà all’apertura della Tetide mediterranea (Figura 3).
Essa è costituita da metaconglomerati quarzosi, metarenarie e metapeliti di ambiente continentale-
costiero (Formazione del Monte Folgorito), seguiti da marmi, dolomie e metabrecce derivati da
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depositi carbonatici di piattaforma ristretta con intercalazione di metabasiti alcaline (Gruppo del
Monte Brugiana). La successione è chiusa verso l’alto da metaconglomerati, quarziti e filladi
(Gruppo del Verrucano).
Figura 3. Schema paleogeografico della zona di Massa riferito al Trias superiore (Carmignani et. alii.,
1987).
Lo studio condotto nella zona del M.te Brugiana durante la realizzazione del Foglio Massa Carrara
(Carmignani et. alii., in fase di preparazione), ha permesso di ricostruire l’ordine stratigrafico dei
vari termini che compongono la parte centrale della successione della Copertura tardo-ercinica e
post-ercinica dell’Unità di Massa. La stratigrafia di seguito descritta fa esplicito riferimento al
lavoro sopra citato.
• Basamento Ercinico
Nel basamento ercinico dell’Unità tettonica di Massa sono rappresentate tutte le formazioni presenti
nel paleozoico dell’”Autoctono” Auct. ad eccezione della fomazione dei Clacescisti. Esiste una
sostanziale analogia fra le associazioni litologiche delle due unità che si distinguono per il maggior
grado metamorfico dell’Unità di Massa (Carmignani et alii., 1987; Molli et alii., 2002 cum biblio).
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La scarsità di fossili contenuti nel basamento ercinico dell’Unità tettonica di Massa ha indotto vari
autori a proporre un’età di alcune formazioni sulla base di analogie litologiche con successioni del
basamento ercinico della Sardegna sudorientale (Carmignani et alii, 1977; Bagnoli et alii, 1979;
Gattiglio et alii, 1989).
In Figura 4 è rappresentata la carta geologica del versante sud-occidentale del Monte Brugiana
(Massa) in scala 1:10000 la cui legenda è descritta in Figura 5. In Figura 6 invece sono raffigurate
tre sezioni geologiche preparate per questa tesi.
Filladi inferiori (FAF)
La formazione delle Filladi Inferiori (Barberi & Giglia, 1965) affiora nella la valle del fiumi Frigido
presso la città di Massa.
Come nell’unità dell’”Autoctono” Auct. la formazione è costituita da filladi quarzitico-
muscovitiche grigio-verdastre e grigio-scure alternate a livelli di spessore variabile dal centimetro al
metro di quarziti grigio-chiare. La parte filladica appare localmente essere la predominanate.
Lo spessore apparente delle Filladi inferiori dell’Unità tettonica di Massa è valutabile intorno a 250
metri. Viene proposta un’età cambriana superiore-ordoviciana inferiore sulla base di analogie
litologiche con successioni del basamento ercinico della Sardegna sudorientale.
In questa formazione non sono stati rinvenuti fossili, viene proposta un’età cambriana superiore-
ordoviciana inferiore sulla base di analogie litologiche con successioni del basamento ercinico della
Sardegna sudorientale (Carmignani et alii, 1977; Bagnoli et alii, 1979; Gattiglio et alii, 1989).
Età: Cambriano ? - Ordoviciano ?
Porfiroidi e Scisti porfirici (PRS)
I migliori affioramenti della formazione dei porfiroidi e scisti porfirici (Barberi & Giglia, 1965) si
trovano sul versante meridionale del Montre Brugiana. La formazione è costituita da quarziti e
filladi quarzitiche di colore grigio-chiaro e verde-chiaro, caratterizzate dalla presenza di abbondanti
granuli di quarzo ialino con dimensioni massime attorno al centimetro e di feldspati, in una matrice
quarzoso-muscovitica e subordinatamente cloritica. I Porfiroidi e gli Scisti porfirici si presentano
identici a quelli dell’”Autoctono” Auct sia dal punto di vista litologico che per i loro reciproci
rapporti. Lo spessore della formazione non supera il centinaio di metri. I Porfiroidi e gli Scisti
porfirici vengono riferiti all’Ordoviciano medio-superiore sulla base di correlazioni con le
formazione vulcaniche del basamento ercinico sardo.
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Età: Ordoviciano ?
Formazione del Monte Folgorito
L’unità affiora in tutta l’area d’estensione dell’Unità di Massa, dal M.te Brugiana alla zona di
Pietrasanta, in particolare in corrispondenza della cresta del Monte Folgorito. L’unità giace in
disconformità sulle metamorfiti del basamento ercinico e sulla formazione di Montignoso.
Superiormente, fa passaggio stratigrafico graduale ai calcescisti e alle metapeliti nere che formano
la parte piø bassa del Gruppo del Monte Brugiana.
L’ambiente di sedimentazione è alluvionale ad un ambiente di mare basso costiero e di piattaforma
interna.
Dal basso verso l’alto, la successione è costituita da:
1) Metaconglomerati. Basali (MCG) Meta-paraconglomerati con ciottoli da centimetrici a
decimetrici di epimetamorfiti riferibili al basamento ercinico e di quarzo bianco latte dispersi in una
matrice metapelitica grigia, con subordinate intercalazioni di metarenarie grigie e verdastre.
2) Metarenarie e Metapeliti (MAP) Metarenarie grigie e verdastre a granulometria media e
localmente grossolana, caratterizzate da abbondante matrice filladica grigia con dispersi granuli di
quarzo ialino, alternate a metapeliti grigie e verdastre che diventano prevalenti nella parte alta della
formazione.
Lo spessore originario è difficilmente valutabile se si considerano le numerose pieghe isoclinali
responsabili della scistosità principale. Nella zona del Monte Folgorito, tuttavia, è stato possibile
valutare uno spessore reale non inferiore a 200-250 metri.
Età: Anisico p.p.
Gruppo del Monte Brugiana
Il Gruppo del M.te Brugiana affiora in corrispondenza della cresta del M.te Brugiana e presso le
cave del versante occidentale del M. Brugiana. Dalla zona del M.te Brugiana a Strettoia attraverso
Castello Aghinolfi. Spostandosi da nord verso sud si nota un progressivo assottigliamento dell’unità
probabilmente legato a fatti sedimentari piuttosto che a laminazioni tettoniche. Verso il basso
l’unità fa passaggio graduale alle arenarie del Monte Folgorito. A tetto l’unità è ricoperta in
disconformità dai depositi del Gruppo del Verrucano. L’ambiente di sedimentazione è costituito da
piattaforma di mare basso, prima scarsamente ossigenata (Calcescisti e Metapeliti Nere) e poi ben
ossigenata (Marmi del Monte Brugiana), a scarpata sottomarina (Metabrecce e Metavulcaniti).
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Il Gruppo del M. Brugiana è quindi costituito da tre unità metasedimentarie, dal basso verso l’alto si
distinguono:
1) Marmi a Crinoidi (Marmi del M. te Brugiana) (MNIa) Metacalcari bianchi e grigio-
chiari grossolanamente stratificati con abbondanti articoli di crinoidi. Seguono verso l’alto
metacalcari grigi e biancastri con frequenti strutture da disseccamento. Sono presenti in tutta la
successione caratteristiche concrezioni e bande irregolari di dolomie ankeritiche che diventano piø
frequenti e spesse nella parte alta;
2) Metabrecce (MNIb) Metabrecce poligeniche a matrice filladica verdognola e violetta
nella parte bassa e crema nella parte alta, con clasti costituiti da metacalcari bianchi, nerastri, rosati
e violacei, fortemente appiattiti, e da dolomie ankeritiche giallastre, con dimensioni che variano da
qualche centimetro a qualche decimetro. In via del tutto subordinata, sono presenti ciottoli di quarzo
ben arrotondati per lo piø di color bianco latte. Le brecce sono interpretate come debriti al piede di
una scarpata.
3) Dolomie (MNIc) Dolomie con patina d’alterazione rosso bruna.
4) Prasiniti (PAI) All’interno della successione sono presenti livelli discontinui di
metabasiti verdognole, da massive a foliate con probabili relitti di varioliti e strutture a cuscino,
riconducibili ad effusioni sottomarine.
Presso il M.te Brugiana lo spessore è molto variabile in brevi spazi. Considerando le sezioni meno
deformate, gli spessori sono di 10-15 m per l’intervallo 1, di 50-60 m per l’intervallo 2 e di circa 40
m per l’intervallo 3.
Età: Trias medio, Anisico superiore-Ladinico p.p.
Gruppo del Verrucano
Gli affioramenti tipici si trovano nel M.te Brugiana, in particolare la cresta che da SE conduce alla
cima. I metasedimenti del Gruppo del Verrucano giacciono con evidenti rapporti di disconformità
su diversi termini della successione del M. Brugiana e, nelle aree piø meridionali, direttamente sulle
arenarie e sui metaconglomerati della Formazione del Monte Folgorito. A tetto i metasedimenti
terrigeni del Gruppo del Verrucano sono ricoperti stratigraficamente dagli Scisti di San Terenzo.
Il Gruppo del Verrucano dell’Unità di Massa caratterizzato da sedimenti che passano da un
ambiente alluvionale ad una piattaforma costiera con forti influenze tidali.
comprende piø unità litostratigrafiche, dal basso verso l’alto si riconoscono:
1) Anageniti.(ATI) Metaconglomerati a grana da fine a grossolana con scarsa matrice da
arenitica fine a siltitica, caratterizzati dalla presenza di quarzo rosa e tormalinolite. Raramente la
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matrice si arricchisce in pelite e solo in questi casi i banchi di metaconglomerato assumono una
foliazione piø o meno marcata in concomitanza con la crescita di clorite e mica bianca;
2) Quarziti e Filladi (QFL) Metaquarzareniti biancastre e giallognole con elevata maturità
tessiturale e composizionale alternate a metasiltiti e metapeliti ricche in muscovite.
Nella zona del M. Brugiana il Gruppo del Verrucano raggiunge complessivamente 20-25 metri di
spessore. Età: Ladinico superiore-Carnico inferiore
Scisti di San Terenzo
A tetto dell’Unità si trovano dei sedimenti di piana tidale in ambiente semiarido, non affioranti
nell’area di tesi, costituiti ad alternanze decimetriche di metacalcari silicoclastici giallastri e
ocreacei, bruni all’alterazione, ricchi in ankerite, con metapeliti verdognole e quarziti biancastre a
matrice carbonatica. Età: Carnico superiore
2.1.4. Tettonica
Per comprendere meglio le caratteristiche geologiche delle zone oggetto di studio è utile inserirle
nel quadro evolutivo dell’ Appennino settentrionale, ricapitolandone le fasi principali.
L’ Appennino settentrionale è un tipico fold and trhust belt, ossia una catena collisionale costituita
da piø insiemi di unità tettoniche, ed è il risultato della collisione continentale tra la placca paleo-
adriatica a sud-est (Apulia), una propaggine della piø grande placca paleo-africana, e il settore
franco-iberico della placca paleo-europea a nordovest (Iberia).
Le geometrie di deformazione che caratterizzano il complesso metamorfico delle Alpi Apuane
(Unità di Massa e Unità delle Apuane) sono il risultato di due principali eventi tettono-metamorfici
(Fasi D1 e D2 di Carmignani & Kligfield, 1990).
Durante l’evento D1 si ha la messa in posto delle unità tettoniche piø superficiali non metamorfiche
(Unità Liguri e Falda Toscana). All’evento deformativo D1 è collegata la foliazione metamorfica
principale (Sp), piano assiale di pieghe isoclinali fortemente non-cilindriche (sheath fold) di
dimensioni da millimetriche a plurichilometrche, che caratterizza la maggior parte delle rocce del
complesso metamorfico delle Alpi Apuane e a cui è associata una lineazione di estensione (Lp),
orientata SW-NE, interpretata come la direzione di trasporto delle unità tettoniche dell’Appennino
Settentrionale.
Nell’area indagata la struttura piø evidente legata all’evento D1 è la struttura di anticlinale al nucleo
di filladi inferiori che affiora nel settore nord-orientale del bacino.
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Durante la fase D2 le precedenti strutture vengono deformate in una complessa mega-antiforme con
sviluppo lungo i fianchi di pieghe parassite, variamente non-cilindriche, associate ad un clivaggio di
crenulazione di piano assiale sub-orizzontale e senso di rovesciamento verso E e verso W,
rispettivamente, lungo i fianchi orientali ed occidentali dell’antiforme stessa. Alle pieghe D2 e
collegate zone ad alta deformazione (shear zones) è attribuibile la progressiva esumazione delle
unità metamorfiche verso livelli strutturali piø superficiali. Gli stadi finali dell’evento D2 sono
caratterizzati dallo sviluppo di strutture da semi-fragili a fragili rappresentate da pieghe aperte o tipo
kink con piano assiale sub-verticale e da faglie dirette a basso e alto angolo (Molli & Meccheri,
2000; Ottria & Molli, 2000).
Nell’area indagata affiorano numerose pieghe metriche associate alla seconda fase deformativa D2
caratterizzate da una vergenza sud-occidentale.
2.2. Inquadramento geomorfologico
La cartografia già esistente mette in luce la presenza di una notevole estensione dei depositi
quaternari.
Nella sezione 249100 della carta geologica (Figura 4,legenda in Figura 5), sono infatti cartografate
due frane di scorrimento attive a ovest di Bergiola Maggiore, depositi di versante periglaciali alla
confluenza del Fosso dei Bozzi con il Fosso della Colombera, e depositi di versante di età
olocenica.
I depositi di versante vengono descritti come accumuli lungo i versanti di frammenti litoidi,
eterometrici angolosi, talora stratificati, con matrice sabbiosa o sabbiosa-limosa.
Questi ultimi sono per lo piø estesi nella parte bassa del bacino ma si nota anche la presenza di un
grosso corpo detritico che copre invece il versante orientale del bacino.
La carta geomorfologica del Parco delle Apuane (Figura 7) segnala invece la presenza di una
scarpata che si sviluppa in corrispondenza dell’abitato di Bergiola Maggiore ma non indica invece
le frane precedentemente descritte. Anche questa carta evidenzia l’esistenza di ampi corpi detritici.
Uno degli scopi di questo lavoro di tesi è proprio quello di descrivere e caratterizzare tali corpi con
maggiore dettaglio, andando inoltre a delinearne piø precisamente i confini, costruendo una nuova
carta di dettaglio.
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Figura 4. Carta geologica del versante sud-occidentale del Monte Brugiana (Massa) scala 1:10000, (Meccheri et
alii., 2004) con evidenziate le sezioni geologiche rappresentate Figura 6
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Figura 5. Legenda della carta geologica del versante sud-occidentale del Monte Brugiana (Massa). (Meccheri et
alii., 2004)
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Figura 6. Sezioni geologiche del versante sud-occidentale del Monte Brugiana (Massa) disegnate per questa tesi.