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Introduzione
La tesi può essere suddivisa in tre parti dal punto di vista dei
contenuti: un‟introduzione, una vera e propria storia del TG1 e un
esame prettamente linguistico. Esso nasce dallo sviluppo parallelo di
due componenti, storica e linguistica, che sono risultate efficacemente
complementari nella trattazione della materia. Da un lato un‟indagine
storica che segue l‟evoluzione del TG1 dalla sua nascita, 3 gennaio
1954 e il contesto nel quale si è inserito, dall‟altro un‟analisi
linguistica finalizzata a cercare le specificità del parlato
telegiornalistico e a coglierne tendenze evolutive. Ne è scaturito un
discorso interdisciplinare ricco di peculiarità e rimandi. La
componente diacronica richiesta dall‟analisi linguistica
strutturale-contenutistica mi ha consentito di delimitare i confini
all‟interno dei quali studiare l‟evoluzione del telegiornale, il
trentennio 1976-2006, e il materiale visionato per l‟indagine storica mi
ha progressivamente avvicinata alla lingua dei giornalisti televisivi.
Il corpus si compone di tredici telegiornali del primo canale
Rai scelti lungo l‟arco cronologico 1976-2006 con cadenza
quinquennale (1976; 1981; 1986; 1992; 1997; 2002; 2006), per un
totale circa di 6-7 ore di trasmesso televisivo. Dal campione sono stati
esclusi il Meteo, per il suo posizionamento spesso diverso e le
interviste. Tale esclusione trova ragione nella volontà di esaminare il
trasmesso telegiornalistico più specifico, quello dei giornalisti, che
risulterebbe difficile distinguere, nell‟analisi soprattutto linguistica,
dal parlato-trasmesso delle interviste, filologicamente variato al suo
interno e anche molto difforme da quello giornalistico.
Il primo capitolo ripercorre brevemente la storia del
telegiornale dalle prime attività sperimentali del 1952, una storia che
mi ha permesso di contestualizzare la nascita del TG1 fino a
5
comprendere tutte le testate nate nel tempo e inseritesi con le loro
funzioni nel panorama telegiornalistico.
Segue l‟ampio capitolo dedicato al TG1 con tutte le sue
caratteristiche. Un telegiornale è innanzitutto un programma che viene
realizzato, registrato e trasmesso e quindi è ospitato in una sede e
possiede una redazione che ne sceglie, coordina e garantisce un
funzionamento, sulla base di regole strutturali certe. Nella prima parte
di questo capitolo, quindi, sono passata ad esaminare gli elementi che
compongono il telegiornale dal punto di vista estetico e
contenutistico. La messa in onda è composta da una struttura che si
ripete uguale a se stessa tutti i giorni: tutto ciò che si vede e si sente è
motivato e frutto di decisioni molto specifiche, dalle anticipazioni, alla
sigla, dalla prima inquadratura ai servizi, fino ai saluti finali. Nella
seconda parte ho cercato di mettere in evidenza, dal punto di vista
della struttura e dei contenuti, i fatti evolutivi che si sono verificati
all‟interno del TG1 in tutto l‟arco cronologico considerato.
Il terzo capitolo è dedicato alla componente linguistica.
L‟analisi linguistica del telegiornale è stata compiuta a partire da un
campione allargato (tutti i telegiornali del corpus) per quanto riguarda
gli aspetti morfosintattici, testuali e lessicali, limitando a un campione
ristretto l‟analisi del livello sintattico, rappresentato dai telegiornali
del 1976 e del 2006. Dopo un‟indagine generale sulla lingua della
televisione, dell‟informazione e dei telegiornali, ho soffermato
l‟attenzione sulla morfosintassi, passando in rassegna i principali
fenomeni che rientrano in questa categoria dai pronomi soggetto,
dimostrativi, interrogativi, alla sintassi marcata, cioè a quei fenomeni
linguistici che alterano l‟ordine basico delle parole: dislocazioni, frasi
scisse o pseudo-scisse, soggetto posposto, tema sospeso. Qualche
osservazione sul che polivalente, sull‟uso dei verbi e sulla –d
eufonica.
La parte sulla sintassi è stata suddivisa sulla base di due
tipologie di parlanti: il conduttore e l‟inviato. Per ognuno ho
6
considerato elementi come la lunghezza sintagmatica, la complessità
sintattica, la monoproposizionalità, l‟incidenza della paratassi e
dell‟ipotassi, la presenza dello stile nominale.
In riferimento alla testualità sono stati analizzati ambiti come
quello della frammentazione sintattica, delle interiezioni e dei segnali
discorsivi.
Infine un ultimo paragrafo dedicato al lessico in cui ho passato
in rassegna gli elementi più caratteristici, quali colloquialismi,
tecnicismi, regionalismi, forestierismi, fraseologia idiomatica e
metaforica, aulicismi, neologismi, stereotipi e diminutivi,
considerando la loro distribuzione in diacronia. Al termine ho
tracciato una conclusione che ricapitola in maniera sintetica ma
completa il lessico del TG1.
In questo mio impegno sono stati decisamente fondamentali i
filmati, integrati dai più noti manuali di linguistica e da un volume
specifico, Gli italiani del piccolo schermo, che mi ha fornito le linee
guida generali per l‟osservazione.
A questo lavoro si allega un‟appendice che raccoglie le tredici
edizioni del TG1 che costituiscono il corpus, secondo i criteri di
trascrizione del LIR (Lessico italiano radiofonico).
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1. Storia del telegiornale
1.1 Il telegiornale
Il telegiornale è il programma televisivo più importante, un
simbolo della televisione stessa. E‟ anche il più diffuso e seguito sulle
varie reti: nessun‟altra trasmissione televisiva, che abbia una cadenza
regolare, può contare il numero di spettatori che nell‟arco di una
giornata riesce a mettere insieme l‟appuntamento con qualcuna delle
molte edizioni del telegiornale.
Da un punto di vista culturale, esso rappresenta la forma
fondamentale di conoscenza del mondo e ricopre una funzione
importante, avendo trasformato l‟informazione, prima riservata a
gruppi di élite, in una pratica di massa.
L‟informazione ha rappresentato per lungo tempo il tratto
distintivo e qualificante delle televisioni di tutto il mondo: il valore di
una rete veniva giudicato in rapporto alla completezza e all‟obiettività
delle sue trasmissioni di informazione. Un network era il suo
telegiornale.
In Italia, dagli anni ‟80, la diffusione delle reti commerciali ha
determinato uno sviluppo massiccio del genere dell‟intrattenimento,
provocando una contaminazione con il genere esclusivo
dell‟informazione.
Nonostante ciò, l‟informazione continua a rappresentare
“l‟anima nobile” della televisione, permette di influenzare l‟opinione
pubblica.
Fabrizio Tonello scrive: ‹‹rimane largamente vero che in Italia
il giornalismo televisivo appare assumere la sua legittimazione dalla
funzione che esso svolge nei confronti del potere politico››
1
.
1
A., Grasso, <<Prefazione>>, in M.G., Bruzzone, L‟avventurosa storia del tg in Italia, Bur, Milano, 2002, p.II.
8
Non prevale l‟ideologia di un giornalismo indipendente che
stabilisce le priorità dell‟azione pubblica, quello che emerge è un
giornalismo in cui l‟appartenenza politica e le ragioni di mercato
soffocano la circolazione delle opinioni.
Il giornalismo televisivo è principalmente fondato
sull‟oratoria, sull‟arte del parlare in pubblico. La retorica televisiva si
configura come l‟applicazione di regole, artifici, trucchi che hanno lo
scopo di trasformare la convenzionalità in spontaneità, motivo per cui,
un valido giornalista televisivo non si preoccupa solo della veridicità
delle notizie quanto di essere assertivo, capace di esprimersi in modo
autorevole, affermativo, preciso.
L‟informazione televisiva impregnata da un forte effetto di
realismo, offre un‟immagine della realtà fortemente condizionata da
alcuni limiti tecnici, come la bidimensionalità, i confini
dell‟inquadratura, l‟esclusione di altri sensi che non siano la vista e
l‟udito e da valori culturali, ideologici e professionali che definiscono
cosa e come bisogna “narrare il reale”
2
.
In questo senso dobbiamo intendere l‟informazione come una
messa in scena del mondo. Ma non sono questi i mali peggiori del
giornalismo televisivo italiano, ‹‹la sua pecca storica è che non ha mai
svolto una funzione di vigilanza sulle istituzioni, non ha mai saputo
rivendicare una chiara autonomia rispetto al potere politico››
3
.
Al di là di queste considerazioni, è opportuno ribadire che
l‟informazione televisiva costituisce, per la maggior parte della
popolazione, il principale strumento di conoscenza del mondo.
2
A., Grasso, <<Prefazione>>, in M.G., Bruzzone, op.cit., p.V.
3
Bruzzone, op. cit., p.III.
9
1.2 Esordi e sviluppi del telegiornale
Erano le 20.45 del 3 gennaio 1954 quando, nell‟apparente
indifferenza generale, davanti a poche migliaia di telespettatori, andò
in onda da Milano il primo telegiornale ufficiale della prima
Repubblica. Direttore era Vittorio Veltroni, padre di Walter, che aveva
ancora il grado di redattore capo, perché il telegiornale non era ancora
una testata. Conduttore, o meglio “redattore-lettore”, come si diceva a
quel tempo, era ‹‹un giovane ossuto dalla faccia scavata e dalla voce
calda che risponde al nome di Furio Caccia››
4
.
Prima di questo avvio, c‟era stata una lunga fase sperimentale,
iniziata la sera del 9 settembre 1952, quando, in un clima precario, un
paio di giornalisti-speaker (Furio Caccia e Fausto Rosati), due
operatori (Carlo Oddone e Duilio Chiaradia) e un montatore
(Giuseppe Monachesi) avevano mandato in onda dallo studio
televisivo di Torino la prima edizione del telegiornale italiano con
quattro servizi filmati e una serie di notizie lette da uno speaker molto
emozionato, a cui alcune di queste furono portate ‹‹quando la
trasmissione era ormai iniziata, attraverso un‟improvvisata staffetta di
uscieri, tecnici, assistenti di studio››
5
.
Il notiziario “numero uno” della storia della televisione italiana
fu un telegiornale anomalo, un‟edizione straordinaria. Quel giorno la
Rai aveva iniziato ufficialmente il servizio televisivo inaugurando gli
impianti sparsi sulla penisola; il telegiornale della sera era un
compendio delle telecronache andate in onda la mattina, parente
povero della già pionieristica televisione. Quattro sono i filmati che
declinano il suo esordio. Uno solo di interni: “L‟ultimo omaggio al
conte Sforza”, come venne titolato il minuto e mezzo che mostrava la
parata di uomini politici, generali e ambasciatori, mentre scendevano
dalla berlina nera per porgere l‟ultimo saluto alla salma del ministro
degli esteri repubblicano, Carlo Sforza, uno dei padri della
4
Bruzzone, op.cit., p.V.
5
G., Simonelli, Speciale tg: forme e contenuti del telegiornale, Interlinea edizioni, Novara, 1998, p.11.
10
Repubblica. Seguirono l‟annuale regata di gondole sul Canal Grande,
grande folla e folklore, e due servizi arrivati dall‟America: le
immagini del ciclone in Alabama e le “Sigarette elettorali”, con i
pacchetti a stelle e strisce che escono uno dopo l‟altro dalla macchina
confezionatrice con stampato sopra “I like Ike” e “Stevenson for
president”. Più che un notiziario quotidiano, quel primissimo
telegiornale zero era una sorta di rotocalco filmato, preceduto da
qualche notizia “dal vivo”: dal Lussemburgo la conferenza dei Grandi
esaminava la proposta De Gasperi-Schuman per la creazione di
un‟autorità politica europea, al Cairo Neguib presiedeva una seduta
fiume del governo rivoluzionario per l‟esproprio delle terre, a Milano
il consiglio dell‟Union International des Avocats scopriva che l‟Italia
era il paese che aveva più avvocati, 30000. Sul finire, l‟immancabile
aggiunta dello sport, che quella sera riservava la notizia della vittoria
di Alberto Ascari al Gran Premio di Monza, che lo laureò campione
del mondo.
Racconta Caccia che il sonoro non c‟era, montarlo sarebbe
stato troppo difficile, visto la scarsità dei mezzi a disposizione. I
magnetofoni a nastro che avevano sostituito il disco rigido, erano
ancora poco maneggevoli. Il commento ai vari servizi veniva fatto a
voce durante la messa in onda, sulla base di appunti che venivano letti
in diretta o addirittura provenienti dalle cronache radiofoniche.
Erano inevitabili i lapsus, le papere, gli errori. Il telegiornale
andava in onda solo tre volte a settimana, replicato la sera alle 22.30.
Al sabato si trasmettevano “gli avvenimenti della settimana”, la
domenica e il lunedì erano dedicati allo sport. Per dare tempo al
collegamento, nel caso di servizi romani, entravano in scena i cartelli
“qui Milano”, “qui Roma”. Tutti i giorni c‟era un po‟ d‟America, un
po‟ di folklore americano, in grado di fare mero spettacolo. Di
scioperi e manifestazioni il telegiornale sperimentale si accorgeva solo
quando avvenivano fuori dall‟Italia, non era gradita la cronaca nera, il
delitto e il vizio non dovevano essere descritti in maniera seducente e
attraente. La censura colpiva anche le notizie dall‟estero, soprattutto
se negative per l‟Italia e i suoi alleati.
11
Il linguaggio di quel primissimo telegiornale era piano,
discorsivo, privo della patina di ufficialità ed enfasi retorica, tratti
tipici dell‟informazione radiofonica, cui il telegiornale si ispirava.
Raccontava Caccia: ‹‹Ci sforzavamo di personalizzare le notizie.
Volevamo essere più umani, andando in onda parlando a braccio, cosa
che alla radio, dove ogni parola era strettamente filtrata, non si
faceva››
6
.
Il 13 aprile 1953 l‟organizzazione del telegiornale venne
rivoluzionata dall‟ordine di servizio n.185 che istituì la Redazione
Attualità e Telegiornale per curare tutte le trasmissioni di carattere
informativo e giornalistico da attuarsi sia in ripresa diretta, sia a
mezzo film. Fu così che la redazione del telegiornale divenne
autonoma anche se dipendeva ancora dall‟″Esercizio Tv″ di Pugliese.
Il primo luglio arriverà Vittorio Veltroni, giornalista di fiducia di
Piccone Stella, di fatto il primo direttore. Nel corso di questi anni il
notiziario fu riorganizzato attraverso l‟introduzione della scansione
per pagine: in testa “le notizie dal vivo”, poi le “notizie dall‟interno”,
le “corrispondenze estere”, infine gli altri “servizi leggeri” e lo sport.
Il telegiornale che muoveva i suoi primi passi era pieno di idee e
curiosità, puntava molto sulla cronaca locale, mescolando dialetti,
facce, luoghi e costumi.
Una seconda fase del telegiornale ebbe inizio nel ‟61, e un
termine nel ‟76.
Nel ‟61 nacque, infatti, il secondo canale dei rai che mandò in
onda un suo telegiornale nel cuore della prima serata, dapprima
attorno alle 21.30, al termine del primo programma serale o
nell‟intervallo dello spettacolo di prosa, poi, dal 1963, con inizio alle
21.00. Era il segnale di una nuova e maggiore attenzione
all‟informazione.
Le trasmissioni del telegiornale si moltiplicarono rapidamente.
Migliorarono le attrezzature per le riprese esterne e vennero definiti i
primi accordi internazionali per lo scambio dei materiali filmati.
6
Bruzzone, op. cit., p.26.
12
Due le caratteristiche principali: modernità e aggressività,
assente del tutto la sperimentazione di formule e contenuti, scopi
perseguiti più da un altro tipo di informazione televisiva, quella del
rotocalco, dell‟inchiesta, del reportage o del dibattito. Ma i veri motivi
di cambiamento vanno ricercati nella progressiva introduzione di una
nuova tecnologia televisiva: il nastro per la registrazione
videomagnetica, la famosa “rvm”, più diffusamente chiamata
“ampex”. La possibilità di registrare su un nastro riduceva le distanze
temporali tra gli avvenimenti e la loro trasformazione in formato
elettronico. Da una televisione che trasmetteva tutti i suoi programmi
solo ed esclusivamente in diretta senza poter “fermare” le immagini
che mandava in onda, a una televisione che disponeva
preventivamente e temporaneamente le immagini che avrebbe più
tardi proposto ai suoi spettatori. Fu una svolta epocale.
C‟era un rigido controllo su qualsiasi notizia non gradita al
governo e alla Democrazia Cristiana. Furono aumentate le dirette ma
la vita politica era ancora raccontata con cautela. Ci fu un processo di
“romanizzazione”; il telegiornale si ideologizzava, diventando più
cattolico. Il palazzo riusciva a dominare la scena del telegiornale, al
punto da trasformare il notiziario in una vetrina delle vanità in cui si
faceva a gara per apparire. Fuori le rubriche leggere e curiose,
scomparve la cronaca dalle città per lasciare il posto ad una quantità
immensa di inaugurazioni, commemorazioni, celebrazioni, mostre,
fiere, occasioni scelte per inquadrare il personaggio. La cinepresa
punta il suo occhio sul personaggio, il resto fa da sfondo.
La rotazione dei direttori mostrò quanta importanza venisse
data al settore dei servizi giornalistici, affidati ad Antonio Piccone
Stella. Quando Veltroni venne sostituito da Rendina, le edizioni
quotidiane del notiziario divennero tre (17.30, 20.30, 22.30). Nel ‟59
Rendina cedette il posto a Piccione, due anni più tardi assunse la
carica di direttore generale della Rai Ettore Bernabei che chiamò alla
direzione del telegiornale Enzo Biagi, il quale accettò a condizione di
poter soffocare le spinte politiche esterne. La sua intenzione era quella
di costruire un telegiornale, fatto anche di immagini, come si
13
costruisce un giornale, in cui ci fosse dentro tutto. Con lui il
telegiornale subì un radicale processo di modernizzazione: sparirono i
servizi che davano solo lustro ai politici e venne dato molto più spazio
alla cronaca nera e rosa, sulla base del modello del telegiornale
americano. Biagi sperimentò formule nuove, portando in tv i processi,
in un‟epoca in cui per la televisione le aule di giustizia sono off limits.
Sognava un telegiornale come un mezzo efficiente di giornalismo, non
uno strumento fumettistico, nocivo, ‹‹capace solo di strappare le
lacrime alle masse più ingenue e meno attente dei telespettatori››
7
. Più
di tutti, Enzo Biagi aveva compreso una cosa: la televisione era un
servizio pubblico, un servizio del cittadino. Egli riuscì a dare una
scossa al telegiornale, umanizzandolo, spogliandolo da toni di
burocratismo formale, da un‟informazione filogovernativa quasi a
senso unico. L‟era Biagi durò solo un anno: Bernabei lo sfruttò per
rompere ogni rapporto con la vecchia Rai dei Piccone Stella e dei
dirigenti della vecchia Eiar.
Un nuovo periodo per il telegiornale iniziò nel 1976. Quindici
anni, fino al 1991 noti come gli anni della rivoluzione neotelevisiva.
Lo scenario televisivo italiano mutò completamente nel numero delle
emittenti, nell‟espansione dei loro palinsesti, nella natura e nella
struttura delle loro emissioni. Il telegiornale appariva come un
simbolo di resistenza, formula consolidata nella storia della
televisione, di quella televisione tradizionale che stava rapidamente
scomparendo: diventò per un certo periodo ciò che distingueva
l‟emittenza pubblica da quella privata.
Nel 1979 s‟inaugurò il telegiornale della terza rete con
un‟edizione divisa tra informazione nazionale e informazione
regionale.
I grandi network si fecero avanti: uno di questi, Rizzoli, costruì
nei primi anni ‟80 un telegiornale attorno alla figura, estranea alla
tradizione nazionale ma già mitica nell‟informazione americana,
dell‟anchorman e lo mandò in onda ‹‹giocando sul filo del rasoio con i
7
Bruzzone, op.cit., p. 109.
14
problemi della diretta, non ancora consentita dalla legge››
8
.
L‟anchorman si chiamava Maurizio Costanzo, il telegiornale si
chiamava Contatto.
Dopo il passaggio a Berlusconi nel 1983, anche Italia 1
propose un telegiornale di poco valore: cinque minuti di notizie lette,
in onda solo per la Lombardia, così come voleva la legge, con il breve
commento di Indro Montanelli.
La mondadoriana Rete quattro mise in atto un progetto di
telegiornale, Ultimissima, che sarebbe dovuto andare in onda grazie al
lavoro di una redazione di quindici giornalisti e alla consulenza
dell‟ABC , ma anche questo progetto dapprima venne accantonato e
poi finì travolto dalle vicende del network, venduto nell‟84 a Silvio
Berlusconi.
In riferimento al TG1, ci fu un ampliamento e un
rinnovamento nell‟offerta. Nell‟87 le edizioni del TG1 arrivarono a sei
al giorno; l‟anno successivo la terza rete introdusse due nuovi
appuntamenti, il telegiornale di metà serata e quello della notte. I
telegiornali erano riformati in tutte le loro caratteristiche: giornalisti
come Mario Pastore e Italo Moretti promuovevano nel loro
telegiornale uno stile molto personale, la messa in scena di un dialogo
con il telespettatore, una vivacità inusitata. Oggetto di cambiamento
era il modello enunciativo del telegiornale: dall‟epoca dei giornalisti si
passava all‟epoca dei conduttori, ad un‟epoca legata ad una
rappresentazione più che informativa, spettacolare. Le regole, le
formule, i fenomeni tipici dello spettacolo invadevano i generi
dell‟informazione, arrivando a condividere l‟ipotesi dell‟appartenenza
del telegiornale all‟area dell‟infotainment. Esempio emblematico di
questo processo di contaminazione, la conduzione del TG1 di Emilio
Fede nel 1983, alternata alla conduzione di Test, un programma di
intrattenimento in prima serata. Il conduttore era paragonato alla
figura tipica dello showman.
8
G.Simonelli (a cura di), Speciale tg: forme e tecniche del giornalismo televisivo, Interlinea Edizioni, Novara,
1998, p.20.