III
INTRODUZIONE
Agli inizi del XXI sec. ci troviamo a vivere in una società “evoluta”,
“moderna”, e guardiamo al futuro caricandolo di aspettative. Immaginiamo
una sempre maggior velocità di comunicazione e di movimento, un maggior
benessere, una interrelazione crescente fra gli Stati europei. Ma come ci
poniamo “noi” nei confronti di questa realtà possibile ? Siamo dei soggetti
passivi, che si aspettano che questo “sogno collettivo” gli venga porto su un
vassoio d’argento, o piuttosto ci riconosciamo in persone attive, che
partecipano consapevolmente ai processi di mutamento in atto, intervenendo
qualora vengano lesi i propri diritti ? Democrazia significa governo del
popolo. Ma siamo veramente noi oggi a decidere il futuro che vogliamo,
siamo noi a costruire l’Europa che desideriamo ?
L’istituzione della democrazia rappresentativa prevede che le elezioni
siano il principale strumento democratico e veicolo per la partecipazione
pubblica. È attraverso il sistema elettorale che i cittadini incaricano i leader
politici di governare il paese. Molto spesso, però, i governati e i governanti
agiscono su piani diversi, che faticano ad incontrarsi; si corre il rischio che
la distanza che li separa generi delle incomprensioni. A questo fine i partiti
costituiscono il normale collegamento tra i due poli : spetta a loro, infatti,
informare i cittadini sulle politiche nazionali ed europee e creare quel
legame d’associazione tra persone che esprimono le stesse idee e che si
riconoscono negli stessi programmi.
Ma i partiti politici generalmente non offrono politiche ed analisi a
livello europeo. In quasi tutti gli Stati membri la competizione partitica ha
IV
continuato a mantenere toni nazionali. Così, mentre le elezioni nazionali
decidono quale partito controllerà il governo che sceglierà i rappresentanti
della Commissione e del Consiglio dei Ministri, il dibattito elettorale si è,
raramente, soffermato sulle politiche proposte da tali rappresentanti.
Persino l’elezione diretta del Parlamento Europeo è stata utilizzata come
referendum sul raggiungimento degli obiettivi di politica interna e sul
mantenimento delle promesse delle forze politiche nazionali.
La politica a livello europeo ruota attorno alle divisioni territoriali
nazionali piuttosto che a quelle socio-economiche, che caratterizzano la
politica a livello nazionale. Certo, bisogna riconoscere che le materie
trattate dalla Comunità hanno spesso una forte componente economica e
tecnica difficile da trasformare in oggetto del discorso politico. Inoltre, le
funzioni delle istituzioni comunitarie e le sfide che queste affrontano non
permettono ai partiti politici di dibattere le politiche comunitarie attraverso
quelle categorie e linguaggi sviluppati nel contesto nazionale.
La questione “Europa” non è, poi, chiaramente posizionata all’interno
del sistema politico nazionale, anzi, essa tende a dividere i partiti politici
internamente piuttosto che distinguerli l’uno dall’altro. Sebbene il
compromesso sia la normale controparte del processo democratico, i politici
nazionali nono credono opportuno spiegare le posizioni politiche prese a
Bruxelles alla massa dell’elettorato. Mentre l’elites politica capisce la
necessità del compromesso, il processo comunitario decisionale viene
presentato al pubblico come uno nel quale il paese o vince o perde.
1
Di fronte a questa incapacità dei partiti di trattare i temi europei e di
1
Almond G. Gabriel, Dalton J. Russell, Powell Bingham G., European Politics Today, 1999,
Longman.
V
svolgere, quindi, un’azione informativa nei confronti dell’elettorato
nazionale, un ruolo cruciale può essere giocato dai media. I mezzi di
comunicazione di massa svolgono, infatti, all’interno delle democrazie un
importante ruolo politico, determinando l’agenda setting, assicurando la
trasparenza degli atti amministrativi, consentendo la libera circolazioni di
diverse idee in merito ad una questione, ed ultimo ma non meno importante
ponendo costantemente sotto gli occhi di tutti i cittadini l’operato del
governo. È loro, pertanto, il compito di fornire un’informazione adeguata
sul processo d’integrazione in atto, in modo da permettere ai cittadini
europei di compiere coscientemente la scelta di quale “Europa” vogliono
realizzare.
Nel Cap. I viene trattato proprio il ruolo occupato oggi dai mass media
nel sistema politico, soffermandosi sulle possibilità di utilizzare questi
mezzi proprio come un’arena di dibattito pubblico su temi europei, almeno
fino a quando i partiti stessi non saranno in grado di assumere questo
compito. Una parte del capitolo viene dedicata all’utilizzo dei media nel
cercare di creare un’identità europea comune allo scopo di legittimare le
istituzioni comunitarie.
Il Cap. II si occupa di tutti gli strumenti di informazione creati dall’UE
per mantenere vivo il legame con i suoi cittadini. I mezzi a disposizione
della Comunità risultano essere molteplici e adeguati ai tempi, come ad
esempio la creazione di parecchi siti internet sulle diverse politiche europee.
Il capitolo lascia aperta la questione se l’informazione comunitaria è
veramente così efficiente come sembra e se arriva davvero a toccare tutti i
cittadini.
Nel Cap. III viene affrontato il possibile futuro europeo nel campo
VI
della comunicazione, visto l’aumento continuo dei canali televisivi via cavo,
dell’introduzione dei sistemi satellitari quasi in ogni settore e il forte
sviluppo delle telecomunicazioni e della rete. Si parla, ormai, di società
dell’informazione, ma che cos’è ? Il cap. cerca di darne una risposta
semplificata mantenendola nell’ambito europeo.
Infine, il Cap. IV contiene una ricerca realizzata sia su quotidiani che
su settimanali degli Stati membri dell’UE allo scopo di analizzare la portata
dell’informazione europea sulla stampa nazionale. Si è voluto, cioè, cercare
di capire se almeno i media sono in grado di colmare quella carenza
informativa precedentemente rilevata nel sistema partitico europeo. La
ricerca non cerca di formulare una verità valida per tutti, ma tenta, soltanto,
di far emergere un problema di fondo e di darne una possibile soluzione.
IL RAPPORTO TRA I MASS MEDIA E LA DEMOCRAZIA
Introduzione
Il termine “mass media”, così usato dalla società odierna, è una parola
composta di due nomi, “medium”, dal latino mezzi, e “mass”, un termine
inglese che sta per massa.
Alla fine degli anni ’30 questa terminologia viene applicata agli
strumenti di comunicazione, quali giornali, radio e televisione, attraverso i
quali è possibile comunicare o ricevere dei messaggi. Infatti, secondo la
definizione di Janowitz
1
, il termine “comunicazioni di massa” si riferisce
alle «istituzioni e le tecniche grazie alle quali gruppi specializzati impiegano
strumenti per diffondere un contenuto simbolico a pubblici ampi, eterogenei
e fortemente dispersi».
Tali mezzi entrano a far parte, nello stato moderno, della
comunicazione pubblica, intendendo per essa, con le parole di McQuail «la
rete di scambi informativi ed espressivi che avvengono nella “sfera
pubblica” o nello spazio pubblico di ogni società». Essi sono soggetti a
regole formali o informali di funzionamento, all’interno di quadri giuridici e
politici imposti dalla società, i quali rispecchiano le aspettative del pubblico
nel suo complesso e delle altre istituzioni sociali (come la politica, i
governi, il diritto, la religione e l’economia).
Seppure diversi tra loro, sono accomunati da alcuni tratti tipici :
1
Janowitz M., The Study of Mass Communication, in International Encyclopedia of the Social
Sciences, Vol. 3, pp. 41-53, New York, Macmillan and Free Press, 1968.
Capitolo I
1
l’istituzione media è collocata nella sfera pubblica, cioè è aperta in teoria
a tutti in qualità di emittenti e riceventi ; i media trattano materie
pubbliche di interesse generale, in particolare questioni su cui si forma
un’opinione pubblica ; i media rispondono della loro attività alla società
esterna (la responsabilizzazione avviene tramite leggi, regolamenti e
pressioni dello stato e della società).
In virtù della loro attività editoriale nell’interesse dei membri di una
società, i media godono istituzionalmente di un ampio grado di libertà
come soggetti economici, politici e culturali.
Formalmente, l’istituzione media è priva di potere (c’è un nesso logico
tra questa assenza di potere e la libertà dei media).
La partecipazione all’istituzione media è volontaria e senza vincoli ;
esiste un forte legame tra uso dei media, da un lato, e tempo libero e
distacco dal lavoro o dal dovere, dall’altro.
Queste appaiono essere caratteristiche positive dei mezzi di
comunicazione, ma va messo in luce che il rapporto tra emittenti e riceventi
rimane comunque un rapporto massificato, unidirezionale ed impersonale,
un servizio prestato o un contratto involontariamente sottoscritto, senza
obblighi reciproci. Il contenuto o messaggio veicolato nella comunicazione
di massa è spesso fabbricato in modi standardizzati, con un valore insieme
di scambio (nel mercato dei media) e d’uso ( per i riceventi), ed è quindi
considerato alla stregua di una merce spendibile.
2
2
McQuail Denis, I media in democrazia. Comunicazioni di massa e interesse pubblico, Il Mulino,
1995.
2
1.1 I mezzi di comunicazione di massa e il loro ruolo nel dibattito
politico.
Il potere politico, sin dalla sua classica formulazione weberiana, è
stato identificato con il potere di comando, che ottiene obbedienza da altri
in modo legittimo o in via di fatto. La comunicazione, invece, d’altro canto
ha il potere di farsi ascoltare, anche quando non ne vengono seguite le
indicazioni. Il suo primo effetto è quello di ottenere attenzione da parte
dell’interlocutore ; ed è bensì possibile che in seconda istanza essa riesca ad
ottenere un comportamento voluto. La caratteristica propria della stampa e
della televisione è proprio quella di essere delle vere e proprie macchine
dell’ascolto. Come molti teorici hanno sostenuto, ciò che i media producono
non è tanto un insieme di messaggi e di contenuti. Essi sono soprattutto dei
fornitori di ascolto, anche nel senso più corrente del termine audience.
L’influenza dei media, il loro potere, è dunque duplice : da un lato
essa produce ascolto e attenzione, dall’altro conferisce visibilità. E nelle
società complesse contemporanee l’attenzione concentrata su vasta scala,
condivisa da milioni di persone, che conferisce una visibilità eccezionale a
soggetti, eventi o temi, è una risorsa scarsa, sempre più costosa da produrre,
per il fatto che la nostra è una civiltà dominata dal rumore comunicativo e
dalla sovrabbondanza di informazioni e di messaggi. Piero Trupia ha parlato
in questo senso di “potere di convocazione”, nel senso che i media attivano
un pubblico di grandi dimensioni che senza il loro ausilio non si
formerebbe, essendo composto da milioni di individui isolati e dispersi, che
non hanno rapporto gli uni con gli altri, e che interagiscono fra di loro
formando un aggregato sociale soltanto grazie alla relazione di ascolto e di
3
attenzione che intrattengono con il mezzo.
3
1.1.1 Il ruolo democratico dei media
Il pensiero liberale tradizionalista sosteneva che il ruolo primario
democratico dei media è di agire come un cane da guardia pubblico
(watchdog) che sorvegli lo stato. Questo termine è, di solito, utilizzato per
definire il loro compito di rivelare gli abusi nell’esercizio dell’autorità
statale, sebbene sia talvolta esteso per includere anche il loro ruolo nel
facilitare il dibattito generale con riguardo al funzionamento del governo. Si
sostiene che questo ruolo sovrasti, in importanza, tutte le altre funzioni dei
media e che abbia dettato la forma in cui i media sono stati organizzati.
4
Il pensiero liberale definisce, poi, i media come il quarto potere. Essi
possiedono, cioè, un determinante potere di influenza nei confronti della
politica, potere questo che si esplica a vari livelli, da quello della
tematizzazione a quello meno appariscente del condizionamento sottile del
comportamento di un esponente politico.
5
Alcuni commentatori vittoriani
hanno sostenuto che i giornali sono soggetti all’equivalente di un’elezione
ogni volta che vengono venduti, al contrario dei politici, che vengono eletti
poco di frequente.
6
Perciò, essi affermarono che la stampa è un’istituzione
pienamente rappresentativa, e dovrebbe essere accettata come partner nel
3
“Media e comunicazione politica nelle democrazie” di Carlo Marletti in Quaderni di Scienza
politica 2(2), Ag.95, pp. 294-296.
4
Curran James, “Mass media and Democracy : A Reappraisal” in James Curran and Michael
Gurevitch, eds. , in Mass Media and Society (London :Edward Arnold, 1991), pp. 83-84.
5
L.J. Martin, “Government and the News Media” in Handbook of Political Communication, Sage,
London 1981, pp.447-448.
6
Boyce George, “The Fourth Estate : The Reappraisal of A Concept” in Boyce G., Curran J. and
Wingate P. eds., Newspaper History, London : Constable, 1978.
4
processo al governo. Come sostenuto da Thomas Carlyle
7
, la stampa
dovrebbe essere considerata “un potere, un ramo del governo, con peso
inalienabile nel fare le leggi” derivatole dalla volontà popolare.
In realtà, terminata la fase storica di dualismo istituzionale che ha
caratterizzato la transizione dai regimi assolutisti ai regimi costituzionali,
con il differenziarsi dell’arena parlamentare e il sorgere di una pluralità di
partiti in competizione fra loro, l’identificazione fra giornalismo, ceto
elettorale ristretto e pubblico d’opinione anch’esso ristretto ed omogeneo è
venuta meno, aprendo così la via a forme di giornalismo schierato o
partigiano, il quale continua a pretendere di parlare in nome di interessi
generali e di essere il portavoce dell’opinione pubblica anche quando in
realtà è portatore di interessi particolari ai quali fornisce un canale di
comunicazione lobbistico.
8
Ai giorni nostri questa argomentazione è stata riformulata in termini
meno assertivi attorno al concetto del consumatore sovrano. La premessa
centrale è che “la forma e la natura generale della stampa è determinata non
da uno ma dai suoi lettori” grazie alla mano invisibile del libero mercato.
9
I
proprietari dei media in un sistema basato sul mercato devono dare alle
persone ciò che vogliono se desiderano rimanere in commercio, e questo
assicura che i media riflettano i punti di vista e i valori del pubblico che li
acquista e agiscano come un altoparlante pubblico.
10
7
Carlyle T., On Heroes, Hero-Worship and the Heroic in History, London, Chapman and Hall,
1907, p. 164.
8
“Media e comunicazione politica nelle democrazie” di Carlo Marletti in Quaderni di Scienza
politica 2(2), Ag.95, pp. 294-296.
9
Whale J., The Politics of the Media, London : Fontana, 1977, p. 85.
10
Peterson Theodore, “Social Responsibility Theory of the Press” in F. Siebert and Schramm et al.
, Four Theories of the Press, Urbana : University of Illinois Press, 1956.
5
In aggiunta al concetto dei media come watchdog e “rappresentanti”,
si è anche sottolineato il loro ruolo informativo : la raccolta e la
presentazione di informazione obiettiva. Questo è, di solito, rappresentato
nei termini di facilitare l’espressione di sé, permettere l’autodeterminazione
collettiva e di promuovere la razionalità pubblica. Nel giornalismo politico,
più specificatamente, ciò consiste nell’interpretare per il pubblico dei lettori
o degli ascoltatori la complessità degli avvenimenti politici ed istituzionali,
ed aiutarli a comprendere il loro significato.
11
Queste diverse funzioni dei
media, si è sostenuto, possono essere esercitate adeguatamente soltanto
attraverso i processi del libero mercato.
Così, il libero mercato è visto come il promotore di una cultura di
libero pensiero democratico. Nessuno può essere soggiogato, questa
l’argomentazione, all’altrui volontà, ma dovrebbe essere in grado di
esprimere liberamente ciò che pensa, a chiunque voglia. Questa libertà,
essenziale per la piena realizzazione di sé, viene salvaguardata, secondo
quanto si asserisce, dal diritto di pubblicazione nel libero mercato.
Il sistema del libero mercato è anche celebrato come il modo migliore
di facilitare l’autogoverno. I media informano i cittadini di una moltitudine
di punti di vista ; essi mantengono aperti i canali della comunicazione tra il
governo e i governati, e tra i diversi gruppi sociali nella società, forniscono
una zona neutrale per la formazione dell’opinione pubblica. In breve, i
processi del mercato sono centrali per l’esercizio della sovranità popolare.
Il libero mercato viene anche considerato nel perseguimento
dell’interesse pubblico. La libertà di pubblicazione assicura che tutti i punti
11
L.J. Martin, “Government and the News Media” in Handbook of Political Communication,
Sage, London 1981, pp.447-448.
6
di vista significativi siano in gioco nel dominio pubblico, e che un’ampia
gamma di informazioni sia resa disponibile dalle diverse ed antagoniste
fonti di informazioni.
12
1.1.2 Il rapporto maggioranza - opposizione
Nei sistemi democratici le forme della comunicazione politica ed il
ruolo del giornalismo e dei media tendono a differenziarsi a seconda del
modo in cui è strutturato il rapporto fra maggioranza del governo ed
opposizione. Marletti
13
distingue nella sua analisi sul rapporto maggioranza
- opposizione tra sistemi maggioritari e sistemi consociativi. Nei sistemi
maggioritari si ha una demarcazione netta dei confini e dei ruoli. Siano essi
di tipo parlamentare oppure di tipo presidenziale, tutti i sistemi maggioritari
sono fondati sul principio che la maggioranza ha la responsabilità del
governo e deve poter essere relativamente autonoma nell’esercizio di questa
funzione.
In un sistema di questo genere chi vince la competizione elettorale
«piglia tutto» e in base ad un’applicazione estensiva di questo principio
potrebbe imporre in ogni campo il proprio interesse, schiacciando
l’opposizione. Ma in condizioni normali questi sistemi conducono invece a
un insieme di garanzie e di mediazioni istituzionali che porta all’affermarsi
di poteri di controllo e di autorità in funzione arbitrale. Nasce una cultura di
pesi e contrappesi, basata sulla ricerca di valori super partes condivisi sia
dalla maggioranza sia dall’opposizione, che permette l’arbitrato, e si
12
Curran James, “Mass media and Democracy : A Reappraisal” in James Curran and Michael
Gurevitch, eds. , in Mass Media and Society (London :Edward Arnold, 1991), pp. 83-84.
13
“ Media e comunicazione politica nelle democrazie”, Marletti Carlo, Quaderni di Scienza
politica 2(2), Ag. 95, pp.285-312.
7
afferma un’opinione pubblica indipendente ed un giornalismo di quarto
potere come una sorta di magistratura di controllo del potere e del governo
attraverso la comunicazione ed i media.
Nei sistemi “consociativi” il confine tra maggioranza e opposizione
non è mai tracciato in modo netto, i partiti governano attraverso coalizioni
instabili, le cui componenti sono spesso in conflitto tra di loro. I contrasti
interni sia alla maggioranza che all’opposizione, portano ad una
frammentazione sempre più accentuata della rappresentanza politica che
favorisce il formarsi di poteri di veto e di poteri di coalizione. In un sistema
di questo genere tendono sempre a formarsi partiti trasversali in cui i
rappresentanti di maggioranza e minoranza si alleano fra di loro contro
colleghi del partito di appartenenza sia degli uni che degli altri, al fine di
fare passare dei provvedimenti che questi osteggiano.
La comunicazione dei partiti e dei leader in questi sistemi è una
comunicazione in cifra, che si serve di un gergo ambivalente ed allusivo,
con figure retoriche contorte. L’esistenza di un insieme di valori sopra le
parti non è essenziale e il bisogno di garanzie e di controlli è molto meno
sentito. Al posto del giornalismo watchdog, quindi, tende a svilupparsi una
interazione ed uno scambio politico fra ambienti giornalistici e partiti, che
porta ad una crescente autoreferenzialità del sistema. Sebbene si dichiarino
portavoce dell’opinione pubblica, gli ambienti giornalistici in realtà si
distaccano sempre più da essa, e da critici del “Palazzo” e del potere
istituzionale e di governo, si trasformano in cassa di risonanza di esso.
È difficile definire il rapporto maggioranza - opposizione nel caso
europeo rifacendosi alle due categorie di Marletti : sistema maggioritario e
consociativo. Ecco allora, che per analizzare il ruolo del giornalismo e dei
8
media in rapporto alla comunicazione politica europea si è preferito
prendere in considerazione le elezioni europee dal ’79 ad oggi.
1.1.3 Le elezioni europee e i media.
Come sottolineato da Lucian Pye
14
vi è «una relazione particolarmente
stretta tra il processo politico e il processo comunicativo». In quest’ambito
le elezioni europee costituiscono un caso speciale ; infatti, esse consistono
nello scegliere, attraverso il suffragio universale, i membri del Parlamento
Europeo. Come notato da Jay Blumler
15
, riferendosi alle elezioni del 1979 :
«Da quando molte persone sono informate degli affari internazionali, ma
lenti nel comprendere la loro rilevanza per le vite di ognuno, è nata
l’esigenza di uno sforzo comunicativo di considerevole complessità e mirato
per far superare la diffidenza elettorale nei riguardi delle istituzioni, dei
candidati e delle materie europee».
Questo è tanto più vero in quanto il Parlamento Europeo esercitava
inizialmente solo limitati poteri. A partire dall’Atto Unico Europeo, ha
visto accrescere gradualmente la sua influenza nei processi decisionali.
Eppure l’affluenza alle urne nel 1989 fu la più bassa rispetto alle elezioni
precedenti (58,5%). Si è parlato a lungo a questo proposito di deficit
democratico dell’UE : “il sistema istituzionale europeo è scarsamente
democratico poiché i poteri della Commissione e, attraverso il Consiglio dei
ministri, dei governi nazionali, sovrastano quelli del Parlamento nel
procedimento legislativo e nel circuito di indirizzo politico, nonostante il
14
Pye L., Communicating and political development, Pincenton University Press, 1963.
15
Blumler J., Communicating to voters : television in the first European parliamentary elections,
London, Sage, 1983.
9
fatto che solo il Parlamento è legittimato direttamente dal voto dei cittadini.
Nello stesso tempo, man mano che l’Unione guadagna spazi decisionali a
scapito degli Stati membri, l’influenza dei parlamenti nazionali decresce a
vantaggio dei governi, il cui ruolo resta decisivo in quanto componenti del
Consiglio, e di un organo considerato tecnocratico come la Commissione.
La conclusione è che la voce dei cittadini che continuano col loro voto a
legittimare le istituzioni politiche diventa sempre meno importante nei
circuiti decisionali.”
16
Più che nel 1979 e nel 1984 i cittadini erano ora consapevoli dello
scarso peso e significato dei loro voti. Questa sfida comunicativa per i
maggiori attori politici - partiti, candidati ed elettori - era, inoltre,
enfatizzata dall’atteggiamento della maggior parte dei “broadcaster” nei
paesi comunitari. Mentre il loro “dovere di informazione” era stato
esercitato con sufficiente enfasi sulla campagna europea del 1979 e 1984,
così non avvenne nel 1989, anno in cui le elezioni furono trattate per quello
che esse erano : “elezioni nazionali di secondaria importanza”.
17
Simon Hix motiva tale considerazione ponendo a confronto le elezioni
europee con quelle di uno stato federale: l’affluenza alle urne (“turnout”)
per le elezioni “centrali”, solitamente risulta più alta di quella registrata per
le elezioni “nazionali”, mentre nel caso europeo succede l’opposto, con una
differenza nel turnout tra i due tipi di elezioni di quasi il 2%. «Ciò significa
che nella mente degli elettori l’UE è un “sistema politico sottosopra”, dove
16
Cesare Pinelli, “la tesi del deficit democratico e le idee di Europa fra mercato e democrazia”, in
Europa Europe, anno VIII, n° 5, 1999.
17
Reif K. e Schmitt H., “Nine second-order national elections : a conceptual framework for the
analysis of European election results” in European Journal of Political Research, 8 (1) 1980: pp.
3-44.
10
il centro dell’attenzione pubblica e dei media è la politica nazionale».
Questo ha una conseguenza significativa per gli attori della democrazia, i
partiti politici. In tutti gli altri sistemi multi-livello, i partiti, o trattano la
competizione elettorale per gli uffici politici centrali come l’evento
principale, oppure trattano entrambi i livelli come arene significative per la
battaglia elettorale. Nell’UE, al contrario, vi è un forte incentivo da parte
dei partiti per trattare le elezioni europee come un insieme di contesti
sottosistemici - con manifesti nazionali (al posto di manifesti europei) e
incentrati su richieste/attività da parte dei governi nazionali (invece che da
parte del PE o della Commissione).
18
Questo è stato confermato da una ricerca in cui si è osservato il ruolo
dei mass media sulle campagne nazionali per le elezioni europee.
19
Confrontando il tipico uso dei media con riguardo alle campagne elettorali
nazionali, quello che ha interessato la prima elezione diretta del Parlamento
Europeo nel 1979, ha dimostrato che gli elettori degli allora nove Stati
membri erano ben poco entusiasti di partecipare alla campagna. Dieci anni
dopo, nel 1989, le cose sono andate peggiorando e il senso di disaffezione
aumentando. Confrontando i dati degli otto paesi disponibili con riguardo ai
dieci diversi modi di partecipazione alla campagna si ottennero 79 dati di
confronto, 66 dei quali indicavano più bassi livelli di partecipazione nel
1989 rispetto a dieci anni prima. Un moderato aumento vi fu solo in sette
casi : più britannici hanno letto materiale elettorale inviato a casa, più
scozzesi hanno guardato programmi televisivi elettorali o parlato con amici
18
Hix Simon, “Elections, Parties and Institutional Design : A Comparative Perspective on
European Union Democracy” in West European Politics, Vol. 21, No. 3 (July 1998), pp.33-34.
19
A questo fine si sono utilizzati i dati messi a disposizione dal Gruppo Europeo Per la Ricerca
sulla Comunicazione Elettorale.
11