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INTRODUZIONE
La Risonanza Magnetica Nucleare (NMR, Nuclear Magnetic Resonance) è una tecnica di
indagine che si basa sulla misura della precessione dello spin nucleare sotto l’effetto di un
campo magnetico. L’applicazione di tale tecnica in medicina riguarda la visualizzazione di
immagini NMR (Magnetic Resonance Imaging, MRI), ed è utilizzata prevalentemente per
scopi diagnostici. Viene considerata come facente parte della radiologia, poiché genera
immagini legate alle strutture interne del paziente. La Risonanza Magnetica fornisce
immagini di natura differente rispetto ad altri metodi di indagine radiologica perché permette
di visualizzare i tessuti molli, e di discriminare tra differenti tipologie di tessuti. La Risonanza
Magnetica per Immagini sfrutta le onde radio, biologicamente più sicure dei raggi x e γ
utilizzati nei metodi radio-isotopici; con essa possono essere ottenute immagini mediante
l’osservazione di nuclei quali
1
H,
13
C,
19
F,
23
Na,
31
P, ecc., ma il nucleo più utilizzato è il
protone sia per la grande abbondanza isotopica (99.98 %) che per la grande quantità d’acqua
contenuta in un organismo vivente.
Nella pratica, quindi, l’uso clinico dell’MRI è ristretto all’analisi di
1
H che, rispetto agli altri
nuclei attivi all’NMR, è presente in concentrazioni rilevanti nell’organismo umano. In
presenza di un campo magnetico esterno, B
0
,
l’intensità del segnale NMR dipende infatti dalla
concentrazione dei nuclei attivi e dalla loro polarizzazione, definita, per nuclei con I = ½
(quali appunto
1
H), come:
dove N
+
e N
-
rappresentano il numero degli spin nelle due diverse orientazioni, che essi
possono assumere rispetto a B
0
.
All’equilibrio termodinamico la precedente equazione si riduce a
dove γ è il rapporto giromagnetico dello spin nucleare in esame, h la costante di Plank, B
0
il
campo magnetico esterno, k
B
la costante di Boltzmann e T la temperatura assoluta.
All’equilibrio termodinamico e in presenza di campi magnetici in uso nelle tecniche NMR ed
MRI, la differenza di popolazione dei livelli e di conseguenza la polarizzazione P è molto
6
bassa e ciò comporta una bassa intensità del segnale NMR. Ad esempio, per un campo
magnetico di 1,5 T la polarizzazione dei nuclei
1
H è 5*10
-6
(ovvero solo 5 protoni su un
milione contribuiscono al segnale NMR). Mentre per il nucleo
13
C tale polarizzazione è solo
di 1*10
-6
. In MRI l’elevata concentrazione di acqua nei tessuti permette di superare la bassa
sensibilità intrinseca di questa tecnica diagnostica.
La qualità diagnostica delle immagini MRI dipende dalle diverse intensità di segnale emessi
da tessuti adiacenti. I vari tessuti vengono differenziati nell’immagine sulla base dei tempi di
rilassamento (T
1
o T
2
) che li caratterizzano o della densità protonica.
1-2
La differenza relativa dell’intensità (I
A
e I
B
) dei segnali di due regioni adiacenti nell’immagine
viene chiamata contrasto ed è data da:
Maggiore è la differenza fra le intensità, migliore sarà il contrasto C. Esso è determinato da
numerosi fattori, alcuni intrinseci al campione (densità protonica, T
1
e T
2
dei protoni
dell’acqua tissutale), altri di natura strumentale (sequenza usata, somministrazione di agenti di
contrasto). In ambito medico un elevato contrasto è un requisito essenziale per ottenere
immagini di qualità. Per migliorare la qualità dell’immagine, sia in termini di un maggiore
rapporto segnale/rumore sia di migliore contrasto, si utilizzano agenti di contrasto
paramagnetici costituiti da ioni Gd
3+
, Fe
3+
, Mn
2+
che inducono una variazione locale del
campo magnetico e, quindi, dei tempi di rilassamento senza che vi sia una modificazione della
polarizzazione.
2
L’uso di mezzi di contrasto in genere allunga i tempi di esecuzione di un
esame di risonanza magnetica. Questi, invece, verrebbero notevolmente ridotti aumentando
direttamente l’intensità del segnale del substrato. Ciò può essere ottenuto tramite un aumento
di polarizzazione del substrato, ossia creando uno stato di non equilibrio dove la differenza di
popolazione tra i livelli viene aumentata (fig. 1). Questo stato si dice iperpolarizzato e negli
ultimi anni sono state studiate e messe a punto diverse tecniche per raggiungere tale scopo.
1
C. Ruffato, L. Buttazzoni, S. Sýkora, G. Bonera, G. Paolucci, RMN Risonanza Magnetica Nucleare in
Medicina, Piccin, Padova , 1986.
2
P. A. Rinck, Magnetic Resonance in Medicine, The Basic Textbook of the European Magnetic Resonance
Forum, ABW, Berlino, 2003.
7
Figura 1: Differenza di popolazione dei livelli energetici indotti dal campo magnetico nel caso di equilibrio
termico e nello stato iperpolarizzato.
Gli agenti di contrasto iperpolarizzati agiscono quindi in maniera molto differente da quelli
classici paramagnetici, in quanto, invece di modificare il segnale dovuto ai protoni circostanti,
diventano essi stessi sorgente di segnale
3-4
. È possibile, quindi, sviluppare opportuni substrati
iperpolarizzati che, una volta iniettati nel paziente e prima di decadere all’equilibrio, vengano
metabolizzati e diano luogo a ulteriori segnali nelle immagini MRI. Se i processi metabolici,
in cui tali mezzi di contrasto molecolari sono coinvolti, sono perturbati in presenza di
specifiche patologie, le molecole iperpolarizzabili subiranno destini diversi nei tessuti sani e
patologici. Questa tipologia di applicazioni ricade nel campo del cosiddetto imaging
metabolico, ad oggi precluso alla tecnica MRI a causa della sua scarsa sensibilità intrinseca.
Per poter esser funzionali tali agenti di contrasto devono essere caratterizzati da un elevato
tempo di rilassamento longitudinale T
1
, perché lo stato iperpolarizzato, che deve conservarsi il
più a lungo possibile dopo l’iniezione nel sistema circolatorio del paziente, decade
all’equilibrio con velocità dipendente dal suo T
1
.
Una delle possibili tecniche apparse negli ultimi anni è la polarizzazione nucleare dinamica
(DNP) in cui un campione è posto in un campo magnetico ad alta intensità (>3T), portato a
basse temperature (<1.5 K) e viene irradiato con microonde; quindi il campione
iperpolarizzato è rapidamente rimosso dall’apparato di DNP, disciolto ed iniettato nel
paziente all’interno dello strumento MRI.
5
Nelle tecniche di iperpolarizzazione un buon
esempio di agente di imaging è il
13
C piruvato, attualmente in fase di sperimentazione clinica.
Il seguente lavoro di tesi è stato incentrato sull’approccio sintetico per l’ottenimento di un
substrato iperpolarizzato, per studiarne successivamente le possibili applicazioni nel campo
dell’imaging metabolico. Tale substrato è la 1,1,2,2-D
4
,2-
13
C colina cloruro, analogo della
3
S. Mansson, E. Johansson, P. Magnusson, C. Chai, G. Hansson, J. S. Petersson, F. Sthalberg, K. Golman,
Eur. Radiol., 16, 57, 2006.
4
K. Golman and J. S. Peterson, Acc. Radiol., vol 13, 8,2006; K. Golman, L.E. Olsson, O.Axelsson,
S.Mansson, M. Karlsson and J. S. Petersson, Brit. J. Radiol., 76, S118, 2003.
5
Slade et al., U.S. PATENT N°7,646,200 B2, 2010
8
colina, che l’avvento delle tecniche di iperpolarizzazione ha reso interessante per la capacità
di seguire il metabolismo fisiologico della colina in acetilcolina nel cervello. La posizione
13
C
mostra il 24% di polarizzazione allo stato liquido, a seguito di iperpolarizzazione DNP, inoltre
questo nucleo presenta un lungo T
1
, che è un prerequisito per gli studi iperpolarizzati. Il
chemical shift di questa posizione
13
C differenzia colina ed acetilcolina l’una dall’altra e
queste dagli altri metaboliti di colina solubili in acqua. Inoltre la sostituzione dei protoni con
deuterio si è resa necessaria in quanto la posizione del carbonio marcato mostra maggiori T
1
se non protonato.
Concretamente l’organizzazione della tesi è la seguente.
Il primo capitolo descrive la tecnica di risonanza magnetica nucleare (NMR) e le tecniche di
iperpolarizzazione, con lo scopo di comprendere le basi chimico-fisiche della tecnica
diagnostica MRI/DNP.
Nel secondo capitolo sono stati introdotti i concetti fondamentali e le principali applicazioni
dell’imaging a risonanza magnetica (MRI) con agenti di contrasto iperpolarizzati, mentre il
terzo capitolo descrive il metabolismo cerebrale e i primi esperimenti di imaging metabolico
applicati alla molecola di interesse colina cloruro. Il quarto capitolo comprende i risultati e la
discussione del lavoro di tesi. Infine il quinto capitolo è costituito dalla parte sperimentale che
comprende le procedure di sintesi.
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Capitolo 1
Risonanza magnetica nucleare e
Iperpolarizzazione
10
1.1 Risonanza magnetica nucleare (NMR)
La risonanza magnetica nucleare ha trovato impiego fin dai suoi albori nella chimica, come
tecnica per la caratterizzazione sia della struttura che della dinamica delle molecole. La
risonanza magnetica viene considerata ai nostri giorni una delle tecniche d’indagine più
diffusa ed in grande sviluppo in svariati settori a partire dalla chimica e dalla biochimica fino
alla scienza dei materiali.
La risonanza magnetica nucleare è una potente tecnica non distruttiva in grado di condurre
analisi strutturali e conformazionali di molecole complesse, analisi quantitative di miscele
complesse, e misurazioni non invasive delle velocità di reazione di sistemi chimici in vitro e
in vivo.
Lo sviluppo di spettri NMR come strumento di analisi clinica è stata stimolata dalla
diffusione di una tecnica di analisi correlata, l’imaging a risonanza magnetica (MRI), in
medicina clinica. L’applicazione dell’NMR in farmacologia e tossicologia è già abbastanza
consolidata, le principali aree di sviluppo attuali sono i disordini metabolici, il trapianto di
organi, i disturbi neurologici, ed il cancro.
1.2 Basi di spettrometria di risonanza magnetica nucleare NMR.
La Spettroscopia è una forma di spettrometria di assorbimento, è la misura della dipendenza
dalla frequenza di assorbimento o emissione di energia di un sistema. L’NMR si riferisce
all'assorbimento ed all’emissione di radiofrequenze (RF) da un nucleo posto in un campo
magnetico; infatti in condizioni appropriate un campione immerso in un campo magnetico
può assorbire radiazione elettromagnetica nella regione delle radiofrequenze (RF) e le
caratteristiche del campione determinano le frequenze riemesse. L’assorbimento è funzione
dalla presenza di determinati nuclei nella molecola.
Tutti i nuclei possiedono una carica. In alcuni nuclei questa
carica ruota (spin) sull’asse nucleare e questo movimento
produce un dipolo magnetico orientato parallelamente all’asse
(fig. 1.1). L’intensità intrinseca del dipolo generato è espressa
in termini di momento magnetico nucleare, µ proporzionale al
momento angolare I : µ I, tale proporzionalità è espressa
dalla costante nucleare γ, detta rapporto giromagnetico:
Figura 1.1:la carica in rotazione
sul protone genera un dipolo
magnetico
11
Il momento angolare della carica in rotazione può essere descritto in termini di numeri
quantici di spin I: tali numeri possono essere calcolati in base alla massa atomica ed al
numero atomico (tabella1).
Tabella 1
I Massa atomica Numero atomico Esempi
Semi-intero
Intero
Zero
Dispari
Pari
Pari
Dispari o pari
Dispari
Pari
1
H,
15
N,
13
C,
17
O
2
H,
14
N
12
C,
16
O
Per ottenere spettri NMR dai nuclei è necessario uno spin nucleare I≠0 (nuclei con I=0 sono
magneticamente inattivi, per es.
12
C). Tra i nuclei, con spin nucleare non nullo, quelli più
largamente utilizzati sono quelli che possiedono numero di spin I=1/2, come i più impiegati
1
H e
13
C.
Il numero di spin determina il numero delle orientazioni che il nucleo può assumere in un
campo magnetico esterno uniforme, in accordo con la formula 2I+1. Ad esempio nel caso del
protone, con I= ½ ,(fig. 1.2 e 1.3) la presenza di un campo magnetico esterno genera due
livelli energetici con un leggero eccesso della popolazione protonica dello stato ad energia
inferiore (N
α
< N
β
), in accordo con la distribuzione di Boltzamm. I livelli sono indicati con α
e β oppure +1/2 e -1/2.
Figura 1.2: i due livelli energetici del protone in un campo magnetico di intensità B
o
. N è la popolazione.
La direzione del campo magnetico ( ) è parallela all’asse delle ordinate.
12
La differenza energetica, ΔE fra i due livelli α e β, è data dalla formula:
dove h è la costante di Plank e γ è il rapporto giromagnetico; poiché h, γ, π sono costanti si
stabilisce che ΔE è proporzionale a B
0
che rappresenta l’intensità del campo magnetico
(espressa il Tesla, T).
Per osservare la risonanza, i nuclei posti all’interno di un campo magnetico devono essere
irradiati con radiazione elettromagnetica, la cui frequenza (ν) deve corrispondere alla
frequenza di precessione dei nuclei, ovvero la cui energia deve essere uguale a quella che
separa i due livelli α e β. L'energia RF promuove la transizione fra questi livelli energetici in
un campo magnetico stazionario di intensità B
0
in quanto viene assorbita dai nuclei in stato di
energia di spin più bassa, elevandoli allo stato di più alta energia di spin. Questo porta a un
assorbimento netto di energia RF. L’equazione che correla la radiofrequenza ν applicata
(misurata in megahertz MHz) con l’intensità del campo magnetico è:
dato che
Figura 1.3: (a) In assenza di campo magnetico esterno, gli spin sono orientati a caso; (b) Applicato un
campo magnetico ogni spin può assumere due orientazioni, parallela o antiparallela, a diversa energia.
13
Poiché la differenza di energia tra i due stati è proporzionale alla forza del campo magnetico,
più forte è il campo, maggiore è la differenza tra le due popolazioni, e più forte è il segnale.
Per ogni nucleo atomico particolare, in un campo magnetico costante nel vuoto, c'è una
singola frequenza di risonanza.
I nuclei sono circondati da nuvole elettroniche che
esercitano un piccolo, ma significativo effetto schermante.
Il grado con cui un nucleo magnetico è schermato dal
campo applicato dalla nuvola elettronica determina la
frequenza di precessione, ovvero più densa è la nube di
elettroni (maggiore difesa), più bassa è la frequenza di
precessione.
Se il nucleo viene immerso in un campo magnetico
stazionario B
0
(fig. 1.4), si avrà una rotazione (precessione)
di µ intorno alla direzione di B
0
(asse z, fig. 1.5) con una
ben precisa frequenza angolare ω
0
, detta frequenza di
Larmor (uguale alla frequenza di precessione del nucleo), che è legata al campo magnetico
dalla relazione:
dove γ è una costante che dipende dal tipo di nucleo caratteristico dell’elemento chimico sotto
esame.
La frequenza di precessione di un particolare nucleo è proporzionale alla forza del campo
magnetico.
Nell’NMR la risultante dei singoli momenti magnetici µ dei
singoli nuclei viene detto vettore di magnetizzazione M.
Allo stato di equilibrio la direzione del vettore di
magnetizzazione M è parallela al campo magnetico statico
B
0
nel quale la sostanza è immersa. Se deviato dalla sua
direzione (inclinato sul piano xy), il vettore di
magnetizzazione M ritorna all’equilibrio (sull’asse z tramite
rilassamento).
L’evoluzione di M nel tempo durante il ritorno all’equilibrio è caratteristico del composto
indagato e costituisce l’oggetto di tutte le misure di risonanza magnetica. Il segnale viene
rivelato come una tensione indotta su di un induttore dalle variazioni del vettore M.
Figura 1.4
Figura 1.5