8
Presentazione
Il 26 ed il 27 Gennaio 2008, in occasione della Giornata della memoria, un noto
programma televisivo
1
ospitò Schlomo Venezia, ebreo italiano arrestato con la famiglia
ad Atene verso la fine di Marzo del 1944 e deportato nel campo di sterminio di
Auschwitz-Birkenau, dove venne assegnato all’unità detta Sonderkommando, il cui
compito era quello di svolgere le operazioni di rimozione dei corpi dalle camere a gas e
quelle successive di cremazione.
In quell’occasione Schlomo Venezia presentò al pubblico il suo libro testimonianza
Sonderkommando Auschwitz, edito da Rizzoli nel 2007. L’autore – che per decenni
preferì mantenere il silenzio – aveva cominciato a testimoniare nel 1992. I suoi lunghi
racconti furono la base di una lunga intervista di Béatrice Prasquier, raccolta a Roma
tra il 13 Aprile ed il 21 Maggio del 2006 e pubblicata per la prima volta in Francia nel
Gennaio del 2007 dall’editore Albin Michel.
Nell’edizione italiana, tradotta da Maddalena Carli, la testimonianza ha assunto la
forma di un discorso continuo. Entrambe le edizioni erano arricchite da alcune
immagini per la pubblicazione delle quali veniva ringraziato « Alexander Olère, figlio di
David Olère, per la collaborazione e l’autorizzazione alla riproduzione dei disegni di
suo padre »
2
. Nove in tutto
3
, ad inchiostro nero su foglio bianco, di grande
immediatezza e di forte impatto emotivo, i disegni rappresentavano, con pochi ma
immediati tratti, alcune scene di vita all’interno di Auschwitz-Birkenau.
La mia ricerca è iniziata da questo testo. La Shoah e la letteratura impropriamente
definita concentrazionaria mi hanno sempre interessata, ma non mi era mai capitato di
confrontarmi con immagini così espressive e dirette della vita all’interno di un lager.
Quel che emerge dalle raffigurazioni di David Olère è una concretezza che le rende
diverse dalle numerose fotografie scattate dagli Americani e dai Russi al momento
della liberazione. Queste fotografie – ben presenti nell’immaginario di noi tutti – hanno
contribuito a far sì che l’Olocausto venisse associato a dei simboli (le camere a gas, gli
alti camini dei crematori o il detenuto scheletrico al di là di un filo spinato) che
sottolineano soprattutto la modernità con cui è stato attuato lo sterminio. È sicuramente
1
“Che tempo che fa” in onda su RaiTre. La presentazione delle puntate del 26 e 27 Gennaio 2008 è disponibile al link
http://www.chetempochefa2004-2009.rai.it/R2_popup_articolofoglia/0,7246,303^1076687,00.html
2
S. VENEZIA, Sonderkommando Auschwitz, cit., p.15.
3
Si tratta di: Birkenau. Bunker 2, “Dopo la gassazione”, Il crematorio III in attività, Sala-spogliatoio del Crematorio II,
Camera a gas, Il taglio dei capelli e l’estrazione dei denti, Crematorio III, Donne selezionate nel campo, scaricate
davanti al crematorio III, L’SS-Unterscharfurher Johann Gorges
9
questo aspetto che differenzia la Shoah da altri orrori dei secoli precedenti. Tuttavia, se
questa simbologia ha consentito di comprendere l’originalità dell’evento storico dello
sterminio, la concretezza che emerge dai disegni di David Olère consente di
immedesimarsi nella sofferenza, intima e personale, delle vittime dei campi di
concentramento.
Incuriosita da quei nove disegni visionati durante la lettura del libro di Schlomo Venezia
ho voluto cercare maggiori informazioni sull’artista e sul suo operato. La ricerca è
iniziata ricorrendo ad internet, cercando pubblicazioni, libri o materiale che facessero
menzione di questo personaggio.
Tutte le ricerche, condotte visionando i cataloghi delle biblioteche europee, hanno
condotto a due sole opere: David Olère. A painter in the sonderkommando at
Auschwitz, The Beate Klarsfeld Foundation, 1989 e Witness. Images of Auschwitz,
West Wind Press, 1998. Acquistati i due libri dagli Stati Uniti mi è stato possibile
confrontarmi con l’operato artistico di David Olère. I due testi, fondamentali per questo
lavoro, presentano però dei limiti.
L’opera del 1989 ad opera di Serge Klarsfeld – avvocato, scrittore e storico romeno
interessato alla causa dei deportati ebrei in Francia – scritta in inglese e francese, si
presenta come un catalogo delle opere dell’artista. Se consideriamo un catalogo come
« un elenco ordinato di oggetti dello stesso genere, talvolta accompagnato da una
breve descrizione », il testo dell’autore romeno risulta un ammirevole tentativo non del
tutto riuscito. Un totale di centoquaranta opere tra sculture, disegni, progetti e tavole, è
stato catalogato nelle centoundici pagine di cui è composto il libro non senza alcuni
errori ed imprecisioni. « We hope that this catalogue of the works of David Olère will
contribute to the formation of a permanent exhibit in New York» scrive l’autore che
continua spiegando che « For the presentation of the works (…) we have chosen a
logical order according to the itinerary and the vision of David Olère »
4
. L’ordine logico
seguito da Serge Klarsfeld – che ho deciso di mantenere introducendo però alcune
modifiche – prevede una divisione delle opere dell’artista suddividendole in grandi
gruppi logici: l’arrivo ad Auschwitz, la vita nel campo, le punizioni, il lavoro dei becchini,
le camere a gas, la cremazione, le fosse di cremazione, le SS, i crimini, Mauthausen,
Melk e la liberazione. Ogni opera è accompagnata da un titolo, le misure del supporto,
la datazione e il luogo di conservazione. I primi errori di catalogazione sono
evidenziabili proprio nella creazione di queste schede. Per quanto riguarda le titolazioni
delle opere è necessario far presente che non tutte le creazioni dell’artista hanno un
4
S. KLARSFELD, David Olère. A painter in the sonderkommando at Auschwitz, cit., p. 10.
10
titolo autografo. In molti casi, alla base dei supporti cartacei dei disegni, sono visibili
delle annotazioni autografe che identificano il soggetto dell’opera. In altri casi le
annotazioni dell’artista sono assenti e la titolazione attribuita alle opere è stata scelta
dall’autore del catalogo che ha identificato il soggetto dell’immagine. La
differenziazione tra titolazioni autografe e attribuite in seguito, non è mai specificata, e
questa è una delle imprecisioni del testo
5
.
Per quanto riguarda le dimensioni dei supporti utilizzati indicate nelle didascalie non c’è
nulla da opinare dato che, alcune delle opere – esposte recentemente al pubblico –
sono state nuovamente misurate confermando la veridicità delle misurazioni del
1989
6
. Tuttavia, non di tutte le opere sono state indicate le dimensioni dei supporti e,
anche questo aspetto, è stato oggetto di correzione.
La datazione indicata è difficilmente errata poiché quasi tutte le opere dell’artista sono
firmate e datate. Tuttavia, soprattutto per quanto riguarda le tavole dipinte, spesso è
necessario stabilire una datazione indicativa che nel testo non è fornita.
L’indicazione delle sedi espositive non è più aggiornata poiché, negli anni, le opere di
David Olère sono state suddivise in due grandi blocchi (disegni e tavole dipinte) esposti
in due differenti musei: A Living Memorial to the Holocaust a New York ed il Ghetto
Fighters House di Israele
7
. Col passare degli anni alcune delle opere indicate come
parte di una collezione privata del figlio dell’artista, Alexander Oler, sono confluite in
una delle collezioni precedentemente citate.
Le immagini infine, non sono quasi mai corredate da una breve descrizione
iconografica e ciò comporta, a mio parere, grandi problemi di comprensione. Alcune
opere dell’artista – ed in particolare quelle degli anni immediatamente successivi alla
liberazione – hanno un valore documentario ed una pretesa che si può definire
fotografica. Questo genere di opere è di immediata comprensione e può essere utile
fornire semplicemente i riferimenti storici che facilitano l’interpretazione dell’immagine.
Le opere tarde, invece, create quasi vent’anni dopo la liberazione, assumono un forte
valore simbolico che causa difficoltà nell’analisi iconografica. Ecco perché, nel mio
lavoro, ho voluto corredare le immagini con alcune possibili chiavi interpretative.
Il testo di Serge Klarsfeld è stato base imprescindibile anche per l’opera del 1998
curata dal figlio dell’artista, intitolata Witness. Images of Auschwitz. Il testo non può
essere definito come un catalogo di opere dell’artista per vari motivi che cercherò di
5
Nel catalogo i titoli autografi verranno indicati tra virgolette (« »).
6
Generalmente si constata una differenza di alcuni millimetri. In ogni caso, ove necessario, ho indicato la misurazioni
del 1989 e quelle riviste degli anni successivi.
7
Sono queste le due sedi espositive dove è confluita la maggior parte delle opere di David Olère. Ad esse vanno
aggiunte il Yad Vashem Art Museum di Gerusalemme ed il Musèe de la Resistance a Champigny.
11
evidenziare. Solo quarantasette opere di David Olère compaiono in questo testo,
corredato da poesie in lingua inglese ad opera del figlio dell’artista. È stata mantenuta
la divisione dei vari oggetti artistici in grandi gruppi tematici seguendo l’impostazione
creata nel 1989, con alcune modifiche, da Serge Klarsfeld.
Le immagini pubblicate, modificate utilizzando il computer
8
, presentano titolazioni
create ex novo dal figlio dell’artista basate su una interpretazione personale delle
immagini che non sempre può considerarsi veritiera. L’apparato testuale dell’opera, in
forma poetica, contiene alcune informazioni utili se consideriamo che il figlio potrebbe
(e verosimilmente ha) ascoltato i racconti del padre riguardo la vita all’interno del
campo di concentramento. Tuttavia, in seguito alla lettura del testo, le immagini
sembrerebbero essere state inserite solo come corredo iconografico – e non viceversa
- come farebbe pensare il titolo scelto per il libro che sottolinea l’importanza della
testimonianza. Le quarantasette opere catalogate sono in buona parte tratte dal
catalogo del 1989 con alcune esclusioni ed integrazioni, probabilmente provenienti
dalla collezione privata del figlio dell’artista. Si tratta di tre sculture assenti nel catalogo
di Serge Klarsfeld che risulta così incompleto.
L’opera non fornisce alcuna informazione artistica; mancano infatti le misurazioni dei
supporti, la datazione, il riferimento alle sedi espositive e, come anche nel testo del
1989, l’indicazione della tecnica artistica.
Posto che, per le ragioni suddette, uno studio della vita e dell’operato di David Olère
non può basarsi esclusivamente sulla lettura di questi due testi che, pur fondamentali,
risultano incompleti, mi è sembrato necessario raccogliere in un testo tutte le
informazioni esistenti sull’artista, creando così un catalogo di opere che permettesse di
studiare il materiale iconografico presentato sia da un punto di vista storico che
artistico-simbolico.
La ricerca è proseguita utilizzando internet, cercando ogni testo o articolo che citasse
la figura di David Olère. Alcune delle sue opere, ad esempio, sono state inserite in
alcuni cataloghi dedicati all’arte concentrazionaria come Spiritual resistance. Art from
concentration camps. 1940-1945, Union of American Hebrew Congregations, 1978. Il
breve catalogo, di sole settanta pagine, contiene, nel capitolo dedicato alla Polonia e
alla Lituania, quattro disegni
9
dell’artista ed una brevissima biografia dello stesso
10
che
8
Sono state eliminate con la computer grafica le annotazioni autografe presenti sui supporti e, in alcuni casi, la
datazione delle opere stesse. I disegni e le tavole sono state inoltre inserite in cornici create a computer che spesso
fanno apparire le immagini di dimensioni ridotte eliminando spesso dal campo visivo alcuni dettagli in realtà presenti
nelle stesse.
9
Si tratta di Listening to the BBC, Christian and Jewish prayers, To burn their sisters and brothers, Forced labor,
building a tunnel.
12
ha consentito di comprendere come, già nel 1978, ci fosse l’esigenza di catalogare le
sue opere. I quattro disegni inseriti nel catalogo sono presentati con titoli in inglese –
che traducono le annotazioni autografe sul supporto – le misurazioni in pollici e
l’indicazione delle tecniche artistiche utilizzate: aspetto assente nelle due opere
successive del 1989 prima e del 1998 poi. Oltre ad una analisi stilistica (permessa
dalle informazioni contenute in questo catalogo) ho avuto la possibilità di porre a
confronto alcune opere di David Olère con quelle di altri testimoni della Shoah che,
come il nostro pittore, furono artisti prima e dopo la deportazione. Un ulteriore
confronto è stato possibile grazie alla visita della mostra temporanea allestita a Roma
presso il complesso monumentale del Vittoriano dal 28 Gennaio al 21 Marzo 2010
intitolata Auschwitz-Birkenau. Il catalogo, a cura di Marcello Pezzetti e Bruno Vespa,
edito da Gangemi editore, offre un interessantissimo apparato iconografico che
permette di mettere a confronto le opere di David Olère non solo con quelle di altri
interessanti artisti, come ad esempio Elle Liebermann-Shiber, ma anche con rare
fotografie di repertorio scattate al momento della liberazione. In quella occasione sono
state esposte le immagini del noto Album Auschwitz volume in cui « (…) sono
documentate per immagini le ultime ore di vita di molti ebrei ungheresi » che
testimoniano « con tutta la forza possibile quale sia stato l’orrore di Auschwitz-Birkenau
»
11
. Il forte valore documentario di una parte delle opere di David Olère, viene
evidenziato nel confronto con le immagini fotografiche che ho inserito nel testo di
questo lavoro.
Un’ulteriore conferma dell’importanza documentaria delle opere di David Olère è fornita
dalla presenza delle stesse in alcuni testi storici, primo fra tutti Techniques and
operation of the gas chambers di Jean-Claude Pressac, edito nel 1989 dalla casa
editrice The Beate Klarsfeld Foundation. Il farmacista francese Pressac scrisse
quest’opera a difesa della storia della Shoah contro le crescenti critiche dei cosiddetti
revisionisti
12
dell’Olocausto. Promosso dagli editori – gli stessi del catalogo del 1989 a
cura di Serge Klarsfeld – come « una confutazione scientifica di coloro che negano le
camere a gas », il libro presenta due tipi di prove a conferma dell’esistenza delle
camere a gas: testimonianze oculari e testimonianze documentarie che egli chiama
10
«David Olère is survivor of Auschwitz, Melk and Ebensee. He lives in Noisy, a suburb of Paris. His work, which is
exhibited often in Israel and in France, portays only the Holocaust »
11
AA.VV., Album Auschwitz, Giulio Einaudi Editore, Torino, 2008, p. XI.
12
Il revisionismo sull'Olocausto è un ambito che tende ad assumere caratteristiche scientifiche o antiscientifiche che
spesso si confondono e si sovrappongono fra di loro. In genere il revisionismo scientifico tende ad analizzare le fonti e
le modalità della persecuzione antiebraica tedesca, senza argomenti preconcetti. Il revisionismo antiscientifico (o
parascientifico) invece parte dal presupposto che lo sterminio di milioni di ebrei durante la seconda guerra mondiale non
sia mai avvenuto (o sia avvenuto in proporzioni enormemente minori a quanto conclamato) e pertanto viene definito più
propriamente negazionismo.
13
tracce criminali. Molte opere di David Olère sono state inserite, al pari di alcune
fotografie, tra le prove a supporto della tentata confutazione. Purtroppo l’intento
dell’autore non porterà allo scopo sperato. La trattazione scientifica condotta dal
farmacista francese, utilizzando per la prima volta come prove utili alla confutazione le
deposizioni dei testimoni oculari e documenti visivi quali fotografie e disegni, ha aperto
involontariamente la strada a numerosissimi studi revisionisti e negazionisti che
cercano di dimostrare, utilizzando le stesse fonti raccolte da Pressac, l’inesistenza
delle camere a gas e, di conseguenza, lo sterminio pianificato degli ebrei.
In molti paesi il revisionismo dell’Olocausto è considerato un reato. Nel 2007 l’ONU ha
approvato infatti una risoluzione degli Stati Uniti che « condanna senza riserve
qualsiasi diniego dell’Olocausto e sollecita tutti i membri a respingerlo, che sia parziale
o totale, e a respingere iniziative in senso contrario »
13
. Per questo motivo buona parte
della letteratura revisionista risulta consultabile solo tramite internet. Sono numerosi i
saggi, in particolare ad opera di Carlo Mattogno, che utilizzano strumentalmente
disegni e tavole di David Olère come prova utile alla confutazione della Shoah con
l’argomentazione che le uniche “prove” dell’esistenza dei forni sono rappresentate non
da immagini fotografiche “oggettive” ma dalle rappresentazioni – ovviamente
soggettive – di un’artista ex deportato. Come vedremo, infatti, il nostro artista –
impiegato nel Sonderkommando – è uno dei pochi testimoni oculari di quanto avvenne
all’interno delle camere a gas. Per completezza del lavoro ho utilizzato anche questi
documenti, inseriti in bibliografia.
La creazione del catalogo, preceduto da un’introduzione che ne faciliti la
comprensione, si è basata sull’utilizzo di numerose e diverse fonti. Oltre a quelle sin
qui citate – le più importanti e ricorrenti – ho utilizzato testi di diversa tipologia. Ho
ricercato in cataloghi di mostre ed in cataloghi museali o di singoli artisti, le possibili
influenze artistiche subite dal nostro pittore. Sono poi risultati fondamentali, per
interpretare la maggior parte dei disegni, i libri sulla storia del campo di Auschwitz –
dalla creazione nel 1940 fino alla liberazione nel 1945 – grazie ai quali è stato possibile
verificare la veridicità delle ambientazioni e l’esistenza storica di alcuni personaggi
ritratti dall’artista. Il commento delle singole opere è spesso corredato da citazioni tratte
da numerosi libri di testimonianza. Inoltre sono risultati indispensabili i testi di Primo
Levi, antropologo di Auschwitz-Birkenau. Anche altre voci hanno però trovato spazio in
questo lavoro in quanto « nessuna delle testimonianze è sufficientemente descrittiva
della situazione generale. Bisognerebbe leggerle tutte, e anche allora non basterebbe
13
L’ONU contro il negazionismo. 22 Stati non votano, no dell’Iran, Corriere della Sera del 27 Gennaio 2007
14
»
14
. « Anche se leggete tutte le opere, anche se ascoltate tutte le testimonianze,
resterete dall’altra parte del muro; non vedrete l’agonia e la morte di un popolo se non
da lontano, come attraverso lo schermo di una memoria che non è la vostra »
15
. Ho
voluto fornire, nel limite del possibile, alcune chiavi interpretative di opere che,
generalmente, allontanano il pubblico. È infatti difficile confrontarsi con immagini di così
forte impatto, forse ancora maggiore di alcune fotografie. La soggettività che emerge
da un disegno o da un dipinto, pur avendo esso una finalità documentaria, turba
chiaramente lo spettatore. Come ha scritto Georges Didi-Hubermann « Per sapere
occorre immaginare (…) immagini malgrado tutto allora: malgrado la nostra incapacità
di guardarle come meriterebbero, malgrado il nostro mondo, un mondo rimpinzato, e
quasi soffocato, da merce immaginaria »
16
.
14
D. PADOAN, Come una rana d’inverno, cit., p. 217.
15
E. WIESEL, Parole di straniero, cit.
16
G. DIDI-HUBERMANN, Immagini malgrado tutto, Raffaele Cortina editore, Milano 2005, p. 15.
15
Introduzione
Per comprendere le opere di David Olère, create a partire dal 1945 non « pour plaire,
mais par nècessitè interieure, pour temoigner pour ceux qui ne sont pas revenus »
17
è
necessaria un’ampia introduzione storico-artistica volta non solo alla conoscenza della
vita di questo artista prima e dopo l’esperienza concentrazionaria ma anche, e
soprattutto, alla scoperta del contesto artistico in cui si formò e delle influenze artistiche
da lui recepite che hanno reso le sue opere dei preziosi documenti storici e degli
oggetti d’arte a cui è importante attribuire il giusto valore artistico.
David Olère (1902 – 1985)
David Oler
18
nasce a Varsavia il 19 Gennaio del 1902. Dai documenti del suo arresto
19
nel 1943 abbiamo le poche informazioni biografiche dell’artista. Come già accennato
nella presentazione del mio lavoro il personaggio e l’operato di David Olère sono stati
spesso oggetto di critiche degli storici revisionisti volte a confutare il valore
documentario dei suoi disegni, la principale delle quali è basata proprio sull’anno di
nascita dell’artista poiché, spiega David Irving, « It's interesting that the birth date of
Oler/Olère reads January 19, 1890, whereas other references give the same day but
the year as 1902. Not that lying to the SS would be especially reprehensible »
20
.
L’ipotetica retrodatazione della nascita del pittore al 1890 in realtà non dimostra nulla
ma permetterebbe di mettere in dubbio la reale presenza dello stesso ad Auschwitz
negli anni tra il 1943 e il 1945. Infatti, come osserva lo storico « What, in our opinion,
can be legitimately queried is whether the relevant drawings of Mr. Olère signed and
dated 1945, 1946 or 1947, were actually created contemporaneously »
21
.
L’argomentazione si basa in realtà, su una scorretta lettura dei documenti di
deportazione dell’artista che – probabilmente a causa di un errore di copiatura –
sembrano riportare due diverse date di nascita
22
.
17
S. KLARSFELD, David Olère. A painter in the sonderkommando Auschwitz, cit., piega di copertina.
18
Questo il suo vero cognome prima di ottenere la cittadinanza francese.
19
Si tratta della lista degli ebrei arrestati a Seine-et-Oise poi trasferiti al campo di Drancy il 20 Febbraio del 1943 e la
lista dei prigionieri deportati da Drancy ad Auschwitz il 2 Marzo del 1943.
20
David Irving in risposta ad una domanda a lui posta sul suo sito internet consultabile all’indirizzo http://www.fpp.co.uk/
21
Ibidem.
22
La lista di deportazione da Sein-et-Oise a Drancy riporta il 19 Gennaio 1902 mentre quella da Drancy ad Auschwitz
sembrerebbe riportare il 19 Gennaio 1890. È da sottolineare come le date siano riportate nel formato GG.M.AA. e non
GG.MM.AAAA che non avrebbe lasciato spazio a dubbi interpretativi.
16
Il nostro artista nasce dunque in una città che sta godendo di un periodo di fioritura.
Dopo le rivolte del Novembre del 1830 e del Gennaio del 1863 il territorio di Varsavia
era stato inglobato nell'Impero Russo. Sotto la guida del sindaco Sokrates
Starynkiewicz (1875-1892) era stato realizzato un moderno sistema delle acque,
diffusa l’illuminazione stradale e creata una rete tranviaria e di condutture del gas.
Durante la Prima Guerra Mondiale (1915-1918) la città di Varsavia fu conquistata dalla
Germania (1915). Per rendere sicura l'area polacca, collocata alle spalle del fronte di
guerra, il governo tedesco e l’Impero Austro-Ungarico concessero alcune libertà ai
cittadini come ad esempio la possibilità di rifondare diverse associazioni ed istituzioni
educative e culturali. Fra queste anche l'Università di Varsavia. La lingua polacca
venne reintrodotta e fu permesso ai professori di tornare al loro lavoro. Serge Klarsfeld,
nella brevissima biografia dell’artista pubblicata nel catalogo del 1989, scrive che « (…)
il était entré tout jeune à l’Ecole Nationale Supèrieure des Beaux – Arts »
23
. Essendo
nato nel 1902 e non potendo disporre di altre date di riferimento prima del 1918 – anno
in cui lascerà la Polonia – è probabile che la frequentazione dell’Accademia si collochi
proprio negli anni tra il 1915 e il 1918 durante l’occupazione tedesca. Prima del 1915
infatti, quando Varsavia era parte dell’Impero Russo, il polo universitario era stato
rimpiazzato dalla Università imperiale di Varsavia il cui scopo era la russificazione della
società polacca
24
. È probabile che la sua prima formazione artistica sia avvenuta in un
ambiente già fortemente “germanizzato”, tesi supportata anche dalla sua decisione di
trasferirsi, qualche anno più tardi, a Berlino.
Nel 1918 David Olère lascia la Polonia per recarsi a Danzica, oggi città polacca ma
all’epoca non appartenente allo stato. In seguito alla sconfitta tedesca nella prima
guerra mondiale infatti, le potenze alleate avevano creato la Libera Città di Danzica
che comprendeva la città stessa, il porto ed un piccolo territorio circostante. In base al
Trattato di Versailles del 1919 la città era governata da un Commissario nominato dalla
Società delle Nazioni.
Le informazioni su quanto sia avvenuto in quegli anni sono frammentarie. Serge
Klarsfeld si limita a spiegare che « A peine agé de seize ans, il quitte la Pologne pour
Dantzig et Berlin, où il expose des bois gravés sur la Kantstrasse »
25
. La Kantstrasse è
una nota via berlinese dove, secondo le informazioni fornite da Serge Klarsfeld, il
nostro artista avrebbe esposto alcuni suoi intagli in legno. Sappiamo con certezza, per
motivi che vedremo a breve, che nel 1921 David Olère si trovava nella città di Berlino.
23
S. KLARSFELD, David Olère. A painter in the Sonderkommando Auschwitz, cit., p. 5.
24
Non a caso David Olère parlava correttamente il russo.
25
S. KLARSFELD, David Olère. A painter in the Sonderkommando Auschwitz, cit., p. 5.
17
Gli anni trascorsi a Danzica dovrebbero dunque collocarsi tra il 1918 e il 1920 circa e lì
potrebbe aver continuato gli studi artistici.
Intorno al 1920 si trasferisce nella Grande Berlino creata, proprio in quell’anno, con
l’emanazione della Groß-Berlin-Gesetz
26
. Dal 1921 al 1922 viene assunto dalla
Europäische Film Allianz (EFA) come assistente architetto, pittore e scultore. Ebbe
l’onore di lavorare accanto ad Ernst Lubitsch (1892-1947), regista, sceneggiatore,
attore e soggettista ebreo berlinese che aveva iniziato la sua carriera come attore
teatrale proprio presso il Deutsches Theater di Berlino
27
. David Olère lavorò alla
preparazione del set del film Das Weib des Pharao del 1922 che narra dell’amore
contrastato tra la schiava greca Theonis e il Faraone Amen ed è causa di una guerra
tra l’Etiopia e l’Egitto. Si tratta di una delle produzioni tedesche più elaborate e costose,
con riprese effettuate sia all’interno degli studi cinematografici della città sia in esterno,
nei dintorni di Berlino. Vennero create scenografie di enormi dimensioni ricostruendo
un’intera città egizia ed un gigantesco tempio. David Olère conobbe così Emil Jannings
(1884-1950), attore tedesco e massimo esponente del cinema del suo paese negli anni
Venti e Trenta del Novecento: il primo ad aver vinto il premio Oscar come migliore
attore. Sotto la regia di Ernst Lubitsch interpretò il personaggio del Faraone Amen.
Quando, nel 1933, si affermò il Nazismo accettò di buon grado di recitare film di
propaganda, ricevendo, nel 1941, l’onorificenza di artista di stato.
Negli anni a Berlino David Olère entra per la prima volta in contatto con il mondo della
cinematografia a cui rimarrà legato per tutta la vita. Nella sue opere, come vedremo in
dettaglio, sono numerosi i riferimenti al cinema. Una forte teatralità contraddistingue la
sua mano nella scelta delle pose, delle espressioni e del forte patetismo, tipico del
cinema di quegli anni.
Nel 1923 David Olère si trasferisce nella città di Parigi. Cosa rappresentasse Parigi
nell’immaginario collettivo di quel tempo è esplicato con chiarezza dalle parole che
Joseph Roth fa pronunciare a Tunda, ex tenente austro-ungarico protagonista di Fuga
senza fine: « Giunse a Parigi il 16 Maggio (1919) alle sette del mattino … A Tunda
sembrò di aver visto sorgere il sole per la prima volta »
28
. Già dall’inizio del secolo
Parigi era diventata l’ombelico del mondo, una capitale accogliente, ricca di fermenti
sia politici che culturali ed artistici. Proprio lì era nata la rivoluzione impressionista, la
cui eco si era propagata ovunque. Furono centinaia i pittori che in quegli anni
26
La legge riunì oltre al vecchio territorio cittadino berlinese, 7 città, 59 comuni rurali (Landgemeinde) e 27 distretti
agricoli (Gutsbezirk). Il nuovo territorio cittadino risultò diviso in 20 distretti amministrativi (Verwaltungsbezirk), definiti
semplicemente “distretti" (Bezirk)
27
Nel 1923 lasciò poi Berlino per trasferirsi ad Hollywood.
28
AA.VV., Montparnasse deporte, cit., introduzione di Tullio Levi, Presidente della Comunità ebraica di Torino.
18
lasciarono i loro paesi d’origine attratti dalla fama di Parigi. E tra questi ci fu anche
David Olère.
Gli anni trascorsi a Parigi nel famoso distretto di Montparnasse influenzeranno molto lo
stile del nostro artista nella cui mente sono ben impressi i grandi esempi della pittura
francese del secolo precedente esposti nei maggiori musei cittadini come il Louvre e il
Museo d’Orsay. Un’altra importante influenza, è quella che gli deriva dalla
frequentazione degli altri artisti del distretto di Montparnasse, spesso di origine ebraica.
Molti di questi furono vittime, proprio come David Olère, dello sterminio nazista. Lo
testimonia una mostra estremamente interessante – allestita a Parigi, Gerusalemme ed
a Torino, presso il Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra,
dei Diritti e della Libertà – con il titolo Montparnasse déporté che permette di scoprire
quelle che Sylvie Buisson, curatrice del Museo di Montparnasse, definisce come opere
ritrovate
29
.
Dagli anni Venti del Novecento, in omaggio al paese che l’aveva ospitato e che gli
aveva permesso di avere successo, il nostro artista (David Oler) inizia a firmarsi come
David Olère o David Olere
30
, aggiungendo una “e” al nome polacco. Anche a Parigi, la
passione per il cinema non abbandona il nostro pittore che collabora, in quegli anni,
con la nota casa di produzione cinematografica Pathé Cinema come set designer e
come autore di manifesti pubblicitari. Collaborazione che continuerà anche negli anni
successivi alla guerra durante i quali il nome la firma dell’artista comparirà in molti dei
poster pubblicitari che sono oggi conservati oggi presso gli Archives de la
Cinémathèque Francaise di Parigi
31
. Fanno parte della collezione del Museo circa
ventimila manifesti cinematografici, alcuni dei quali opera di David Olère. Come
avremo modo di evidenziare in seguito, lo stile dell’artista rimarrà permeato
dall’espressività cinematografica.
Proprio la collaborazione, a guerra terminata, con le più note case di produzione, ha
consentito agli storici revisionisti di affermare che i disegni degli anni tra il 1945 ed il
1947 siano stati creati al solo scopo di ottenere visibilità.
Serge Klarsfeld racconta che « (…) Décorateur de cinéma, il réalise également des
costumes de film et des affiches de publicité; en particulier pour la Paramount Pictures,
dont le président pour l’Europe, Henri Klarsfeld, cousin germain de mon pére, devient
ami »
32
. Si crea così un legame tra David Olère e la famiglia Klarsfeld. Sarà infatti
29
AA.VV., Montparnasse déporté, cit., introduzione di Sylvie Buisson, Conservatrice del Museo di Montparnasse.
30
D. OLERE è la firma che compare sui manifesti cinematografici realizzati dall’artista.
31
Il sito dell’Archivio è consultabile al sito http://www.cinematheque.fr/
32
S. KLARSFELD, David Olère. A painter in the sonderkommando Auschwitz, cit., p.5.
19
Serge Klarsfeld, cugino di secondo grado di Henri, il cui padre fu vittima di Auschwitz, a
realizzare nel 1989 il primo catalogo delle opere di David Olère.
Nel 1930 David Olère si sposa con la modista Juliette Ventura e dal loro matrimonio
nascerà, a Parigi, il loro primo ed unico figlio, Alexander Oler
33
. Egli, autore del libro
Witness. Images of Auschwitz del 1998 potrebbe essere l’unico testimone vivente della
storia del padre. Il 25 Agosto del 2007 creò su internet un blog, per soddisfare l’ardente
obligation de survivre
34
. Il testo di apertura
35
– riportato in lingua francese in nota – lo
rivela come figlio dell’artista. Il blog, inattivo da 20 Marzo del 2008, non mi è stato utile
a contattare Alexander Oler di cui si hanno scarse ed incomplete informazioni. Nel
1998, anno di pubblicazione del libro, viveva con la seconda moglie di nome Alice, a
Nizza.
Quando a Parigi nasceva Alexander il partito nazista otteneva il 18,3% dei voti alle
elezioni per il Reichstag tedesco del 14 Settembre del 1930. Tre anni dopo Adolf Hitler
diventerà Cancelliere. Nel 1937 David Olère e la sua famiglia, si trasferiscono da
Montparnasse al sobborgo di Noisy-le-Grand nel dipartimento della Seine-Saint-Denis.
Quello stesso anno, David Olère diventa cittadino francese
36
. Allo scoppio della guerra,
nel 1939
37
, venne arruolato nel Centrotrentaquattresimo reggimento della fanteria
presso Lons-le-Saunier nel dipartimento del Giura per essere congedato in seguito
all’armistizio franco-tedesco del 22 Giugno del 1940. Pochi giorni prima, il 14 Giugno,
ad Oświęcim, a sessanta chilometri ad Ovest di Cracovia, era stato reso operativo il
campo di concentramento di Auschwitz.
33
Alexander manterrà sempre il cognome polacco e non adotterà mai la forma alla francese Olère. Nacque a Parigi nel
1930. Sperimentò la persecuzione degli ebrei e fu egli stesso costretto ad indossare abiti con una stella di David cucita
sopra. Quando suo padre David venne arrestato sparì dalla circolazione insieme alla madre aiutato dagli ebrei
clandestini. Terminata la guerra, la famiglia si riunì e Alexandre riprese gli studi che, a causa della guerra, aveva
interrotto all’età di dodici anni. Ebbe una brillante carriera nel mondo della finanza. Dopo la morte del padre nel 1985
ha donato i disegni di David ad alcuni musei. Ha un figlio, Marc Abraham, avuto dalla prima moglie. Nel 1998
Alexandre e la seconda moglie, Alice, vivevano a Nizza sulla Riviera.
34
Alexander Oler nel suo blog consultabile al sito http://alexandre-oler.info/
35
« Oui, mon père, David OLERE, a été interné à Drancy avant d'être entassé dans les wagons à bestiaux avec 1000
autres et envoyé à Auschwitz-Birkenau (convoi 49), le fameux camp d'extermination où il a été affecté aux
Sonderkommandos, matricule 106144 . Oui, les Sonderkommandos étaient constitués de détenus, des juifs pour la
plupart, contraints et forcés de travailler au fonctionnement permanent des chambres à gaz et des fours crématoires,
nuit et jour et 7j/7. Oui, mon père, un artiste peintre, un sculpteur de grand talent , un portraitiste, un affichiste de
cinéma, a trempé ses mains et ses pieds dans le sang de ses compagnons d'infortune. Oui, il leur a coupé les cheveux
et arraché leurs dents en or. Oui, il a poussé des cadavres d'enfants assassinés dans les fosses ardentes qu'il avait lui-
même creusées. Oui, il a lui-même achevé à coups de pelle des bébés survivants plutôt que de les précipiter encore
en vie dans le brasier. Oui, il a participé en personne au processus d'extermination des siens et à la "Solution Finale de
la Question Juive". Oui, mon père a fait tout cela. Tel fut le sort de David Olère, Tel est mon héritage ».
36
Più tardi la cittadinanza francese verrà revocata e proprio per questo motivo sulle liste di deportazione da Seine-et-
Oise a Drancy e da Drancy ad Auschwitz David Olère viene registrato come DAVID OLER – APATRIDE, apolide.
37
Il 1 Settembre del 1939 venne invasa la Polonia, il 15 Marzo la Cecoslovacchia. Il 22 Maggio si concluse il Patto
d’acciaio con l’Italia. Il 23 Agosto venne firmato il trattato di non aggressione con l’URSS. Dalla metà del mese di
Settembre ebbero inizio massicci trasferimenti di ebrei che verranno concentrati in grandi ghetti nelle città della Polonia
occupata (Varsavia, Lodz, Bialystok e altri ancora).
20
Nel 1940 vivevano in Francia circa centocinquantamila ebrei – in maggioranza
provenienti dall’Europa dell’Est – dei quali circa trentamila in possesso della
cittadinanza francese conseguita nel corso degli anni Trenta. Nel mese di Luglio fu
creata una Commissione dal Ministero della Giustizia finalizzata a riesaminare le
cittadinanze francesi concesse a partire dal 1927. Ne vennero revocate circa
centocinquantamila tra cui quella di David Olère che, in quegli stessi anni, perse anche
il lavoro. A causa del conflitto bellico in corso e delle leggi introdotte dal governo di
Vichy
38
, le case di produzione cinematografica non potevano più far lavorare uomini e
donne di origine ebraica. La legge sullo statuto degli ebrei del 3 Ottobre 1940 li
escludeva infatti dalla professione. Inoltre fu introdotto l’obbligo di registrare la propria
condizione (sulla carta d’identità veniva apposta la scritta Juif) e di indossare la stella di
David sugli abiti
39
.
Il 20 Febbraio del 1943, durante un rastrellamento organizzato dalla polizia francese
nel distretto di Seine-et-Oise
40
, David Olère venne arrestato e condotto a Drancy. Con
il nome David Oler, compare nella lista degli ebrei arrestati nella quale viene indicato
come apolide nato a Varsavia il 19 Gennaio del 1902
41
, residente al numero civico 6 di
Rue des Sports di Noisy-le-Grand. Pochi giorni dopo, il 2 Marzo del 1943, alle ore 10 e
50, un convoglio di circa mille ebrei lascia il campo di internamento di Drancy diretto ad
Auschwitz. Un telegramma inviato dalla Gestapo di Parigi annuncia alle autorità del
campo l’arrivo di un convoglio: il quarantanovesimo della Soluzione finale in Francia.
Anche sulla lista di deportazione da Drancy ad Auschwitz compare il nome di David
Oler, apolide, nato a Varsavia il 19.1.90.
Partiti in mille con direzione Auschwitz, solo cento uomini (con numeri di
immatricolazione compresi tra il 106088 e il 106187) e diciannove donne (da 37277 a
37295) vennero selezionati come idonei al lavoro all’interno del campo. Gli altri
ottocentottantuno deportati vennero immediatamente condotti alle camere a gas. David
Olère venne immatricolato con il numero 106144 e scelto come membro del
Sonderkommando. Come altri del gruppo riuscì, mescolandosi agli altri prigionieri, a
partecipare all’evacuazione del campo di Auschwitz-Birkenau prendendo così parte, il
19 Gennaio del 1945, al trasferimento – passato alla storia come Marcia della morte –
38
Gli anni tra il 1940 ed il 1944 sono conosciuti come Governo di Vichy, dal nome della città in cui aveva sede il
governo. A Parigi, capitale dello Stato francese, la bandiera con la svastica, simbolo della Germania nazista, sventolava
sulla Torre Eiffel.
39
Proprio questo aspetto è tra i ricordi di Alexander Oler, figlio dell’artista, costretto a portare la stella di David cucita al
petto.
40
Seine-et-Oise è stato un département della Francia che comprendeva la parte occidentale, settentrionale e
meridionale dell'area metropolitana di Parigi. La sua Préfecture (capitale) è stata Versailles ed il suo numero ufficiale
era il 78. Seine-et-Oise è stata abolita nel 1968.
41
La data potrebbe, come abbiamo visto, essere interpretata scorrettamente. Potrebbe sembrare 1908, poi invertito nel
1980.
21
in campi di concentramento lontani dal fronte. Immatricolato nel campo di Mauthausen
con il numero 119138, venne assegnato al kommando del campo di Melk, sul Danubio,
dove venne impiegato come scavatore di tunnel. Il 7 Aprile del 1945 venne
nuovamente trasferito ad Ebensee, campo di concentramento liberato dagli Americani
il 6 Maggio 1945.
Del convoglio di mille ebrei partito nel mese di Marzo del 1943 da Drancy,
sopravvissero solo sei persone, due donne e quattro uomini fra i quali David Olère.
L’esperienza concentrazionaria vissuta dal 1943 al 1945 ha segnato per sempre il
nostro artista, le cui opere, realizzate a partire dall’anno della liberazione, hanno per
oggetto scene di vita all’interno di Auschwitz-Birkenau. Come scrisse Primo Levi,
cercando di spiegare il senso di vergogna provato dai sopravvissuti, « Mi sentivo sì
innocente, ma intruppato fra i salvati, e perciò alla ricerca permanente di una
giustificazione (…). Sopravvivevano i peggiori, cioè i più adatti; i migliori sono morti tutti
»
42
. Ogni ex deportato ha attribuito la sua sopravvivenza ad un insieme di circostanze
fortunate, in commistione a qualche particolare abilità. David Olère riuscì a salvarsi
poiché parlava correttamente sei diverse lingue: polacco, russo, yiddish, francese,
inglese e tedesco. La conoscenza del tedesco e la sua abilità come illustratore lo
resero utile agli occhi delle SS del campo, per le quali scrisse con un’elegante
calligrafia gotica e decorazioni floreali, lettere indirizzate ai familiari. Inoltre fu spesso
impiegato come interprete per tradurre in tedesco le notizie trasmesse dalla BBC.
Tornato a casa dalla moglie Juliette – che a sentire i suoi racconti lo credette pazzo –
David Olère iniziò a testimoniare fermando nelle immagini il suo ricordo. La sua
necessità di testimoniare per immagini, titolo del mio lavoro, conferma il concetto
secondo cui « L’esperienza visiva prende il posto del linguaggio in quanto mezzo non
verbale di comunicazione. Un disegno dice sempre la verità (…), un’opera d’arte non
mente mai »
43
. I disegni creati tra il 1945 e il 1947 sono più di cinquanta ed ispireranno
le sue successive opere su tavola che nel 1976 donerà al Museo di Arte del kibbutz del
Ghetto Fighters, nella parte settentrionale di Israele
44
. Le opere tarde, degli anni
Sessanta del Novecento, sono state create dopo il 1962, anno dal quale David Olère,
ormai in pensione
45
, si dedicò solamente all’arte.
42
P. LEVI, I sommersi e i salvati, cit., p. 63 – 64.
43
L. B. MOSCHINI, Arteterapia con pazienti difficili, cit., p.12.
44
Le opere di David Olère sono divise in diversi musei. Alla morte dell’artista il figlio ha donato le opere della collezione
privata alle diverse sedi espositive.
45
Secondo Serge Klarsfeld fino al 1962 David Olère « worked for NATO at SHAPE in Louvenciennes in France » ma
non ho alcun dato che dimostri la correttezza dell’informazione.