1
INTRODUZIONE
L‟ argomento di questa tesi può in un primo momento sembrare andare
oltre quelle che sono le tematiche classiche di un corso di laurea
specialistica in politica internazionale e diplomazia ma a mio parere mai
come in questi ultimi anni il fenomeno “sport” sta assumendo una rilevanza
politica ed economica sempre maggiore.
Oggi sport non è più solo sinonimo di competizione e di agonismo, oggi è
sinonimo anche di sponsorizzazioni e di diritti televisivi, di merchandising,
di pubblicità e di organizzazione di eventi e lo è ad un tale livello da farne
uno dei campi più importanti dell‟azione politica, nazionale, internazionale
e sovranazionale.
Per quanto riguarda l‟Italia, per esempio la famigerata direttiva governativa
sulla “tessera del tifoso” (uno strumento di fidelizzazione adottato dalle
società calcistiche a seguito di una direttiva del Ministero dell‟Interno che
prevede verifiche della Questura al fine di identificare i tifosi di una
squadra di calcio) ha scatenato polemiche che, oltre a tifosi e ad “addetti ai
lavori”, ha coinvolto anche maggioranza ed opposizione e questo è solo
l‟ultimo esempio in ordine di tempo.
A livello comunitario l‟importanza dell‟attività sportiva come pratica
diretta alla tutela della salute e come veicolo di valori educativi ha
raggiunto il suo apice nel 2004, dichiarato Anno europeo dell‟educazione
attraverso lo sport.
L‟indiscutibile crescita della rilevanza economica e mediatica delle
competizioni sportive, associata ai passi da gigante compiuti dalla medicina
sportiva, ha però accentuato il ricorso a sostanze proibite da parte degli
atleti che cercano così di migliorare le loro prestazioni agonistiche,
appoggiati e/o incoraggiati spesso anche da dirigenti e da altre figure che
2
gravitano intorno agli sportivi e che vorrebbero in questo modo
massimizzare l‟investimento economico compiuto.
Non è obiettivo di questa tesi indagare la correlazione tra l‟aspetto
economico-sociale e l‟incremento dell‟utilizzo di sostanze dopanti per
ottenere prestazioni sportive di più alto livello, è lecito però pensare che le
aspettative di un guadagno maggiore, un‟accresciuta popolarità e la volontà
di primeggiare che fa parte della natura umana abbiano contribuito ad
aumentare il ricorso a queste pratiche.
I casi accertati di doping sono ormai così tanti che non si può far altro che
accettare il fatto che il fenomeno è molto diffuso e che non riguarda solo gli
atleti professionisti ma coinvolge anche lo sport dilettantistico, è in continua
espansione e i controlli risultano per lo più ancora inadeguati.
Obiettivo di questa tesi è quello di approfondire la tematica che riguarda la
prevenzione e i controlli antidoping studiandola da un punto di vista più
ampio che adotta come base di partenza il rapporto tra sport e diritti umani.
Fare sport significa prima di tutto “lavorare” con il proprio corpo, mettere
in gioco le proprie doti fisiche ed essere consapevoli che è in base a risultati
rilevabili e misurabili che si verrà giudicati: i controlli antidoping perciò
riguardano necessariamente la sfera privata di un individuo, è lo stesso
corpo dell‟atleta a rappresentare il principale campo di indagine e i dati
rilevati in questo modo danno accesso ad informazioni che vanno gestite
con la massima riservatezza.
Questa è in breve la riflessione che ha dato il primo spunto per questa tesi:
fino a che punto è lecito arrivare per verificare l‟uso di sostanze dopanti?
Fino a dove l‟autorità giudiziaria può spingersi per effettuare controlli su
atleti, medici, manager e su tutte le altre figure coinvolte?
Dove finisce il dovere di indagare per prevenire o per punire un illecito, che
non è più solo sportivo ma è oggi anche penale, e dove inizia il diritto alla
privacy di un individuo?
3
Sono questi i principali quesiti su cui verte questo lavoro e su cui si cerca di
ragionare partendo dal ruolo che viene oggi riconosciuto alla pratica
sportiva come diritto umano fondamentale.
Lo sport è oggi uno dei mezzi tramite i quali l‟individuo può migliorare la
propria auto-stima e può crescere come persona: è per questo fondamentale
garantire a tutte le categorie il libero accesso agli impianti sportivi e alle
palestre e tutelare nel miglior modo possibile la salute dei giovani sportivi.
Nel primo capitolo tratterò nello specifico questo tema, approfondendo il
rapporto che lega l‟ordinamento sportivo ai soggetti più “deboli” (donne,
disabili e minori) e il ruolo che viene affidato allo sport come promotore di
diritti umani attraverso le sue manifestazioni.
Gli atleti rappresentano da sempre i modelli a cui tendere, soprattutto i più
giovani si avvicinano alla pratica sportiva per cercare di diventare come il
grande campione, per partecipare un giorno ai Giochi olimpici, per
gareggiare in un mondiale. Ai giovani sportivi, e non solo, deve essere
insegnato che sono la disciplina e il sacrificio le prime doti del campione e
che il ricorso a sostanze dopanti è sleale e scorretto e lede tutti i fondamenti
che sono alla base di ogni attività sportiva.
Non è stato un percorso breve e semplice ma oggi l‟utilizzo di queste
sostanze non è più solo un illecito sportivo ma si configura anche come
illecito penale, come reato che non riguarda solo l‟atleta che ne fa uso ma
anche chi le ha somministrate e più in generale chiunque ne abbia reso
possibile l‟utilizzazione.
Nel secondo capitolo prenderò in considerazione l‟evoluzione storico-
normativa del doping, studiandola da tre punti di vista: il percorso storico
della legislazione italiana in materia fino alla legge 376/2000, in cui viene
4
data una precisa definizione di “doping”
1
; la normativa anti-doping
internazionale e il contributo dell‟Unione europea.
La prassi odierna per la verifica dell‟assunzione di sostanze dopanti e le
possibili innovazioni al riguardo saranno oggetto del terzo capitolo, in cui
verrà posto l‟accento sui metodi di controllo utilizzati, sull‟eventuale
introduzione del passaporto biologico obbligatorio per ogni atleta e sulla
possibilità che la magistratura sportiva si avvalga a scopo di indagine del
matching del DNA (vale a dire un confronto delle tracce genetiche di una
persona indagata da autorità statuali con le tracce biologiche contenute in
altro campione biologico, da ottenere dall‟atleta o già in possesso
dell‟autorità sportiva)
2
.
L‟utilizzo dei test sul DNA potrebbe senza ombra di dubbio dare un
contributo fondamentale a questo tipo di indagini ma le implicazioni
giuridiche ed etiche non possono essere ignorate: dalla necessaria
riservatezza sui controlli eseguiti alla gestione dei dati ottenuti, queste
questioni non possono venire poste in secondo piano.
Il matching del DNA e il passaporto biologico per gli atleti sono oggi
oggetto di un ampio dibattito che spazia dal ruolo che deve avere la
medicina nello sport all‟etica nelle competizioni sportive, dai poteri che la
magistratura sportiva deve, o dovrebbe avere, per garantire la correttezza
della pratica sportiva alla possibilità di un atleta di rifiutare un controllo
ritenuto troppo invasivo o superfluo.
1
«Costituiscono doping la somministrazione o l'assunzione di farmaci o di sostanze
biologicamente o farmacologicamente attive e l'adozione o la sottoposizione a pratiche mediche
non giustificate da condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo al fine di alterare le
prestazioni agonistiche degli atleti .» (art.2, comma 2, L .376/2000).
2
Cantamessa L., Riccio G., Sciancalepore G., Lineamenti di diritto sportivo, pg 480. Giuffrè
editore, 2008.
5
Nell‟ ultimo capitolo verrà dato spazio all‟approfondimento sul diritto di
privacy, la normativa comunitaria ed internazionale a riguardo e, nello
specifico, allo spazio che questo diritto ha oggi nei codici antidoping.
Un paragrafo in particolare sarà dedicato ad un‟attenta riflessione su come e
quanto la giustizia sportiva può entrare nella sfera corporale di un individuo
senza lederne la dignità, tenendo conto che alcuni test, in primis quelli sul
DNA, danno accesso ad informazioni che potrebbero essere utilizzate con
fini discriminatori.
Questa tesi non ha la pretesa di stabilire quale possa essere il confine tra
diritto alla privacy e alla tutela dei dati personali e il dovere della
magistratura di garantire il rispetto delle normative sportive e penali.
Lo scopo principale è quello di studiare da una prospettiva forse finora poco
considerata il fenomeno “doping”, ponendo l‟accento sulle difficoltà
incontrate nel portare avanti la lotta contro l‟utilizzo di queste sostanze e sui
motivi che lo hanno reso una materia ostica da trattare a livello normativo.
Nonostante questi ostacoli, le azioni contro il doping non si fermano ed è
importante continuare a ribadire, soprattutto nei contesti scolastici ed
educativi, che lo sport deve essere un gioco sempre pulito e che le
scorciatoie non sono ammesse, anche perché il desiderio di vincere ad ogni
costo e con ogni mezzo può ledere seriamente la salute del nostro corpo.
Durante i giochi olimpici di Sydney, nel 2000, Marion Jones era senza
dubbio l‟atleta che più mi aveva colpito con le sue cinque medaglie, di cui
tre d‟oro. Era la campionessa da imitare, era il modello a cui aspirare.
Nel 2007, a seguito di uno scandalo legato ad una casa farmaceutica, Jones
ammette pubblicamente di avere fatto uso di sostanze dopanti durante la
preparazione ai giochi australiani e deve perciò restituire le medaglie vinte.
Questi episodi, soprattutto quando coinvolgono atleti di spicco,
danneggiano tutto il movimento sportivo e le sue manifestazioni perché
6
minano la credibilità di tutti gli sportivi coinvolti, anche di coloro che con il
doping non hanno nulla a che fare.
E‟ doveroso cercare di trovare la via migliore per arginare questo fenomeno
senza però mai dimenticare l‟importanza della dignità dell‟individuo.
7
CAPITOLO PRIMO
PANORAMICA SUL RAPPORTO TRA SPORT
E DIRITTI UMANI
1.1 Lo sport e il diritto alla salute
I diritti umani, a partire dal secondo dopo-guerra, hanno conosciuto una
progressiva crescita di importanza tra i temi principali verso cui la comunità
internazionale rivolge la sua attenzione.
Innanzi tutto, a questi diritti si è voluto dare una tutela giuridica concreta,
elencandoli e codificandoli in appositi strumenti giuridici internazionali: per
la prima volta i diritti oggetto di tale protezione non erano più attribuiti agli
individui come membri di un gruppo, di una minoranza o di un‟altra
categoria ma semplicemente a tutte le persone umane in quanto tali.
I diritti fondamentali della persona umana non possono essere considerati
come una fattispecie chiusa; per questo il loro numero è andato aumentando
nel corso degli anni, fino a comprendere ambiti che sicuramente non erano
stati previsti da coloro che per primi avevano identificato questa categoria
mentre i diritti umani per così dire già riconosciuti hanno in numerosi casi
ampliato la loro portata.
Tra questi ultimi possiamo includere senza dubbio il diritto alla salute,
diritto che fa sicuramente parte di quel nucleo originale identificato prima
facie e codificato nei più importanti strumenti internazionali.
8
La Dichiarazione universale dei diritti umani adottata dall‟Assemblea
Generale delle Nazioni Unite
3
nel 1948, dopo più di 60 anni rappresenta
ancora oggi il più significativo fra gli atti relativi ai diritti umani.
Oltre ai diritti civili e politici, viene dato ampio spazio ai diritti economico-
sociali ovvero a tutte quelle pretese che l‟individuo vanta nei confronti dello
Stato perché vengano colmate le disuguaglianze sociali e migliorate le
condizioni di vita.
In questo gruppo si inserisce l‟articolo 24 che prevede uno specifico
riferimento allo svago e al tempo libero: “ogni individuo ha diritto al riposo
e allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di
lavoro e ferie periodiche retribuite”.
Lo “svago” in questo caso si percepisce inteso come un insieme di attività,
al di fuori dell‟ambito lavorativo, caratterizzate dalla libertà di scelta: ogni
individuo può decidere liberamente come impiegare il proprio tempo libero
e, anche se la pratica sportiva non viene espressamente citata, si può
ritenere che rientri a pieno titolo tra questo tipo di attività.
È evidente che il riferimento allo sport in questo caso è ricavato da una
norma dedicata al tempo libero mentre tale riferimento viene
implicitamente richiamato da una norma sul diritto alla salute nel caso
dell‟articolo 12 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e
culturali
4
del 1966 adottato dall‟Assemblea Generale in cui viene stabilito
che “gli Stati parte del presente Patto riconoscono il diritto di ogni
individuo a godere delle migliori condizioni di salute fisica e mentale che
sia in grado di conseguire”.
3
La Dichiarazione è stata adottata e proclamata dall‟Assemblea Generale delle Nazioni Unite con
risoluzione 217A (III) del 10 dicembre 1948, con 48 voti a favore e otto astensioni. Arabia
Saudita, Cecoslovacchia, Iugoslavia, Polonia, Repubblica del Sud Africa, Ucraina e Unione
Sovietica
4
Adottato dall‟Assemblea Generale il 16 dicembre 1966 con risoluzione 2200 A (XXI), è entrato
in vigore il 3 gennaio 1976. Stati Parti al 1° luglio 2011: 160
9
Non solo a livello internazionale il diritto alla salute gode di un‟affermata
collocazione tra i diritti fondamentali che gli Stati sono tenuti a garantire,
anche a livello regionale si è provveduto ad inserirlo negli strumenti
normativi di protezione dei diritti umani.
Nella Carta dei diritti fondamentali dell‟Unione europea
5
, adottata al
Consiglio Europeo di Nizza nel 2000 stabilisce all‟articolo 31, secondo
comma che “ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata
massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie
annuali retribuite”.
Un esplicito riferimento allo sport si trova invece nel Trattato che adotta
una Costituzione per l‟Europa, firmato a Roma nel 2004: secondo l‟articolo
III-282 l‟ Unione deve contribuire alla promozione dello sport, vista la sua
funzione sociale ed educativa, deve promuovere l‟imparzialità e l‟apertura
nelle competizioni, incentivare la cooperazione tra gli organismi sportivi e
proteggere l‟integrità fisica e morale degli sportivi, in particolare dei più
giovani.
Sebbene il progetto di una Costituzione europea sia poi naufragato, il
riferimento allo sport e alla sua funzione sociale all‟interno di questo testo
simboleggia chiaramente il riconoscimento delle istituzioni europee del
nuovo importante ruolo che da almeno un decennio a questa parte lo sport
riveste nella società.
Inoltre, il testo di questo articolo è stato integralmente riportato nell‟articolo
corrispondente del Trattato di Lisbona entrato in vigore nel 2009.
Non solo l‟Unione europea ma anche l‟Unione Africana ha adottato un atto
in materia di diritti umani nel quale è previsto uno specifico riferimento alla
tutela della salute degli individui: la Carta africana dei diritti dell‟uomo e
5
Documento 2000/C 364/01 IT. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, C
364/1, 18 dicembre 2000. La Carta costituiva la Parte Seconda della Costituzione per l‟Europa
adottata dalla Conferenza intergovernativa nel giugno del 2004
10
dei popoli del 1981
6
, il cui articolo 16, primo comma stabilisce che “Ogni
persona ha il diritto di godere del migliore stato di salute fisica e mentale
che essa sia in grado di conseguire”, testo che richiama quello dell‟articolo
12 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali.
Come già emerso in precedenza, questi importantissimi strumenti normativi
relativi ai diritti umani non contemplano specificatamente l‟attività sportiva
tra i diritti fondamentali dell‟individuo ma la progressiva consapevolezza
che una giusta quantità di attività fisica risulti essere un aspetto
fondamentale per ottenere e mantenere un buono stato di salute, permette
senz‟altro di inserire la promozione dello sport tra i doveri che lo Stato è
tenuto a rispettare.
Ricordiamo che la Costituzione italiana stabilisce al primo comma
dell‟art.32 che: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell‟individuo e interesse della collettività (…)”.
Anche in questo caso è difficile pensare che nel 1946, anno in cui il testo
costituzionale venne redatto dalla Commissione per la Costituzione, la
pratica sportiva potesse rivestire un ruolo di una certa importanza per il
miglioramento della salute degli individui nelle intenzioni dei redattori del
testo dell‟articolo in questione.
Questo tuttavia non esclude la possibilità che, da almeno un decennio a
questa parte, vi si possa fare un corretto riferimento al fine di includere la
promozione dello sport tra i doveri dello Stato nei confronti dei cittadini.
Le fonti giuridiche internazionali che sostengono specificatamente queste
posizioni, attribuendo allo sport un rilievo autonomo, comunque sia oggi
non mancano. Tra queste ricordiamo la Carta Europea degli Sports del
6
Adottata a Nairobi il 28 giugno 1981 dalla Conferenza dei capi di Stato e di Governo dell‟
Organizzazione dell‟Unità Africana, è entrata in vigore il 21 ottobre 1986.
11
Consiglio d‟Europa
7
, la Carta internazionale dell‟Unesco su educazione
fisica e sport adottata nel 1978
8
, ancora dell‟Unesco la Convenzione contro
il doping nello sport del 2005 e la Risoluzione dell‟Assemblea Generale
delle Nazioni Unite del 17 novembre 2003 su “Lo sport quale mezzo per
promuovere l‟educazione, la salute, lo sviluppo e la pace” mentre a livello
comunitario ricordiamo il Libro Bianco sullo Sport del 2007 e l‟allegato
Piano d‟azione “Pierre de Coubertin” della Commissione Europea dello
stesso anno.
Nonostante l‟innegabile importanza che le istituzioni internazionali,
regionali e nazionali attribuiscono oggi allo sport, non sembra al momento
che i riferimenti normativi individuati permettano di includere nell‟elenco
dei diritti fondamentali un autonomo diritto allo sport.
I testi degli articoli citati fanno tutti riferimento ad una o più caratteristiche
che lo sport porta con sé: dall‟attività fisica come preziosa alleata per il
benessere del nostro corpo (ma anche della nostra mente) ai valori che da
sempre vengono associati allo sport, dalla capacità delle manifestazioni
sportive di farsi momenti di condivisione tra culture e popoli diversi al
ruolo pedagogico che l‟educazione fisica assume nei programmi scolastici.
Nemmeno uno di questi testi prende in considerazione lo sport in quanto
tale e l‟unica reale e compiuta affermazione di un autonomo diritto allo
sport si trova nella già citata Carta internazionale per l‟educazione fisica e
lo sport dell‟Unesco che però non rappresenta un atto vincolante.
Ciò comunque non cambia il fatto che proprio gli innumerevoli aspetti
positivi che lo sport porta con sé lo rendano una dimensione di provata
importanza nella vita delle persone, sicuramente meritevole dell‟attenzione
delle istituzioni statali, regionali e internazionali.
7
Lanciata nel 1975 dai ministri europei dello sport e adottata ufficialmente il 24 settembre 1976
con lo scopo di fornire un programma comune riguardante le politiche sullo sport in Europa.
8
L‟art.2 recita “l‟educazione fisica e lo sport costituiscono un elemento essenziale dell‟educazione
permanente nel sistema globale di educazione”
12
1.2 La promozione e la tutela dei diritti umani attraverso lo
sport e le sue manifestazioni
Il rapporto tra diritti umani e sport non si esaurisce con la consapevolezza
che ancora non esiste un autonomo e compiuto diritto allo sport: finora
abbiamo visto come di volta in volta sia stata una precisa caratteristica dello
sport ad essere tutelata nelle fonti giuridiche, senza che mai venisse presa in
considerazione la pratica sportiva di per sé: lo sport, da questo punto di
vista, può essere percepito come un “contenitore di diritti” che nella pratica
sportiva devono essere salvaguardati e/o migliorati.
Il rapporto tra sport e diritti umani merita di essere preso in considerazione
da un altro punto di vista, che ci permetta di vedere lo sport questa volta
come “veicolo” per la promozione e la tutela di tali diritti.
Innegabilmente, nelle relazioni internazionali attuali, lo sport è percepito
come fenomeno che può giocare un ruolo fondamentale per il
mantenimento della pace e di relazioni amichevoli fra Stati: questa nuova
percezione è stata resa possibile dal continuo aumento di attenzioni che i
media e il grande pubblico riservano alle manifestazioni sportive,
soprattutto ai Giochi Olimpici
9
.
Tra le conseguenze positive della crescente considerazione riservata ai
Giochi (che la separazione di quelli estivi da quelli invernali decisa nel
1986 fa si che si svolgano ogni due anni a partire dal 1992) va‟ sottolineato
il diffondersi progressivo della filosofia legata al Movimento Olimpico.
9
In riferimento solo all‟ Italia, basta pensare che per Atene 2004, le telecronache occuparono i
palinsesti di RaiDue dalle 7 del mattino a mezzanotte per un totale di 360 ore di trasmissione
mentre per le Olimpiadi di Pechino nel 2008 la stessa rete è stata interamente dedicata ai Giochi
per tutta la loro durata raggiungendo le quasi mille ore di programmazione.
13
Ispiratore di tale filosofia fu Pierre Ferdi, barone di De Coubertin,
pedagogista e storico francese, a cui si deve la felice intuizione di confidare
nello sport come impareggiabile ambasciatore di valori di pace e tolleranza.
Il Movimento Olimpico venne fondato nel 1863 con un duplice scopo:
riportare in auge le antiche Olimpiadi e, attraverso i Giochi, migliorare le
relazioni internazionali.
Perno centrale della filosofia olimpica è la forte connotazione pedagogica
che allo sport viene da sempre riconosciuta: i valori fatti propri dagli atleti
possono diventare anche i valori delle relazioni internazionali.
Lo sport è si fatto di competizioni ma le “vere” competizioni sportive si
svolgono all‟insegna del rispetto di ben determinate regole; dell‟esigenza
imprescindibile che tutti i partecipanti possano gareggiare alla pari, senza
nessun tipo di discriminazioni; della fiducia nel corretto svolgimento della
gara e dell‟imparzialità dei giudici.
Per gli spettatori, assistere a queste manifestazioni e vedere individui di
tutto il mondo sfilare uniti sotto la sola bandiera dei cinque cerchi,
mantenendo comunque la propria identità, impegnarsi per vincere senza
però mai perdere di vista le regole del gioco e il fair play, è uno spettacolo
che può avere una forza straordinaria, può far arrivare un messaggio così
chiaro che non può essere ignorato.
La comunità internazionale non solo ha ascoltato questo messaggio ma ha
compiuto concrete azioni dimostrando di averlo fatto proprio.
Questo in primis hanno fatto le Nazioni Unite, l‟organizzazione
internazionale per antonomasia, che ha identificato lo sport come mezzo
importante per il mantenimento della pace e la tutela dei diritti umani.
La prima Risoluzione delle NU che fa riferimento allo sport e ai valori del
Movimento Olimpico risale al 1971
10
e venne adottata con lo scopo di
10
Risoluzione dell‟Assemblea Generale 2775 (XXVI) D del 29 novembre 1971