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INTRODUZIONE
La mia ricerca si propone l’obbiettivo di indagare quale sia stato il ruolo svolto dai social media
all’interno delle recenti rivolte popolari nei paesi delle regioni africane e mediorientali. Lo scopo è
essenzialmente quello di dimostrare se e in quale misura, i nuovi mezzi di comunicazione hanno
realmente influito nelle insurrezioni che si sono verificate.
Twitter, Facebook, Flickr e YouTube, sono stati gli strumenti che hanno acceso la cosiddetta
“primavera araba”, oppure l’hanno solo incentivata durante il suo corso? Questi sono i quesiti che
stanno alla base della mia indagine.
La tematica in questione ha dato vita ad un acceso dibattito tra i favoreggiatori dell’importanza dei
media all’interno di questi eventi e coloro i quali invece ritengono che l’apporto dei nuovi sistemi di
comunicazione abbia avuto un’influenza minima. Portavoce dei “sostenitori” è Clay Shirky,
docente della Columbia University, fortemente convinto che la rete sia uno strumento di
aggregazione e organizzazione di azioni collettive; Evgeny Morozov, a capo degli “scettici”,
sostiene invece che questi stessi mezzi rappresentino per i governi mappe utili ad individuare gli
oppositori e le loro reti sociali.
La mia scelta di prendere in esame determinate nazioni piuttosto che altre è derivata dal fatto che
queste presentano delle caratteristiche peculiari che le rendono particolarmente degne di nota.
La sommossa iraniana del 2009, definita “Onda Verde” (dal colore diventato il simbolo della
rivolta), è stata la prima a far parlare di social media come strumenti utili alla contestazione anti-
governativa.
I fatti avvenuti in Tunisia sono invece molto più recenti e non possono non essere citati, in quanto
responsabili di un effetto domino che ha messo in agitazione numerosi stati limitrofi, che
condividono problematiche simili; tra questi vi è l’Egitto, che, incoraggiato dall’esito della rivolta
tunisina, è stato in grado di organizzarne una a sua volta, che ha visto un utilizzo più maturo e
consapevole dei social media, rispetto alle occasioni precedenti.
La metodologia da me utilizzata prevede una presentazione generale, che pone l’attenzione sugli
aspetti economici, politici e sociali di ogni paese, dalla quale emergono sostanzialmente le cause del
malcontento della popolazione; a questa segue una rapida cronologia della rivolta, supportata dai
dati riportati in maniera oggettiva direttamente dalle pagine Twitter e Facebook. Infine, grazie
all’analisi complessiva degli elementi raccolti durante la ricerca, procederò esponendo le mie
conclusioni.
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CAPITOLO 1
INTERNET FACTOR
“The next medium, whatever it is – it
may be the extension of consciousness – will
include television as its content, not as its
environment, and will transform television into
an art form. A computer as a research and
communication instrument could enhance
retrieval, obsolesce mass library organization,
retrieve the individual’s encyclopedic function
and flip it into a private line to speedily tailored
data of a saleable kind
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.”
Secondo il sociologo Manuel Castells, la rivoluzione della tecnologia dell’informazione e le
conseguenti trasformazioni sociali che da essa derivano, rappresentano una vera e propria
spaccatura nel modo di organizzarsi e di svilupparsi delle società umane. Non solo influiscono sulla
percezione del sé, propria dell’individuo, ma danno per di più vita a un nuovo sistema economico
tutto fondato sull’informazionalismo (la new economy appunto), oltre a ridefinire i metodi
organizzativi e gli obiettivi delle aziende e a creare nuove tipologie di lavoratori (più specializzati) e
nuove forme di pubblico, meno circoscrivibili entro quelle che sono sempre state le caratteristiche
del collettivo che fruisce di un contenuto divulgato da un mezzo di comunicazione (Castells, 2008).
Tenendo presente che la rivoluzione tecnologica verificatasi nell’ultimo trentennio è stata
assolutamente pervasiva, poiché ha scardinato ogni regola vigente in qualsiasi aspetto dell’esistenza
umana, il punto di svolta che m’interessa prendere in considerazione ai fini della mia ricerca, è
quello della comunicazione vera e propria, irrimediabilmente investita da questa ondata di
cambiamenti di enormi dimensioni. Secondo lo stesso autore citato in precedenza, stiamo assistendo
al particolare fenomeno dell’autocomunicazione di massa, una “forma storicamente nuova di
comunicazione. E’ comunicazione di massa perché ha la possibilità di raggiungere un pubblico
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M. McLuhan, saggio “Technology and Environment” in Arts Canada n° 205, Feb. 1967, 5-6
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globale, come accade quando si posta un video su YouTube, si tiene un blog con link RSS
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a varie
fonti del web o si invia un messaggio ad una grossa mailing list. Ma è contemporaneamente auto
comunicazione perché la produzione del messaggio è autogenerata” (Castells, 2009: 60).
Tra i numerosissimi concetti che andrebbero presi in considerazione all’interno di questo
groviglio di trasformazioni ce ne sono alcuni particolarmente significativi che non possono essere
tralasciati, se si vogliono avere gli strumenti necessari per andare ad analizzare la casistica da me
riportata in quella che è la parte centrale della mia indagine. Ciò che segue è quindi l’individuazione
e la spiegazione di parole chiave utili a cristallizzare delle linee guida importanti.
1.1 Le potenzialità del disordine in rete
Una parola su tutte: disordine. David Weinberger, esperto di social web e comunicazione
d’impresa, ritiene che l’uomo abbia sempre cercato di opporsi al disordine del mondo assegnando
ad ogni oggetto la sua specifica posizione, secondo una logica dai più condivisa, o costruendo
biblioteche, archivi e cataloghi; ma l’arrivo del bit ha stravolto ogni forma di distribuzione fisica
degli oggetti, proprio perché è un’unità di informazione non legata allo spazio. Largo dunque ai
nuovi metodi di (dis)organizzazione digitale: l’utilizzo del tagging
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apre le porte ad una nuova
forma di tassonomia, secondo la quale una canzone può essere inclusa in più playlists e una pagina
web è raggiungibile seguendo infiniti percorsi (Weinberger, 2010).
Quello che Clay Shirky definisce “il potere di organizzare senza organizzare” (Shirky, 2009), è
una tendenza che dal web sembra si stia espandendo in altri settori della vita quotidiana,
producendo nuovi metodi di organizzazione sociale. Le parole chiave in questo contesto sono
decentramento e coordinamento: si ha l’impressione che i vecchi metodi di organizzazione, basati
tutti sulla concentrazione del potere e sulla formazione di gerarchie stiano scricchiolando. Sostiene
James Surowiecki, affrontando il caso particolare dell’organizzazione del lavoro all’interno di
un’azienda, che “una struttura decentrata facilita il coordinamento. Invece di ricorrere
continuamente a ordini e minacce, le aziende possono contare sul fatto che i loro dipendenti
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E’ utile a far convergere informazioni su una stessa tematica in un “aggregatore”: sito o programma che analizza e
organizza i blocchi di notizie (feed) pubblicati sul Web in linguaggio Rss da molte fonti differenti (blog e siti di
informazione). Un esempio di aggregatore in lingua italiana è il sito Google News (http://News.google.it)
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Utilizzo di parole chiave (tag), scelte liberamente dagli utenti, per organizzare i contenuti
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troveranno modi nuovi e più efficienti per svolgere i propri compiti. Questo riduce la necessità dei
controlli, abbassa i costi di transazione e permette ai dirigenti di concentrarsi su questioni più
importanti. […] Qualsiasi operaio, se nota qualcosa che non va, può tirare una corda per fermare
l’intera catena di produzione. Ma la corda non viene tirata quasi mai. E’ sufficiente che ci sia.”
(Surowiecki, 2007: 221). Esiste già in rete un esperimento di questo tipo, basato sul raggiungimento
di un obbiettivo comune, non sottoposto a manipolazioni di nessun tipo, siano esse filtri all’ingresso
o intrusioni politiche, ideologiche o religiose, che non ubbidisce a nessun capo e che incoraggia la
partecipazione di tutti: si tratta chiaramente di Wikipedia, l’enciclopedia libera universale. La
raccolta online di sapere è solo l’esempio più eclatante tra i tanti che testimoniano come gli
individui che si cimentano in una produzione collaborativa, grazie ai nuovi strumenti tecnologici,
siano in grado di coordinarsi autonomamente.
Termini quali bottom-up e grass-root si riferiscono proprio a una creazione di contenuti che
parte dal basso, ovvero ad opera di persone comuni che si relazionano con le nuove tecnologie user-
friendly, sfruttando le potenzialità dei nuovi media per produrre e condividere materiali, che sono i
cosiddetti user-generated-content (contenuti generati dagli utenti). L’espressione utilizzata per
descrivere messaggi personali, fotografie e video amatoriali non è però del tutto appropriata. “I
contenuti generati dagli utenti non sono solo il risultato del lavoro di persone qualunque che
accedono a strumenti creativi come word processor o programmi di grafica. E’ necessario anche
l’accesso a strumenti ri-creativi come Flickr, Wikipedia o i blog, che abilitano quelle stesse persone
a distribuire le loro creazioni ad altri” (Shirky, 2009: 64).
Le piattaforme che ospitano gran parte della comunicazione nell’era digitale sono i social
media, strumenti che facilitano la socializzazione, intesa sia come promozione di se stessi agli occhi
degli altri, sia come opportunità di stringere legami più o meno deboli, sfruttando le possibilità del
networking, meccanismo basato sui concetti di “rete” e “connessione”. “La parola rete indica una
serie di entità, eventi o oggetti interconnessi tra loro. Con il termine connessione si intende invece
un qualsiasi tipo di legame che collega tali oggetti (Riva, 2010: 107). Grazie ai social network è
stata quindi resa possibile la creazione di reti sociali ibride, contemporaneamente costituite da
legami virtuali e legami reali, dando vita ad un nuovo spazio sociale, l’interrealtà (Riva, 2009, in
Riva 2010: 125).
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1.2 I social media: una panoramica
La dimensione comunitaria è quella maggiormente incentivata da Internet, che mette a
disposizione delle piattaforme che permettono di abbattere le barriere che ostacolano la formazione
di comunità, di creare gruppi di discussione intorno a tematiche specifiche, di condividere contenuti
e di promuovere la propria immagine sociale: i social media, dei quali segue una breve panoramica.
1.2.1 Wiki: collaborazione e condivisione
Lo strumento all’interno del quale più si coglie la dimensione collaborativa del web è
sicuramente il wiki (termine hawaiano che significa “veloce”). Un wiki è un sito o un blog
strutturato in un’ottica open source auto organizzata. Il più noto esempio di questa tipologia di sito
è Wikipedia, l’enciclopedia libera e gratuita realizzata con il contributo volontario di migliaia di
collaboratori da tutto il mondo. I contenuti sono sviluppati in collaborazione da tutti coloro che ne
hanno accesso e l’esito di una voce è il risultato del lavoro di perfezionamento di ogni utente che ha
aggiunto una propria conoscenza a quel determinato termine. La modifica dei contenuti è libera, ma
la cronologia dei cambiamenti è memorizzata, così come la discussione su qualche punto di
maggior interesse o particolarmente pungente, in modo che tutto sia pubblico e condiviso. Ciò che
rende il wiki e in particolare Wikipedia unica nel suo genere è il fatto di sviluppare un progetto di
enorme importanza per l’umanità (un patrimonio di informazione gratuita, libera da schemi e non
politicizzata), che si affida al sapere volontario di chiunque (ci sono utenti attivissimi e altri meno),
disposti a collaborare e a discutere sulle tematiche più disparate, tentando di arrivare a un
compromesso.
1.2.2 Blog: emozione e discussione
Un blog è una pagina web gestita autonomamente, che consente di creare in tempo reale
notizie, informazioni o storie di ogni genere mescolando testo, grafica e collegamenti ad altre
pagine web. Ogni utente può pubblicare un testo (post), che può essere a sua volta commentato per
dare inizio a discussioni, che vengono salvate in ordine cronologico, come in un diario di bordo. I
blog, nati a metà degli anni Novanta negli Stati Uniti, stanno riscuotendo un grande successo.
Nascono come diario personale, fanno immediatamente presa sui più giovani, che li utilizzano come
valvola di sfogo e veicolo di espressione delle proprie emozioni e dei propri sentimenti, da
condividere con il proprio gruppo di amici intimi. Accanto alla dimensione personale dei blog, ce
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n’è anche una pubblica: ve ne sono di tematici, cioè centrati su una tematica particolarmente cara
agli iscritti, che approfittano dello spazio loro dedicato per discuterne. Vi sono poi i blog
giornalistici, utilizzati per offrire in tempo reale notizie e commenti. La forza del blog è quella di
essere uno strumento basato sulla logica “condivido con gli altri quello che penso e mi faccio dire
quello che pensano loro”, dando vita ad aree di discussione e a comunità virtuali tenute insieme da
sensibilità e interessi affini. Essendo uno strumento che permette di condividere questioni
particolarmente personali e notizie molto spesso tralasciate dai media ufficiali, dà vita a una cultura
grass-root, ovvero dal basso, che spesso e volentieri critica la cultura dominante, proponendo
modelli alternativi.
1.2.3Servizi di condivisione di prodotti multimediali: produzione e condivisione
Così come i blog permettono la pubblicazione di testi, i servizi di condivisione multimediale
consentono di condividere immagini (photo sharing) e video (video sharing). Il servizio più famoso
di condivisione di immagini è Flickr, nato nel 2004: una piattaforma sulla quale è possibile
pubblicare immagini di qualsiasi tipo, discuterne e organizzarle tramite tagging. Nell’ambito del
video sharing invece il servizio più famoso è YouTube, lanciato nel 2005: uno spazio all’interno del
quale è possibile distribuire online contenuti video, molto spesso autoprodotti, ripresi con
telecamere tradizionali o webcam, o ibridi, ovvero costituiti da spezzoni di video originali accanto a
video amatoriali.
1.3 I social network
I social networks sono servizi online che permettono di eseguire tutte le operazioni già
esistenti in wiki, blog e servizi di condivisione, comprimendoli all’interno di un’unica piattaforma,
favorendo la socializzazione dell’utente con altri utenti. In tutti i social networks si possono
riconoscere generalmente tre entità fondamentali: l’individuo, che esegue le funzioni di base messe
a diposizione dal servizio, come pubblicare le proprie foto o i propri video, raccontare questioni
riguardanti la propria vita, condividere link o la propria posizione. Vi è poi il gruppo sociale, cioè la
cerchia di amici, intesi come contatti diretti che stimola la comunicazione, la condivisione e la
collaborazione. Infine c’è la comunità intera, che promuove i contenuti e le personalità più
interessanti che circolano nello strato immediatamente più basso. Il primo esperimento di questo
tipo è stato Sixdegrees.com, creato nel 1997 da Andrew Weinreich: sito di incontri online che
permetteva ai suoi utenti di creare relazioni solo con persone distanti al massimo tre gradi di
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separazione (un amico dell’amico del mio amico), in modo che fosse facile scoprire la presenza di
malintenzionati e informazioni false. Seguirono l’esempio, con qualche modifica e qualche
peculiarità specifica, Ryze.com (pensato per l’ambito commerciale professionale), Tribe.net,
LinkedIn.com e Friendster.com, nato nel 2002); considerato come un’evoluzione di Sixdegrees,
associò ai propri membri un indice di popolarità in base al numero di amici all’interno della rete
sociale: per la prima volta l’amicizia in rete appare come un indicatore di status sociale e gli utenti
cercano di allargare la propria rete sociale contattando le persone definite più popolari. A partire dal
2003, poiché risultava ormai chiaro che i siti di questo tipo avevano un enorme potenziale ed erano
in grado di coinvolgere un gran numero di persone, sono nati numerosissimi servizi simili, tra i
quali si sono fatti strada due social network che sono stati in grado di catturare l’interesse globale:
Facebook e Twitter.
1.3.1 Facebook: ti aiuta a connetterti e mantenerti in contatto con le persone della tua
vita
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Facebook nasce nel 2004 per opera di Mark Zuckerberg, studente diciannovenne
dell’università di Harvard, con l’obbiettivo di pubblicare online l’annuario dell’università che
includeva i profili e le foto degli iscritti e veniva distribuito tra gli studenti in modo da facilitare la
socializzazione all’interno del college. Per accrescere le potenzialità del social network e portarlo
fuori dai confini universitari furono introdotte le applicazioni “gruppi”, “bacheca”, “foto”, “note”ed
“eventi”, che resero il servizio molto più interattivo offrendo all’utente le più svariate possibilità di
utilizzo. Chi è iscritto a Facebook usufruisce di una bacheca, uno spazio personale sul quale può
autopromuoversi e farsi conoscere come meglio crede: condividendo i contenuti che preferisce,
aggiornando il proprio stato, creando un gruppo o aderendovi, scrivendo delle note, invitando o
partecipando ad eventi. Ogni utente ha una cerchia di contatti amici, che hanno libero accesso a
tutte le proprie informazioni di base (compilate al momento dell’iscrizione) e al proprio profilo,
oltre ad avere la possibilità di utilizzare altri strumenti integrati per la comunicazione, come la chat
o la mail.
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Slogan ufficiale di Facebook