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CAPITOLO 1 - La Famiglia
“Insieme di persone o cose legate da affinità o vincoli comuni, nucleo elementare della
società umana, formato in senso stretto e tradizionale da genitori e figli, con l‟eventuale
presenza di altri parenti” (il Sabatini Coletti, Dizionario della Lingua Italiana).
1.1 Gli approcci e le teorie sulla famiglia
In questo paragrafo vengono riassunti i principali approcci teorici che si sono occupati
della famiglia partendo dalla teorizzazione sui piccoli gruppi e la teoria dei sistemi. Per
la peculiarità del fattore unità, la famiglia è da sempre considerata molto simile ad un
piccolo gruppo. Nel 1909 Cooley definì la famiglia come “unità di persone interagenti”,
seguì Lewin (1951), al quale si riconosce il ruolo di fondatore della psicologia sociale,
che, con la teoria del campo, concependo il gruppo come fattore psicosociale, riuscì a
fornire una descrizione assolutamente adatta alla struttura e al funzionamento della
famiglia.
Tale concettualizzazione è riassumibile in 4 punti principali:
il gruppo è qualcosa di più della somma delle singole parti;
ha struttura e fini peculiari e particolari relazioni con gli altri gruppi;
è l‟interdipendenza del suoi membri a definirne l‟essenza;
può definirsi come totalità dinamica in quanto il cambiamento di una parte
interessa anche tutte le altre.
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Eccedenza e interdipendenza dei membri sembrano, dunque, costituire i punti cardine
della struttura familiare.
A partire dagli anni Cinquanta è andata così diffondendosi una definizione di famiglia
come esempio più significativo dei gruppi naturali, assolvendo pienamente alle
caratteristiche richieste dai gruppi sociali.
Il gruppo definito, quindi, dà un senso di unità e appartenenza (Quaglino, Casagrande e
Castellano, 1992), è caratterizzato da aspetti gerarchici, organizzativi e, inserito in un
contesto socio-culturale e, quindi, trova quindi nella famiglia uno dei suoi esempi più
efficaci (Scabini e Iafrate, 2003).
Alla fine degli anni Settanta però gli studiosi della famiglia cominciarono a riscontrare
non poche differenze tra quest‟ultima e i piccoli gruppi, intesi ora più come entità
artificiali ed espressione del sociale organizzato. Infatti, mentre nei piccoli gruppi è
riscontrabile un alto livello di artificialità, controllo e manipolazione, nel setting
familiare, la parola d‟ordine è naturalezza e, conseguentemente, minimi livelli di
manipolazione e controllo.
Ulteriori differenze vanno rintracciate negli scopi, che, nei piccoli gruppi sono costituiti
da produttività ed efficienza, mentre, nella famiglia, la priorità è rappresentata dallo
sviluppo dei suoi membri e dall‟assolvimento dei compiti intergenerazionali.
Quest‟ultima è vista come luogo d‟origine della stessa civilizzazione, istituzione che
garantisce il processo generativo da un punto di vista psicologico, biologico, sociale e
culturale. A tal proposito, Scabini e Iafrate (2003, p.19) hanno sostenuto che “dalla sua
tenuta dipende in larga misura la salute della società”.
La dimensione storico-temporale è probabilmente uno degli aspetti essenziali del
sistema familiare, definito appunto “piccolo gruppo con storia”. La famiglia, infatti,
similmente ad altri gruppi, si snoda nel tempo ed è caratterizzata da un passato, un
presente e un futuro, in una prospettiva di sviluppo (D‟Atena P.1996).
La gestione del potere non viene affidata ad un leader, come nel caso dei piccoli gruppi,
bensì è distruibuita tra i membri, in base ai ruoli e alla posizione intergenerazionale
ricoperti.
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In ultimo, come sottolineato dalle teorie sistemiche, si evidenzia l‟esistenza di un tessuto
relazionale ben articolato, nel quale le interazioni dinamiche tra i membri hanno la
peculiarità della reciprocità. Questo sta a significare che qualsiasi azione di uno dei
membri influenza ed è a sua volta influenzata da quella degli altri (Scabini e Iafrate,
2003). Un ruolo importante viene assegnato alle dimensioni contestuali, quindi le
caratteristiche sociali e culturali nelle quali la famiglia nasce e cresce. A tal proposito, è
utile riportare uno schema in grado di sintetizzare quanto fin‟ora argomentato e di
delineare le differenze tra piccoli gruppi e famiglia.
Piccoli gruppi Famiglia
Tipo di gruppo Artificiale (gruppo ad hoc) Naturale
Setting Laboratorio (Setting artificiale)
Casa (setting naturale)
Manipolazione da parte del
ricercatore e controllo delle
variabili
Massini Minimi
Scopo Efficienza e produttività Sviluppo dei singoli membri e
della famiglia come un tutto.
Assolvimento dei compiti
intergenerazionali.
Dimensione di potere Leadership
Prevalenza della relazione tra
pari e presenza di figure che
gestiscono la leadership
Dominanza e responsabilità a
seconda del ruolo e delle
posizioni ricoperte.
Presenza di diversi livelli
generazionali con dominanza
della coppia genitoriale
Dimensione temporale Per nulla significativa nei gruppi
ad hoc
Di qualche rilevanza nei gruppi
di lavoro
Le relazioni terminano o si
trasformano quando termina il
compito
Importanza della storia passata,
presente e prospettiva futura
Le relazioni sono virtualmente
permanenti
Tabella 1.1 Differenze tra famiglia e piccoli gruppi (Cfr. Scabini e Iafrate, 2003)
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Le concezioni sistemiche della famiglia sottolineano il fatto che la famiglia è più della
somma delle sue parti: esse enfatizzano i rapporti, i nessi e le interazioni dinamiche
reciproche.
Per quanto riguarda l‟approccio relazionale-simbolico si riporta la definizione di Scabini
e Cigoli (2000), in cui si rintraccia una prospettiva trigenerazionale che osserva la
famiglia secondo una propsettiva storico-evolutiva: “La famiglia è quella specifica e
unica organizzazione che lega e tiene insieme le differenze originarie e fondamentali
dell‟umano, quella tra i generi (maschile e femminile), tra le generazioni (genitori e
figli) e tra le stirpi (ovvero l‟albero genealogico materno e paterno) e che ha come
progetto intrinseco la generatività”.
Minuchin (1974) ha proposto il modello strutturale, evidenziando l‟importanza ricoperta
dalla struttura e dall‟organizzazione nelle varie fasi di vita della famiglia. Egli ha
valorizzato la distinzione e la chiarezza dei confini tra i vari sottosistemi familiari,
quindi coppia coniugale e genitoriale, uomo/donna per il buon funzionamento familiare.
Sulla base di ciò formula due modelli estremi di famiglia:
Il modello “invischiato”, caratterizzato da un‟estrema confusione ta i sottosistemi
e un‟unione particolarmente forte tra i membri, tanto da comprometterne lo
sviluppo e l‟autonomia personale.
Il modello “disimpegnato” che, all‟opposto dell‟altro, si distingue per
un‟eccessiva rigidà dei ruoli e un forte distacco emotivo: viene quindi promossa
l‟autonomia personale a scapito però del senso di appartenenza alla famiglia e
dell‟affetto.
Assumono rilevanza, nella prospettiva dell‟autore, i concetti di autonomia e sviluppo
delle personalità individuali da una parte e di affetto, intimità e appartenenza dall‟altra,
stranamente considerati antagonisti anziché complementari.
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A seguire viene descritto il modello strategico, i cui massimi esponenti sono
rintracciabili nel gruppo di Palo Alto (1967) e nell‟operato di Haley (1983).
Tale modello si basa principalmente sulle strategie utilizzate dalle famiglie per
affrontare le difficoltà, descrivendo un repertorio di comportamenti che può essere vario
e flessibile o, al contrario, rigido e ripetitivo. Haley si è interessato maggiormente allo
studio delle transizioni familiari, al pari della psicologia evolutiva, integrando i principi
della teoria strutturale con quelli della teoria della comunicazione. Particolare
importanza è stata data a due variabili: “organizzazione” e “potere”. Come riportato
anche da Walsh (1986, p. 63) “La gerarchia fondamentale è quella generazionale: i
genitori allevano i figli, si prendono cura di loro e impongono regole di
comportamento”.
Analogamente, anche la psicologia evolutiva e in modo specifico il concetto del ciclo di
vita familiare di Mc Goldrick e Carter (1986) ha posto particolare attenzione al concetto
di transizioni familiari, descrivendo quindi l‟evoluzione della famiglia come un
susseguirsi di momenti particolari prevedibili e di trasformazioni e crisi potenziali.
Secondo gli autori le principali transizioni familiari sono le seguenti:
la formazione della coppia con il conseguente distacco dalla famiglia d‟origine;
la nascita dei figli, che comporta l‟assunzione del ruolo genitoriale da parte della
coppia coniugale;
le progressive fasi di crescita dei figli, fino all‟età scolare;
i figli adolescenti e tardo-adolescenti;
l‟uscita di casa dei figli, divenuti giovani adulti;
la famiglia nel periodo del pensionamento e della vecchiaia.
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Altri approcci e altri studi si sono occupati di indagare i mutamenti familiari: tra questi si
ricordano soprattutto la Family stress and coping theory e l‟approccio dello sviluppo.
La Teoria dello stress and coping pone attenzione agli eventi imprevedibili che possono
accadere ad una famiglia. Questi ultimi sono distinti in interni ed esterni: esempi del
primo tipo sono la morte prematura di un membro della famiglia o la separazione dei
coniugi, mentre esempi del secondo tipo possono essere le crisi finanziarie, le difficoltà
economiche o particolari eventi sociali come lo scoppio di una guerra.
A tal proposito, Hill (1986) ha proposto il modello ABCX nel quale la crisi familiare (X)
è il risultato dell‟interazione tra un evento stressante (A), la capacità della famiglia nel
trovare risorse per far fronte alla crisi (B) e la percezione dell‟evento stesso (C). Egli
vedeva la famiglia come un sistema che deve far fronte, tramite le risorse che ha a
disposizione e alla sua capacità di adattamento, ad una serie di sfide continue che si
presentano sottoforma di eventi stressanti o di tensioni di varia natura.
Allo stesso modo, McCubbin e Patterson (1983) hanno sostenuto che una caratteristica
tipica di ogni famiglia è proprio quella di attraversare fasi di funzionamento intervallate
a crisi familiari: nello specifico, il passaggio da una fase all‟altra non si verificherebbe in
modo automatico. Quando la famiglia è nello stato di funzionamento la vita familiare
risulterebbe relativamente stabile: la famiglia riesce senza particolari difficoltà a far
fronte alle richieste del mondo interno ed esterno utilizzando una serie di strategie:
- evitamento, ossia la negazione delle richieste provenienti dall‟interno o dall‟esterno
con la speranza che tali minacce alla stabilità familiare si risolvano da sole grazie al
trascorrere del tempo;
- eliminazione, ossia il tentativo di evitare il cambiamento eliminando le richieste;
- assimilazione, ossia l‟accettazione di parziali modifiche alla situazione attuale per fini
adattivi;
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In altre parole, i momenti di crisi o di tensione per essere superati in modo ottimale
necessitano di un adattamento alla situazione attuale da parte di tutta la famiglia. In
particolare, le crisi hanno luogo nel momento in cui le risorse familiari non sono in
grado di far fronte alle sfide provenienti dall‟interno o dall‟esterno; queste ultime creano
uno squilibrio che richiede che avvengano dei cambiamenti per adattarsi alla nuova
situazione che si è generata. Gli autori hanno sottolineato come il processo di
cambiamento richieda, ai fini della sua assimilazione, l‟utilizzo di adeguate strategie di
coping sia di tipo cognitivo-emotivo, sia di tipo paragmatico-comportamentale. Tra i
comportamenti di coping individuati da McCubbin e Patterswon alcuni assumono
particolare rilevanza: tra questi figurano la coesione dei membri, le capacità di
adattamento e di comunicazione, la forza della coppia coniugale e l‟abilità nel problem
solving.
Anche Antonovsky (1987) ha studiato le strategie di coping essenziali ad una famiglia
per superare i periodi di crisi. Questo studioso ha suggerito che le crisi familiari non
sempre sono da considerarsi negative, bensì eventi che possono addirittura rafforzare i
legami familiari e le personalità dei membri della famiglia. In particolare, Antonovsky
ha evidenziato come le abilità di coping siano rafforzate quando i membri di una
famiglia condividono valori e principi, mostrano di avere una visione ottimistica e
realistica della vita, ritengono di poter controllare ed influenzare gli avvenimenti che li
riguardano.
Un ulteriore fattore in grado di promuovere strategie di coping adeguate risulta essere il
sostegno sociale: in particolare, il fatto di avere un gran numero di reti sociali, sia
“informali” (parentela e vicinato) sia “formali” (servizi e istituzioni), su cui i membri
della famiglia possono contare, sembrerebbe essere un elemento in grado di attenuare gli
effetti negativi derivanti da una situazione stressante.
L‟approccio dello sviluppo, differentemente da quanto accadeva nella teoria esposta
precedentemente, si focalizza sul concetto di cambiamento e, soprattutto, sull‟idea che le
famiglie, per varie vicissitudini, cambiano forma e funzione nel corso del loro ciclo di
vita in una sequenza ordinata di stadi di sviluppo.